Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    08/03/2018    3 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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28

PERDONO

 

La prima sensazione che percepì fu quella della morbida seta sotto le mani. Piuttosto confuso, Keros aprì gli occhi. Si trovava nella sua stanza, a letto. Riconobbe subito gli stucchi e le stoffe scure del baldacchino. Udì il grido di un'anima tormentata. Alzandosi a sedere, provò un certo fastidio alla spalla ed un gran mal di testa. Decise di alzarsi, cautamente. Era scalzo ed indossava una semplice tunica nera senza maniche, legata in vita da una fascia argento. Con i capelli sciolti, e qualche fasciatura a coprire le ferite della battaglia, si incamminò per il corridoio e lungo le scale. In testa aveva una marea di domande, non capiva e non ricordava molte cose. Quando imboccò il corridoio che conduceva all'ufficio del re, fu rincuorato dal sentirne la voce. Lucifero stava discutendo animatamente con un gruppo di demoni. Keros riuscì a sentire solo parte del discorso, che riguardava la fuga di Belzebù. Il sovrano stava lasciando precise disposizioni ai presenti sulle zone da setacciare, con l'obbligo di portargli il demone vivo, per poterlo torturare di persona.

“Se a trovarlo sarò io…” domandò Asmodeo “…posso almeno staccargli un braccio?”.

“Anche due” gli rispose il re “Per quel che mi riguarda, puoi anche staccargli le palle. Basta che me lo porti vivo, così che possa fargli capire una volta per tutte perché non ci si ribella".

Keros era rimasto in piedi, fermo, in mezzo al corridoio. Da lì poteva vedere quel che accadeva nell'ufficio, senza avere il coraggio di andare oltre. Fu una delle serve, intenta a versare il vino al sovrano, a notarlo per prima. Pochi istanti più tardi, lo sguardo di sovrano e principe si incrociarono. Il sangue misto trattenne il fiato, mentre Lucifero si alzava. Per un momento, il giovane pensò che fosse saggio fuggire. Alla fine rimase dov’era ed il re lo raggiunse, abbracciandolo forte.

“Perdonami!” gemette Keros, avvolto in quell'abbraccio.

“C'è stato un momento…” ammise il demone “…in cui ho temuto di non rivederti più”.

“Perdonami” mormorò di nuovo il principe.

L'abbraccio lasciò intravedere una porzione della gamba del sangue misto, senza più coprirne i tatuaggi.

“Anche sulla gamba ha quei segni…” sussurrò un demone ad un altro.

Keros udì quelle parole e si sentì a disagio. Ovviamente anche il re le aveva udite e si scagliò in fretta contro il demone che le aveva pronunciate. Ne spinse il viso contro il tavolo di legno massiccio, sbattendo rumorosamente la coda in terra.

“Che problemi hai?” sibilò Lucifero, ricevendo in risposta solo balbettii confusi.

“Vi prego!” lo raggiunse Keros “Non è assolutamente necessario! So quanto questi segni non siano graditi alla vista di molti, purtroppo al risveglio ero troppo confuso per farci caso. Chiedo perdono per l'inconveniente”.

“Ma che stai…” tentò di protestare il re.

“Piuttosto…” continuò il principe “…ne approfitto per ringraziarvi. In guerra avete combattuto con onore e coraggio, siete formidabili. Il vostro contributo è stato fondamentale per il regno”.

In risposta si udirono commenti imbarazzanti e di finta modestia.

“Sapete quello che dovete fare” tagliò corto il re “Andate. Lasciateci soli”.

Quando nella stanza rimasero solo re e principe, Lucifero chiuse la porta.

“Come stai?” chiese poi il demone, mentre Keros distoglieva lo sguardo.

“Bene…” mormorò il mezzodemone “Ho solo mal di testa”.

“Ottimo…”.

“Ti chiedo scusa. Davvero” furono le parole di Keros, che ruppero l’ennesimo silenzio.

“Per cosa?”.

“Come per cosa?! Per… tutto. Per la guerra, per questo casino e… per Sophia”.

“Oh, piccolo! Non è stata colpa tua!”.

Il demone abbracciò di nuovo il principe.

“Sì, invece. È stata colpa mia!” insistette Keros “Io… sono un disastro!”.

“Ragazzo! Semmai dovrei essere io a chiederti scusa, per averti lasciato solo in un casino simile! Tu non  hai nulla di cui farti perdonare. Anzi, da quel che mi è stato detto, sei stato molto bravo”.

