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Autore: lady lina 77    08/03/2018    2 recensioni
Elke abbassò lo sguardo sulla sua mano, sul suo polso che ancora Mattheus stringeva. Era un uomo a volte duro, a volte irriverente, il più delle volte strafottente, ma una cosa l'aveva colpita fin dal primo istante in cui lui aveva sfiorato la sua mano dieci giorni prima, fermandola quando stava per scoccare una freccia contro i sei arcieri del villaggio che l'avevano attaccata: il tocco di Mattheus era delicato, gentile, buono; non vi era traccia di possesso, forza o prepotenza ed era opposto al suo modo di fare tanto scontroso e cinico. Mani gentili, ma di una persona che per la maggior parte del tempo si faceva beffe del suo prossimo. Eppure, quando era serio, Mattheus sembrava quasi un'altra persona, saggia e, sotto un'apparente durezza, gentile. Scosse la testa, turbata, rendendosi conto forse per la prima volta che sarebbe stato difficile conoscere per davvero quello stregone. Sotto la sua scorza tanto dura, doveva nascondersi un mondo ben più complesso e sconfinato di quel che appariva. Spesso la prendeva in giro, ma anche in quegli istanti, se si stava bene a ragionare sulle sue parole, Mattheus non faceva che darle insegnamenti.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La tenue luce del mattino che entrava dalla finestra pareva volerle ferire gli occhi. Elke lottò contro di essa: non voleva svegliarsi, non voleva si facesse giorno, desiderava soltanto che quella notte di Natale durasse per sempre e lei potesse stare lì, sotto quelle morbide e calde coperte, fra le braccia di Mattheus, ma ormai però era troppo tardi, era decisamente sveglia.

Aprì gli occhi, senza muoversi di una virgola, attenta a non svegliarlo. Lui dormiva ancora e il suo sonno e il suo respiro sembravano tranquilli come quelli di un bambino. Anche lei era tranquilla, le sembrava quasi impossibile, la vita di un'altra persona quella che aveva vissuto fino a poche ore prima, quando pensava di non aver nulla davanti a sé se non l'oblio e la disperazione; eppure Mattheus ci era riuscito anche questa volta: le aveva afferrato la mano e l'aveva stretta a sé, impedendole di perdere la strada. Non era stato facile avvicinarsi a lui, parlare con lui, ma Mattheus aveva saputo farsi ascoltare, capire, starle vicino e scegliere le parole giuste da dire come solo lui sapeva fare, da sempre, le rare volte in cui riusciva a mettere da parte il suo caratteraccio. Aveva tentato di resistergli ma non c'era stato nulla da fare, aveva vinto lui, come sempre del resto. Chiuse per un attimo gli occhi, quasi sentendo su di sé, ancora, il calore dei suoi baci e delle sue carezze. Le aveva insegnato l'amore in una sola notte, o forse lo avevano imparato insieme, ma dopotutto non aveva importanza. Era stato facile, naturale, il completamento di qualcosa iniziato forse a loro insaputa fin dal loro primo incontro e che pensavano di aver perso per sempre. Mattheus era un orso, se voleva sapeva essere arrogante e sfuggente, la peggior canaglia in circolazione, ma era soprattutto un uomo intelligente, gentile, dolce e infinitamente delicato verso le persone che amava. Questi aspetti del suo carattere li aveva colti da subito, benché lui sapesse tenerli nascosti così bene, anche se per tanto tempo li aveva ritenuti un suo errore di valutazione. In cuor suo però, nel suo intimo, sapeva la verità, sapeva com'era davvero quello stregone. Mattheus sapeva essere insopportabile, ma era anche una persona estremamente sensibile che si era costruito attorno un mondo di solitudine per evitare di soffrire la perdita di altre persone amate. Una cosa l'aveva colpita, della notte appena passata. Aveva detto che la gente conosceva solo Pfeifer Huisele lo stregone e non Mattheus Hansele, ed era vero, lui aveva ragione e difficilmente, a parte lei, avrebbe permesso ad altri di avvicinarsi così tanto a lui. Non avrebbe smesso di essere un orso e una persona sfuggente dall'oggi al domani, questo era certo, e lei non lo avrebbe mai preteso. Quel lato del suo carattere faceva parte di lui e in fondo ci era affezionata. Non sentirlo più borbottare o lamentarsi per qualcosa le sarebbe parso tanto strano, così come il vederlo diventare improvvisamente ciarliero e chiacchierone con gli altri.

Lo sentì sbadigliare nel dormiveglia e percepì la stretta su di lei farsi più salda. Si rannicchiò contro di lui, non desiderava altro in quel momento. "Ti ha svegliato la luce del sole?" - gli chiese da sotto le coperte, senza stare ad accertarsi se fosse effettivamente giorno.

Mattheus si strofinò gli occhi e poi le accarezzò i capelli. "Sole? Con un pò di fantasia, forse...". La costrinse ad alzare il viso e a voltarsi verso la finestra, affondando poi il viso contro il suo collo. "Guarda come sta nevicando! Non ha mai smesso da ieri mattina".

Elke si rannicchiò nel suo abbraccio, inspirando il profumo della sua pelle. Solo in quel momento si accorse del calore nella stanza e del camino acceso. "La legna nel camino l'hai messa tu? E quando...?".

"Quando ti sei addormentata mi sono alzato e ho acceso il fuoco, facendo in modo di mettere tanta legna da arrivare al mattino".

Elke sorrise perché in fondo quelle piccole accortezze erano tipiche di lui: anche a Pennes Mattheus si era sempre preoccupato che in casa ci fossero cibo e un camino acceso quando lei si svegliava, ma solo in quel momento si accorse della dolcezza e della premura di quei gesti. "Lo hai fatto per me?".

"Anche per me, lo sai che odio il freddo". La baciò sulla nuca, stringendola ancora più a se. "Ma soprattutto per te perché anche se fingi che la cosa non ti importi, avevi la febbre davvero alta fino a poche ore fa e non voglio che ti ritorni".

A quelle parole, finalmente si voltò verso di lui. Le loro fronti si toccarono. "Mi dispiace di averti fatto preoccupare".

"Mi importa solo che tu ora stia bene". La baciò sulla fronte e poi sulla punta del naso, stringendola a se.

"Credevo che ti fossi addormentato prima di me" – sussurrò Elke, sfiorandogli il petto.

Lui scosse la testa. "A dire la verità, credo di essermi addormentato solo un'ora fa. Quella che ha dormito sei tu e dopo tutto ne avevi bisogno. Non sono ancora così sicuro che tu stia bene".

La guardò in viso, studiandola attentamente e per un attimo Elke si chiese quale fosse la fonte della sua preoccupazione, se le frustate o quanto successo quella notte fra loro. In entrambi i casi comunque, si sentiva di rassicurarlo. "Sto bene, non preoccuparti".

"Non sto parlando della tua schiena e delle tue mani, non solo. Sto parlando di...".

"Sto bene" – ripeté lei, di nuovo. Sorrise. "E credo che il merito sia tuo. Sei stato bravo, sai?".

