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Autore: Alice_g1    11/03/2018    7 recensioni
Lentamente la cercai.
Consapevole che quel gesto, mi sarebbe costato molto caro.
Ed eccola li, più bella di come la ricordavo, più donna di quanto avrei voluto.
Sana, la mia Sana, stretta in un vestitino che, in un passato non poi così tanto remoto, mi avrebbe fatto salire il sangue alla testa.
Tutto di lei mi sembrava diverso, eppure, non sembrava fosse passato nemmeno un secondo, dall’ultima volta che l’avevo stretta tra le mie braccia.
ESTRATTO DAL CAPITOLO 16
Ho deciso di cambiare il rating in arancione su richiesta di alcune di voi =)
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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ciao ragazze e ciao ragazzi,
sono tornata con un nuovo capitolo, come avevo promesso ( strano direte voi), mi scuso già in anticipo se non sarà estremamente lungo, ma avevo bisogno di troncarlo cosi per introdurre i prossimi due capitoli che saranno gli ultimi =(.
Non mi dilungo in chiacchere anche perchè sto per uscire, ci tenevo solo a mantenere la parola che ho dato alle mie dolcissime lettrici =)
Spero che il capitolo vi piaccia, ho voluto osare un pò con il povero Tsu hihi, spero che lo troverete divertente, per me lo è stato mentre lo scrivevo!
Aspetto come sempre i vostri pareri a riguardo.
Ci aggiorniamo presto
Vi bacio
L.Q. <3







Amore non è amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro si allontana.
Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai.
Amore non muta in poche ore o settimane ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio.
Se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto e nessuno ha mai amato..

( William Shakespeare)

















Mi ritrovo a camminare per  le strade di questa città, città che una volta consideravo casa mia ma che ora, non riconoscevo più, involontariamente ripercorsi tutti i luoghi che in passato erano stati testimoni delle tappe più felici della mia vita, la gelateria dove eravamo soliti riunirci dopo le lezioni, il fast food dove parlavamo del futuro una volta diventati grandi, inconsapevoli del fatto che diventare adulti sarebbe stata solo una gran fregatura, sospiro sapendo di essere ancora una volta in ritardo, accelerai il passo per raggiungere l’uomo che sicuramente mi attendeva sbuffando all’entrata del bar.
Oggi è un giorno importante, aveva appena finito di scrivere una sceneggiatura che, secondo lui, mi calzava a pennello, dopo quello che successe tra di noi cercai di impegnarmi al massimo negli studi, volevo che il liceo finisse alla svelta e non potevo rischiare di essere bocciata, contavo letteralmente i giorni che mancavano alla fine della scuola, odiavo quello che ci era successo, ma dopo l’inevitabile catastrofe tra Gomi, Tsu, Aya e Hisae sarebbe stata una follia credere che la nostra amicizia sarebbe durata, a peggiorare il tutto, se fosse stato possibile farlo, la discussione tra me e Hisae aveva definitivamente messo la parola fine al nostro gruppo, il fragile filo che univa le nostre vite fu brutalmente reciso, e allora quale altra soluzione restava, se non quella di dividerci per sempre?, avremmo continuato ognuno per la propria strada, separati, ma mai veramente divisi, perché  il senso di colpa scopri mio malgrado essere un collante resistente al tempo che passava, e di tempo, ne era passato davvero tanto.
“Sana mi stai ascoltando?”
“Cosa? Oh si Ryan certo che ti sto ascoltando”, dissi regalandogli un sorriso innocente, adoravo Ryan, la sua passione per la vita era una calamita per chiunque gli orbitasse intorno, riusciva a trovare sempre il lato positivo in tutto, nonostante il fato lo avesse più volte preso a calci in culo sorrideva continuamente, sorrideva anche se, nel fondo del suo cuore sapeva di vivere un amore che era corrisposto solo a metà, Hiroto era un bellissimo ed egocentrico musicista, per quell’uomo Ryan avrebbe fatto di tutto, gli si concedeva anima e corpo come il migliore degli amanti pur sapendo di essere per lui, solo un diversivo.
