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Autore: Horror_Vacui    08/03/2018    1 recensioni
Stiles Stilinski ha perso tutto: la moglie, la casa e il lavoro. Torna così a vivere con suo padre, dopo aver passato otto mesi in un istituto psichiatrico poiché affetto da disturbo bipolare, emerso dopo aver sorpreso la moglie con un altro.
Stiles incontra Malia, una misteriosa e problematica giovane donna, che in seguito alla morte del marito si è data alla promiscuità. Malia si offre di aiutare Stiles a riconquistare la moglie consegnandole una lettera, ma solo se lui in cambio farà qualcosa di veramente importante per lei: partecipare a una gara di ballo.
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Stalia AU basato sull'omonimo film di David O'Russell.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allison Argent, Malia Hale, Sceriffo Stilinski, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 4. L'accordo


Il giorno della partita era arrivato, suo padre era una pallina impazzita dentro un flipper, correva da una parte all'altra della casa per prendere questo, spostare quello. Era davvero incredibile come riuscisse a memorizzare con precisione chirurgica la posizione di ogni oggetto in salotto nei giorni in cui gli Eagles avevano vinto. E più vincevano più cose assurde si accumulavano accanto alla poltrona dell'ex sceriffo, dal gruppo di telecomandi ai tovaglioli usati. Persino Stiles rientrava in quel quadro da molti anni e Noah lo avrebbe incatenato al divano se avesse potuto.
Il giorno della partita era un evento anche per altre due persone, cioè la madre di Scott e Peter.
Melissa non aveva più un marito e cercava da anni di accaparrarsi l'affetto di Noah cucinando il suo piatto preferito, le chele di granchio, ma suo padre era già sposato con gli Eagles. Peter invece era forse l'unico amico rimastogli da quando era tornato a bere e scommettere.
Stiles odiava le chele di granchio, ne odiava la consistenza e la puzza, odiava però di più Peter e quel suo modo di atteggiarsi, come se niente al mondo lo riguardasse. Arrivava in casa con il suo solito sorrisetto beffardo e passava tutto il pomeriggio a deridere le manie di suo padre.
Peter amava il football e le scommesse, ma il suo sport preferito restava vedere gli altri cadere a terra e raschiare il fondo del barile. Il ricovero di Stiles era stato il più grande regalo che la famiglia Stilinski gli avesse mai fatto, eppure suo padre non riusciva a vederlo o forse non voleva.
Nonostante tutto Stiles quella mattina si sentiva al massimo delle sue potenzialità, non c'erano limiti che non potesse superare, la lettera per Lydia era pronta, la stringeva tra le mani pieno di speranze.
Scese giù di corsa e quasi andò a sbattere contro la porta d'ingresso.
«Ehi, dove vai?» gli chiese il padre dal salotto.
«Già, dove vai?» fece eco Peter. Ed ecco il sorrisetto! «Tuo padre dice che stai molto meglio, solo che non capisco, ora fingi di essere un sacco della spazzatura?»
Stiles lisciò la plastica nera sopra la felpa e fece un respiro profondo per calmarsi.
«Ciao caro» disse Melissa sbucando dalla cucina «non starlo a sentire, sei in ottima forma! Vuoi una chela di granchio, una fetta di torta?»
«Sì, ciao Melissa, non voglio chele di granchio, odio le chele di granchio ma sono sicuro che le tue siano ottime. Ciao Peter, mi fa piacere vedere che sei il solito cazzone, ciao papà io esco».
Noah balzò giù dal divano e gli bloccò l'uscita mettendosi tra lui e la porta.
«Fermo, fermo, fermo! Dove stai andando? C'è la partita, non puoi andare via proprio ora!»
«Ma papà la partita è fra cinque ore!» sorrise incredulo. «Tu hai un problema più grande del mio».
«E tu non prendi seriamente il mio lavoro, ma dovresti cominciare a farlo».
«Oh andiamo non litigate, è il giorno della partita, ho portato chele di granchio e stuzzichini!»