Mattheus rispose al sorriso. "Io sono sempre bravo. Ma questa volta credo che i meriti siano tuoi, senza di te non sarei andato da nessuna parte e non avrei avuto nemmeno il coraggio di iniziare".

Scherzosamente, Elke gli pizzicò la guancia. "Quindi, se le cose stanno così, dovrei essere io a chiedere a te se stai bene, giusto?".

"Non pensarci nemmeno! Sono io l'uomo e sono io che devo preoccuparmi per te. Per voi donne è una faccenda più" – si grattò il mento, indeciso – "complicata".

"Non così complicata come pensate voi uomini. Io l'ho trovato naturale e bello, semplice".

Appoggiò la fronte contro quella di Mattheus, chiudendo gli occhi. "Credo di averlo desiderato da sempre... che fossi tu, che fosse con te, anche se avevo quasi paura a sperarci... Questa notte, per la prima volta in vita mia, non mi sono sentita sola, era come se ogni mio respiro fosse il nostro respiro e ogni mio movimento fosse non solo mio ma nostro. Era come essere una cosa sola".

Lo stregone annuì, prima di baciarla sulle labbra. "Non avrei potuto descriverlo meglio, Elke".

Inspirò, profondamente, accarezzandogli i riccioli rossi che gli cadevano sulle spalle. "Quella bolla di sapone... credo che tu sia riuscito a romperla almeno un po', sai?".

Mattheus la abbracciò, accarezzandole e baciandole i lunghi capelli che le ricadevano disordinati sulla schiena. "Sai, stanotte mentre non dormivo, pensavo a quanto fosse stato bello e a quanto io sia stato fortunato a ritrovarti. A conoscerti! In un mondo così grande, quante probabilità avevamo? Tutti odiano i tuoi capelli ma io li amo perché è grazie a loro che sei venuta da me, se fossi stata mora, bionda, rossa o altro, non ci saremmo mai incontrati. E non so' se ne sia valsa la pena per te, ma io a questi tuoi capelli devo tutto".

Rimase colpita dalla profonda dolcezza e dalla verità racchiusa in quelle parole, non ci aveva mai pensato. Arrossì e si rifugiò nel suo abbraccio, affondando il viso contro il suo petto.

"Mattheus...".

Lo stregone ridacchiò, abbassandosi a parlarle all'orecchio.

"Se ora arrossisci e ti imbarazzi perché ti dico che ti adoro e che questa è stata la notte più bella della mia vita, credo che dovrò ricominciare a chiamarti ragazzina".

"Spiritoso!". Alzò gli occhi su di lui, con aria di sfida. "Hai pensato a un sacco di cose mentre non dormivi, è?".

"Puoi giurarci! Ho pensato anche a Lucius, sai?".

Elke lo guardò storto. "Lucius? Dopo aver fatto l'amore con me hai pensato a LUCIUS?".

Mattheus annuì con aria di chi la sa lunga. "Esattamente! E alla rosa rossa che ti ha regalato".

"E' stato tre anni fa, Mattheus! Non dirmi che sei ancora geloso!".

"No, affatto". Le sfiorò la punta del naso con l'indice, chinandosi poi a baciarla. "Ho solo realizzato che di donne e fiori lui non se ne intende proprio. Ogni donna può essere paragonata a un fiore, sai? E tu e le rose non avete proprio nulla in comune, non è un fiore adatto a te. La rosa, soprattutto quella rossa, ha un colore sfacciato e ha le spine, non ti rappresenta".

"E quale sarebbe il fiore adatto a me?".

Il viso di Mattheus si addolcì infinitamente a quella domanda. La baciò piano, sulle labbra, poi strinse il pugno della mano destra e lampi di luce dorata scaturirono dalle sue dita. Quando riaprì la mano, sul palmo stava appoggiato, comparso per magia, un piccolo fiore bianco. "Questo è il fiore adatto a te, una stella alpina".

"L'Edelweiss?".

"Esatto Elke". Fece scivolare il fiore nella sua mano e poi intrecciò le dita alle sue. "Tu appartieni a queste montagne, come questo fiore. Hai i suoi colori e la sua forza perché come lui sei nata in queste vallate e sai resistere al vento, alla neve, al gelo e al sole cocente come solo le creature delle Dolomiti sanno fare. E' il tuo fiore, adatto a te. Se mai dovessi regalartene uno di nuovo sarà come questo. Una stella alpina. Tu, come questo fiore, hai in te tutto il bello di queste montagne, non dimenticarlo mai Elke".

Elke deglutì. Mattheus Hansele era anche questo, un uomo sfuggente e poco propenso ai gesti gentili eclatanti ma che sapeva scaldarti il cuore con piccole cose che sapevano valere più di qualsiasi dono. "Non lo dimenticherò. Grazie". Osservò il fiore, un meraviglioso esemplare di Edelweiss. "Hai usato la magia per farlo apparire?".

"Più o meno. Se vuoi ti insegno come si fa".

Elke fece un sorriso furbo.

"No, non voglio che me lo insegni".

"Perché?".

"Perché se sapessi farlo, ti darei la scusante per non regalarmi più fiori".

A quella risposta, Mattheus scoppiò a ridere. Poi la attirò a se, baciandola avidamente sulla labbra. "Ora si che riconosco la mia Elke!".

Lasciò che la baciasse a lungo, mentre brividi caldi le correvano lungo la schiena. Mattheus sapeva farla cedere, farle perdere razionalità, farla sentire bene nonostante l'inferno vissuto negli ultimi giorni. Aveva bisogno di lui eppure sapeva che c'era tanto di cui parlare, discutere, cose che andavano affrontate prima di voltare pagina assieme a lui. Ma in quel momento non riusciva a fare altro che abbandonarsi ai suoi baci. Strinse la stella alpina nella sua mano, ricordandosi improvvisamente della statuetta di legno che qualcuno le aveva regalato alcuni giorni prima e che stava nella sua camera del convento. "Mattheus, posso chiederti una cosa?" - sussurrò contro le sue labbra, col fiato corto.

"Tutto quello che vuoi".

"Alcuni giorni fa, qualcuno mi ha fatto recapitare al convento una statuetta di legno raffigurante un lupo. Sei stato tu?".

Lo stregone si allontanò lievemente da lei, quasi fosse in imbarazzo, abbassando lo sguardo. "Si. Ti avevo vista davanti al convento e mi è venuto in mente che tre anni fa ti avevo promesso una statuetta in legno ad ogni Natale. Non ho mai potuto tener fede a quella promessa e ora ne avevo l'occasione quindi... anche se è stata la cosa più irrazionale che ho fatto in vita mia, ne ho intagliata una per te e te l'ho fatta recapitare".

"Perché non hai detto ad Helena che era da parte tua? Sarebbe stato tutto più facile fra noi".

"Mi vergognavo e ritenevo improbabile che ci incontrassimo o che tu volessi vedermi, dopo tutto quello che era successo a Pennes".

Quella ammissione la intenerì perché Mattheus era da sempre piuttosto restio ad esprimere i suoi sentimenti, soprattutto quelli che lo rendevano vulnerabile agli occhi degli altri. "Non c'era nulla di cui vergognarsi, è stato il pensiero più dolce e gentile che qualcuno abbia avuto per me. Mi ha fatto piacere riceverla".

