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Autore: Classe Fcrittori    11/03/2018    0 recensioni
Quando un campus universitario raggiunge le dimensioni di un centro cittadino, il confine tra Università e Città si assottiglia, e nasce una nuova cosa, l'UniverCittà.
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2. al Difuori

ovvero

faffo

  Emill uscì attraverso una porticina che dava sul retro dell’edificio. Subito gli occhi furono accecati dalla luce del giorno, ma presto si abituò e poté vedere dove sbucava. L’uscita dava su uno splendido parco, dove ragazzi, bambini e adulti passavano una splendida mattinata. Il tempo era già mite, e i prati erano in fiore. Emill perse la cognizione del tempo attraversando i prati lungo i percorsi: giovani coppiette mostravano a tutti il loro amore sotto alberi ombrosi, e grandi e non si fermavano ai tavolini dove si giocavano partite complesse di giochi che non aveva mai visto. Era tutto oltre ogni sua immaginazione. Ora era veramente certo di aver accettato di stare lì. Era tutto meraviglioso. Continuò a camminare superando ragazzine intente a leggere e docenti che chiacchieravano allegramente con gli studenti. Il percorso continuava dritto, fino a virare bruscamente a sinistra dinanzi un grosso salice, sotto cui c’era una panchina.
  Sulla panchina c’era un ragazzo, ma non era seduto come normalmente ci si siede. Aveva i piedi al posto della testa e la testa al posto dei piedi, come se volesse guardare tutti dal basso all’alto. Era quantomeno originale: non indossava ne scarpe ne calze, vestiva con dei pantalocini corti fino alle ginocchia, che stravaccato com’era salivano anche più su, mentre attorno al busto indossava una felpa con il cappuccio, che da dove era Emill sembrava anche bella spessa. Non si capiva se avesse caldo o freddo, ma per sicurezza Emill decise di evitarlo. Gli passò davanti a passo svelto, cercando di non guardarlo.
  -Ehi, ragazzino.- lo aveva notato. Il tipo sulla panchina lasciò con una mano i fogli che teneva, potendo vedere bene il suo interlocutore, anche se i capelli sfioravano il suolo.
  Emill si fermò. Avrebbe fatto meglio ad andare avanti ed ignorarlo, ma non aveva abbastanza coraggio. Quando ancora andava a scuola e lo fermava qualcuno nel tragitto fermata del pullman-istituto per chiedergli qualcosa, non riusciva mai a dire un netto No. Spesso finiva che i postulanti se ne andavano perché lo vedevano troppo impacciato anche solo per rispondere loro. Ora era davanti a quel tipo a testa in giù, e le gambe gli facevano giacomo-giacomo.
  -Ti viene in mente una parola che voglia dire “roccia”?- il ragazzo al contrario lo guardava, attendendo una sua risposta. Emill era in ansia, pensando a dove volesse andare a parare quel tipo così fuori dal comune.
  -Forse sasso?- provò esitando, sperando di riuscire a liberarsi presto da quella situazione d’imbarazzo.
  -No, aveva più f. Va be’, tanto non avevo più voglia di rimanere qua?- tese la mano libera verso Emill -Allora, mi aiuti o no?- dietro esortazione, gli prese il polso con entrambe le mani -Uno, Due, Tre!- finito il conto il ragazzo si diede la spinta con la mano libera, mentre Emill lo tirò verso di sé.
  Il corpo scivolò lungo la panchina, finendo contro Emill e facendo ruzzolare entrambi a terra.
  -Non era un idea molto buona.- constatò il tipo, mentre si rimetteva in piedi. Tutti i fogli che prima teneva nella sinistra ora erano finiti per terra, così iniziò a raccoglierli.
  Emill pensò di approfittarne per squagliarsela, ma prima che potette rimettersi su due gambe quel tipo aveva già ripreso a parlare con lui.
  -Non ti avevo mai incontrato qua, vieni dal Difuori?
  Iniziò a pensare che quel tipo fosse parecchio presuntuoso: prima stava a testa in giù, ignorando del tutto e per tutto il giudizio degli altri, e poi sputando sentenze su chiunque senza conoscerlo. Stanco di quella megalomania, non nascose la sua frustrazione -Pensi che io non sia di qui, non sia abbastanza per questo posto? Pensi di conoscere tutti in quest’UniverCittà per poter dire che io non sono uno di loro?