«Oh avanti papà, ha fatto le chele di granchio e gli stuzzichini! Avanti papà!» sorrise e fece un piccolo salto sul posto.
«Come mai sei così pimpante?» chiese Noah guardandolo storto.
«Che c'è? Sono felice, non posso essere felice?»
«Sì, ma non sei felice, sei pimpimpimpante».
«E non è una cosa buona?»
«No, no, sei solo pimpimpimpante. Non so come mai, stai prendendo la giusta dose di medicine?»
«Se prendo le giuste dosi? Certo che sì».
«Sicuro? Non è che ne stai prendendo troppe...?»
«Pff, no altrimenti sarei in coma ora, papà» sorrise, ma questa volta in modo sincero.
«Va bene, va bene. E perché non resti per la partita, passa del tempo in famiglia, no?»
«Oddio papà, tempo ossessivo-compulsivo superstizioso, hai un problema, ammettilo!»
«Eddai Stiles, aiuta tuo padre a vincere, che ti costa» ridacchiò Peter.
«Mi dispiace, non posso, devo andare adesso».
«Dove devi andare? E poi che c'è in quella busta?»
«Già, che c'è in quella busta?» rincarò Noah. Doveva fare qualcosa per distrarli o tutto il piano sarebbe andato a puttane. Riprese a saltellare e urlare pieno di entusiasmo.
«Ragazzi sto stracciando la canzone, sto giocando alla grande, sono in gran forma, forza Eagles!»
Ce l'aveva fatta! Era fuori e poteva correre verso Malia e quindi verso Lydia. Il sole splendeva altissimo e l'aria era leggera, respirava a pieni polmoni e sorrideva salutando tutte le persone che incontrava sul suo cammino. La maggior parte lo guardava spaventata, ma niente poteva scalfirlo.
Andò dritto alla porta della casetta di Malia, appariva molto meno inquietante con il sole a illuminare la facciata bianca e il portoncino verde. Bussò chiamandola almeno cinque volte, decise allora di cercarla a casa dei suoi genitori: era rischioso, ma non poteva più resistere.
Suonò il campanello e fece due passi indietro nel portico per non sembrare troppo aggressivo.
La versione più vecchia di Allison lo accolse con lo stesso disgusto della figlia.
«Salve, Malia è in casa?»
«Che vuole da lei?» disse con una punta di esasperazione.
«Chi è? Un altro farabutto? Che vuoi farabutto? Vattene!» le diede man forte il marito.
«Oh, no no, sono sposato» Stiles mostrò la fede nuziale nella convinzione di migliorare la situazione.
«Bene, ancora meglio, un farabutto sposato!» urlò il padre di Malia.
«No, no, sono un amico, noi corriamo insieme, non ci avete mai visti? L'ho anche portata a cena nella tavola calda qui vicino...» indicò loro la direzione in cui si trovava il locale, ma l'arrivo di un ragazzo lo interruppe.
Era bello, non molto alto ma con un fisico scolpito nel marmo, era arrivato a bordo di una decapottabile nera e indossava jeans strappati e occhiali da sole alla moda.
«Salve a tutti, come va? Malia è in casa?» si passò una mano tra i capelli biondi.
Uno stronzo, era uno stronzo con la patente di stronzo e Stiles lo avrebbe picchiato volentieri.
«Se ne vada!» lo aggredì la madre di Malia.
«Oh ma io la conosco, stavamo insieme e adesso siamo ancora amici» sorrise quello, con lo stesso atteggiamento di Peter. E Stiles odiava Peter e anche quello stronzo.
«Ehi, che ci fai qui? Voi lo conoscete?» chiese ai genitori di Malia, che non sapevano decidere chi fosse dei due il più pazzo o stalker o testa di cazzo.
«Insomma amico, ti ho detto che la conosco, l'ho anche chiamata poco fa, ci siamo sentiti».
«Devi andartene via subito! Non mi importa se conosci mia figlia, ti farò rimpiangere di esserti spinto fino a casa mia, sono stato chiaro?»