"E' orrenda, imperfetta. Te ne farò altre più belle, a Pennes".

Elke scosse la testa. "Io la adoro, mi ricorda Maike, la mia lupa. Per quante statuette tu possa farmi, questa resterà sempre la mia preferita".

"Elke, no...".

La ragazza si morse il labbro. Ora arrivava la parte difficile, ora dovevano parlare seriamente, anche se sospettava che Mattheus avesse già capito le sue intenzioni. "Ascolta, ti prego".

"Non voglio ascoltarti! Lascia in convento quella dannata statuetta e torna a Pennes con me, ti scongiuro Elke".

Trattenne il fiato, cercando le parole giuste per tranquillizzarlo e per trovare in sé il coraggio per affrontare quanto andava affrontato. Non sarebbe stato facile, lo sapeva. Ma doveva farlo. "Mattheus, tornerò a Pennes da te, lo giuro. Ma non ora, non posso".

"Sì che puoi! E nessuno te ne farebbe una colpa".

Elke annuì. "Lo so, ma sarei io a non perdonarmelo. Se fuggissi, se me ne andassi con te sarebbe facile, sarei felice probabilmente, ma non avrei affrontato le mie paure e tutto ciò che mi tormenta. Avrei sempre paura e tu rappresenteresti solo un rifugio. Lo faccio anche per te, per noi".

Il viso di Mattheus si oscurò, le sue mani presero a tremare. "Elke, non voglio che tu torni in quel dannato convento, sei quasi morta, dannazione! Non devi dimostrare nulla nemmeno a te stessa".

Elke ispirò. Sapeva che lui aveva capito, che conosceva le sue motivazioni per restare ed era consapevole del fatto che non fosse d'accordo, ma non poteva fare altrimenti. "Suor Faustine mi ha frustata e io non ho fatto nulla per impedirlo. Come credi che si senta il mio orgoglio? Non voglio scappare, non voglio essere una codarda salvata dal principe azzurro, io voglio capire se sono capace di affrontare quella suora e tutte le paure che risveglia in me. Non posso fuggire per sempre, voglio tornare ad avere rispetto verso me stessa perché ti assicuro che dopo quello che è successo l'ho perso. Quando sono arrivata da te, quasi quattro anni fa, ti ho chiesto di prendermi come tua allieva, di insegnarmi quello che sai. E' ora che dimostri a me stessa e agli altri quello che ho imparato. E poi non posso sparire così, in quel convento c'è l'unica amica che abbia mai avuto e non voglio andarmene senza essere certa che lei e sua figlia abbiano trovato il modo per andarsene da quel posto. Posso aiutarle, ora so come fare, ma ho bisogno di tempo".

"Quanto tempo?".

La voce di Mattheus le apparve fredda e glaciale come nei suoi peggiori ricordi di loro due insieme. Si chiese se fosse deluso o arrabbiato e per un attimo tentennò davanti a lui e ai ricordi della dolcissima notte trascorsa insieme. "Se tutto va per il verso giusto, forse pochi mesi".

Lo stregone allentò la presa su di lei, sprofondando fra i cuscini. Si passò la mano sul viso, scostandosi i riccioli rossicci che gli erano caduti sulla fronte.

"Sai una cosa Elke? E' tremendamente complicato tutto questo, per me! Fare l'amore con qualcuno in fondo è semplice e piacevole, si azzittiscono pensieri e problemi ed è l'istinto a guidare ogni azione. L'amore è istinto... Un istinto bello, che ti porta a desiderare il bene e la felicità della persona che hai scelto di avere a fianco come compagna di vita, concordandogli assoluta fiducia. Ed è questo il punto. Io ti adoro e se voglio dimostrartelo davvero non posso limitarmi ad una camera da letto, ma devo farlo ogni attimo, ogni giorno, sostenendoti nelle tue scelte. Non ti chiederò cosa vuoi fare, come vuoi risolvere le cose e nemmeno il perché. Mi fido di te e se è rimanere qui ciò di cui hai bisogno, me lo farò andar bene".

Elke rilasciò di colpo il fiato che aveva trattenuto durante tutto il discorso di Mattheus. Lo conosceva, sapeva quanto gli costassero quelle parole ed era consapevole che stesse facendo violenza a se stesso nel pronunciarle. "Credevo sarebbe stato più difficile fartelo accettare e sentirti dire che sei d'accordo" – sussurrò, prendendogli la mano sinistra fra le sue.

Gli occhi di Mattheus si piantarono su di lei come due lame. "Non sono d'accordo e non l'ho accettato, mettiamolo in chiaro. Ma suppongo di dovermi fare andare bene la cosa e di non avere scelta anche se la ritengo una decisione idiota, giusto?".

"Giusto". Non c'era molto altro da dire.

Lo stregone si rimise a sedere sul letto. Le sfiorò la guancia e la attirò a se in un abbraccio. "Non sono arrabbiato con te, lo giuro. E in un certo senso forse riesco anche a capirti però Elke... la vendetta non serve a nulla e non ti renderà né migliore né diversa da quella che sei adesso".

Elke si abbandonò al suo abbraccio, chiudendo gli occhi. "Non voglio vendetta ma capire se sono capace di combattere il male che mi viene fatto. Me lo hai insegnato tu, ricordi? E ora, grazie a te, credo di sapere come sistemare le cose".

Mattheus annuì. "Va bene, come ti ho detto, non mi devi spiegazioni. Ma questo ha un prezzo, sai? Sei in debito con me, mia cara! Partirò e ti aspetterò a Pennes senza dire nulla, senza chiedere nulla ma tu in cambio devi promettermi due cose!".

Elke sorrise. "Va bene, dimmi pure".

Le mani di Mattheus le sfiorarono le guance e la attirò a se fino a che le loro fronti si toccarono. "Prima cosa, non metterti nei guai, non permettere a nessuno di sfiorarti! Non voglio vedere nemmeno un graffio sulla tua pelle quando tornerai da me. Se la situazione diventa pericolosa, vattene, fregatene di quello che vuoi fare in quel dannato convento, fregatene di tutto e di tutti e torna da me. Ti ho curata questa notte e non voglio doverlo fare mai più in futuro, intesi?".

"Te lo prometto".

Lo vide annuire. "Seconda cosa...".

"Seconda cosa?".

Lo sguardo di Mattheus si fece furbo, come tante volte lo aveva visto in passato quando cercava di fregare qualcuno. "Dimmi che mi dirai di sì anche senza sentire cosa voglio".

Questo la fece ridere. "Scordatelo! Dirti di sì a scatola chiusa è pericoloso, soprattutto quando hai quell'espressione in viso".

"E allora ti tramortirò con qualche incantesimo che ti farà dormire per settimane e ti porterò a Pennes subito, contro la tua volontà".

Elke alzò gli occhi al cielo. Se non gliela dava vinta era abbastanza certa che avrebbe messo in atto quella minaccia. Con un sospiro annuì.

"Va bene, sì. La mia risposta a qualsiasi cosa tu voglia chiedermi è sì".

