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Autore: GrumpyTrolla    10/03/2018    3 recensioni
Severus Piton e Lucius Malfoy si sono incontrati per la prima volta all’esordio del loro primo anno ad Hogwarts: sono coetanei e, nonostante le incolmabili differenze, hanno sempre condiviso un legame speciale. Ora hanno quattordici anni e si apprestano ad iniziare un nuovo anno scolastico, ma dovranno fare i conti con un misterioso oggetto dalle straordinarie capacità magiche che sconvolgerà le loro vite.
* Aggiornata con lentezza.
* Dedicata a tutti coloro che mi hanno ispirata, sostenuta, incoraggiata e sopportata durante la stesura.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lucius Malfoy, Severus Piton | Coppie: Lucius/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Unstoppable
 
 
 Capitolo 1: “Per due galeoni d’oro”

 
All smiles, I know what it take to fool this town
I'll do it 'til the sun goes down and all through the night time
(Tutto sorrisi, so cosa serve per fregare questa città
Lo farò fino al tramonto del sole e per tutta la notte)

 
 
Ripenso al primo settembre del 1965, al mio primo ricordo di te: avevo undici anni, per la prima volta potevo usare una bacchetta e fantasticavo di poter affrontare il mondo intero. Solo alla sera, mentre eravamo tutti in fila per lo Smistamento, ho potuto guardarti bene ed eri l’unico davvero a suo agio; come se il mondo reale e le persone che ci vivono dentro, per te, non fossero affatto spaventosi.
Non potei fare a meno di domandarmi come fosse possibile.
Poi mi hai parlato. Abbiamo fatto tutto insieme e quando, ancora una volta, molto tempo dopo, ho sentito paura, ti sei seduto vicino a me. Abbiamo bevuto burrobirra e mi hai detto che non c’era nulla da temere.
Da quel momento non ho più avuto paura di nulla. Perché ho te. Eccetto te.

 
 
 Settembre si avvicina e per i giovani maghi d’Inghilterra questo può voler dire una sola cosa: l’inizio di un nuovo anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Il tempo, che in questi ultimi giorni di libertà sembra letteralmente volare, all’interno dell’angusto negozio di Nocturne Alley striscia invece più lento, scandito da un silenzio sinistro. È stata “La Faina” a trascinare di straforo il giovane Severus Piton in quel postaccio chiamato Ouroboros. Oh, già. “La Faina” è il soprannome che Severus ha inventato per Lucius Malfoy l’anno precedente, dopo un malriuscito tentativo di dare una lezione a suo cugino Sirius Black – nonché al gruppo di Grifondoro che capeggia assieme a James Potter. “La Faina” aveva incassato quel duro colpo con singolare dignità, per un tredicenne: 200 punti sottratti alla Casata di Serpeverde – con relativo scorno dei loro compagni – interminabili settimane di detenzione ed ultimo, ma non per importanza, lo scherno di Black.
Severus Piton lancia uno sguardo di sottecchi all’amico, che sta giocherellando con delle minuscole teste impagliate esposte in una piccola cesta su uno scaffale. Nella penombra del negozio, i capelli platinati di Lucius gli fanno venire in mente il faro del London Gateway.

Dai. – è il pensiero di Severus – non è nemmeno colpa sua.

Checché se ne dica – e se ne dicono tante – “La Faina” non ha ancora imparato il valore della concretezza; secondo il giovane Piton la colpa è di suo padre, che ha sempre avuto il vizio di giustificare, sminuire o perdonare ogni mancanza del figlio, convincendolo di poterla passare liscia sempre e comunque. Tutta questa permissività, oltre ad aver scombinato il senso della realtà di Lucius, sembra poi mandare letteralmente in bestia la sua nuova moglie, Zivelda Crow: quella povera donna ha sposato lo scapolo più ambito del Mondo Magico per poi scoprirlo asservito ad un preadolescente narcisista e viziato, che per di più ha diffidato di lei fin dal primo momento. Se a suo tempo Abraxas Malfoy non avesse osato sposarsi senza il permesso del figlio, oggi quest’ultimo non avrebbe lasciato la sicurezza di Diagon Alley, trascinando Severus con sé fino all’Ouroboros – un posto così palesemente losco, che neppure tutta la permissività di Abraxas sarebbe bastata per concedere a due adolescenti di entrarci da soli.

