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Autore: Daleko    11/03/2018    1 recensioni
"Lui camminava guardando lei, lei gli trotterellava al fianco fissando la strada. «Ma Nico che ha detto, viene per Olandese?» gli chiese all'improvviso. Alessandro notò lo smartphone crepato che stringeva nella mano destra. «Gli stai scrivendo?» domandò in rimando, occhieggiando lo schermo. «Sì, ma su Whatsapp non risponde» gli mostrò lei: gli ultimi sei messaggi erano stati inviati da Chiara. Alessandro apprezzò mentalmente il non aver trovato emoticon affettuose sullo schermo."
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"«Giuro che questa volta t'ammazzo, questa volta ti... Devi smetterla di tirarmi in mezzo a questa roba, hai capito?» ringhiò il ragazzo al telefono. Ci fu qualche secondo di silenzio riempito solo dalla pioggia. Nicola si era riparato sotto uno dei balconi del primo piano, l'acqua gli schizzava sulle scarpe ma la rabbia gli impediva di sentire freddo. «Senti Nico... Tu non devi rompere i coglioni a me perché tu c'hai i cazzi tuoi per la testa e all'improvviso te ne vuoi tirare fuori, t'è chiaro?». La voce al cellulare era stranamente glaciale, sgarbata, poco familiare. Il ragazzo non fu reattivo come avrebbe voluto."

Storia romantica ambientata all'Università "L'Orientale".

Feb2019: Storia modificata e revisionata.
Genere: Malinconico, Slice of life, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amori sanguigni'
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7.

 

Lunedì mattina, otto e un quarto, solito tavolino del solito bar: Alessandro si ritrovava a prendere il caffè, per la prima volta dall'inizio delle lezioni, completamente solo. L'indice della destra scorreva sullo schermo dello smartphone, poggiato sul ripiano di legno accanto al suo caffè, per conversare virtualmente con Cinzia. Parlavano del più e del meno, delle lezioni della giornata, programmavano il pranzo insieme. Il momento idilliaco fu interrotto da una chiamata in arrivo; Alessandro si accigliò. Prese la bustina di zucchero poggiata nel piattino, la scrollò, strappò un angolo di carta e rovesciò il dolcificante nella bevanda calda, il tutto senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Inizialmente credeva fosse una telefonata partita per sbaglio, ma al quarto squillo si convinse a rispondere.
«Pronto?» «Ciao Ale, senti, scusa per venerdì, è un periodo proprio di schifo questo» esordì la voce. Al ragazzo parve bassa quanto stanca, e non volle infierire. «Ma no dai figurati, capita a tutti. Oggi vieni?» «No, ecco... Ti chiamo proprio per questo. Puoi farmi un favore? Puoi prendere appunti anche per me in questi giorni? Poi magari me li passi per email o qualcosa del genere. Va bene anche se registri eh, poi me li sbobino io» spiegò l'altro. Parlava, quasi sussurrava in un ambiente silenzioso, al chiuso, forse in casa propria. «Sì, certo, non ti preoccupare. Ma va tutto bene? C'è qualche problema?» si preoccupò lui genuinamente. Una seconda voce spezzò il silenzio, dapprima con qualche roco colpo di tosse, poi con una sottile voce lamentosa. «Nico...» si lagnò la voce di un bambino. Il cellulare venne allontanato bruscamente e Alessandro, a causa del chiacchiericcio al bar, non riuscì a sentire cos'altro accadeva all'altro capo del telefono. L'amico tornò a parlare con lui dopo qualche momento. «Sì, sì... Scusa Ale, devo proprio andare. Chiedi scusa a Chiara da parte mia, ok? Ciao, buona giornata» concluse frettolosamente. Alessandro non riuscì a dire nulla prima che la chiamata venisse interrotta, e si ritrovò a fissare lo schermo con aria confusa. Spostò lo sguardo dal cellulare, accorgendosi di aver girato distrattamente il caffè per tutto quel tempo; portò il cucchiaino alla bocca, tirò via lo zucchero bagnato con le labbra e il cellulare riprese a vibrare sul tavolino. Sbuffò, posando il cucchiaino e riportando il cellulare all'orecchio.
«Nico?» provò a riprendere la conversazione, alzando la tazzina e avvicinandola alle labbra «Ale?» rispose l'altra voce, e il ragazzo quasi si rovesciò il caffè addosso. «Chiara! Scusa, dimmi!» esclamò in risposta, gettando un'occhiata allo schermo per assicurarsene. La tazzina venne rimessa al proprio posto, e l'attenzione di Alessandro fu assorbita dalla chiamata. «Vabbè. Sei già in sede?» «Sì, sono al secondo piano, dove sei?» «Ho fatto tardissimo! Non è passata la metro! Cioè, ha saltato una corsa!». Sentirla urlare in quel modo gli scatenò un sorriso. «Ehi, dai, calmati. Stavo per scendere, vuoi che ti tenga un posto?» domandò cortesemente. L'altra sembrò estremamente sollevata. «Oddio sì, ti amo quando fai così, arrivo!» ringraziò Chiara prima di interrompere la telefonata. Per la seconda volta, Alessandro si ritrovò a fissare lo schermo con un vago turbamento in petto. Non fece neanche in tempo a bloccare lo schermo, ché una terza telefonata lo distrasse. Numero sconosciuto.
«Pronto?» rispose senza entusiasmo. Lo sguardo rassegnato era rivolto al caffè. «Ciao Alessandro, sono –beh– l'altro Alessandro, l'amico di Nico» si introdusse la calda voce maschile al telefono. Un terzo turbamento, di tipo ancora diverso, tornò ad agitare il ragazzo. «Oh. Ciao, dimmi» lo invitò con lieve fastidio; sentì l'altro sorridergli in risposta. «Nulla d'importante, Nico non risponde al telefono e mi chiedevo se l'avessi visto o sentito. Il cellulare di Chiara non è raggiungibile, così...» si giustificò. "Per forza" rifletté l'Ale turbato tra sé, "è appena uscita dalla metro". Ci pensò su per un momento. «No, non l'ho sentito» mentì senza nessun motivo preciso. L'altro sospirò. «È un vero peccato. Beh, se lo vedi fagli sapere che lo cerco. Buona giornata» si congedò cordialmente, interrompendo anche lui la telefonata prima che il malcapitato potesse rispondere. Frustrato, tolse la vibrazione del cellulare e lo infilò in una tasca del giubbotto, il buon umore stranamente rovinato dagli ultimi minuti. Si alzò, recuperando lo zaino, e prima di andare bevve il caffè tutto d'un sorso. «Bleah» rabbrividì riponendo la tazzina. «Me l'hanno fatto freddare» sbuffò allontanandosi dal bar. 


