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Autore: LeaDarco    11/03/2018    4 recensioni
CAPITOLO 10: La Fortezza Oscura - Parte 3 (compagni: Xigbar, Saïx & Axel)
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Missing Moments su come è nata la ribellione di Marluxia e della sua vita all'interno dell'Organizzazione XIII: ogni capitolo racconterà le missioni del numero XI insieme a un compagno, analizzando il suo rapporto con gli altri membri dell'Organizzazione (in particolare con Larxene)
Genere: Dark, Drammatico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Larxene, Marluxia, Organizzazione XIII
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza | Contesto: Kingdom Hearts, KH Chain of Memories
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Stelle

(Compagni: Zexion & Larxene)

 

«Dov’è Luxord?»

«È con Saïx» rispose Marluxia «Sta facendo rapporto».

Zexion si fermò di fronte alla grande vetrata del suo studio, il volto illuminato dai neon dei grattaceli. «E la mappa?» domandò senza voltarsi.

La sua scrivania brulicava di libri e fogli ammucchiati; Marluxia fece attenzione a posarla nell’unico spazio libero. «Eccola qui».

Mentre Zexion la esaminava sotto il lume di una candela, Marluxia studiava quella strana biblioteca buia che il numero VI chiamava studio: un tempio di libri che si accatastavano uno sopra l’altro e ti fissavano da ogni punto della stanza; con quel buio, sembrava che lo studio fosse pieno di gente.

Si chiese come facesse a passare gran parte delle sue giornate lì dentro.

«Mi concentro meglio senza luce» rispose senza staccare gli occhi dalla mappa.

Per un attimo credette che gli avesse letto nel pensiero, ma poi capì di non essere il primo ad averlo pensato.

«Bene» disse infine. «Con questa siamo a dieci» arrotolò la mappa e la sistemò accuratamente in cima ad altre scartoffie, poi tornò a guardare fuori dalla grande vetrata che dominava sul Mondo che non Esiste. «Dovresti ringraziare Xigbar».

Marluxia lo fissò senza capire.

«Abbiamo dovuto mandare lui a sistemare i tuoi errori sull’Isola che non c’è».

La fiamma della candela tremò.

«Errori?» ripeté Marluxia. «Contrattare con Uncino. Andare a caccia di bambini volanti!» sbatté la mano sulla scrivania. «Gli unici errori sono state le vostre indicazioni».

Le sue parole riecheggiarono per tutto lo studio prima di svanire in un lungo silenzio.

«Come, prego?»

L’occhio del numero VI si piantò su di lui e lo trapassò come una freccia. «Stai dicendo che le direttive del Superiore sono sbagliate?».

«In questo caso sì».

Zexion accennò un sorriso aspro. «Trovo buffo credere che abbiamo qualcosa in comune Marluxia». Si massaggiò il mento. «Xemnas ha fatto il tuo nome per una missione molto importante che sta preparando».

«Quindi?» tagliò corto Marluxia.

Di colpo si fece serio. «Gli ho detto esattamente quello che hai detto tu: che sta facendo un errore»

«Penso che»

«Tu non devi pensare» lo interruppe Zexion. «Tu devi fare quello che ti dico io, hai capito Marluxia?».

Un corridoio oscuro si aprì al centro della stanza.

«Quante volte ti ho detto di non entrare così nel mio studio» disse Zexion senza staccare gli occhi da Marluxia. «Eh, Xigbar?».

«Scusami, amico». L’occhio dorato s’illuminò alla vista del Leggiadro Sicario. «Avrei bussato, se avessi saputo d’interrompere qualcosa».

«Che vuoi?» tagliò corto Zexion. «Non vedi che sono impegnato?».

«Xemnas vuole parlarci» poi guardò Marluxia. «Potete fare i fidanzatini anche dopo eh. Adesso però dobbiamo andare».

La voce di Xigbar celava la serietà delle sue parole, come se nascondesse l’importanza di quell’incontro. Marluxia lo intuì, ma continuò a guardarli facendo finta di niente.