“Bravo?”.

“Un perfetto principe regnante. Sono fiero di te. Riuscirai a perdonarmi? Non volevo farti vivere la guerra…”.

“Ma…cosa è successo? Io ricordo solo che stavo combattendo e… quella testa…”.

“Siediti…”.

Lucifero indicò una sedia e versò da bere in due calici, offrendone poi uno al giovane.

“A quanti ho tolto la vita?” mormorò Keros “E me ne sono reso conto solo nel momento in cui ho visto cadere la testa di un amico…”.

“Amico?!” storse il naso Satana “Ha tentato di ucciderti! E non solo una volta…”.

“Mi ha aggredito, è vero. Ma io ho le mie colpe”.

“Ti avrebbe ammazzato! Non avevi alternative!”.

Il mezzodemone bevve un sorso, poi tossendo perché era un liquore piuttosto forte.

“Hai fatto la cosa giusta” continuò Lucifero “Adesso forse non ne sei convinto, perché comunque era un tuo compagno di addestramento. Però…”.

“Ho ucciso il figlio del mio maestro! Lui mi ha istruito ed io lo ripago così?”.

“Alukah poteva insegnare a suo figlio ad essere meno coglione!” sbottò il re, infastidito.

“Ma quante altre persone ho fatto soffrire? A quanti padri ho tolto i figli? Quante donne aspetteranno invano il loro compagno per causa mia? Quanti orfani che…”.

“Finiscila! Tu ti sei difeso! Hai protetto il tuo regno e la capitale. Non avevi altra scelta”.

“Ed uccidendo che cosa ho ottenuto? Vendetta”.

“Se qualcuno vorrà vendicarsi, lo batterai. E…”.

“Non parlo solo di me! Un giorno potrei avere dei figli, no? E se venissero loro coinvolti in questo gioco eterno? Mettere in pericolo innocenti per scelte sconsiderate!”.

“Keros, questo è l'Inferno. L'Inferno è rabbia, odio, vendetta…”.

“E non sarebbe ora di cambiarlo?”.

Lucifero osservò in silenzio il principe, che svuotò la coppa.

“Come vorresti cambiarlo?” domandò poi il re.

“Vorrei cambiare molte cose. Siamo demoni, i demoni cambiano e quindi anche la loro casa deve cambiare. Non come gli angeli ed il paradiso”.

“Anche gli angeli ed il paradiso cambiano. Magari non esternamente, ma interiormente credimi che molte cose sono cambiate. Nulla può restare immutato”.

“Vorrei che tutta questa rabbia e questo odio si concentrasse sulle anime da punire, sugli umani peccatori”.

“Intendi senza più guerre fra demoni? Pura utopia…”.

“Può darsi…”.

“Keros… ora ti senti in colpa. Volevi bene a Nasfer, vuoi bene ad Alukah e ti penti delle tue azioni. Ma passerà. Tutto passa, credimi. Vai a fare un giro, trova il modo di sfogarti. Poi vedrai che ti sentirai meglio”.

“Però prima mi spieghi quel che è successo?”.

Il re accarezzò con affetto la testa di Keros. Il principe era rimasto seduto, coppa vuota fra le mani, con aria malinconica. Il sovrano, in piedi, iniziò a raccontare. Spiegò che Belzebù, da sempre desideroso di sedere sul trono, aveva deciso di approfittare della notizia di una momentanea assenza di Satana. Non trovando alleati fra demoni antichi, sconfitti troppe volte dal re, si era creato un nutrito gruppetto di fedeli fra le nuove generazioni. Promettendo terreni e ricchezze, era riuscito a radunare un esercito. Durante la battaglia, Lucifero aveva utilizzato il proprio potere e sconfitto i ribelli, riuscendo a salvare il principe che nel frattempo era stato circondato. Il giovane, dopo aver decapitato Nasfer, non era stato in grado di rimanere lucido.

“Quindi la guerra è stata colpa mia” sospirò Keros “Non mi ritenevano all’altezza”.

“La colpa, se proprio vogliamo cercarla, è mia. Perché ti ho lasciato solo. E ti ho costretto a vivere tutto questo”.

“Ma io ti ho tolto Sophia!”.

“Non sei stato tu ad ucciderla. Ora smettila di tormentarti. Cerca di rilassarti e tentiamo di andare avanti al meglio”.