Mattheus sorrise, un sorriso da perfetta canaglia. Con la mano le pizzicò la punta del naso, prima di baciarla di sorpresa sulle labbra. "Sappi, mia cara, che hai appena acconsentito a sposarmi".

Elke spalancò gli occhi, mentre il fiato le si congelava nella gola. "Cosa?" - chiese, a bocca aperta. Per un attimo lo guardò e basta, senza sapere cosa fare o dire, con un'espressione da ebete dipinta sul viso.

"Hai detto sì!" - puntualizzò lui, con aria divertita.

"Ho detto sì..." - ripeté lei, lentamente. Deglutì, incerta sul da farsi. In fondo, nonostante fosse sorpresa di una cosa simile, assolutamente nel panico e con le guance che le andavano in fiamme, poteva dirsi divertita da quella strana situazione. "Certo che è proprio da te una proposta di matrimonio così stramba!" - borbottò.

"Non pretenderai che mi metta in ginocchio e ti reciti una poesia d'amore, giusto?".

Elke sospirò. "No, certo che no, figurati... Ma Mattheus, il matrimonio è...".

"Hai detto sì" – ripeté lui, stavolta con espressione più seria.

Elke lo guardò negli occhi, cercando di leggervi quanto gli passasse nella mente. "Me lo stai chiedendo perché ti senti in obbligo per quanto successo fra noi questa notte?".

A quella domanda, la mano calda di Mattheus si posò sulla sua guancia sinistra, accarezzandola piano. Le sue dita si mossero sulla sua pelle, tratteggiando un percorso circolare, lento, che le dava brividi lungo tutto il corpo.

"Nessun obbligo, non ti ho costretta a nulla e hai scelto di tua volontà. Sai, di tutte le cose che ci siamo sussurrati stanotte mentre facevamo l'amore, ce n'è una che ci siamo detti in contemporanea, prima che perdessimo tutta la razionalità e la capacità di parlare. Lo ricordi?".

A quella domanda, Elke arrossì. Si erano sussurrati tante cose mentre i loro corpi imparavano a conoscersi, carezza dopo carezza, bacio dopo bacio. Ma aveva presente, fra tutte le cose dette, a cosa si stesse riferendo. "Ti ho detto che ti amo".

"E io ho detto che amo te. E lo penso davvero, è quello che provo e non c'è miglior motivazione di questa, per me, per chiederti in moglie".

"Non sono capace di cucinare e sono una pessima donna di casa" tentò di argomentare lei. Era completamente nel panico e probabilmente non sarebbe riuscita a pronunciare frasi di senso compiuto, accidenti a lui!

A quelle parole, Mattheus scoppiò a ridere. La sua mano si poggiò sui suoi capelli, scompigliandoglieli. "Ah, tesoro mio, lo so! Ricordo bene tutti i disastri che mi hai combinato in casa! Ma non ti ho chiesto di sposarmi per farmi da cameriera, se volessi una moglie che sa cucinare, tu saresti l'ultima persona che chiederei in moglie".

Elke gli lanciò un'occhiataccia. "Spiritoso". In realtà era bello, qualcosa dal gradevole gusto antico, quel loro scherzare insieme, pur affrontando un tema tanto importante e per loro così nuovo. Era vero, Mattheus la conosceva bene, in ogni suo pregio ed ogni suo difetto, non aveva molto da spiegargli che lui non sapesse già. Si erano sempre compensati a vicenda, quando avevano diviso la casa di Pennes, ognuno coi propri punti di forza e debolezza, arrivando dove l'altro tendeva a faticare. Sapeva che si sarebbero trovati bene insieme, che avrebbe funzionato e che sarebbero stati anche felici ma... Mattheus era dolce e sicuramente sincero nell'esprimere i suoi sentimenti, sapeva che l'amava davvero ed era certa di amarlo anche lei, più di quanto amasse la sua stessa vita. Però... La sua espressione si fece seria, c'erano cose a cui Mattheus non aveva pensato e che lei aveva il dovere morale di dirgli. "Sono albina, hai idea di che inferno sarebbe la tua vita con una moglie come me? Hai presente come ti guarderebbe la gente?".

Mattheus sospirò, le loro mani si intrecciarono. "Direi che forse il resto del mondo potremmo lasciarlo fuori dal nostro matrimonio. Sei d'accordo?".

Elke annuì mentre la presa sulle mani di lui aumentò. "So che non te ne cureresti, che potresti farlo senza problemi ma io ti complicherei comunque le cose".

"Tu mi rendi felice, non complichi nulla".

Inspirò profondamente, doveva arrivare al nocciolo della questione. "Mattheus, quando ieri sera ti ho detto che non voglio figli, parlavo sul serio. Non ne voglio, né ora né probabilmente in futuro. Non cambierò idea e questo, se mi sposassi, ti priverebbe di qualcosa che magari tu potresti desiderare un giorno".

Calò per un attimo il silenzio fra di loro. Mattheus la guardò in viso assorto per lunghi istanti, l'espressione persa in chissà quali pensieri. Infine sospirò, scuotendo la testa. La attirò a se, baciandola sulle labbra e stringendola in un abbraccio. "Ascolta" – disse, col viso affondato fra i suoi capelli – "Io amo te, voglio sposarti per stare con te e non mi importa niente di qualcuno che ancora non esiste e che nemmeno conosco. Fino a poco tempo fa non volevo nemmeno sposarmi, figurati se mi è mai passata per la mente l'idea di essere padre. Non mi sono mai posto la questione, non ci ho mai pensato e non ne sento la necessità. Esistono delle erbe per impedire la gravidanza, basta che tu le prenda sotto forma di tisana, una volta al giorno. Non ci daranno la certezza matematica che non succederà nulla ma potremo stare sufficientemente tranquilli, facendoci attenzione. Come ti ho detto, non avere figli per me non è un problema".

"Non è un problema ora, ma un giorno potresti cambiare idea".

"O potresti cambiarla tu". La costrinse ad alzare il viso, con aria seria la scrutò in volto e infine le sorrise. "Sono egoista, egocentrico, amo avere l'attenzione puntata esclusivamente su di me e va bene così, son contento che tu sia mia, che sia l'unico di cui ti preoccuperai, che ti avrò tutta per me. Non voglio dividerti con nessuno, tanto meno con dei figli urlanti da accudire e che magari non mi risulterebbero nemmeno simpatici. Siamo felici insieme, sappiamo esserlo rimanendo solo noi due, non abbiamo bisogno d'altro. E se un giorno uno di noi cambiasse idea in merito a questa cosa se ne parlerà e la risolveremo. E' così che funziona, in una famiglia. Inoltre..." - la sua espressione si fece più distesa – "Ho sopportato per due anni Falko e Drago in casa mia e credo di non voler attorno nessun altro alto meno di un metro".

Elke scoppiò a ridere. Lo abbracciò, affondò il viso contro il suo petto e poi lo baciò sulle labbra. "Sicuro?".

"Sicuro! E tu hai detto sì".

La ragazza sorrise dolcemente, accarezzandogli la guancia. "Ho detto sì. Quando tornerò a Pennes ci sposeremo. Ti prometto che, entro il solstizio d'estate, sarò tua moglie".

