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Autore: Sistxh    10/03/2018    3 recensioni
La prima cosa che dovete sapere leggendo queste pagine è che non vi è un vero e proprio inizio.
Né una vera conclusione, a dirla tutta. Questa è la mia versione dei fatti.
Questi sono i miei pensieri riguardo tutto quello che è successo e se state leggendo, quasi sicuramente è perché sono morto.
Qui non ci sono bugie -che è poi quello che vi aspettavate da me- solo la realtà dei fatti.
Diffidate di quello che vi è stato detto, l'Oscurità è una forza cosmica troppo vasta per comprenderla.
Datemi del cinico, freddo e disumano ma io non sono mai stato tipo da accettare le cose sulla parola,
e si dà il caso che sappia che la mia storia non è altro che trama e metafora, che è poi ciò di cui sono fatte tutte le storie.
E ciò che le rende un successo o una leggenda, è come la storia viene raccontata, e da chi.
Altri hanno già avuto l'occasione di raccontare la loro versione dei fatti.
Questa è la mia. Partiamo dal giorno in cui sono nato...
-Benjamin Solo.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Kylo Ren, Luke Skywalker, Nuovo personaggio, Principessa Leia Organa
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Klelia and Kylo Trilogy.'
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                                                                                                                     X.
 
"Il futuro era sempre stato alla base delle mie preoccupazioni. 
Erano passati due anni, due fottuti anni. 
Così tanto tempo lasciato scivolare fra le dita come monete senza valore. 
Così tanto tempo che l'avevo visto svuotarsi come una vasca piena d'acqua.
Ebbi tantissimo tempo per cambiare e rendermi conto che la mia vita non era altro che un piccolo punto in una sequenza temporale.  Luke non faceva altro che reprimere la mia parte oscura, perché avrebbe potuto causare danni,
ma in quel modo non mi permetteva di crescere e diventare potente nell'uso della Forza.
Durante le lezioni di gruppo, potevo partecipare solo al riscaldamento e alla meditazione,
poi dovevo sedermi e continuare a meditare mentre tutti gli altri facevano esercizi con le armi.
La vita all'Accademia era noiosa, gli unici momenti in cui mi sentivo elettrizzato era quando la vedevo.
Dopo l'episodio avvenuto al lago, i nostri incontri si erano fatti sempre più frequenti;
la maggior parte delle volte me la ritrovavo davanti all'improvviso.
Mi tormentavo sul perché la Forza ci avesse collegati e morivo dalla curiosità di sapere chi fosse questa sconosciuta.
Il tempo rallentava, le ore diventavano visibili, i secondi percepibili e quando uno di quei "momenti" arrivava,
mi accorgevo che me lo sentivo dentro già da prima che accadesse.
Avrei dato qualsiasi cosa per scoprire la sua identità e assaporare quei momenti da vicino invece di desiderarli.
In estate sulle rive di quel lago, passammo ore in silenzio,
lei fra le mie braccia mentre facevo scorrere le dita fra i suoi capelli.
Desideravo poter esistere assieme a lei in quel momento per sempre, come in un limbo, senza pensare e respirare,
stare lì sdraiato accanto a lei solo per sentire il calore del suo corpo, diventando un tutt'uno con la Forza;
poi d'un tratto smisi di vederla. 
Snoke cercava, con perseveranza, di entrare in contatto con me, ma mi ero abituato a bloccarlo.
A volte lo sentivo nella testa, come un'eco lontana o come un fantasma che bisbiglia a bassa voce.
Anche se, ogni volta che provavo la minima sensazione di paura, tristezza o solitudine,
mi sentivo alla deriva come un pezzo di legno trascinato via dalla marea.
In quei momenti tutto quello che potevo fare era nuotare con forza per tornare a riva il più in fretta possibile.
I miei sforzi però non ebbero successo, infatti una sera Snoke trovò il modo di mostrarsi..." 