Il principe si lasciò abbracciare di nuovo. Lo sguardo di Lucifero e l'intero corpo del sovrano portavano i segni della battaglia e del tempo trascorso nel mondo umano. Era pallido, con il viso scavato e gli occhi malinconici. Keros voleva chiedere ancora perdono ma non trovò altre parole. Ascoltò in silenzio altre cose che il sovrano aveva da dirgli. Poi decise di congedarsi, sentendo di nuovo la testa pulsare.

 

Steso nella vasca del proprio bagno privato, il principe fissava il soffitto. Una lacrima ne bagnò la guancia ed immediatamente l'asciugò con la mano, vergognandosene. Nel silenzio, udì chiaramente dei passi nella camera adiacente.

“Simadè!” chiamò.

Il servo subito entrò e salutò con un inchino.

“Siete qui!” parlò “Perdono se non ero al vostro fianco al momento del risveglio. Aiutavo Furcas con i feriti e…”.

“Non devi scusarti" lo zittì Keros “Il re mi ha raccontato che lo hai aiutato con l'armatura”.

“Sì… Ho tentato di rendermi utile come potevo".

“Passami l'asciugamano".

Simadè obbedì, indugiando qualche istante ad osservare il giovane immerso in acqua.

“Vedo che i segni che avete sul corpo sono tornati come prima…” commentò il servo, senza staccare gli occhi dal mezzodemone.

“In che senso?” mosse le orecchie Keros, uscendo lentamente dalla vasca.

“Quando siete stato portato qui, ne avevate anche sul viso ed in buona parte del corpo. Ma ora sono come sempre”.

“Non lo sapevo. Indagherò sulla cosa. Ora aiutami, devo far visita ad una persona".

 

Non si aspettava di ritrovarsi a percorrere un corridoio così buio e polveroso. Senza nemmeno una candela, Keros camminò ed udì propri passi riecheggiare per il palazzo. Credeva di incontrare servitori, guardie… nessuno! Fra le mani, stringeva una pergamena con il sigillo reale. Nell'oscurità, il mezzodemone raggiunse la sala principale. Lì una figura, accovacciata, si voltò di scatto. Un paio di occhi rossi si illuminarono.

“Maestro" si affrettò a dire Keros “Sono io".

La luce rossa si affievolì leggermente.

“Altezza…” mormorò Alukah.

Il demone vampiro era chino sui resti dell'armatura del figlio e li fissava in silenzio.

“Maestro, io…”.

“Non chiamatemi maestro. Non usate l'onorifico con me. Come da disposizioni, lascerò questo palazzo. Lasciatemi solo…”.

“Io non voglio che lo lasciate".

Il mezzodemone si inchinò.

“Ma che fate?” si stupì Alukah.

“Sono qui per porgervi le mie più sentite scuse. Maestro… So che avete rinunciato al vostro territorio per fare ammenda ma… voi non avete colpa alcuna. E vorrei ne riprendeste il possesso".

Dicendo questo, il principe porse la pergamena al vampiro.

“Perché chiedete perdono? È stato mio figlio a sbagliare. Ed io a non insegnargli a stare al suo posto. Voi avete fatto esattamente quel che ci si aspetta da un demone".

“Non avrei mai voluto arrecarvi un simile dolore".

“Dolore? La mia è rabbia. Rabbia per aver cresciuto un figlio traditore. Vergogna per non aver compreso che cosa avesse in mente. Sollievo per non aver visto sterminata la mia intera famiglia dopo un simile atto sovversivo".

“Non avete nulla di cui vergognarvi. Nasfer era un ottimo guerriero, egregiamente addestrato. Aveva le proprie idee, ma…”.

“Ma perché chiedete perdono? Siete stato un perfetto principe, avete guidato la nazione in battaglia, preso le decisioni giuste e mantenuto un atteggiamento degno di vostro padre. E ora? Ora venite qui a chiedere scusa? Un vero demone non chiede mai scusa".

“Un vero demone?”.

“Vi ho visto in guerra. Avete usato delle tecniche che non appartengono al mondo infernale".

“E con ciò?”.

“Nulla. Dico solo che, almeno nell'atteggiamento, dovreste tentare di fare il demone completo".

Keros si accigliò.