"Sicura?".

Elke annuì. "Sicura, anche se ho l'impressione di essere completamente folle ad acconsentire così, senza pensarci troppo, soprattutto in virtù del fatto che fino a poche ore fa cercavo di odiarti con tutta me stessa".

Mattheus alzò le spalle. "Ma tanto non ci sei riuscita, quindi che senso ha rivangare il passato?".

"Nessuno, in effetti". Elke sorrise, sprofondando fra i cuscini e godendo per un attimo di quel pensiero dolce. Sarebbe stata una sposa, la moglie di un uomo straordinario che le aveva insegnato tante di quelle cose da riempire libri su libri e che si era innamorato di lei. Era così meravigliosamente assurdo! Non avrebbe mai creduto di sposarsi, non di certo con un uomo solitario e sfuggente come Mattheus, eppure... Sarebbe stato bello tornare a Pennes, diventare sua moglie, dividere di nuovo la vita con lui, essere sua compagna e complice in tutto quello che faceva, sentire il calore di quella baita che era diventata in poco tempo anche casa sua. Allungò la mano, raggiungendo quella dello stregone. "Anche se sono in debito con te, posso chiederti anche io una cosa?".

Mattheus annuì, incuriosito. "Provaci".

"Rivoglio il mio posto da assistente".

Mascherando un sorriso, lo stregone scosse la testa. "Certa gente non impara proprio mai a tenersi lontana dai guai. Puoi essere la moglie dell'uomo più potente di Pennes e comandare tutto e tutti e vuoi tornare a lavorare per un datore di lavoro severo come me?".

"Sì".

Il viso di Mattheus si addolcì e si chinò su di lei, baciandola sulla fronte. "Puoi essere tutto quello che vuoi Elke. Lavorare con te a fianco è sempre stato piacevole per me e sono fortunato a riaverti con me".

"Anche a me piaceva, sai Mattheus? Quando di notte Falko e Drago dormivano e noi restavamo soli a lavorare, preparando tisane o pozioni, io me ne stavo lì e ti guardavo affascinata. Sai fare tutto, conosci tutto e io me ne stavo lì ferma, incantata da ogni tuo gesto o parola".

"Beh, grazie". Mattheus arrossì, per una volta a corto di parole.

Elke sorrise. "Che vuol dire che posso comandare tutto e tutti?". Non aveva ben capito quella parte del discorso, ora che ci pensava.

Lo stregone ridacchiò. "Oh, vero, io ti ho raccontato tutto fino alla sconfitta di Lucius, ma non sai quello che è successo dopo. Sono il capo-villaggio di Pennes da quasi tre anni e questo farà di te la donna più potente del paese".

"Cosa?". Ok, Mattheus aveva definitivamente smesso di fare il serio e aveva ricominciato a prenderla in giro. "Capo-villaggio, TU?". Scoppiò a ridere, di gusto. "Ma Mattheus, la gente di Pennes ti teme come la peste".

"Ahah, spiritosa! La gente mi teme ancora, ma al loro sacro terrore nei miei confronti si è pure aggiunta una sorta di ammirazione. Sono stati loro a chiedermi di essere il loro capo-villaggio dopo la faccenda di Lucius e io ho accettato. E sono anche bravo".

Da un lato era sorpresa, ma dall’altro era consapevole che nessuno sarebbe stato più adatto di lui per un incarico del genere: Mattheus era cinico e dispettoso, ma soprattutto saggio, intelligente ed oculato, quando serviva.

"Lo immagino" – mormorò guardandolo negli occhi, con un lieve sorriso sul viso. "E ora che non ci sei, chi si occupa di Pennes? Hai lasciato Falko e Drago ad amministrarla in tua assenza?".

"Falko e Drago? I due piccoli bugiardi seduttori-mezze-tacche della Val Sarentino? Certo che no!".

"Che ti hanno fatto Falko e Drago?".

Era seriamente incuriosita, oltre che divertita, dalla piega presa dalla loro conversazione.

Mattheus incrociò le braccia, tutto impettito. "Ci hanno raccontato un sacco di frottole, sai? Ora ti racconto il vero motivo che li spingeva a stare tante ore dal panettiere, quando ce li mandavo a fare la spesa... Altro che curiosità per le chiacchiere di paese!".

Elke sorrise. Si voltò di lato, poggiando la guancia sulla mano per guardarlo in viso. "Avevano una cotta per le figlie del panettiere, giusto?".

Mattheus spalancò gli occhi. "E tu come fai a saperlo?".

"Era così ovvio. Non te ne sei mai accorto?".

"No!" - rispose lo stregone, imbronciato.

Per nulla intimorita da quella reazione tanto tipica di lui, Elke rise. Si sedette cingendogli la vita con le braccia e lo baciò sulla guancia. "Oh, eccolo il mio orso. Stavo pensando che ti stessi addolcendo troppo, sai?".

"Figurati! Avrai modo di saggiare appieno il mio carattere da orso, quando tornerai a Pennes!" - borbottò, con aria di sfida.

Elke rise. "Oh, lo so'! E quindi, Falko e Drago?".

"Si sono sposati con le figlie del panettiere un anno fa".

"Davvero...?". Sorrise, sinceramente felice per loro. Falko e Drago erano persone buone, gentili, premurose e dal modo di fare semplice e senza secondi fini. Per lei erano stati una sorta di fratelli maggiori, sempre attenti a trattarla con affetto e a proteggerla dal caratteraccio di Mattheus e spesso aveva pensato a loro con nostalgia, negli ultimi tre anni. "Quindi, ora sei di nuovo tornato unico padrone di casa tua, giusto? Sarai stato felice, dopo che te l'abbiamo invasa".

Il viso dello stregone si distese e tornò a guardarla con sguardo gentile e innamorato. Le sfiorò i capelli, perdendosi nella loro morbidezza. "Non lo avete fatto, sono io che vi ho permesso di venire a stare da me. E devo ammettere che adesso la casa così silenziosa e vuota è piuttosto deprimente".

Le loro mani si intrecciarono. "Pochi mesi Mattheus, poi sarò da te".

Annuì. "Ricordati quello che mi hai promesso, Elke. Niente di pericoloso, nessun graffio. Promettimi che starai bene".

"Prometto". Strinse le mani dello stregone fra le sue e poi, sospirando, si mise a sedere sul letto. "Devo tornare al convento, ora. Mi accompagni?".

"E' ancora così presto".

"Appunto. Se rientro adesso che tutti dormono, posso far finta di aver passato la notte lì".

"Che farai con suor Faustine?".

Elke annuì, guardandolo negli occhi. "Fidati di me. Starò bene e non le darò la soddisfazione di pensare che sono scappata per paura di lei. E grazie a te, so cosa fare. Devo chiudere tutte le faccende in sospeso in quel convento e... altrove. Poi potrò davvero essere tua e cercare di essere una brava moglie. In fondo ho detto sì e devo impegnarmi, giusto?".

Mattheus scosse la testa. La abbracciò, stringendola convulsamente fra le braccia, baciandole i capelli, il viso e le labbra con avidità. "Dimmi come faccio a lasciarti lì e ad andarmene? Come posso riuscirci?".