“Farò finta di crederti”, mi conosceva bene, Ryan si era rivelato essere una mia anima affine, in un notte piena di nuvole e tequila ci scambiammo i cuori come fossero libri, scoprendo che le storie non erano poi cosi diverse, lui aveva Hiroto, io avevo avuto Akito, entrambi amavamo uomini che ci avevano creato per poi distruggerci, Akito, il mio Akito, erano passati due anni e non sapevo più niente di lui, stava bene?, era felice?, mi aveva dimenticato?, mi pensava ancora?
“ Con la mia sceneggiatura e il tuo talento sbancheremo tutti i cazzi di botteghini baby”
“ Ne sono certa”
Fino a due anni fa non credevo che le cose avrebbero preso questa piega, era da sempre stato un grande amore la recitazione ma lo avrei volentieri barattato per una vita normale insieme ai miei amici ma quando non mi restò più nulla, che senso aveva restare?, dopo il diploma non andai all’università, non avrei potuto, la mia improvvisa bravura a scuola era arrivata troppo tardi e l’unica risposta positiva che ricevetti fu dalla Todai, la esclusi immediatamente, andare li significava passare altri cinque anni con tutti loro, e il mio cuore non poteva farcela, così liquidai la questione università e ricominciai a fare l’attrice a tempo pieno, sceneggiati, soap, pubblicità, film, tutto quello che passava in convento lo accettavo, purché mi portasse lontano da Tokyo, del mio stesso avviso furono Aya e Gomi, non sarebbero riusciti a sopportare altri anni di occhiatacce e sguardi accusatori, cosi fecero domanda per qualunque ateneo fuori dal continente, e finirono per trasferirsi a Boston, andavo spesso in America per lavoro e ogni volta mi concedevo qualche giorno per andare a trovarli, nonostante volessi ancora molto bene a Tsu e Hisae ero contenta per loro, erano dannatamente felici insieme, lo erano davvero.
“ E Nao? Dici che approverà il progetto?”
“ Non vedo perché non dovrebbe, è fantastico”, Naozumi, nei mesi successivi alla catastrofe della nostra vacanza fu la spalla migliore che potessi desiderare, rinunciarci sarebbe stato un peso troppo grande, così, da brava ragazzina egoista continuai a stare con lui, sono ben consapevole di non amarlo ma l’idea di perderlo mi faceva morire, ci provai diverse volte in quegli anni ma non c’ero mai riuscita, era chiaro che nella mia scala delle priorità il coraggio non era contemplato.
“Quando torna da New York ?”
“Fra tre giorni” lo vidi annuire sorseggiando placidamente il suo martini.
E fu un attimo, una stilettata al cuore, un brivido lungo la schiena, la musica, il brusio delle persone, le chiacchere di Ryan, tutto divenne superfluo, un ragazzo biondo entra nel bar seguito da un altro più basso e magrolino, non si ferma ai tavolini punta dritto al bancone, ordina un negroni per sé e una birra per il suo accompagnatore, e io come una quindicenne impacciata sento il mondo girare troppo veloce, e lui, come un uomo, sembra non accorgersi di me.
“ Sana? stai bene? Sei diventata pallida”
“ E’ qui” che senso aveva mentirgli?, Ryan sapeva ogni cosa, e io non me la sentivo proprio di pensare ad una scusa per filarmela.
“ Akito?”, si mi conosceva proprio bene.
“ Qual è?”
“ Il biondo con la giacca di pelle”
“ Wow, ora capisco perché non l’hai dimenticato, un corpo così chi se lo scorda più”
“ La smetti?”
“ Di fare che?”
“Di fissarlo come se fossero dieci anni che non mangi e lui fosse un panino”
“Tesoro, sarei mooolto felice di poter provare quel panino, ma ahimè non gioca nella mia squadra”, iniziai a ridere, inconsapevole che  due occhi ambra mi fissavano da lontano, ignara che il suo cuore non ci aveva messo poi molto a riconoscermi.








