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Autore: LaMusaCalliope    08/03/2018    1 recensioni
NINETEEN KLAINE KISSES:
1) A kiss on the cheek means "Friendship"
2) A hug means "I care"
3) A kiss on the forehead means "I comfort you"
4) Looking away means "Hiding your feelings"
5) Raising eyebrows and winking means "Flirting"
6) Smiling at each other means "I like you"
7) Looking your lips means "Waiting for a kiss"
8) A kiss on the lips means "I love you"
9) Holding hands means "You're a happy couple"
10) A kiss on the nose means "Laughter”
11) A kiss on the ear means "You are special"
12) A nibble on the ear means "Warming up"
13) A kiss on the side of your lips means "You are mine"
14) Playing with your hair means "I can't live without you"
15) A kiss anywhere else means "Be careful, you two!"
16) Arms around the waist means "You're mine and I need you"
17) A kiss on the neck means "I want you"
18) A kiss on the shoulder means "You are wonderful"
19) Something cute
Una raccolta di missing moments Klaine da un po' tutte le stagioni di Glee.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel, Mercedes/Sam, Nick/Jeff
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Chapter two
A HUG MEANS I CARE

 
Da quando lo aveva conosciuto, Blaine non aveva smesso un attimo di parlare.
Prima del trasferimento di Kurt alla Dalton, si erano sentiti parecchie volte per telefono e Blaine era stato ore a raccontargli degli Warblers, del nuovo pezzo che avevano provato, del nuovo numero di Vogue o del musical che avrebbero dovuto vedere assolutamente. Poi Kurt si era trasferito e allora Blaine gli chiedeva di ascoltarlo mentre ripeteva la materia su cui avrebbero avuto il test il giorno dopo, o gli faceva sentire quella nota che, in quella canzone che stavano provando con gli Warblers, sarebbe stata perfetta.
E a Kurt piaceva ascoltare Blaine, gli piaceva il tono della sua voce mentre cantava, sempre pulita e intonata, gli piaceva il modo in cui i suoi occhi cambiavano colore a seconda delle emozioni che stava provando e gli piaceva il suo sorriso mentre lo guardava, quel sorriso che gli faceva sempre girare per un secondo la testa e gli faceva venire le farfalle nello stomaco.
Blaine parlava tanto, e non solo con Kurt. Ogni riunione con gli Warblers era un incubo: aveva sempre una protesta da fare o una proposta da avanzare e i membri del consiglio – soprattutto David – si infuriavano per le sue idee bizzarre, sbattevano il martelletto e iniziavano tutti ad urlare. La stanza si riempiva delle urla acute di David, degli sbruffi sonori di Thad e della voce un po’ più alta rispetto alle altre di Blaine che, quasi sempre, l’aveva vinta su tutto.
Quel giorno di fine febbraio però la sala in cui si erano riuniti gli Warblers era stranamente silenziosa: i tre ragazzi del consiglio erano seduti al solito tavolo lungo, blaterando di qualche canzone da portare a qualche festival scolastico, e nessuno stava parlando.
Kurt, dal suo comodo posto sul divano, osservava di sottecchi Blaine, dall’altra parte della sala, seduto su un bracciolo, composto e silenzioso, gli occhi bassi e i capelli un po’ più liberi dalla morsa del gel. Era strano, Kurt lo sapeva: David aveva appena proposto una canzone sconosciuta degli anni Ottanta e lui non aveva battuto ciglio, non si era opposto, non aveva fatto nulla per fermare il martelletto che, sbattuto ancora una volta sul tavolo, aveva dichiarato terminata la riunione. Era troppo strano.
Kurt vide gli altri uscire, lanciando anche loro qualche sguardo a Blaine che si era alzando dal bracciolo e stava litigando con la tracolla della borsa.
«Blaine?» lo chiamò dopo averlo raggiunto, e lui si fermò, strattonando ancora una volta il manico di cuoio e mettendoselo finalmente in spalla. I suoi occhi, puntati in quelli azzurri di Kurt, erano di un colore spento e aveva delle terribili occhiaie, il volto era pallido e un riccio gli era caduto sulla fronte.
«Ciao, Kurt» disse con una voce fiacca e atona, e gli sorrise, le labbra forzatamente tirate.
«Va tutto bene? Mi sembri strano. Voglio dire, non hai nemmeno fermato David dal proporre quella canzone assurda» cercò di ridere ma lui non ricambiò: non riusciva a vedere Blaine così. Sapeva, sentiva anzi, che qualcosa non andava, lo avrebbe capito chiunque, ma Kurt non riusciva a sopportare quello sguardo spento e triste. Vide Blaine passarsi una mano tra i capelli, rendendoli ancora più disordinati, e farsi ancora più serio.
«È solo che …» iniziò Blaine e si guardò intorno, come alla ricerca di un appiglio che lo aiutasse a continuare quel discorso. Poi, i suoi occhi si fermarono su Kurt e divennero più sicuri e meno timorosi, riprendendo quasi quella vitalità che sembrava essere sparita.