«Rilassatevi, sono qui solo per Malia».
Non poteva essere lì per Malia, lui era lì per Malia e doveva vederla prima di subito.
«Senti, ascolta quello che dice, va bene? Ascolta, quello, che, dice».
«Perché, che dice?»
«Che sei un coglione, va bene?»
«Io sono cosa?! Chi cazzo ti credi di essere?» gli diede una spinta e Stiles si morse la lingua, perché non poteva rovinare tutto spaccando la faccia di quel coglione sul portico dei genitori di Malia.
«Dai, lo sai, avanti. A volte va bene con ragazze così, si vogliono divertire, altre volte non va perché hanno un'ala spezzata e sono ferite, sono un bersaglio facile. In questo caso, in questo particolare caso, credo che quell'ala sia in via di guarigione, amico mio, e devi assicurarti che sia riparata e tu ti stai mettendo in mezzo, chiaro? Perché lei è sensibile, intelligente, è un'artista, è una ragazza fantastica e tu devi avere rispetto. Vieni, sei una persona migliore di così, lascia che ti accompagni alla macchina» disse e lo trascinò via per una spalla.
Quando tornò indietro i genitori di Malia avevano chiuso la porta e si sentivano urla uscire fuori, quindi, nonostante fosse eccitato per la lettera, Stiles capì che non era un buon momento e decise di andarsene.
Correva con meno foga di prima, ma si sentiva bene con se stesso perché sapeva di aver fatto la cosa giusta. Aveva quasi superato la strada di Malia – come le piaceva chiamarla – quando dei passi veloci dietro di lui lo fecero voltare. Era lei, indossava dei jeans e un trench scuro, era struccata, ma era comunque bellissima. Lo superò in poche falcate, ignorandolo.
«EHI! Ehi, aspetta un secondo, che stai facendo? Che è successo? Come faccio a darti la lettera?!»
Malia si fermò.
«Non posso. Non posso farlo».
«Cosa?! Che significa che non puoi farlo? Non puoi fare cosa?»
«Non posso dare la lettera a Lydia» scosse la testa sconsolata. Stiles notò che aveva i capelli sporchi e che sotto gli occhi c'era del trucco scuro colato, ma era troppo sconvolto per potersi soffermare oltre.
«Malia! Ma che cosa vai dicendo? Come sarebbe che non puoi dare la lettere a Lydia?»
«Be', perché... perché io cosa ottengo in cambio? Che stai facendo per me?»
«Hai detto che se scrivevo una lettera poi tu...»
«Lo so cosa ho detto! E lo faccio e lo rifaccio e lo rifaccio! Faccio cose per le persone e poi mi sveglio e sono... vuota! Non ho niente» disse e Stiles intravide una fragilità inaspettata.
«Ma che dici? Sei una ragazza tosta, perché le cose non le fai da sola?»
Malia abbassò lo sguardo, le labbra corrugate, forse stava trattenendo le lacrime.
«Io mi caccio sempre in queste cazzo di situazioni, do tutto agli altri sempre e non ho... non ho mai... io non ottengo mai quello che voglio, capito? Non sono mia sorella».
«D'accordo, allora chiedi, cosa posso fare per te?»
Malia fu colta alla sprovvista, rifece il nodo alla cintura del trench e si sistemò i capelli dietro le orecchie «Io... io, non posso chiedertelo» disse a disagio.
«Malia, che cosa vuoi che faccia? Pensa a qualcosa».
«C'è una cosa».
«C'è una cosa, bene, che cos'è?»
«Una cosa di ballo, ok?» si strinse nelle spalle in evidente imbarazzo.
«Una cosa di ballo, d'accordo».
«Una gara di ballo al Benjamin Franklin Hotel. Isaac non ha mai voluto e...»
«Be' Isaac è morto, perciò col cazzo che la farà» annuì convinto.
«Potresti evitare di...»
«Sì, scusa, sai che non ho filtri quando parlo».
«Lo so che non hai filtri, ma possiamo fare una cazzo di conversazione senza che tu mi ricordi che il mio dannato marito è morto?»