Per attirare l’attenzione dell’amico, il giovane Piton gli poggia la mano sul braccio, poi scuote il capo e gli sussurra «Ha proprio l’aria di una fregatura.»; lo vede stringersi nelle spalle e intanto fissarlo con due occhi color del ghiaccio. A quattordici anni, Lucius Malfoy ha quel modo di guardarti come se fosse sempre sorpreso, col fare ansioso e mansueto che trae tutti d’inganno, prima o poi.
«Magari mi serviva solo un portachiavi…» mormora distrattamente La Faina, rimettendo al suo posto la testolina impagliata, che vista da vicino ha un’espressione torva, con le palpebre chiuse e cucite. Severus inarca un sopracciglio e, in un sussurro impaziente, esclama «A parte che fa abbastanza schifo, a quel prezzo tanto varrebbe dargli il doppione delle chiavi di casa tua.»
«Di casa tua, vorrai dire.» ribatte con prontezza la minuta testa in questione, facendo sobbalzare entrambi e dando finalmente un senso al costante stupore nello sguardo di Lucius. Arretrano istintivamente di un passo e tutti i capini impagliati nella cesta esplodono in una risata irrispettosa e sguaiata. Dopo qualche attimo, il giovane Malfoy si volta per dispensargli una strizzatina d’occhio ed un mezzo sorriso. Severus gli lascia andare il braccio ed arriccia le labbra mentre iniziano ad allontanarsi: «È da quando ti conosco che sembri trovare buffe le cose più strane.» poi alza gli occhi al cielo e dice «Per non parlare di quel modo che hai di ammiccare, la dovresti smettere.»

L’Assurda Divinità di tutti i Canoni Infranti che è Lucius, ridacchia sommessamente ed il suo sguardo acquista nuove proporzioni di stupore mentre sussurra: «Il mio modo di ammiccare? Che modo sarebbe, scusa?»
Sbuffando, il giovane Piton copre un momento di esitazione prima di rispondere, con voce bassa: «È da quando avevamo undici anni che hai questo modo, di guardare le persone ed ammiccare… come se stessi facendo loro una foto. Solo che ora inizia a risultare fraintendibile.»
Quando Lucius scoppia a ridere è un vero e proprio colpo basso: dice «Ah, sì?» e intanto scuote il capo, coi capelli che catturano tutte le sfumature dell’argento e del platino ad ogni movimento. «Dai allora, fraintendimi tutto!» esclama sommessamente, ammiccando un’ultima volta, forse giusto per soddisfare il suo innato dispotismo. Ed è la cosa più attraente ed al contempo fastidiosa che Severus abbia mai visto.
Nonostante sia consapevole della scorrettezza di certi pensieri, ci sono momenti in cui Severus si ritrova a desiderare di ferire Lucius: quando sente il suo profumo da 800 galeoni a bottiglia, o lo vede tendersi verso gli scaffali più alti della biblioteca, o quando lo colpisce a tradimento con un sorriso avventato, come adesso. Sono questi dettagli a rendere davvero difficile stare vicino a Lucius Malfoy, soprattutto se ti chiami Severus e sai che al suo confronto sei un perfetto nessuno. Soprattutto quando l’oggetto della tua invidia non ha mai, di proposito, fatto nulla per farti pesare tutte queste incolmabili differenze. È come essere invisibili.
È in uno slancio malevolo dunque che, diviso tra irritazione ed imbarazzo, il giovane Piton incrocia le braccia al petto e sibila: «Ti senti tanto scaltro, eh? Proprio come una Faina

In un guizzo repentino, il volto di Lucius si reinventa in un’espressione che è assieme frustrata ed aspra, con le labbra strette e le sopracciglia aggrottate: è un compenso sufficiente, per Severus.  Sollevando l’indice affusolato, l’ultimo erede dei Malfoy traccia nell’aria una linea invisibile che, dal proprio petto, conduce ad un punto imprecisato alla sua destra. Dice: «Senti, io vado a vedere di là se c’è qualcosa.» poi ruota il busto ma, prima di voltarsi del tutto, dice «Magari quando ti passa il malumore me lo fai sapere.». Lasciandosi alle spalle una scia invisibile di Les Larmes Sacrées, il Sublime Guru dell’Alta Moda e del Platino scompare dietro ad una nuova fila di scaffali. Non per la prima volta, Severus si trova a domandarsi come abbia potuto sopportare quella Faina altezzosa per ben tre anni, ormai.
Una voce sconosciuta lo coglie poi di sorpresa, costringendolo a sobbalzare e voltarsi di scatto: «Due amici che litigano, che peccato.» dice la bizzarra ed inopportuna figura che il giovane Piton crede essere il proprietario dell’Ouroboros. «Pagare il prezzo delle proprie azioni, di parole spesso errate, sa essere un vero fardello.» continua l’uomo, con fare annoiato e vagamente legnoso.