“Maestro…” rispose poi, con voce ferma “…io vi stimo, vi rispetto. Non provassi simili sentimenti, vi insulterei. Perché un demone non deve chiedere perdono? Siamo forse divinità? Siamo forse come colui che ha cacciato i ribelli dal paradiso? Siamo forse al di sopra di tutto e di tutti, talmente pieni di sé da non essere in grado di capire quando si ha commesso un errore? Io non sono Dio, e non voglio nemmeno esserlo. Io sono una creatura imperfetta e le creature imperfette commettono errori. Sono fiero di essere imperfetto. E sono stufo di sentirmi costantemente giudicare come fossi una strana bestia. Perfino voi…”.

“Altezza…”.

“Io amavo Nasfer. Durante tutto il nostro addestramento non ho fatto altro che ammirare le sue doti ed il suo atteggiamento da vero demone. Volevo essere come lui. Volevo essere come voi. Ma io non sono così. E, giusto perché lo sappiate, il re stesso chiede scusa. Per essersi allontanato troppo a lungo per motivi personali. Evidentemente nemmeno lui è un vero demone".

“Io…”.

Keros depose la pergamena accanto ai piedi di Alukah, rimasto accovacciato.

“Questo pezzo di carta vi permette di mantenere la terra ed il palazzo vostro e di Nasfer. Se poi proprio volete disfarvi di tutto, dividete fra confinanti e donate i vostri possedimenti ad altri che hanno subito perdite".

“Perché lo fate?” domandò il vampiro, quando il principe già si stava allontanando.

“Perché per diritto tutto questo spetterebbe a me, che ho ucciso colui che qui viveva. Miei sono i territori di Nasfer ed i vostri, dato che li avete riconsegnati al re per avere pietà della vostra stirpe. Io mai potrei toccare le vostre figlie o la vostra casa. Perciò vi restituisco tutto".

“Ma…”.

“Chiedo solo di poter avere un palazzo per me. Un singolo palazzo. Dove potermi ritirare in pace, da solo, se mi verrà voglia di farlo. Il resto, resta tutto come prima".

“Oh… altezza…”.

“Perdonami ancora, Alukah…”.

Senza dire altro, il giovane lasciò il palazzo. Vi percepiva l'essenza di Nasfer. Ricordò l'addestramento e quel bacio. Quell'unico bacio che mai avevano dato le sue labbra. Era meglio rientrare a casa…

 

“Non so perché tu lo abbia fatto…” ammise Lucifero “…ma se ti fa stare meglio, lo accetto".

Keros annuì.

Era steso a letto, con sul capo una pezza d'acqua fredda. Aveva un gran mal di testa. Il re, seduto fra le lenzuola al suo fianco, tentava di tirarlo su di morale raccontandogli stupidaggini.

“Ti ricordi quando da piccolo hai rubato i dolci dalla cucina? E li hai mangiati tutti? Ricordi che mal di pancia?”.

“Ricordi quando ti ho bruciato i libri?” rispose il principe “Ebbene li ho riscritti tutti. L'ultimo l'ho terminato in Paradiso ed è nelle tue stanze, fra i manoscritti".

“Grazie…”.

“Io mantengo le promesse".

“Bravo il mio ragazzo".

Lucifero passò una mano fra i capelli del giovane e lo fissò perplesso. Affondò con più decisione la mano fra i ciuffi rossi.

“Mi fai male!” protestò Keros.

“Oh... ma… Qui c'è una sorpresa!”.

“Di che parli? Ho i pidocchi?”.

“Ma no, che dici! Vedo un cornino".

“Un cosa?!”.

“Un piccolo corno. E qui eccone un altro. Due piccole corna. Ecco spiegato il mal di testa!”.

“Sei serio?!”.

Keros si sollevò a sedere, di colpo.

“Sono serissimo! Sei un demone! Un vero demone! Il mio piccino ha le corna! Dobbiamo festeggiare!”.

“Ma com'è possibile?”.

“La guerra, il sangue nemico… Chi lo sa? Ma che importa! Hai le corna! Hai le corna!”.

Il principe finalmente sorrise, contagiato dall'entusiasmo del re. Poi si alzò, avvicinandosi allo specchio. Erano lì, per davvero. Piccole, che lentamente spuntavano, due corna blu. E ne fu davvero fiero.

 

Eccomi! Questa volta vi lascio il link per un “GIOCHINO” a tema Keros. Sarei lieta di vedervi partecipare :)

 

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