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Autore: Joe    30/06/2009    8 recensioni
"Forse ero talmente abituato ad averti attorno, a sentire la tua voce, a ridere con te, con la tua figura così costantemente presente nella mia vita, che non riesco a concepire l’idea che non ti rivedrò mai più: per me è un po’ come se tu fossi andato al cesso e non fossi ancora tornato e…oh, accidenti, che cazzo di paragoni! Non so, insomma… una cosa del genere. E’ come se stessi vivendo un brutto sogno dal quale non riesco a svegliarmi. E la cosa più stupida di tutte è che ancora spero di spalancare gli occhi di punto in bianco e trovarti li, seduto sul tuo letto, nella nostra vecchia camera, che ridi e mi chiedi il perché della mia faccia tanto sconvolta e di quelle lacrime che mi rigano il viso." [George dopo la morte di Fred]
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bend Your Arms To Look Like Wings

Bend Your Arms To Look Like Wings

 

" ...e in quel frammento di minuto, quando il pericolo sembrava momentaneamente sotto controllo, il mondo fu messo da parte. [...]

Il mondo era finito, allora perché la battaglia non era cessata, il castello non era caduto silenziosamente nell’orrore, ed ogni combattente aveva abbassato le braccia? La mente di Harry era in caduta libera, in confusione, senza controllo, incapace di afferrare l’impossibile, perché Fred Weasley non poteva essere morto, le prove di tutti i suoi sensi dovevano stare mentendo. "

 

 

"George?"

La voce di mia madre mi giunge lontana, stanca. Non pensavo avrei mai sentito un tono così spento e privo di emozioni provenire dalle sue labbra.

"George sei li?"

Il rumore provocato dalle nocche delle sue mani che sbattono sull’uscio risuona lentamente nell’aria, come se non avesse neanche più la forza di alzare la mano e portarla al ruvido legno della porta della nostra vecchia camera. O forse dovrei dire della mia vecchia camera, adesso. Guardo il tuo letto, quello accanto al mio, e realizzo, per l’ennesima volta, che non ci sei più. E’ strano come, a distanza di settimane, ancora non riesca a capacitarmene.
Siamo sempre stati insieme, io e te, fin dalla nascita: gli inseparabili gemelli Weasley.
Forse ero talmente abituato ad averti attorno, a sentire la tua voce, a ridere con te, con la tua figura così costantemente presente nella mia vita, che non riesco a concepire l’idea che non ti rivedrò mai più: per me è un po’ come se tu fossi andato al cesso e non fossi ancora tornato e…oh, accidenti, che cazzo di paragoni! Non so, insomma… una cosa del genere. E’ come se stessi vivendo un brutto sogno dal quale non riesco a svegliarmi. E la cosa più stupida di tutte è che ancora spero di spalancare gli occhi di punto in bianco e trovarti li, seduto sul tuo letto, nella nostra vecchia camera, che ridi e mi chiedi il perché della mia faccia tanto sconvolta e di quelle lacrime che mi rigano il viso.

"George ti prego, la colazione è in tavola" è incredibile come mia mamma riesca ad uscirsene con un tono di voce supplicante e dolce allo stesso tempo.

"Arrivo" la mia voce invece suona rauca, come quella di chi non parla da diverso tempo, e infinitamente vuota, come quella di chi non prova più niente. Mi alzo dal letto e apro l’anta dell’armadio dove, all’interno, è posizionato uno specchio. Non posso fare a meno di sobbalzare: se prima adoravo essere uguale a te, adesso questa condizione mi provoca solo ulteriore dolore. Cerco di non fare troppo caso ai miei capelli rosso fuoco, leggermente lunghetti ma ribelli e scompigliati, alla spruzzata di lentiggini sulle mie guance, agli occhi verde smeraldo o ai miei lineamenti in generale. Tutto di me mi ricorda te. E’ una cosa che non sopporto. Mi abbottono lentamente anche l’ultimo bottone della camicia facente parte del mio completo nero, quello che indosso in occasioni "speciali".
L’ultima volta che ho indossato quest’abito è stato al funerale di Silente.
Cerco di annodare la cravatta ma mi risulta abbastanza impossibile. Al quinto tentativo ci rinuncio e me la strappo letteralmente via dal collo infuriato, per poi buttarla a terra, mentre impreco sottovoce tra me e me.
Opto per lasciare la camicia bianca appena sbottonata in cima: mi sento soffocare in quest’abito così formale, così serio.
Mi infilo i mocassini e sospiro profondamente prima di aprire la porta e uscire in corridoio.