«Scusa, scusami hai perfettamente ragione».
«Dicevo, c'è questa cosa ma posso farla solo se ho un compagno e ora mi tocca rinunciarci per un altro anno, quindi...»
Ballo in coppia con Malia? I loro corpi che si sfiorano, Lydia che li guarda seduta da qualche parte, il suo matrimonio che va per sempre in frantumi...
«Oh, andiamo, non ci penso neanche a ballare con te, ma di che stai parlando?»
«Perché? Che c'è, la tua agenda è così piena? Cosa devi fare, leggere Furore e guardare il football con tuo padre?» rispose lei pungente.
«Malia, non capisci? Io non posso ballare con te».
Malia si strinse di nuovo nelle spalle, stavolta con un sentimento diverso, e girò sui tacchi per andarsene.
«E allora io non consegnerò la tua lettera del cazzo».
«Aspetta un secondo, tu avevi promesso!»
«Pensaci su» gli rispose salutandolo con la mano.
«Be' io ho già fatto qualcosa per te!»
Malia tornò indietro.
«Ah sì? E che cosa avresti fatto per me?»
«Mi sono occupato del coglione davanti a casa tua».
«Ma chi? Theo?»
«Ti chiedo una cosa: lo chiami quando ti senti sola?»
Malia non rispose, incrociò le braccia al petto e lo guardò arrabbiata, perché lui aveva fatto centro.
«Però sbagli così, lo incoraggi. Non dovresti farlo».
«Ma da che pulpito! Non si può dire lo stesso di te e Lydia?»
«Non c'entra niente con me e Lydia, ma di che stai parlando? Siamo innamorati e sposati ed è tutto diverso».
Malia ridacchiò roteando gli occhi al cielo.
«Davvero? E come siete innamorati? Il “grande amore per Lydia”, parlamene un po'».
Parlare del suo amore per Lydia era la cosa che preferiva al mondo, ne aveva parlato con ogni dottore e infermiere o paziente alla clinica, ne aveva parlato a suo padre e a Deaton. Era una delle cose su cui aveva più riflettuto dopo aver rotto il naso di Parrish.
Non c'era mai stato un futuro in cui non fosse contemplata Lydia e la loro felice vita insieme.
«Tra noi c'è un'intesa non convenzionale che mette la gente a disagio, ma non me. E lei è la donna più bella con cui sia mai stato» spiegò semplicemente, come se fosse ovvio.
«Wow, eccezionale, sono sconvolta» lo schernì.
«C'è elettricità tra noi due, va bene? Sì, vogliamo cambiarci a vicenda, ma è normale, tutte le coppie lo vogliono fare. Io voglio che smetta di vestire come si veste e voglio che smetta di sentirsi superiore a me, va bene? E lei voleva che perdessi peso e curassi i miei sbalzi d'umore, cose che ho fatto. Insomma la gente litiga, le coppie anche. Litigavamo e non ci parlavamo per qualche settimana, ma è normale».
«No Stiles, non è affatto normale. Dovresti aprire gli occhi, lei non ti fa bene».
«No, no ti sbagli. Lei ha sempre voluto il meglio per me, voleva che fossi appassionato e compassionevole e questa è una buona cosa. Dico solo che... senti, io sono al massimo oggi e credo che anche lei sia al massimo e il nostro amore sarà fantastico cazzo».
«Sì, sarà fantastico e tu sarai fantastico e lei sarà fantastica e tu non sarai quel tale che si approfitterà di una situazione senza offrirsi di fare qualcosa in cambio, perciò pensa alla cosa del ballo».


*


«Chi era quel tipo? Era quello strambo di cui mi ha parlato Allison, Stiles?» disse sua madre.
«Chi? Non vorrai dire il figlio dell'ex ex sceriffo?! È dimagrito davvero tanto, quasi non lo riconoscevo. E comunque non mi va che lo frequenti, è stato internato, non sarà mai sano» continuò il padre.