«Di che si stratta?» domandò Zexion.

Xigbar lanciò un’occhiata severa al numero VI: era chiaro che quell’informazione non andava rivelata così, davanti a una nuova leva. «Stelle, caro mio» disse infine.

Silenzio.

Zexion sembrò intuire la gravità del messaggio. «Andiamo» disse, e sparì in una fiammata oscura.

Xigbar incrociò lo sguardo di Marluxia. «Che bravo ragazzo, vero?».

E quando sparì anche lui, il silenzio piombò in quel cimitero di carta.

 

Tornando verso gli alloggi, Marluxia meditò su quale potesse essere la ragione di quell’incontro così urgente; ripensò alle parole di Xigbar: stelle, aveva detto, ma per quanto provasse a sforzarsi, quella parola non gli diceva niente.

Forse si trattava di qualche linguaggio segreto, un codice incomprensibile per le nuove leve (qualsiasi cosa fosse però cominciava a fargli venire un gran mal di testa).   

Una volta nelle sue stanze, si disse di aver raggiunto la sua soglia di tolleranza per quella giornata quanto a parole e ipocrisia; chiuse la porta a chiave e si allungò per stendersi sul…

«Perché il tuo letto è più comodo del mio?».

Per poco non ebbe un sussulto.

«Il mio sembra fatto di pietra, fa schifo».

«Che ci fai qui Larxene?».

La ragazza si sedette a gambe incrociate sul letto; indossava ancora il camice da degenza e sulle braccia Marluxia notò due grossi cerotti.

«Ho bisogno di un favore».

Le sue guance ardevano di un colorito intenso, così come i suoi occhi, forse per una febbre leggera.

«Dovresti riposare».

La ragazza alzò gli occhi al cielo. «Dovresti riposare» disse imitando la voce di Marluxia. «Ti ringrazio, ma so badare a me stessa».

«Come vuoi» tagliò corto «Che ti serve?».

«Niente di che… » rispose con finta innocenza. «Solo un corridoio oscuro per l’Isola che non c’é». Aprì la mano per crearne uno, ma non successe niente. «Vedi, sono ancora troppo debole».

«Vuoi andare a uccidere il bambino che ti ha avvelenato?».

Larxene aveva annuito. «Non ti facevo così sveglio».

«E perché lo chiedi proprio a me?» domandò Marluxia. «Non voglio più avere a che fare con quel mondo e con quella missione».

«Non c’è nessuno in giro» brontolò lei. «Sei l’unico che ho trovato».

Marluxia si avvicinò alla finestra della sua stanza. I grattacieli del Mondo che non Esiste sembravano minuscoli dalla loro fortezza volante. «Sono in riunione» precisò duramente.

«In riunione?» ripeté Larxene. «E perché non siamo stati invitati?».

«È quello che vorrei sapere anche io».

La ragazza si stiracchiò; la cosa sembrò scivolarle giù senza troppa importanza. «Saranno le solite idiozie che si dicono tra di loro» minimizzò con ingenuità.

«Stavolta non credo» disse Marluxia (con una nota di preoccupazione).

«Le cose sono più semplici» insisté Larxene. «Non si fidano di noi o non gli piacciamo» scese dal letto e lo raggiunse alla finestra. «O magari entrambe».

«Sembra che la cosa ti piaccia».

La ragazza si affacciò e guardò il cielo con occhi nuovi (con innocenza, avrebbe giurato Marluxia) ma subito un sorriso aspo le si disegnò agli angoli della bocca. «Chissà. Forse devo ancora capirlo».

Si voltò anche lui a contemplare la notte. Kingdom Hearts sbucò da un velo di nubi e dipinse il Mondo che non Esiste con i suoi colori spenti: il grosso cuore gli ricordò una faccia, una di quelle che nessun amante desidererebbe guardare; una regina che osserva divertita l’affanno dei suoi XIII servi che dominano il mondo.

Pochi istanti dopo una luce balenò nel buio e una stella scomparve nell’oscurità.

   
 
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