La Tana non è mai stata così silenziosa: persino lo spirito che abita in soffitta, che di solito si diverte a ululare e sbattere sui tubi quando in casa aleggia il silenzio, non si fa sentire. Oggi tutto tace.

Scendo le scale un po’ pesantemente e mi siedo al tavolo della cucina, dove tutta la famiglia è raccolta.

Il posto accanto al mio è vuoto.

"George caro, prendi un po’ di frittelle" mi incoraggia mia mamma, accostando il tegame al mio piatto. La guardo negli occhi e poi ne prendo una, giusto per farle piacere, poiché non ho per niente fame (il mio stomaco da qualche tempo sembra essere in sciopero).
Mi metto a giocherellare con la forchetta, rigirandomela tra le dita e perforando la superficie del cibo.
Sento lo sguardo di qualcuno su di me, e alzando gli occhi incrocio quelli di Harry.

"Oh, ciao" lo saluto per niente sorpreso.
Da quando la guerra è finita, abita si a Privet Drive, ma viene a farci visita praticamente tutti i giorni, così come Hermione, che però a quanto pare oggi non è ci ha elogiato della sua presenza.

"Ciao George" dietro i suoi occhi smeraldini si legge perfettamente tutto il suo disagio (anche se ancora non ho capito se si sente in colpa o cosa) e comunque non mi interessa particolarmente. Forse semplicemente si sente un po’ fuori posto in questa situazione.
Vedo il braccio di Ginny spostarsi appena, accanto al suo, per prendergli la mano sotto il tavolo, e lui distrarsi, voltarsi verso di lei e perdersi nei suoi occhi.

Ronald ha gli occhi bassi, fissi sul suo bacon che mangia automaticamente: forchetta, bocca, forchetta, bocca. Gli altri più o meno fanno lo stesso: Bill e Fleur parlano sottovoce, la mamma sta versando altre frittelle nel piatto di papà. Charlie e Percy non ci sono, probabilmente ci raggiungeranno più tardi.

Devo ammettere che il colore giallognolo della frittella mi ipnotizza.
E’ sempre stata la mia colazione preferita, fin da quando ero piccolo.

Mi ritrovo sempre più spesso a pensare quanto mia madre sia buona e disponibile, ultimamente. Anche prima le volevo bene, seppur fosse una scassa palle, ma adesso mi sta mostrando un lato del suo carattere particolarmente paziente e premuroso, che era parecchi anni che non vedevo.
La ammiro.
Sta cercando di tirarmi su di morale quando nemmeno riesce a farlo con se stessa.
Povera mamma, gliene abbiamo combinate talmente tante tu ed io… Non mi ricordo nemmeno tutte le volte che si è infuriata con noi. Ci divertivamo come matti alle sue spalle, e continuavamo a ridere anche ore dopo avergli fatto scherzi, nel buio della nostra camera dove ci aveva confinato per punizione.
Te lo ricordi? Io sto cercando di dimenticarlo.