******************






Con la punta della scarpa inizio a calciare i piccoli frammenti di asfalto sul marciapiede, ho sempre odiato aspettare, sbuffo per la centesima volta controllando l’orologio, era in ritardo di venti minuti, evento assolutamente raro per lui, Tsu, il mio migliore amico da sempre, la mia spalla, il mio confidente, la mia coscienza, due anni erano passati in un batter d’occhio, l’impacciato Tsu si era trasformato in un uomo fatto e finito, il tradimento di Aya lo aveva cambiato profondamente, non si era più innamorato di nessuna, e a nessuna aveva più aperto il suo cuore ma concedeva il suo corpo senza timore a qualunque ragazza incontrasse, eh si, il timido ragazzino era diventato un donnaiolo, sorrisi del mio stesso pensiero, alle elementari bastava che una femmina gli regalasse un sorriso più smagliante perché lui se ne ossessionasse completamente, ora saltava da un letto all’altro dimenticandosi di loro ancora prima di rivestirsi, non lo giudicavo per questo, ma ammetto che mi mancava il mio amico.
“Lo so, sono in ritardo”
“ Fai aspettare le tue donne Sasaki, non me”
“ E dai Akito non farla lunga, ero impegnato e ho fatto tardi”
“ Impegnato in cosa esattamente?”,  il suo sguardo malizioso valse come risposta, si,
decisamente mi mancava il vecchio Tsu.
“ Dai entriamo Don Giovanni”
Seduto di fronte a me lo guardai intento a giocherellare con il collo della bottiglia, gli occhiali erano stati eliminati, i capelli ora li portava corti con una piccola cresta laterale, i vestiti da cocco di mamma furono sostituiti da giacche di pelle e magliette attillate, un piccolo accenno di barba gli dava un aria da uomo vissuto e a quanto pare questo piaceva alle donne, me lo confermarono gli sguardi poco casti che si scambiava con la barista, scossi la stessa iniziando a guardarmi intorno.
“ Perché non gli chiedi il numero”
“ Che dovrei farmene del numero Akito?” mi disse continuando a guardarla
“ Ah giusto, non chiedi numeri, non chiedi nomi, non chiedi niente”
“ Per spassarsela con una bella ragazza non è necessario sapere”, imprecai mentalmente per l’ennesima volta contro Sugita, lei lo aveva ridotto cosi.
“Dovresti trovarti una donna, una fissa intendo”
“Perché dovrei?”
“Perché no, sono passati due anni”, finalmente staccò gli occhi dalla barbie dietro al banco e inchiodò il mio sguardo al suo, mi maledissi per aver aperto quel argomento,  chi ero io per dire agli altri cosa fare?, io che in passato ero stato il Gomi della situazione, io che nonostante fossero passati due lunghi anni sussultavo ancora alla vista di una chioma rossa, io che ogni notte facevo l’amore con Fuka sognando di avere Lei tra le mie braccia, chi ero io per parlare?, Nessuno!
“ No, non ne ho voglia Akito”
“Okay”
“ So che ti preoccupi per me, ma non devi”, mi sorrise tornando a fissare la barbie, “ è il mio modo di affrontarla Akito, ti prego di rispettarlo”
“ Okay ”
“ Come procedono gli esami?”
“ Bene”
“ E Fuka? Come si trova al campus?”