"Ci riuscirai perché me lo hai promesso e tu sei uno che mantiene la parola data. Ci riuscirai perché, per quanto ti possa pesare, sai che è la cosa giusta per me e tu desideri il mio meglio, non è così? Ci riuscirai perché sei forte e sai che ne vale la pena. Ci riuscirai perché mi hai detto che mi ami e io so che è vero".

Lo stregone scosse la testa. "Sai qual'è la fregatura dell'amore?".

"No".

"Che si perde il proprio raziocinio e si finisce per darle tutte vinte alla propria compagna".

Elke scoppiò a ridere. "Ah, non credo che sarà così! Probabilmente, in futuro, quella che dovrà abbassare il capo sarò io. Non abbatterti!". Gli diede una pacca amichevole sul braccio, sorridendogli.

Si baciarono ancora, a lungo. E poi, contro voglia, si tirarono su dal letto e si vestirono. Elke scoprì, con sua somma sorpresa, che mentre lei dormiva Mattheus aveva lasciato la stanza per ordinare al locandiere abiti puliti e caldi per lei e una lauta colazione per entrambi. L'oste gli aveva fatto trovare tutto davanti alla porta della loro stanza e poi, silenziosamente, era tornato al suo posto di lavoro senza disturbarli.

La ragazza si vestì, gli abiti che avevano portato erano di una lana pregiata dal colore blu, morbidi e talmente caldi e raffinati che, probabilmente, non aveva mai indossato nulla di simile. Mattheus le legò in spalla un pesante mantello, calandole scherzosamente il cappuccio sulla fronte.

"Questo, per favore, tienilo! Non voglio mai più vederti senza, in inverno".

"D'accordo". In effetti era ora che smettesse di restituirgli mantelli.

Mangiarono una lauta colazione composta da pane, frittata e uova e ad Elke sembrò di rinascere: era tanto che non mangiava così bene. Anzi, era tanto che non faceva un pasto completo, ora che ci pensava!

Dopo, silenziosamente, scivolarono fuori dalla locanda. La città ancora dormiva, le strade erano deserte e il candore della neve pareva illuminare ogni angolo ancora avvolto dal buio della notte. Tutti dormivano, tutti gustavano quel sonno sereno che di solito accompagna i fedeli nella notte di Natale, chi sognando la pace famigliare e chi, come i bambini, i balocchi di Sankt Nicholaus.

Per la prima volta in vita sua, come forse non le era successo nemmeno a Pennes, Elke trovò bella l'atmosfera natalizia ed assaporò quella sensazione di magia e buon'umore di cui tutti parlavano e che mai aveva provato. Non esistevano più, o erano molto lontani, né suo padre con le sue frustate, né la violenza di suor Faustine, la fame, il dolore, le ferite che l'avevano tormentata nel corpo e nell'animo in quegli ultimi giorni.

Mattheus le cinse le spalle, attirandola a se. "E' quasi bella così, questa città, non trovi?".

"Sì. E in questo momento è tutta nostra".

Camminarono in silenzio, godendo di quegli attimi di pace apparente. A dispetto di tutto, Elke si sentiva il cuore in tumulto, ma non voleva che lui lo percepisse perché altrimenti avrebbe insistito per farla partire con lui e lei avrebbe finito col cedere. Aveva paura della nostalgia e del dolore che avrebbe provato ad allontanarsi ancora da Mattheus, timore del senso di solitudine che avrebbe provato a non averlo al suo fianco, paura di tornare al convento, di suor Faustine e di quanto potesse pensare di lei dopo quanto successo poche ore prima, delle sue reazioni, di non riuscire a sfuggirle e di mille altre cose... Erano tante paure, lo sapeva. E sapeva anche che andavano affrontate se davvero voleva voltare pagina ed essere serena e a posto con se stessa quando fosse tornata da Mattheus.

Giunsero alla grande piazza del mercato dove si erano rincontrati la prima volta alcune notti prima. Era deserta ora e anche i senza tetto sembravano aver trovato un posto dove stare al caldo in quella notte di Natale. Elke alzò gli occhi su Mattheus, pensando a quanto fossero cambiate le cose fra loro nel giro di pochi giorni: il loro primo incontro in quella piazza si era dimostrato duro e pieno di rancore mentre ora erano lì insieme, abbracciati e pronti a sostenersi e ad amarsi per la vita. Alzò gli occhi sull'enorme abete addobbato, forse notando per la prima volta quanto fosse bello e magico alla vista. "E' meraviglioso, non trovi? Peccato che le candele che lo addobbano siano spente".

Mattheus aumentò la presa su di lei. Le sorrise. "Vuoi che le accenda?".

"Come potresti fare? Nevica, si spegnerebbero comunque subito".

Con un movimento leggero, Mattheus allungò la mano fino a toccare una delle piccole candele rosse posta nei rami più bassi. La strinse fra le dita, chiudendo gli occhi come in cerca di concentrazione. E dalla sua mano scaturì una scintilla infuocata che, come per magia percorse ogni ramo dell'abete, accendendo tutte le candele che lo addobbavano.

Elke spalancò gli occhi sorpresa; nevicava forte, non aveva usato che le mani eppure aveva compiuto di nuovo, sorprendendola, uno dei suoi incantesimi. Guardò l'abete, estasiata. Il verde dei rami si confondeva col candore della neve e il rosso del fuoco, creando una varietà di sfumature talmente bello da lasciare senza fiato. "Come hai fatto?".

Mattheus ridacchiò. "Donna di poca fede! Hai dimenticato il mio mestiere?".

"No... Ma...".

"Aria, fuoco, acqua, terra, piante, fiori e animali. Tutto si muove, tutto è vivo, tutto trasuda energia, anche le cose che ci appaiono immobili".

Elke spalancò gli occhi, osservandolo come si osserva un pazzo, non capendo il senso di quel discorso improvviso. "Mattheus, sei sicuro di sentirti bene?".

Lo stregone ghignò, divertito. "Ti ricordi la prima volta che ti ho portata al lago di Valdurna e avevo in mano quel bastone che usavo picchiarti in testa?".

"Si".

"Vorrei averlo qui adesso, quel bastone!".

Elke si bloccò, osservandolo pensierosa. Poi la sua espressione si illuminò all'improvviso. "Una lezione! Mi stai facendo una lezione, vero?" - chiese, eccitata.

Mattheus annuì, incrociando le braccia al petto. "Lo vedi che sei poco attenta?! Vuoi essere la mia assistente ma poi non ascolti quel che dico. Mi servirebbe davvero quel bastone" – concluse, facendole la linguaccia.

Elke sostenne le sue occhiatacce senza muoversi nemmeno di un centimetro. "E come la mettiamo con tutte le belle cose che mi hai detto ieri sera e questa mattina?".

A quella domanda, Mattheus fece un sorriso furbo. "E come la mettiamo, invece, col fatto che poco fa mi hai chiesto di essere ancora la mia assistente? Come puoi esserlo se non impari tutto quel che so? Non vorrai dirmi che vuoi un trattamento di favore, vero? Un conto sono i sentimenti, un conto è la nostra principale fonte di guadagno e questo vuol dire che quando si tratterà di lavorare insieme, sarò inflessibile e severo. Non ti basterà farmi gli occhi dolci e sbattere le tue lunghe ciglia, per ammorbidirmi".