Severus, con semplicità ed in tono tagliente, risponde «Dobbiamo farlo tutti.», poi si prende qualche momento per osservare meglio la persona che ha di fronte: alto e ben piazzato, sulla mezz’età, coi capelli castani ben pettinati ed una barba ad ancora perfettamente tenuta. I suoi occhi sono di un chiarore niveo ed innaturale, più limpidi perfino di quelli di Lucius, anche se in modo assai meno lusinghiero. Lo vede muovere la mano in un cenno di condiscendente diniego e riprendere a parlare.
«Ovvietà a parte, sottolineavo appunto gli innegabili vantaggi del poter conoscere il risultato delle proprie azioni in anticipo… ovvero, prima di compierle. In ogni caso, il mio nome è Chester il Magnifico.»
Mi pare lo rispecchi abbastanza. – il primo pensiero di Severus mentre lancia un’eloquente occhiata al completo blu notte, che l’uomo indossa sotto ad un vistoso mantello viola: tanto adeguato allo pseudonimo che si è scelto, quanto in contrasto con la sua espressione scocciata.
«So cosa vuol dire “in anticipo”.» ribatte il giovane Piton, col labbro superiore teso in una piega sdegnata: sembra esservi qualcosa di profondamente indecoroso nella mano che l’uomo offre in sua direzione ed istintivamente compie un passo indietro. «Il suo discorso vorrebbe arrivare da qualche parte, o cercava semplicemente qualcuno per chiacchierare?»

Chester il Magnifico non commenta e neppure sembra dar peso a quell’indietreggiare sospettoso: ritrae la mano ed accenna verso delle merci esposte, chiaramente alludendo ad una sfera, che è più piccola di un pugno chiuso e sembra fatta di sale di salgemma. Nonostante il distaccato contegno mantenuto, Severus avverte l’infantile desiderio di toccare quell’oggetto e sperimentarne la consistenza sotto le dita. Quando il commerciante riprende a parlare, nonostante le buone maniere, il suo tono è di un’arroganza urticante: «Ce l’ho in negozio da qualche mese… ponendo la giusta domanda, in essa si può vedere il futuro più immediato. Dicono inoltre, ma non ho potuto verificarlo oltre ogni ragionevole dubbio, che non menta mai.»
L’espressione diviene irrisoria sul volto del giovane Piton, con gli occhi neri come pece che si levano al soffitto prima di afferrare la sfera e fissare il signor Chester con aria di sfida: non lo vede scomporsi minimamente. «Cos’accadrà se compro quest’oggetto?» ma, nonostante il tono canzonatorio della domanda, nella sua mano la piccola sfera inizia a cambiare colore: per un attimo è come se al suo interno un fumo grigio e denso si agitasse nel tentativo di romperne la superficie e riemergere. Quando la nube si dirada, lascia il posto ad una trasparenza simile a quella delle bolle di sapone, rivelando un’immagine lievemente distorta di sé stesso mentre lascia il negozio con aria dubbiosa, in compagnia di una Faina annoiata. Poi tutto svanisce, come se nuovamente risucchiato dal centro della sfera.

La silenziosa penombra dell’Ouroboros sembra farsi improvvisamente insostenibile: era pronto a vedere sogni di gloria più comuni e mendaci, con ricchezze inimmaginabili, magari anche decine di ragazze ai suoi piedi e qualche coppa dorata del Quidditch. La banale accuratezza di quella scena invece, è tale da disorientarlo e Severus si trova a rimettere a posto la sfera con lentezza e cura. Con la coda dell’occhio vede Chester il Magnifico avvicinarsi di un paio di passi ed immagina, ancor prima di vederla, la sua espressione di condiscendente superiorità. L’uomo solleva l’indice ed il medio della mano destra, poi dice «Può essere tua, per due… duuuue… galeoni d’oro.» e tre sono i pensieri che si affacciano, all’unisono, nella mente del giovane Piton.
Prima di tutto non gradisce affatto la persona che ha di fronte, si scopre anzi a odiare il modo in cui tende il busto in sua direzione per mostrargli le dita alzate, nonché quel sorrisetto gongolante. Queste emozioni vengono tradotte, nella mente di Severus, in parole spicce: come se mi avesse preso per un deficiente. In secondo luogo, se inizialmente l’intero negozio è sembrato sospetto, l’offerta di un oggetto dalle capacità magiche tanto prodigiose a quel prezzo non fa che corroborare la tesi. In ultimo, anche volendo accettare, il giovane Piton non li avrebbe comunque due galeoni d’oro e ciò non fa che ricordargli quanto poco abbia davvero da gioire nella vita. O più letteralmente: io te lo brucio, questo buco che chiami negozio.