Malia fissava la sua tazza di tè pensando a scodelle di latte e cereali, mentre i suoi genitori parlavano di lei come se non fosse lì presente. In un altro momento si sarebbe arrabbiata, avrebbe lanciato la tazza contro il muro o qualcosa del genere, ma aveva appena messo da parte il suo orgoglio e aveva chiesto aiuto a qualcuno di sua spontanea volontà, non era una cosa che faceva tutti i giorni, le era costata una certa fatica.
Una parte di lei era convinta di aver fatto bene, l'altra la tormentava mostrandole gli scenari peggiori a cui sarebbe potuta andare incontro. E se si fosse affezionata a quello stramboide? Lui non era disposto a cedere neppure di un centimetro, sembrava intenzionato ad amare Lydia a qualunque costo e per sempre, sembrava essere la sua unica ragione di vita.
Isaac l'aveva mai amata così? E lei era stata abbastanza innamorata di lui da accorgersene?
Sapeva di non dover confondere la gentilezza di Stiles con l'amore, in fondo lui aveva bisogno di lei e dopo aver ottenuto ciò che voleva sarebbe scomparso come tutti gli altri.
Chiuse gli occhi e vide Isaac che sorrideva, a volte le tornavano in mente dettagli insignificanti, come la sua abitudine a tagliare gli spaghetti o la sua marca di dentifricio preferita, altre volte ricordava le sue mani addosso, ma di solito quei ricordi si confondevano con quelli nuovi, meno lucidi e felici dei primi, quando l'unica cosa che contava davvero era punire se stessa fino a distruggersi in una lenta caduta nell'oblio dei sensi.
Corse fuori dalla casa dei suoi genitori e si chiuse nella suo piccolo garage riadattato, lì non c'era il salotto ma una sala da ballo come quella della scuola di danza in cui andava da piccola. Accese lo stereo e iniziò a muoversi senza seguire nessuna coreografia, ripetendo ogni passo fino a sentire la testa girare e le gambe cedere.
Il passato la tormentava, il presente voleva usarla e il futuro non esisteva.



*


Stiles era inquieto e irritabile. Le sue speranze di poter dare la lettera a Lydia si assottigliavano e minacciavano di sparire a causa di un capriccio. Ma la richiesta di Malia poteva definirsi tale? Era un vero capriccio? Forse era solo un'altra prova da superare...
Arrivò a casa tenendosi stretto quel pensiero, erano ancora tutti in salotto a guardare la partita, Melissa era costretta a rimanere ferma con due telecomandi in mano diretti verso la tv, appena si muoveva di mezzo centimetro Noah la rimetteva in riga: lei era il suo portafortuna. Al gruppetto si era unito anche Scott, perché Allison odiava il football e non gli permetteva di guardarlo a casa.
«Stiles, figliolo! Finalmente sei tornato, vieni a sederti qua vicino a me, non andare sempre in giro a fare chissà cosa con quella Malia» gli disse il padre senza staccare gli occhi dallo schermo del televisore.
«Papà, è una mia amica, perché dici così?» chiese infastidito.
Scott annuì energico. «È incasinata, devi starci attento, fa un sacco di terapia».
«Io faccio un sacco di terapia, Scott. Che vuoi insinuare?»
Malia era una bella persona, era la ragazza più sincera che avesse mai conosciuto. Cosa c'era di sbagliato in lei? E chi si credevano di essere tutte quelle persone pronte a giudicarla?
«No, io voglio solo dire che...»
«Che sono incasinato? Perché non la smettete di giudicare le persone? Giudicate tutti, forse vi fa sentire meglio sapere che qualcuno stia messo peggio di voi o forse vi fa comodo illudervi che sia così. Tu papà stai costringendo Melissa a reggere dei telecomandi da chissà quante ore e tu Scott... tu, sei tu quello con il matrimonio incasinato, dannazione!»
«Cercavo solo di metterti in guardia» sorrise Scott in imbarazzo, guardando sua madre con la coda dell'occhio.