“ Bene, la conosci, per lei non è un problema socializzare, e con Hisae come compagna di stanza ogni giorno è una festa”
“ Si, lo immagino”
Svogliatamente inizio ad osservarmi intorno, mi piaceva questo locale, aveva aperto da poco più di sei mesi ed era subito diventato un posto In per giovani universitari che volevano bere o flertare con le sexy bariste, l’arredamento minimal in stile occidentale stranamente non cozzava con il grosso bancone in legno antico, grossi televisori al plasma passavano continuamente videoclip di gruppi musicali, regalando un rilassante brusio di sottofondo, continuai a studiare le facce di tutti i presenti finché non la sentii…una risata, quella risata, lentamente la cercai, consapevole che quel gesto mi sarebbe costato molto caro, ed eccola li, più bella di come la ricordavo, più donna di quanto avrei voluto, Sana, la mia Sana, stretta in un vestitino che, in un passato non poi cosi tanto remoto, mi avrebbe fatto salire il sangue alla testa, tutto di lei mi sembrava diverso, era sicuramente più alta lo intuivo anche se era seduta, i capelli erano più lunghi, il viso era reso più maturo da un trucco più pesante di un tempo, niente era come prima, eppure non sembrava fosse passato nemmeno un secondo dall’ultima volta che l’avevo avuta tra le mie braccia, dovevo andarmene subito, se fossi rimasto sapevo che tutto quello per cui avevo lottato negli ultimi due anni si sarebbe sgretolato in un secondo, mi sarebbe bastato un suo sorriso per cancellare ogni sforzo.
“Tsu…io devo”
“ L’ho vista…vai, ti chiamo stasera”
Lo superai dandogli una pacca sulla spalla, conosceva la mia debolezza, sapeva che respirare la sua stessa aria sarebbe stata una condanna per me.
Iniziai a camminare tra la folla indaffarata del sabato pomeriggio, forse era esagerato il mio atteggiamento ma non potevo rischiare che lei mi vedesse.
Sento una mano afferrarmi e non ho bisogno di girarmi per sapere, non ho bisogno di chiedere niente, il mio corpo l’ha riconosciuto subito quel tocco.
“Kurata”
Un dispettoso soffio di vento solleva insieme alle foglie il suo profumo, sempre lo stesso, fragola!
“Ciao Akito”
Restiamo per non so quanto tempo così, lei che stringe ancora il mio braccio, io che le do le spalle.
“ Che ci fai qui?”, dico girandomi verso di lei
“ Tecnicamente vivo ancora qui, Akito” sorride, come sempre
“ Non intendevo qui in città”, e non ricambio il sorriso, come sempre.
“ Ti va di bere qualcosa?”
“ Ancora? siamo appena usciti da un bar”
“ Allora mi avevi visto, pensavo non ti fossi accorto di me”
“ Come se fosse possibile non accorgersi di te”, merda, lo avevo detto sul serio?
“ Solo un caffè Akito”, perché ci teneva tanto?
“Come ti pare”, alzai le spalle sfoggiando il mio vecchio atteggiamento scocciato e sorride, sa che quella recita non ha mai funzionato, e che mi importava più di quanto avrei voluto prendere quel dannato caffè con lei, cosi mi ritrovo seduto a fissare una tazza piena con il cuore ad un passo dal suo.
“ Mi hai chiesto di venire per giocare al gioco del silenzio Kurata?”
“ Non sei cambiato per niente”, tzk cazzate ero cambiato eccome
“ Come ti pare”
“ Come va l’università?”
“ Va”
“ E il karate?”
“ Va”
“ Non lo fare Akito”
“ Cosa?”
“ Trattarmi come facevi con tuo padre e Natsumi ”
Sorrisi sarcastico, avrei voluto dirle che quel trattamento lo riservavo solo a lei, lei che mi aveva creato dal nulla facendomi diventare un uomo, per poi mollarmi come un giocatolo passato di moda.
“ Non ho molto da dire”
“ Non è una novità”
“ Già”, una parte di me scalpitava dalla voglia di sapere tutto, avrei voluto dar voce a tutti i pensieri che in questi maledetti due anni mi avevano tenuto sveglio troppe notti, perché non hai lottato per noi?, perché non mi hai mai cercato?, e perché nonostante il male che mi hai fatto non riesco a non desiderati? Avrei fatto ogni cosa per avere un perché, “io…devo andare”, dovevo solo allontanarmi da li, da lei, non potevo permetterle di spezzarmi ancora.
“ Okay”, pagai il conto nonostante le sue insistenze, non volevo nessun tipo di debito con lei.
“ Ti saluto Kurata, stammi bene”, le dedico un ultimo sguardo prima di andare per la mia strada, felice che non possa vedere il mio viso, so che se lo facesse sarei finito, addio mio unico dannato amore.