Severus arretra di qualche buon passo e, senza mai distogliere lo sguardo da Chester il Magnifico, gli bercia contro con assai poco garbo: «Rifilala a qualcun altro!». Quando con un rapido sguardo non riesce a rintracciare Lucius, esclama «Ti aspetto fuori, Faina!», ricevendo in risposta un epiteto alquanto colorito, pronunciato in tono leggiadro. Tanto gli basta: incrociando le braccia al petto in una posa difensiva, il giovane Piton torna all’aria aperta e la cosa sembra giovargli. Prende un bel respiro e lo rilascia, afferra la cinghia della propria tracolla con gli occhi chiusi, anche per non rischiare di incrociare lo sguardo di nessuno, in quella strada malfamata. Solo cinque minuti dopo si pente di aver lasciato Lucius da solo all’interno dell’Ouroboros ma, fortunatamente, lo vede uscire proprio un attimo prima di rientrare a cercarlo. Sul volto dell’amico, la delusione si mescola a quella strana, costante sorpresa che mai sembra abbandonarlo.

Lucius Malfoy gli sorride gentilmente, si risistema la borsa sulla spalla e strascica alcune parole: «Visto da fuori sembrava meglio.»
«Che ti aspettavi?» gli rinfaccia Severus, con tono più tranquillo ora che si stanno avviando per tornare a Diagon Alley. «Perfino quel subdolo di Sinister ti ha detto di tornare quando avessi compiuto diciassette anni, se in quel negozio ci fosse stato qualcosa di veramente pericoloso non ci avrebbero fatto entrare l’unico erede dei Malfoy.». A mezza bocca, in ultimo aggiunge: «Non senza tentare di rapirti o chissà che altra schifezza.»
L’Immotivatamente Stupita Divinità del Capriccio sembra sul punto di dire qualcosa ma, all’ultimo momento, richiude le labbra e si volta per incrociare lo sguardo di Severus; muovendosi, i capelli di Lucius intercettano un raggio di sole e per un attimo sembrano esplodere in ogni tonalità dell’oro. Poi sorride, con aria astuta: «Tu però mi salveresti. Se Sinister o qualche altro soggetto un po’ equivoco tentassero di rapirmi, avvertiresti subito mio padre o gli Auror. Potresti perfino cercare di affrontarli tu stesso.»

E come faccio a non ridere? – è il pensiero incredulo del giovane Piton, cui capita di farsi più o meno due risate all’anno ed a quanto pare ne ha appena bruciata una. «Scherzi?» domanda, con una vena sarcastica di tutto rispetto nella voce. «Correrei subito a denunciare la Faina scomparsa…! Poi mi precipiterei a sfondare personalmente la viscida porta di quei rapitori e li sgominerei tutti con la sola forza del mio sguardo. Alla fine, ti porterei a Diagon Alley per farmi offrire un gelato.»
Tra le risa tipiche di chi, più che condividere l’ilarità altrui se ne lascia semplicemente contagiare, Lucius dice «Perché anche la porta dovrebbe essere viscida?» poi, a malapena intellegibile tra una risata e l’altra, aggiunge «Secondo me moriremmo tutti e due molto male. L’importante però, ciò che in effetti cercavo di dire, è che ti conosco e so che a me ci tieni.»
Severus Piton preferisce non rispondere: molto meglio lasciare che le ultime risa ingoino le affermazioni di Lucius e lascino infine posto al silenzio, lungo le stradine umide ed acciottolate di Nocturne Alley. Perché nonostante i suoi giudizi drastici, l’invidia e le ingiustizie, Severus sa di conoscere Lucius Malfoy meglio di chiunque altro al mondo: il legame che li unisce è sempre stato inspiegabilmente intenso e nessuno, eccetto lui, è mai riuscito a vedere il molto-molto-altro celato dietro la maschera d’indefessa perfezione, per accettarlo completamente. Nel senso più innocente, licenzioso ed incondizionato del termine, lo ama. Talvolta, riesce perfino a sentirsi ricambiato.

Solo un paio di volte, durante il loro taciturno percorso, iniziano a temere di essersi smarriti ma quelle paure si rivelano infondate quando sbucano nuovamente a Diagon Alley. Al suo fianco, Lucius finge di sospirare nel tentativo di sfidare lo strano silenzio calato tra loro: «Che strazio, dopo tutta questa scarpinata, dovermi accontentare di una stupida palla di sale da venti galeoni.» dice, dissimulando la propria malinconia con la noia.
Severus aggrotta le sopracciglia, si volta di scatto e chiede in tono spiccio: «Posso vederla?», poi, nel momento in cui il compagno estrae dalla tasca la stessa, maledetta sfera fumosa che Chester il Magnifico aveva tentato di vendergli – ad un decimo del prezzo – scoppia a ridere. «Lucius…» esordisce, di fronte all’espressione genuinamente basita dell’amico: «Sei proprio una Faina!».

Paonazzo d’irritazione, Lucius Malfoy torna a farsi taciturno per tutto il cammino fino alla gelateria di Florian Fortebraccio.
  
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