Blaine sbuffò ancora e, ancora una volta, si passò una mano tra i capelli, ormai del tutto liberi dal gel. Se non fosse stata una situazione delicata, Kurt sarebbe scoppiato a ridere alla vista di quei ricci che sparavano in tutte le direzioni, rendendo la testa dell’amico simile ad un fungo; poi, probabilmente, con la voce timida e il volto in fiamme, gli avrebbe chiesto di poterli toccare e forse Blaine glielo avrebbe lasciato fare, per una volta. Ma non era il caso, non con l’amico in quello stato a cui non era affatto abituato.
«Ho litigato con mio padre» disse alla fine Blaine, a metà tra un sussurro e un sospiro. Rassegnato, si lasciò cadere di nuovo sul bracciolo del divanetto dietro di lui e Kurt lo imitò.
«Tuo padre?» gli chiese e Blaine annuì quasi impercettibilmente, lo sguardo fisso in basso, sulla punta dei mocassini fuori moda della Dalton.
«Lui non è come il tuo. Non mi ha mai accettato davvero. Ieri sera ho chiamato a casa, come ogni altra settimana, e ha risposto lui al posto di mia madre. Mi ha chiesto se avessi cambiato idea riguardo “quella cosa”» Blaine smise di torcersi le mani solo per simulare le virgolette a mezz’aria, gli occhi che non avevano intenzione di cambiare il soggetto della loro attenzione.
«Io gli ho detto di no e lui ha iniziato a dirmi le solite cose: che è una fase, che passerà, che devo solo uscire con una ragazza e poi si aggiusterà tutto» a quel punto Blaine rise, ma non era la sua solita risata spensierata e serena, piena di gioia e di felicità. Era una risata triste e piena di sarcasmo, un suono così estraneo al modo di essere di Blaine che a Kurt si spezzò il cuore. Stava per dirgli quanto gli dispiacesse e che presto sarebbe andato tutto bene, che poteva contare su di lui e che lo avrebbe aiutato perché a Kurt importava così tanto di Blaine che vederlo soffrire lo faceva stare male. Ma non fece in tempo perché l’altro riprese a parlare, la voce intrisa di rabbia e dolore insieme.
«Gli ho detto che non era così, che uscire con Rachel non aveva fatto altro che confermare ciò che pensavo già. Gli ho detto che deve rassegnarsi ed accettare il fatto che sono gay al cento per cento. Mi ha attaccato il telefono in faccia e io non l’ho richiamato» Blaine alzò le spalle, come per sminuire l’intera faccenda, ma Kurt non se la bevve.
Non ci pensò due volte: con un coraggio che non pensava affatto di avere si sporse e abbracciò l’amico. Rimase immobile per un istante che sembrò durare un’eternità, aspettando una qualsiasi risposta di Blaine e quasi tirò un sospiro di sollievo quando lo sentì stringersi a lui, come se avesse bisogno di un sostegno. Consapevole che non potesse vederlo, Kurt si concesse un sorriso, felice di poter essere lui a sostenerlo per una volta.
«Mi dispiace, Blaine ma tuo padre dovrà imparare ad accettarti per quello che sei, è questo il suo compito. Tu non devi fare altro che essere te stesso. È questo che tuo padre deve capire, e lo farà prima o poi» gli sussurrò, il respiro che solleticava il collo di Blaine e andava a finire sui capelli ricci che accarezzavano la guancia di Kurt. Il più piccolo si abbandonò completamente all’abbraccio, poggiando la testa sulla spalla del più grande e lasciandosi sfuggire qualche singulto.
Kurt non sapeva cosa dire, quella situazione era così nuova per lui che aveva il timore di sbagliare. Inoltre, era così strano per lui poter finalmente tenere Blaine tra le braccia, che gli sembrò quasi di star sognando e temette che l’amico potesse sentire il battito fin troppo accelerato del suo cuore. Non poteva farci nulla però: in quel momento, con la testa di Blaine sulla spalla e le sue mani che lo stringevano, Kurt si sentì finalmente a casa, al sicuro, come raramente gli era capitato di sentirsi.
Gli accarezzò la schiena finché non sentì il respiro farsi più regolare e solo quando si fu finalmente calmato, Blaine si allontanò da Kurt, poggiandogli le mani sulle spalle come faceva sempre, un gesto che scaldava il cuore del più grande ogni volta.
«Grazie Kurt. Davvero, ne avevo bisogno. Mi conosci così bene» disse alzandosi, gli occhi lucidi per le lacrime ma anche per qualcos’altro: era come se, con quell’abbraccio, Blaine avesse ripreso un po’ di quella vitalità che lo caratterizzava e di questo Kurt non poté che esserne contento. Si guardarono negli occhi per un istante e, in quell’istante, il più grande cercò di fargli capire quanto fosse importante per lui, quanto gli importasse di ciò che gli succedeva, perché tutto ciò che voleva era vederlo sorridere ancora una volta.



ANGOLO AUTRICE: è ufficialmente passata la mezzanotte e io, come ogni volta, pubblico una storia. C'ho messo un po' a scrivere questo capitolo, tra lo studio e il timore di uscire fuori dal personaggio, sia per Blaine che per Kurt. Ho ricontrollato e riletto centinaia di volte, riscritto interi paragrafi e, nonostante tutto, non ne sono convinta al cento per cento.
Però, devo dire, scrivere dei Klaine ai tempi della loro amicizia alla Dalton è bello!
Like ever, fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate. Spero di aggiornare presto, tenetevi pronti per un po' di fluff nei prossimi capitoli.
   
 
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