«Cosa non va nel tuo matrimonio?» chiese Melissa allarmata.
«Niente mamma, è tutto a posto».
«No, no, no. Melissa, dovevi vederlo quando ero a casa sua, sembrava un circo là dentro».
Peter ridacchiò e Stiles era pronto ad avventarsi su di lui, ma Scott lo portò in cucina.
«Dai, calmati, su calmati».
«No, no che non mi calmo, non posso calmarmi se continui a dirmi di calmarmi... oddio che bello! È per me?!»
Scott aveva tirato fuori il suo vecchio iPod e l'umore di Stiles era cambiato in un battito di ciglia.
Gli avevano vietato di ascoltare musica, temendo che qualsiasi canzone potesse scatenare la sua ira. Dopo avevano appurato che la canzone era solo una, ma non si erano più preoccupati di dargli qualcosa che gli permettesse di ascoltare musica.
E lui amava la musica ed era felice e quindi finse di non capire che quella era solo una strategia per farlo smettere di parlare.
«Sì, è per te! Te lo regalo, ci sono più di settemila canzoni».
«Grazie di cuore amico, è un bel gesto, lo apprezzo».
«Sì, be' te l'avevo promesso a cena, ricordi? E poi ho pensato potesse servirti un po' di musica, sai per scaricare la tensione. Sai... sai ultimamente vado nel garage e metto su i Metallica, i Megadeath e raaaawrr» finse di ringhiare «e comincio a spaccare tutto, cazzo».
«Devi aggiustare il tuo matrimonio» ma l'altro non lo stava ascoltando, era il suo momento, si stava sfogando.
«Spacco tutto e mi faccio male alla mano» mostrò il pugno graffiato «e poi torno dentro casa e riesco a sopportare tutte le lamentele e le regole di Allison».
Qualcuno suonò al campanello e l'ex sceriffo andò ad aprire.
«Scott, è una puttanata».
«Lo so, ma mi fa stare meglio, questa è la mia terapia» si strinse nelle spalle.
«Non va bene, quando starò con Lydia non farò mai una cosa del genere, te l'assicuro».
«Lydia? Cos'è questa storia di Lydia? Un'ingiunzione restrittiva non è uno scherzo» disse qualcuno in fondo al corridoio.
Alto, fisico da atleta professionista, capelli scuri e occhi blu oceano: Derek, il nipote di Peter.
Lui, Stiles e Scott erano cresciuti insieme, erano stati uno strano trio di amici durante gli anni del liceo. Poi si erano separati, avevano preso strade diverse e si rivedevano una o due volte l'anno, quando Derek tornava in città per far visita allo zio.
L'ex sceriffo lo adorava, anche Melissa lo adorava e tutti facevano un sacco di paragoni da sempre, perché lui era semplicemente troppo perfetto per chiunque. Aveva perso il padre da piccolo e Noah era diventato una sorta di secondo padre per lui.
A volte Stiles pensava che, se lui fosse morto e suo padre avesse potuto sostituirlo con Derek, alla fine non avrebbe sentito la mancanza del figlio e la sua tomba non avrebbe avuto più fiori nel giro di poche settimane e si sarebbe trasformata in un cumulo di erbacce.
«Porca vacca, ma guardati! Sei in forma, hai un aspetto fantastico. Ti senti bene?» Derek lasciò andare la valigia e la ventiquattrore e lo stritolò in un abbraccio.
«Va tutto bene. E a te come va?» chiese Stiles per cortesia.
Derek si fece serio e gli mise una mano sulla spalla.
«Senti mi dispiace di non essere venuto a trovarti in ospedale, sai dopo mio padre quei posti mi fanno stare male, poi lo studio si è ingrandito e ho aiutato Noah con il ristorante, gli serve un lavoro regolare, una denuncia dei redditi per coprire tutti i soldi che fa da allibratore».
«Grande, sono felice che ci sia tu ad aiutarlo» rispose Stiles con tono piatto.