Durante la lezione, seduti vicini, Chiara e Alessandro seguirono fin troppo in silenzio per le loro abitudini, e quando uscirono s'incamminarono –ancora in silenzio– verso la sede successiva. Entrambi pensavano a troppe cose, cose diverse, e nessuno dei due sembrava voler parlare per primo. «Stamattina mi ha chiamato...» «...mi ha chiamato Ale» «...Nic– oh» «...oh» s'interrompevano a vicenda, lanciandosi solo qualche rado sguardo, continuando a camminare vicini. «Che ti ha detto?» «Che volev– no, scusa, parla pure» «No, cioè, prima tu. Nel senso, lo stavo chiedendo io a...» «...sì, sì... No, niente. Non è potuto venire, quindi mi ha chiesto di passargli gli appunti e... Di chiederti scusa da parte sua. Ma perché stavate litigando, venerdì?» «Ah, uh...» borbottò Chiara, arrossendo. Scosse la testa. «No, una scemenza. Comunque non so cosa volesse Ale, ho trovato la chiamata persa, ma poi non l'ho più richiam...» «Ah, sì, non disturbarti, cercava Nico, ha chiamato anche me» s'affrettò a rispondere. Chiara gli gettò un'occhiata sospettosa, poi si strinse nelle spalle e tornò a guardare davanti a sé. La strada in salita impegnava i polmoni di entrambi, così avevano una buona scusa per evitare la conversazione. Tre o quattro minuti dopo, le loro voci ripresero a intrecciarsi. «A proposito, volev...» «...ah, non so se sai...» «...scusa, vai» «No, no, parla prima tu» si scusò Alessandro, imbarazzato. Ritornò il silenzio, poi Chiara si schiarì la voce per annunciarsi all'interno della conversazione. «Ricordi il mio ex? Quello dei Gazebo Penguins? Sabato sera mi ha chiamata» disse tutto d'un fiato. Il ragazzo sentì contorcersi le viscere. «E che voleva?» sbottò; lei fece spallucce. «Non so. Mi ha invitata a un concerto, ma non so bene quali siano le sue intenzioni...» rifletté tra sé. «Beh, cosa può volere secondo te?» s'irritò Alessandro. Chiara gli rivolse uno sguardo incredulo. «Ma perché te la prendi così tanto, scusa?» chiese stupita. L'altro si rabbuiò, tornando con lo sguardo sulla strada. «No, niente» rispose. Evitò una collisione con un gruppo di turisti, poi la sentì sospirare al suo fianco. «Vabbè, tu che volevi dirmi?» lo incoraggiò. Alessandro ripensò al suo sabato pomeriggio, al tempo trascorso con Cinzia, a quei rapidi baci in metropolitana e a quel giorno e mezzo di messaggini. Si morse la lingua. «No, niente» ripeté ottuso. Chiara ridacchiò. «Certo che quando voi ragazzi v'immusonite, eh...» provò a prenderlo in giro, abbassando la voce mentre entravano nella seconda sede della giornata. L'altro alzò gli occhi al cielo. «Non me la sono presa, è che non ricordo più cosa volevo dirti, giuro» mentì ancora. «Vabbè...» fu il commento ricevuto in risposta, e la conversazione terminò lì.