 
Ben era da solo nella sua stanza e si sentì invadere la mente, Snoke era lì per punirlo, per avere bloccato i suoi tentativi di connessione. Si sentì sollevato da terra, sospeso nell'aria come un cappotto su una gruccia e si nascose la faccia con le mani. 
"Ti sei lasciato andare," gli disse "Sei stato corrotto dalla Luce e hai dimenticato l'Oscurità." 
"Chiedo scusa, Leader." ansimò debolmente, la faccia ancora nascosta dietro le sue dita. 
"Da questo momento in poi, non dovrai chiamarmi 'Leader' ma 'Capo supremo', questo è per ricordarti il tuo posto." la sua voce riecheggiò cupa. 
"Sì, Capo supremo." disse debolmente cercando di trattenere le lacrime. 
"Togliti le mani dalla faccia, bambino infantile, codardo, patetico di un ragazzo e guardami," sibilò "Hai paura di me? Sono davvero così crudele? Tutto ciò che faccio è per te." ora era di fronte a lui "Comincio a chiedermi se sei un ingrato." 
"Non è vero, io sono molto grato." replicò scoprendo il volto, ma i suoi occhi erano ancora chiusi. Senza preavviso, dita invisibili lo costrinsero ad aprire le palpebre, tenendogliele così sbarrate da non poter battere ciglio e da sentire le pupille bruciare a contatto con l’aria fredda.
 "Non puoi mentirmi, giovane," sussurrò il Capo Supremo "Vedo la tua mente e il tuo cuore. Vedo ogni tuo pensiero e intento. Non c'è falsità che non sarò in grado di fare a pezzi. Quando menti a me, ti fai solo del male. " 
"Perdonami, sono debole," balbettò "Per favore... non farmi del male." 
"Ti ho mai ferito?" gli fece eco "I tuoi genitori ti hanno ferito, il tuo Maestro ti ha ferito. Io ho fatto l'opposto di queste cose. Quando ti punisco, è per il tuo bene. O lo contesti? " 
"No, Capo supremo," cercò di sembrare convincente, in modo che non potesse accusarlo di menzogne. "Tu sei saggio, i miei dubbi dovrebbero essere scacciati."
Snoke lo lasciò cadere e Ben crollò sul pavimento. "Buona risposta," mormorò "Anche se non lo intendi veramente... alzati." comandò. Ben rimase in piedi senza guardarlo, poi Snoke lo abbracciò per quella che sembrò un'eternità. Il Capo Supremo lo aveva privato delle sue energie, ma l'obiettivo era di nuovo di fronte a lui, la sua battaglia procedeva senza sosta, ma cominciava a perdere di vista le cose e le persone importanti... ora si trovava in compagnia di Luke per la sua seconda lezione. 

A differenza delle volte precedenti, Ben e il suo Maestro non si trovavano all'aperto, lui non era seduto a gambe incrociate sul solito masso, intento a meditare osservando il panorama; era in piedi al centro di un'enorme grotta, situata posteriormente rispetto alla cima dello strapiombo dove di solito Luke lo istruiva. Un buco aperto nella montagna, disseminato di minuscoli cristalli scintillanti non dissimili dalle stelle del cielo notturno, eppure l'ambiente sembrava circondato da un alone di mistero; in fondo alla grotta l'oscurità era eternità. La temperatura calò drasticamente mentre entrava, causandogli un violento brivido lungo la schiena. Ben osservava la sua ombra dissolversi nell'oscurità circostante. L'aria era umida e l'unico suono era il gocciolio dell'acqua che pioveva dalla foresta di stalattiti che si propagava sul soffitto della grotta. Ben fu il primo ad entrare, avanzando a passi lenti, voleva esplorare la grotta, ma la voce di Luke che riecheggiava nell'ambiente lo fermò. 
"Non ti inoltrare, resta qui al mio fianco."  
E così fece, si voltò e ritornò sui suoi passi avvicinandosi allo zio; la luce dei raggi del sole riusciva a raggiungere solo la parte più esterna della grotta, ma ve ne era abbastanza per permettere a Ben di notare l'enorme mosaico che si diffondeva sul pavimento; era a forma circolare e raffigurava un uomo intento a meditare, il suo corpo era diviso a metà, in due parti uguali, da una spada laser. A destra regnava il colore bianco, simbolo della Luce; a sinistra il nero, simbolo dell'Oscurità. Ma lo sfondo di entrambe le metà era formato da pietre del colore opposto a quello prevalente; poi vi erano due cerchi di colore diverso, posti lì per rappresentare l'equilibrio. Chiaro e Scuro, Bene e Male. I contrasti alla base della vita. 
"Quello è il primo Jedi, il creatore dell'ordine." spiegò Luke. 
"Il maestro dell'equilibrio." sussurrò Ben con un velo d'invidia.
"Cominceremo la tua seconda lezione." dichiarò Luke, prima di sedersi sul bordo in marmo che circondava il mosaico "Devi sapere che ora, essendo in via d'estinzione, i Jedi vengono romanzati, deificati, ma se togli il mito e consideri le azioni... il retaggio dei jedi è un disastro," cominciò a spiegare "Ipocrisia, superbia." 
"Questo non è vero." lo fermò Ben sulla difensiva. 
"All'apice del potere hanno permesso a Darth Sidius di farsi strada, creare l'impero e sterminarli, è stato un maestro Jedi il responsabile dell'addestramento e della creazione di Darth Veder." 
"Ed è stato un Jedi a salvarlo, sì,  era l'uomo più odiato della galassia, ma tu hai avvertito un conflitto in lui," commentò irritato "Hai pensato che non fosse perduto, che si potesse convertire." 
"E sono diventato una leggenda. Per molti anni c'è stato equilibrio." 
"Equilibrio nato dal sacrificio che Darth Vader ha compiuto per salvarti," Ben avanzò verso di lui "Equilibrio ottenuto grazie all'Oscurità." 
"Via che cerchi di percorrere," Luke assottigliò gli occhi e Ben rimase interdetto "La paura è la via che porta al lato Oscuro, la paura porta alla rabbia, la rabbia all'odio, l'odio porta alla sofferenza." 
"Di cosa dovrei aver paura?" chiese il ragazzo con un sorriso ironico. 
"Non lo so..." rispose Luke serio "Eppure percepisco così tanta paura in te." 