Un gelido silenzio calò sulla stanza, interrotto solo dalla telecronaca della partita e dagli urli di Noah. Derek allentò il nodo della cravatta e deglutì a disagio, mentre Stiles restò a guardarlo impassibile.
Non lo odiava, ma stava esaurendo la scorta di perdono per tutti quelli che l'avevano abbandonato nel momento più buio della sua vita.
«Ehm... resterò a Beacon Hills per qualche settimana, potremmo fare qualcosa insieme come ai vecchi tempi, solo tu, io e Scott. Che ne dici?» accennò un sorriso.
«Sì, mi sembra fantastico!» esclamò Scott al posto suo per stemperare la tensione.
«Bene, che ne dite di domani pomeriggio? Potremmo andare...»
«No, io non posso, ho un impegno» disse subito Stiles.
Scott sbuffò. «Un impegno con chi? Malia? Amico io lo dico per te, dovresti lasciar perdere, ha davvero un sacco di problemi e se non stai attento ti trascinerà giù, a fondo con lei».
«Malia, quella Malia, tua cognata?» chiese Derek curioso.
«Sì, proprio lei».
«E ora come sta? Voglio dire, al funerale non sembrava messa troppo bene...»
Stiles sentì un brivido di irritazione dietro la schiena e sbottò.
«Sapete che vi dico? Forse quelli come Malia o me, forse noi sappiamo qualcosa che voi non sapete, forse capiamo più cose di quante ne riusciate a capire voi. Ci avete mai pensato?»
Gli altri due non seppero cosa rispondere e Stiles uscì di nuovo per sbollire la rabbia, prima di ritrovarsi con un vuoto di memoria e le mani coperte di sangue.



L'indomani Stiles si presentò a casa di Malia in perfetto orario, la madre lo guardava stupita dalla finestra e lui la salutò con un gesto educato ma anche ironico.
Malia aprì la porta ancor prima che lui arrivasse in fondo al vialetto, era già vestita per allenarsi, indossava capi aderenti scuri in microfibra e ballerine leggere. Lo accolse con un mezzo sorriso, Stiles stringeva la lettera per Lydia tra le mani, come per segnare una netta linea di demarcazione: si stavano facendo un favore a vicenda, non c'era altro.
L'interno era diverso da come l'aveva immaginato, non sembrava neppure una casa, ma una vera e propria sala da ballo, con il pavimento in legno e una parete coperta di specchi.
«L'ho costruita con i soldi dell'assicurazione, l'ho progettata io. Il pavimento è in quercia, ha una buona elasticità per ballare, anche se in realtà non sono granché come ballerina, ma è una terapia ed è divertente. Le pareti poi sono fantastiche, posso aumentare il volume e nessuno lo sente» gli spiegò Malia con orgoglio, facendo piccole piroette intorno alla stanza.
Stiles restò invece a braccia conserte, in posizione di difesa, incapace di capire come quella situazione lo facesse sentire, eccitato ma anche a disagio.
«Dove dormi?» si pentì subito di quella domanda, non voleva di certo portarla a letto! Lei però per una volta rispose senza allusioni.
«Di sopra» indicò la piccola rampa di scale in fondo alla sala «prima era un garage, l'ho ristrutturato e poi sai pensavo di mettere una sbarra da ballerina proprio lì, davanti allo specchio».
Era così presa dal fargli vedere casa sua che Stiles pensò avessero entrambi perso di vista l'obiettivo finale, il motivo per cui si trovavano lì.
«E senti, quando intendi dargliela?» chiese senza giri di parole.
Malia lo guardò confusa. «Cosa?»
«La lettera a Lydia» la sollevò per fargliela vedere, la gola all'improvviso secca.
La luce negli occhi di Malia mutò, si affievolì e lei tornò quella di sempre.
«Stasera. Scott, Allison e io la vediamo stasera» disse avvicinandosi a lui con passo sinuoso.
Stiles deglutì. «Ho cambiato il primo paragrafo, ho aggiunto una citazione di Shakespeare, che è molto romantico, e sul futuro. Sai, se lei vorrà andare a ballare potremo farlo visto tutti gli allenamenti e...»