La seconda lezione terminò per entrambi con un sonoro gorgoglio nello stomaco. Uscirono dall'aula come dopo anni di carcere e si riversarono nel cortile assieme agli altri studenti, cercando una panchina libera –o quantomeno qualche centimetro di muretto su cui sedersi. Alessandro impattò contro qualcuno; abbassò lo sguardo per scusarsi, convinto di aver urtato uno sconosciuto, e invece si ritrovò Cinzia a fissarlo con un largo sorriso. Il ragazzo si voltò verso Chiara, allarmato per un motivo che non riusciva a spiegarsi, e vedendola di spalle ne approfittò per tirare Cinzia lontano da lì. Rientrò nell'aula dalla quale era appena uscito, mescolandosi con gli studenti della lezione successiva. «Ehi, che ci fai qui?» domandò stupito. Lei gli gettò le braccia al collo, strofinando la fronte contro la sua guancia. Alessandro le baciò le labbra, lei si staccò e tornò a fissarlo con allegria. «Ti ho detto che non potevo pranzare con te perché avevo lezione alla mezza, non che alla mezza non fossi a Duomo. Ho lezione qui» ridacchiò. Lui alzò le sopracciglia, stupito. «Oh. Non lo sapevo» riuscì solo a dire. «Già. Chiara non c'è?» chiese Cinzia, prendendogli affettuosamente una mano. Il ragazzo cominciò ad agitarsi. «Oh, ehm, sì, Chia– Chiara è al telefono da qualche parte, sì» confermò, e prima che lei potesse rispondere: «A che ora finisci? Magari ci vediamo dopo le lezioni, ti va?» propose. Il volto ben truccato di Cinzia si illuminò. «Oh, sì! Finisco alle sei e mezza, certo che mi va!» confermò. Alessandro le diede un rapido bacio, poi indietreggiò verso la porta. «A proposito, bella maglia» si complimentò. Cinzia abbassò lo sguardo sulla propria t-shirt, rappresentante il logo dei Blink-182, poi lo rialzò sul ragazzo. «Grazie!» esclamò entusiasta. Lui sventolò una mano, uscendo dall'aula, e impattò nuovamente contro qualcuno. Gli occhi scuri di Chiara lo scrutavano con divertimento. «Ma dov'eri finito?! È un'ora che ti cerco!» rise. Lui le poggiò una mano dietro lo zaino, invitandola a seguirlo. «Ti avevo perso di vista. Vieni, andiamo a mangiare fuori che qui è tutto pieno» si affrettò verso l'uscita della sede. «Ma abbiamo quattro ore buca! Dove le passiamo quattro ore?!» si lagnò Chiara. Alessandro finse di non sentirla.

 

 



Note dell'Autore

Breve capitolo dedicato a Good Ale (o Ale-occhi-neri, o qualunque soprannome vogliate dargli –li adoro tutti) e i suoi turbamenti amorosi. Again, tutti i personaggi sono solo frutto della mia immaginazione. Buona domenica sera a tutti!
   
 
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