Luke aveva ragione ma Ben era troppo orgoglioso per ammetterlo; odiava essere lì, odiava i suoi compagni, odiava essere guardato come se, da un momento all'altro, potesse scoppiare e, preso da un attacco d'ira, uccidere qualcuno. E la paura di poter fallire, di deludere il Capo Supremo, lo stava facendo a pezzi. Gli occhi di Luke lo studiavano, Ben si sentì messo a nudo, come se il Maestro stesse percependo tutto quello che provava. Ben abbassò lo sguardo, rompendo il contatto visivo e chiuse le mani a pugno con la stessa risoluzione con cui avrebbe spaccato una roccia. Poi si girò e cominciò a camminare verso l'uscita della grotta. 
"Ben, questa è la vita, ti accadranno cose bellissime e cose terribili, ma non devi avere paura." Luke cercò invano di confortarlo. 
Ben si bloccò, voltò leggermente il capo e mentì "Io non ho paura." in realtà era terrorizzato. Avrebbe potuto cambiare la sua vita in qualsiasi momento; aveva il mondo intero nelle sue mani e non aveva idea di cosa farci. Perché la paura è un ostacolo che blocca la via del progresso, non permettendoci di diventare forti e saggi. Ben era solo un ragazzino perso nel mondo in cui era stato cresciuto, abbandonato da chi avrebbe dovuto amarlo.   

                                                                                                                            *** 

Quel pomeriggio aveva deciso di passarlo nella biblioteca del tempio, Ben si sentiva minuscolo in quell'ambiente così ampio. Costruita a pianta cruciforme a due piani centrati attorno a una grande rotonda, dalla quale si dipartivano quattro corridoi. La biblioteca del tempio raccoglieva al suo interno migliaia di libri, sistemati su decine di scaffali che lo chiamavano per essere letti. Il pavimento era in marmo bianco, decorato con disegni quadrangolari di agata marrone. Le colonne avevano il fusto rastremato verso l'alto, sormontato da un capitello massiccio e avevano il compito di sorreggere le balconate del secondo piano. Il tutto era stato costruito col calcedonio, che quando veniva colpito dalla luce emanava dei riflessi argentei. La biblioteca ospitava gli archivi Jedi i quali custodivano documenti storici risalenti a migliaia di anni fa: mappe dell'intera galassia; riviste scientifiche, matematiche e astronomiche; testi di ingegneria e tecnologia. Alcuni libri spiegavano dettagliatamente la geografia, la cultura, la zoologia e la botanica di vari pianeti sparsi per la galassia; in altri invece venivano svelati i segreti su come i Jedi usavano la Forza. 