"Lo immaginavo..." - rispose lei sospirando e mascherando un sorriso. "E allora, che mi stavi dicendo poco fa? Si insomma, quel discorso sull'energia che mi stavi facendo...". Era eccitata, era la prima volta che Mattheus le parlava della vera origine dei suoi poteri e lì, davanti a quell'abete illuminato che donava loro luce e calore, era come se le stesse facendo un meraviglioso regalo di Natale.

A quella domanda, Mattheus le baciò la fronte. "Che differenza c'è fra un lupo, un filo d'erba, un albero e il vento? Attenta a quel che risponderai, pensaci bene. O dovrò davvero cercarmelo, un bastone".

Elke ci pensò su, un pò perplessa da quella domanda. "Beh..." - cominciò, incerta – "Il lupo è un animale, vive".

"Anche un albero e un filo d'erba vivono! - obiettò lui.

"Sì certo, ma il lupo si muove, nasce, cresce, invecchia. E' evidente a occhio nudo che i lupi sono vivi".

Mattheus sospirò. "Anche se spesso succede più lentamente e meno visibilmente a occhio nudo, anche un albero o un filo d'erba nascono, crescono, invecchiano e muoiono. Così come i fiori che ti piacciono tanto" – disse con un sorriso, indicando la piccola stella alpina che le aveva regalato poco prima e che si era messa fra i capelli. "Pensaci Elke, una splendida rosa di maggio non è altro che il risultato di un piccolo bocciolo. Tutto ciò che ci circonda è vivo, anche se spesso non ce ne accorgiamo. E cosa c'è alla base di tutto? L'energia Elke. E' quella che mette in moto tutto, l'energia che ci fa nascere, muovere, crescere, respirare e vivere. Io, semplicemente, so comunicare con tutto ciò che è vivo, so' chiedere aiuto, so' farmi ascoltare e so' comunicare con qualsiasi cosa che mi circonda. Le piante, i fiori, il fuoco, gli esseri viventi mi danno l'energia che li rappresenta, quando sanno che ne ho bisogno. Mi considerano un amico e io li rispetto, considerandoli a mia volta degli amici".

"E la ritieni una cosa semplice? Come si fa a comunicare con un filo d'erba, Mattheus?".

"Devi imparare ad ascoltare per davvero la voce di tutto quel che ti circonda. Non dico che sarà semplice e tanto meno che sarà una cosa che apprenderai in fretta, questo no. Io ci ho messo anni ad imparare, sai? Saper ascoltare è la parte più difficile, il resto verrà da se e ti sembrerà una passeggiata, puoi starne certa. Io lo so che puoi riuscirci, sta tranquilla".

"Se lo dici tu...". Elke sbuffò, non così convinta. "Che mi dici del vento, invece? Mi hai chiesto la differenza fra un albero, un filo d'erba, un lupo e il vento, prima. Il vento non è vivo!" - dichiarò lei, quasi con aria di sfida.

"Sì che lo è. Il vento è uno degli elementi più potenti della natura, un qualcosa che non vedi ma che senti, un qualcosa di talmente forte che può piegare le piante più alte e robuste con un semplice soffio oppure può alimentare un fuoco. Saper comunicare col vento significa acquisire poteri senza pari. Pensa all'energia, alla forza che c'è in una giornata ventosa, pensa alla maestosità di qualcosa che non vedi ma che può piegare ogni essere al suo volere e alla sua potenza. Nessuno può nulla, contro il vento".

"Già, non ci avevo pensato". Elke guardò l'abete, così magicamente illuminato e resistente al freddo e alla neve che cercavano di ricoprirlo e spegnerne il calore, così maestoso e così... vivo... "Non mi avevi mai spiegato nulla del genere, sai?".

"E' giunto il momento che tu impari! Ti ho accettata come allieva anni fa, dopo tutto! E non l'avrei mai fatto se avessi pensato che saresti stata una perdita di tempo".

"Già". C'era ancora qualcosa che voleva sapere da lui, qualcosa che non le aveva ancora spiegato e che la incuriosiva più di tutte fin dal loro primo incontro. "Mattheus, perché quel giorno scegliesti di prendermi con te?".

"Il giorno che ci siamo incontrati la prima volta? Quello del torneo con l'arco?".

"Sì. Avevi detto che un giorno me l'avresti detto".

Mattheus ridacchiò, alzando la mano a scompigliarle i capelli. "Bugiarda! Io non ho detto esattamente così! Avevo detto che te lo avrei spiegato se ne avessi avuto voglia, se ben ricordo".

Elke sbuffò, alzando gli occhi al cielo. "E credi di averne voglia, adesso?".

Mattheus sorrise, voltandosi verso di lei. Le sfiorò la guancia con una carezza, finendo poi per baciarla sulle labbra. "Ti ho messa alla prova, quel giorno. Anche se non te ne sei accorta".

"Cosa?".

"Esattamente! Mi affascinavano il tuo modo di fare così fuori dagli schemi, la tua abilità con l'arco e la tua conoscenza delle erbe. Eri diversa da tutti quelli che avevo incontrato fino a quel momento e mi incuriosivi. Quando ti ho seguita e tu stavi litigando con quei ragazzi, ricordi cosa ti ho proposto?".

"Sì, di cambiare il colore dei miei capelli".

Lo stregone sorrise dolcemente. "Esatto. E tu hai risposto di no, dimostrandomi che te ne fregavi del parere degli altri, che non ti facevi condizionare, che non eri una che sceglieva la strada più facile e che possedevi una testolina niente male. Ho deciso in quel momento di tenerti con me".

Elke spalancò gli occhi dalla sorpresa. Di tutte le motivazioni che si era immaginata, quella era l'unica a cui forse non aveva pensato. Ma d'altronde, ora che lo conosceva, sapeva che quella piccola trappola era tanto tipica di lui che sapeva giocare con le persone e con le parole, spingendo i propri interlocutori a mostrarsi per quelli che erano senza che questi se ne accorgessero.

"Se ti avessi risposto di sì... avresti cambiato il colore dei miei capelli?" - chiese, più per curiosità che per altro.

"Assolutamente no! Ti avrei rispedita sulla montagna a calci". Alzò lo sguardo, a fissarla negli occhi. "Ma c'è anche un altro motivo, sai?".

"Quale?".

Mattheus abbassò lo sguardo, quasi fosse in difficoltà ad ammettere quello che stava per dire. "Da ragazzino pensavo che fosse una gran cosa essere uno stregone e incutere terrore nella gente. Pensavo mi avrebbe dato potere, ma in realtà ho scoperto con gli anni che la paura serve solo ad isolarti. In tanti si sono rivolti a me per chiedere aiuto in passato, tutti uguali, tutti con occhi spaventati e gambe tremanti per il fatto di conferire con me. Ma tu... e anche Falko e Drago... Voi non mi temevate, voi non volevate qualcosa da me per poi fuggire una volta ottenutolo, no, voi mi guardavate negli occhi, alla pari, senza paura, tranquilli. Voi volevate imparare da me, condividere qualcosa con me. Eravate senza pregiudizi ed era la prima volta che mi capitava di incontrare persone come voi".