***

E’ tutto così formale.
Non penso che l’avresti mai immaginato così, eh, fratello?
La gente mi saluta: le presto poca attenzione, alcuni non li degno neanche di quella, non per cattiveria o per altro, ma proprio perché ho la mente altrove. Tutti sono così tristi, così piatti, così vuoti.
Anche io sono così? Anche io mi sono ridotto così?
Sul grande prato verde è posizionata una bara semplicissima in legno, laccata di nero. C’è una specie di altare accanto, dove è posizionata una tua foto (l’ho appena intravista, prima di distogliere accuratamente lo sguardo). Attorno sono disposti una miriade di fiori dai colori sgargianti. D’altronde è il funerale del mio gemello, non mi sarei potuto aspettare nient’altro (certamente non eri proprio un tipo da gigli o cose tristi, lui).

" Flowers laid out for you

so many colors leave me blind "

Prendo posto in prima fila, il più lontano possibile da te.
Accanto a me, poco dopo si siede tutta la mia famiglia: un’intera sfilza di capelli rosso fuoco. Dietro di noi gli amici e i conoscenti: Hermione, Harry, gli insegnanti e gli studenti di Hogwarts, i clienti abituali del negozio, i nostri ex compagni di scuola, i nostri vecchi amici.

Sono tutti qui per te.

Ad un tratto cala il silenzio, quando il prete locale si mette accanto alla tua bara e inizia a blaterare cose sulla morte e su quanto eri fantastico e stronzate del genere. La verità è che nessuno ti conosce come ti conosco io, quel tipo dice queste cose a tutti i funerali, nemmeno sapeva come ti chiamavi prima di oggi. Per questo non ascolto, anzi, tengo gli occhi fissi sulla sua sottana scura. Sembra abbia iniziato il discorso per non terminarlo più.
Mamma ha iniziato a piangere appena ha avuto inizio il tutto, mentre papà le ha circondato le spalle con fare consolatorio, anche lui commosso. Ginny resiste ostentatamente, rivolgendo gli occhi verso l’alto per non far cadere le lacrime, mentre tutti i miei fratelli hanno gli occhi lucidi.

Solo io non provo niente?

Mi sento così strano, così vuoto. Il mio stomaco si contrae in una morsa che fa quasi male, mentre mi viene in mente un stupidissimo episodio della nostra infanzia.

 

E’ stato poco dopo la morte di nonna Blanch, la mamma di mamma, ricordi? Eravamo andati al suo funerale ed era il primo a cui assistevamo: ne rimasimo particolarmente colpiti. Avremo avuto otto, nove anni al massimo.
Pochi giorni dopo eravamo stesi sul prato in giardino, all’ombra del vecchio pesco, dopo aver giocato tutto il pomeriggio a quidditch con i nostri fratelli maggiori.
E tu tutto ad un tratto mi chiesi "George, ma se tu morissi, morirei anche io?"

Ci riflettei un po’ su "Perché dovresti? Mica siamo gemelli siamesi…" risposi "…Perciò No…" conclusi alla fine.
"Io penso di sì invece" sussurrasti preso in preda allo sconforto "ti prego non morire"

Sorrisi "Non dire scemenze! Noi due vivremo ancora per tantiiiissimi anni: finchè esisteranno nuovi scherzi e giochi da provare e inventare, noi ci saremo sempre!" esclamai "…Insieme"

 

Allora non capii perché tu dovessi morire con me.
Ora sì. E’ come se un pezzo della mia anima, di quello che sono, si fosse tutto ad un tratto distaccato da me e ora sento che manca qualcosa, qualcosa che non potrò mai più riavere, qualcosa che mi permetteva di respirare, di sopravvivere, di stare a galla.
E’ dura perdere un amico, un figlio, un fratello.
Ma perdere il proprio gemello, la propria metà è qualcosa di inspiegabilmente doloroso.
Eri la persona più importante della mia vita.