La biblioteca era sempre stato uno dei luoghi che gli piaceva frequentare di più in assoluto. Anche il palazzo di Alderaan era dotato di una biblioteca, decisamente più piccola, ma ritrovarsi in un luogo simile gli faceva venire la nostalgia di casa. Della biblioteca aveva sempre apprezzato la quiete; quando trovava un libro che lo colpiva, gli piaceva ricopiarne qualche brano o citazione a penna, in bella grafia, utilizzando il set che gli aveva regalato la madre. Nella sua mente coltivava la fantasia di riuscire un giorno a leggerli tutti, un'impresa impossibile. Gli piaceva dimenticare chi fosse ed il suo destino per qualche ora, fissare le immagini dei testi, premere la mano contro la pagina desiderando di svanire nelle linee di sicurezza della litografia. 

Era seduto su una sedia in legno, intento a leggere un volume che parlava del pianeta dove si trovava, Tython. Voleva saperne di più sulla fauna nativa, in particolare cercava informazioni sullo Jurgoran, di cui Luke aveva accennato qualcosa. Era tardo pomeriggio, da dove era seduto aveva una vista perfetta del sole che si tuffava dietro la cresta delle montagne, il cielo era in fiamme. Il sole proiettava i suoi raggi dorati sulle nuvole, facendole diventare di un rosso fuoco. Osservava il principio del tramonto attraverso i vetri dei grandi finestroni che percorrevano la parete destra della sala. Il sole onnisciente, onnipotente, sospeso nell'aria frizzante, fluttuava verso il basso come un palloncino sgonfio. Le fiamme della stella più grande emettevano raggi caldi, che inducevano Ben ad osservare il panorama per assorbirne la potenza e l'esistenza. La contemplazione di quello spettacolo fu interrotta da qualcuno a cui era stato detto di mandarlo a chiamare. Era la ragazzina coi capelli rossi della prima sera.
"Che c'è?" chiese irritato. Ben la guardò fissa negli occhi color verde prato, aveva il respiro pesante e le guance arrosate, come se avesse corso cercando di avvisarlo in più fretta possibile.  
"Il Generale Organa è qui." rispose esaustiva. 
Ben lo sentì rompersi. Il suo ultimo brandello di bontà, come un vaso di cristallo che cade su un pavimento di marmo. Era come se i pezzi giacessero sul pavimento illuminati dal sole. Sapeva che non c'era speranza nel cercare di rimetterli insieme, o almeno allora così credeva, quindi non ci provò nemmeno.  
"Mia madre è qui..." sussurrò a sé stesso, fu di nuovo pervaso da una sensazione di rabbia. Di scatto chiuse il libro e lo posò sul tavolo.