Elke sorrise, prendendogli la mano fra le sue e stringendogli delicatamente il polso. "Quando ho sentito parlare di te per la prima volta, dicevano che eri un uomo impossibile ed in effetti, a prima vista, mi sei sembrato così. Rude e sfuggente, poco incline al rapporto con le persone e con un pessimo carattere. Ma poi hai stretto la mia mano, mi ha preso il polso per impedirmi di scoccare la seconda freccia contro quei ragazzi del villaggio e la tua presa su di me non era forte, prepotente o violenta. Era gentile, delicata... Le tue mani raccontano di te molto più di quello che riesci a fare a parole". Alzò lo sguardo sull'abete illuminato, pensierosa. "E sai, dentro di me in questi tre anni l'ho sempre saputo di non essermi sbagliata, allora. Anche se ci ho provato con tutte le mie forze, non sono mai riuscita a cambiare idea su di te".

Tornò a guardarlo in viso e si accorse che Mattheus ora aveva un'espressione seria e talmente concentrata su di lei che per un attimo ne ebbe soggezione. Lo stregone fece scivolare le mani sui suoi fianchi, attirandola a se, e poi si chinò sul suo viso. "Ti amo, Elke" – sussurrò, prima di darle un lungo ed appassionato bacio sulle labbra. Sentì le sue mani risalirle sulla schiena e poi sprofondare fra i suoi capelli, accarezzandoli piano. Si erano baciati molte volte durante quella notte, ma quel bacio aveva un sapore diverso, più intimo, profondo, talmente intenso da riuscire a toccarle cuore e anima. Voleva dire tante cose quel bacio, la fine di quello che erano stati fino a quel momento e l'inizio di quello che sarebbero diventati insieme in futuro, pur rimanendo fedeli a se stessi, aveva il sapore di una promessa di famiglia che ad entrambi era mancata troppo presto e la certezza che sarebbe stato amore vero il loro, che per sempre si sarebbero sostenuti a vicenda, nel bene e nel male, che non sarebbero mai riusciti a perdersi di vista e che se stavano insieme avrebbero potuto affrontare tutto. E la sua mente si zittì, gustando la dolcezza di quei momenti, di loro due da soli in una piazza coperta dalla neve, davanti ad un abete illuminato per magia dall'uomo straordinario che aveva davanti.

Rimasero abbracciati a lungo, in silenzio. La neve attutiva ogni cosa e tutto era talmente perfetto che, per un attimo, Elke pensò si trattasse solo di un bel sogno e che al suo risveglio si sarebbe ritrovata sola, ferita e senza alcun appiglio. "Ti stai addolcendo troppo, la gente comincerà a pensare che sei buono" – sussurrò, contro il suo petto.

"Oh, non corro questo genere di pericoli, tranquilla".

Quella risposta la fece sorridere e cercò di imprimere in se il calore e la leggerezza di quel momento. Ne avrebbe avuto bisogno nei mesi successivi e Mattheus sarebbe stato la sua ragione di lotta. "Devo tornare al convento ora".

Mattheus deglutì. Annuì, cingendole le spalle, e silenziosamente, dopo aver lanciato un ultimo sguardo all'abete illuminato, lasciarono la piazza.

Non si dissero nulla durante il tragitto, ma quando l'ingresso del convento comparve davanti a loro, imponente ed austero, Mattheus aumentò la presa su di lei. Era preoccupato, poteva avvertirlo distintamente dalla tensione della sua mano poggiata sulla spalla. Quella sarebbe stata la parte più difficile, lo sapeva. Salì il primo scalino dell'ingresso, poi si voltò verso di lui per salutarlo. Era inutile tergiversare, doveva sbrigarsi e non prolungare oltre quell'agonia. "Entro il solstizio d'estate, Mattheus" – mormorò, mentre la voce le tremava. Abbassò lo sguardo, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Non era facile lasciarlo, avrebbe sofferto ogni giorno per la nostalgia di saperlo lontano ed aveva paura. Un sordo, dannatissimo terrore di quello che l'avrebbe aspettata lì dentro.

La mano di Mattheus le sfiorò il mento, costringendola a sollevare nuovamente il viso. "Sei una donna coraggiosa, non dimenticarlo mai. A testa alta, Elke, ricordatelo! Mio padre, quando ero piccolo, mi diceva che gli Hansele non abbassano mai il capo davanti a niente e che non temono nulla e nessuno".

"Io non appartengo alla famiglia Hansele, però".

Mattheus sorrise. "Molto presto sarai la signora Hansele però! Adeguati!" - concluse, strizzandole l'occhio. "Sai, io vorrei rapirti e portarti via ma capisco che per ora è quì che devi restare e che hai tante cose da risolvere. L'idea non mi fa impazzire di gioia ma io, al tuo posto, avrei fatto lo stesso e quindi entra qua dentro, dimostra quello che vali, fai tutto quello che devi fare e poi torna da me".

"Sì". Sorrise davanti al modo in cui sapeva leggerle dentro ansie e paure e a come sapeva rassicurarla, perdendosi negli occhi blu dello stregone. Era così dannatamente affascinante, accidenti a lui! I riccioli rossi sfuggivano al cappuccio del mantello, disordinati sulla sua fronte, il suo sguardo era limpido e sincero e la sua postura dritta e sicura. "A presto Mattheus".

"Aspetta, tieni queste!". Dalla tasca del mantello, lo stregone tirò fuori cinque ampolle della sua acqua. "Usale in caso di estrema necessità, per te o per le persone a cui tieni. Ma ricordati quello che mi hai giurato, niente ferite, non ti farai male".

Spalancò gli occhi, sorpresa. "Cosa? Ma io non so comandare l'acqua del lago come fai tu".

"Ti ubbidirà, sta tranquilla. Ho fatto in modo che sia così".

Sorpresa, si sporse verso di lui e lo abbracciò, lottando con se stessa per non scoppiare a piangere. "Grazie".

"Grazie a te, Elke" – rispose lui, rispondendo all'abbraccio e facendo scivolare le ampolle nella tasca del suo mantello.

"Grazie per cosa?".

"Per aver scelto me, per essere venuta da me quando te ne sei andata via dalla casa dei tuoi genitori. Hai cambiato la mia vita".

Elke sorrise, senza dire nulla. Lo baciò di nuovo sulle labbra, lentamente, stupendosi essa stessa di come quel gesto, imparato solo poche ore prima, le risultasse tanto semplice e famigliare. "A presto, Mattheus".

"A presto, Elke! E ricordati la tua promessa".

Aprì lentamente il portone, voltandosi ancora una volta verso di lui. "E chi se lo scorda che diventerò tua moglie" – esclamò ironicamente. "Entro il solstizio d'estate sarai mio marito, passa i prossimi mesi ad abituarti all'idea, Mattheus".

"Pure tu".

Annuì, poi prese coraggio, oltrepassò l'uscio ed entrò nel convento.

  
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