"Ora lascio il posto a George Weasley"
Tutti si aspettavano un discorso dal sottoscritto, e quindi eccoli accontentati.
Mi alzo in piedi e cerco in tutti i modi di non guardare verso la tua direzione. Concentro lo sguardo su qualsiasi cosa che non sia la tua salma o la tua foto, perché vederti renderebbe tutte le cose innegabilmente reali, e non voglio, non sono ancora pronto.
Gli occhi di tutti sono fissi su di me. Alcuni appaiono preoccupati, altri semplicemente curiosi o dispiaciuti.
Mi schiarisco la voce: "Ovviamente non ho preparato un discorso perché, beh diciamocelo, sono George Weasley, cosa vi aspettate?" alzo le spalle "Vorrei premettere che mi sento davvero molto stupido a stare qui in piedi davanti a tutti voi" il mio sguardo si sofferma su Angelina. E’ talmente bella da togliere il fiato, seppur abbia il viso parzialmente nascosto dietro il fazzoletto e abbia un braccio bendato a causa dell’esplosione avvenuta durante la battaglia ad Hogwarts.
Se fossi qui probabilmente ti sprecheresti in complimenti e apprezzamenti, e ci staremo dando delle gomitate d’intendimento nei fianchi.
"Non vi pare anche a voi una situazione assurda? Navighiamo tutti nella convinzione che presto Fred salterà fuori dalla bara urlando qualcosa tipo " Scherzavo! Stavo solo testando il nuovo dolce fingilatuamorteperfarprendereuninfartoaituoiamici! "" vedo qualche persona accennare un sorriso, altri che annuiscono. Mia mamma ha preso a singhiozzare.
Abbasso la testa e mi osservo le scarpe "Penso che tutti conoscessimo Fred quanto basta per sapere che tipo di persona era: allegra, vivace, piena di vita, scherzosa… insomma, un idiota di prima categoria. E se sapete questo di lui sapete anche che non avrebbe voluto vedervi tristi o con i volti nascosti nei fazzoletti, quando le vostre risate sono la cosa più sincera e bella che possiate fare per dargli un ultimo saluto."

Mi volto.

E accade.

Ti vedo: sei li, bianco come il latte, gli occhi chiusi. Vengo assalito da un ondata di panico e di puro terrore che non avevo mai provato prima. E’ come se il mondo finisse in quell’istante. Il tempo si ferma.

Mi avvicino a te e poco a poco prendo coscienza: non mi sorriderai mai più. Non sentirò mai più la tua risata. Non passeremo mai più notti insonne ad inventare nuovi scherzi.

Provo un forte desiderio di coricarmi accanto a te, di morire.

Avvicino la mano al bordo della bara.

Poi sussulto e mi volto di scatto.

La tua risata.

L’ho sentita. La, in fondo agli invitati.
Guardo spaesato all’orizzonte, ma non c’è nessuno.
Nessuno sta ridendo, anzi, gli invitati mi guardano preoccupati.
Ma che diavolo sto facendo? Morire? Che idee mi vengono in mente? Tu non l’avresti mai permesso.
Poco a poco riprendo coscienza di me stesso.
Respiro.

"L’unica cosa che mi sento veramente di dire, e concorderete tutti con me penso, è che è stato un amico, un fratello, un compagno, un ragazzo davvero unico. E continuerà a vivere nei nostri ricordi così nei nostri cuori per sempre."

Mi volto verso di te e ti guardo, per l’ultima volta.
"Addio" sussurro.

Ad un tratto nuvole di fumo colorate si alzano da dietro la bara, mentre in aria vengono sparate girandole sgargianti e in cielo volano fuochi d’artificio mai visti prima.
Tutti alzano gli occhi al cielo, per contemplare l’enorme "W" rosso fuoco che appare tra le nuvole, stupiti. Di certo non se lo aspettavano, ad un funerale. Poco a poco sul viso di ognuno compare un sorriso.

La mia famiglia si avvicina e ci abbracciamo, tra le lacrime non possiamo comunque fare a meno di ridere.

Anche io osservo la nostra iniziale disegnata nel cielo e sorrido, per la prima volta dopo settimane: chissà se è riuscita a raggiungerti, Fred?

 

 

 

Addio.

  
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