«Va bene, va bene» disse lei poco convinta, senza riuscire a interrompere il fiume di parole.
«...e penso che tu sia una brava maestra e che puoi anche insegnare a tutti e due».
«Sì, certo» prese la lettera e la poggiò sulle scale, ma lui non riusciva a smettere di parlare.
«E ho anche accennato a quanto sia generoso quello che io sto facendo per te».
«Sì, sì, è molto generoso» lo condusse per mano al lato opposto della sala.
«Mi sono messo a disposizione dei tuoi bisogni. Certo, non quei bisogni che... insomma, non tutti i bisogni, solo alcuni, quelli utili, quelli...»
«Sì, ho capito. Facciamo così, cominciamo da qualcosa di semplice, parti da quell'angolo e vieni verso di me, attraversa la stanza» disse lei e si allontanò da lui il più possibile.
A quella distanza Stiles sentì l'ossigeno raggiungere di nuovo il cervello: stava sbagliando tutto, Malia era Malia e Lydia ne sarebbe stata gelosa!
«Possiamo fare qualcos'altro invece del ballo?»
«Cazzo, mi prendi in giro?»
«Sono bravo col martello, ti riparo qualcosa».
«Un accordo è un accordo».
«Uff, lo so, stavo solo suggerendo un'alternativa migliore».
«Migliore per te, vorrai dire».
Malia gli diede le spalle e mise le mani sui fianchi.
«Senti, mi dispiace, hai frainteso io...»
«Ora vieni verso di me come se fossi Lydia e l'unico modo per dimostrare quanto ti sono mancata è attraverso la camminata, una lenta camminata. Non puoi parlare, solo camminare» si voltò di nuovo verso di lui con aria di sfida.
«No, non lo faccio».
«Io sono Lydia, quindi ora vieni verso di me. Fallo».
«Ma è stupido!»
E poi Malia disse le parole magiche, sorridendo ancor prima di pronunciarle, sapendo di aver già vinto a mani basse.
«Se non lo fai niente lettera».
Stiles era letteralmente con le spalle al muro, si era cacciato in un bel casino e poteva solo andare avanti senza guardarsi indietro. Raccolse tutto il coraggio che aveva, mise da parte l'orgoglio e iniziò ad avanzare verso Malia.
«Tu però non sei Lydia» sussurrò tra i denti.
«Sguardo basso, non sollevarlo fino a metà strada».
Stiles non calcolò bene le distanze, perché quando sollevò il viso i loro nasi si sfiorarono.
«Tu la senti questa emozione?» gli chiese a pochi centimetri dalle labbra.
«Io non sento niente» mentì lui e tornò indietro in tutta fretta.
«Ti ha mai detto nessuno com'è morto Isaac?» lo incalzò allora lei.
«No».
Un'ombra scura calò su Malia.
«Eravamo sposati da tre anni e cinque giorni e io lo amavo, ma negli ultimi due mesi non mi andava di fare sesso, per niente. Sentivo come se fossimo tanto diversi e io ero depressa, in parte per cose mie e in parte perché lui voleva dei figli e io so a malapena prendermi cura di me stessa e questo non fa di me una criminale» fece una lunga pausa e asciugò via le lacrime con la manica della felpa.
«Comunque, una sera è andato da Victoria's Secret, al centro Re di Prussia, e ha preso della lingerie per sciogliere la situazione, mentre tornava si è fermato per strada per aiutare uno con la gomma a terra e l'hanno investito e ucciso. La scatola di Victoria's Secret era ancora sul sedile davanti. Questa è un'emozione».
Stiles si sentì per la prima volta legato a lei da una connessione profonda, nessuno sembrava provare il suo stesso dolore tanto quanto Malia. Certo sua moglie era ancora viva, ma non poteva vederla senza finire in prigione. Non era un po' come se fosse morta?
«Ora puoi andare a casa, torna domani alla stessa ora».
«Come sai che tornerò?»
«Lo so e basta».







   
 
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