Di corsa uscì dalla biblioteca, passando accanto alla ragazza, urtandola con la spalla e facendola finire contro il muro. Si ritrovò nella sala principale del tempio, vide con la coda dell'occhio un gruppo di ragazzi salire le scale guidati da Jai, percepì qualcosa di strano ma non ci fece caso, la sua attenzione era totalmente rivolta alle due figure intente a parlare sulla soglia del portone. Luke e Leila. Si rese conto che le cose peggiori succedono sempre al confine, ai limiti. Si avvicinò a passi decisi e quando fu abbastanza vicino la chiamò "Madre..."
Leila smise di parlare e si accorse della presenza di Ben; i suoi occhi si riempirono di gioia e mostrò il suo solito sorriso splendente. Suo figlio però notò subito che qualcosa non andava. Malgrado quel velo di tristezza, Leila gli si avvicinò cercando di abbracciarlo, ma lui si scansò. Il sorriso scomparve dalla faccia della madre, che ora mostrava chiaramente confusione. 
"Io vado a vedere come stanno i ragazzi." disse Luke prima di andare via e lasciarli da soli. 
I ragazzi? Ma di chi sta parlando? pensò. 
"Ben... che cosa c'è che non va?" chiese Leila piegando leggermente il capo. Non era cambiata di una virgola, lui d'altro canto... Leila non poté fare a meno di notare come il suo corpo fosse diventato quello di un uomo che seguiva una vita fatta di duro addestramento. Ogni dettaglio del suo fisico era sbocciato solido; come un albero in fiore tra una massa di spogli. Era una bellezza singolare, fatta di braccia lunghe, muscoli definiti, gambe snelle, proporzioni ampie. Gli ricordava il suo Han.  
"Cosa c'è che non va?"
 Ben alzò le sopracciglia "Hai anche il coraggio di chiederlo?" disse ridendo. Aveva la mascella serrata e Leila vide in lui Han, di nuovo. "Mi avete abbandonato."  
"Cosa vuoi che faccia?" gridò Leila "Che ammetta i miei errori?" 
"Non voglio stare qui!" urlò Ben in risposta. La sua risoluzione disperata era una lama che trafiggeva Leila impietosamente.
"Ben, era già stato deciso da prima che nascessi," la sua voce era dura. "Sei un discendente degli Skywalker, la Forza è potente in te e ti stai opponendo all'unico destino possibile." 
"Non è l'unica possibilità!" esclamò con i pugni chiusi contro i fianchi "E nessuno mi ha mai chiesto se la cosa mi stesse bene, avete deciso tu e quel farabutto di mandarmi qui!" 
"Non parlare di tuo padre in quel modo." Leila era sconcertata.
"Dov'è ora!? Troppo occupato a divertirsi?" 
"La vita al di fuori dell'Accademia non è facile in quest'ultimi tempi, se questo ti sembra un inferno, non hai idea di cosa sia diventata la galassia," cominciò a spiegare Leila "Il caos regna nell'universo, sono stata impegnata durante questi due anni a cercare di rimettere le cose a posto." 
"Non hai trovato un attimo di tempo per venirmi a trovare?" la sua voce era debole, si sentiva amareggiato. 
"Ora sono qui... va tutto bene." Leila alzò una mano, voleva accarezzare il volto di suo figlio, ma lui la scansò via.
 "No, niente riguardo a questa situazione va bene!" era furioso. 
"Ben, ti chiedo di fare uno sforzo per capire." il tono del generale era gentile. 
"No, non capisco, e non voglio capire!" disse indietreggiando, la terra tremò leggermente. "Sono vostro figlio e mi avete abbandonato, buttato via come spazzatura... come se fossi un mostro."  
Gli venne in mente quando la madre gli diceva che non c'erano mostri sotto al suo letto; il vero mostro era nella sua testa... Snoke. Ma lui non aveva paura di Snoke, non lo vedeva come un mostro, perché per tutto questo tempo il mostro era stato lui. Solo ora lo capiva, guardando gli occhi della madre, così scuri ed espressivi, pieni di terrore e lacrime. Fece un passo avanti, ma si fermò, quasi come se vedesse il panico lampeggiare nei suoi occhi.  
"Ben..." sussurrò Leila. Si prese un attimo per guardare dentro al cuore di Ben e lo vide spento, duro e nella più totale confusione, privo ormai di tutto ciò che di meraviglioso custodiva. 
L'espressione di Ben cambiò e lei vide i suoi occhi indurirsi. Il ragazzo fece un passo indietro e si schiarì la voce. 
"Va' via." proferì freddo, poi si voltò lasciandosi il passato alle spalle. Salì la lunga scalinata e percorse il corridoio velocemente, ritrovandosi di fronte alla sua camera; la porta era stranamente aperta. Ben si avvicinò a passi lenti e quando entrò, rimase stupido a causa della presenza di una figura sconosciuta, che stava ferma al centro della camera osservando l'ambiente. Era una ragazza. 

Aveva i capelli lunghi, così spessi che ricadevano sulla sua schiena come onde di mezzanotte su una spiaggia sabbiosa. Così neri contro la pelle così pallida che quasi sembrava porcellana, il contrasto la rendeva ancora più spettrale. Notò la sua altezza, forse era alta tanto quanto lui. Il suo fisico era forte, atletico ma delicato. Quando poi si girò, Ben rimase senza fiato... i suoi occhi erano color oro; sembravano ambra incandescente, densi come il miele più dolce. Le sue labbra, invece, erano di un rosso chiaro che gli ricordava un bocciolo di rosa. Il labbro superiore era sottile, ma non troppo sottile, e aveva un arco di Cupido naturale; quello inferiore era più grande e più lussurioso. E se i suoi occhi erano la porta per la sua anima, quelle labbra lo erano per il suo corpo. Morbidezza, passione e la promessa della dolcezza a venire. Ben desiderò ardentemente di avere il potere necessario per far scendere tutte le stelle e rubare un po' del loro ossigeno per riuscire a respirare, scomparire e nascondersi da quello sguardo profondo. Percepiva in lei un bagliore familiare, la conosceva, avevano passato un'infinità di tempo insieme e sotto la sua espressione confusa il ragazzo riuscì a dire una sola cosa. 
"Sei tu."

                                                                                           
 Fine prima parte.

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