“ Credi che per me sia stato facile?”, resto immobile, in attesa, di cosa poi?
“Non ha senso parlarne ancora”, forse non ne avrebbe avuto mai.
“ E’ stato un maledetto incubo, ogni volta che ti allontanavi per tornare da lei, ogni volta che mi allontanavo per tornare da lui, ma non potevo, io…non avrei potuto”
“Non mi sembra che tu ti sia fatta tutti questi scrupoli all’inizio”
“ E perché secondo te?”
“ Non lo so, e non mi importa”, quanto faceva male, “ ci vediamo”.
“ Akito…aspetta”
“Che vuoi ancor?”, le sue braccia mi avvolgono, posso sentire distintamente le lacrime che stanno bagnando la mia giacca, e le sue mani che tremano, chiudo con forza gli occhi implorando che qualcuno mi dia la forza necessaria per lasciarla andare.
“ Dovresti andare”
“ No”
“ Kurata”
“No”
“Per favore…Sana”, sussulta e lentamente molla la presa dal mio corpo, un brivido di freddo mi attraversa, ma lo ignoro con forza.
“ Posso accompagnarti a casa?”
“Sono grande abbastanza per andarci da solo”
“ Lo so ma…posso accompagnarti lo stesso?” vorrei dirgli di andare al diavolo, che i suoi stupidi convenevoli doveva portarli altrove, si, avrei dovuto, e invece mi ritrovo a camminare verso casa con lei al mio fianco.
“ Sono arrivato, grazie per la scorta”
“ Prego”
“ Ora dovresti davvero andare Kurata”
“ Dimmi di restare”, è  una domanda? è una supplica? da quando sei cosi spavalda?
“ Kurata”
“ Ti prego Akito…ti prego” e che senso aveva resistere? Che senso aveva negarci la possibilità di un ultimo bacio, di un ultima carezza, di un ultima volta…
L’afferro con forza e la sbatto letteralmente contro la porta di casa, diviso tra il bisogno di averla, e la voglia di farle male, la bacio, ma niente in questo contatto è romantico, è solo voglia di ferirci, ancora, apro con uno scatto la porta che richiudo con un calcio, indietreggio con lei che non si stacca dalle mie labbra, forse per paura che possa cambiare idea, sento diversi oggetti cadere rovinosamente a terra, e la costringo tra il mio corpo e il muro del soggiorno, la giro di scatto per alzarle quel dannato vestitino che mi aveva fatto salire il sangue alla testa già dentro quel bar, e la sento ansimare, gemere, affamata quanto me all’idea di unirci di nuovo, e la faccio mia cosi, contro il muro, girata di spalle senza nemmeno toglierci i vestiti, le scosto solo quelle minuscole mutandine di pizzo e con uno scatto entro dentro di lei, si morde con violenza le labbra, forse per non urlare, forse per non farsi sentire da me, osservo le nostre figure eccitate e rabbiose dallo specchio che ho di fronte, dovrei fermarmi, se entrasse qualcuno in questo momento sicuramente penserebbe ad uno stupro, lei costretta contro il muro piegata in avanti, e io ancora completamente vestito con solo la patta dei jeans aperta che spingo forte dentro di lei, ma infondo non si discostava molto dalla verità, era una violenza, una violenza emotiva, fisica, emozionale, volevamo farci male, volevamo soffrire, volevamo che fosse cosi irruento da lasciarci i segni addosso, i nostri corpi in lotta, come noi due, come il nostro amore.
La famigliare sensazione di piacere inizia ad invadere la mia testa, e continuo a spingere sempre più forte, sempre di più, di scatto si gira verso di me per baciarmi, e sono di nuovo  le bocche, le lingue, gli sguardi mai dimenticati, le parole mai dette, pianta le sue unghie nella mia carne per marcare il suo passaggio, anche se ti odio, non ho mai smesso di amarti è tutto quello che riesco a pensare mentre esplodo dentro di lei, sudato e senza fiato appoggio la mia fronte contro i suoi capelli inveendo contro il destino che ci aveva fatti incontrare.


  
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