  Il ragazzo era stranito, come se non si aspettasse una simile reazione collerica. Si rialzò, sistemando i fogli in un unico blocco -No, certo che no. Ne frequento ben pochi dell’UniverCity. Ma credo di poter individuare i bambini che tagliano le lezioni, e tu non me li ricordi. Tutto qui.
  La risposta era stata così calma e pacata che fece capire a Emill che forse la sua reazione era stata un poco esagerata. In fondo lui aveva solo fatto un paragone con le sue conoscenze ed Emill non rientrava nei suoi standard di bimbo disubbidiente. Aspetta, BIMBO? -Cosa intendi con bambino?
  -Quei bimbi che fanno le medie, o forse le hanno appena finite.- in effetti non c’erano ragazzini e ragazzine di quella fascia lì intorno, e neanche prima ne aveva visti. -Credo che a forza di corrergli dietro inizi a capirgli. Benché con i bambini più piccoli ho meno problemi.
  La faccia di Emill mostrava solo disgusto. Disgusto e ribrezzo.
  -Non capire male. Io non faccio nulla di bizzarro con i bambini. Mi piace giocare con loro, in modo normale. Non devo portare una maschera, e quando lo faccio è per divertirli.
  Emill iniziò a capirlo. Anche se all’apparenza sembrava un tipo strano, allampanato com’era, non era affatto dannoso. Aveva solo un suo modo di pensare, che non era in linea con quello di tutti gli altri. Si chinò e raccolse alcuni fogli ancora a terra, finiti sotto la panchina. Glieli porse insieme ad un sorriso di scuse, per tutti i pregiudizi che aveva avuto nei suoi riguardi.
  Il suo volto si illuminò, prese i fogli -Vieni, voglio fartelo vedere.- strinse Emill per un polso e lo fece scendere finché entrambi i loro volti non furono più in basso della panca.
  Emill guardò il fondo, e trovò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato. Invece di gomme premasticate e dichiarazioni eterne incise e infrante, c’era uno splendido paesaggio a pastelli, un mare in tempesta ed una nave ed una sirena ed un faro lontano. -Questo… questo l’hai fatto tu? È stupendo!
  -No. Lo ha fatto un vecchio dormiglione delle panche. Ne ha fatto una per ognuna. Veniva ha raccontare qui di quando andava per mare, delle onde e dei flutti che lo guidavano. Adoravo immaginare ciò che narrava quando ero piccolo.
  Si rialzarono in fretta, prima Emill e poi l’altro. Per quanto fosse bello quel disegno, stare così coricato a terra era strano, e lui non ci teneva a fare una figuraccia con qualcuno il primo giorno. Era una nuova scuola, dove nessuno dei suoi vecchi compagni sarebbe mai arrivato, e non voleva ripetere le stesse esperienze dall’inizio.
  -Quindi non conosci il posto? Vieni, ti faccio fare un giro.- il ragazzo lo prese e iniziò a portarlo di qua e di là.
  -Ehi, fermati. Almeno dimmi il tuo nome. Io mi chiamo Emill Andresson.- Emill dovette urlare mentre veniva sballottato in giro.
  La neo-guida si fermò sul posto -Io fono Giacomo Dalmaffo.- e ripartì.
 
Angolo dell’Ideatore/Scrittore:
  Faffo. Secondo me la parola che Giacomo cercava era faffo. Non troppo ricercata ne troppo semplice, evoca tutta la grezza natura del masso ma senza togliere nulla alla precisa ricchezza di una gemma.
  In questo secondo capitolo viene aggiunto il secondo di un quintetto da cui si dirameranno le principali linee narrative. Vi piace, non vi piace, è abbastanza particolare o non lo è abbastanza?
  Giacomo non è un alternativo, o almeno non lo fa volontariamente. Non cerca di unirsi a qualche gruppo di controtendenza, o che non segue le regole. È solo un ragazzone troppo grande che dentro è ancora un ragazzino troppo piccolo. Magari cercherà di farsi notare facendo lo sciocco, ma non lo fa perché egocentrico, ma perché teme di venire dimenticato. Ma forse questa disamina è un po’ troppo approfondita per questa pagina e mezza di presenza. Ne riparliamo tra una trentina di capitoli, va bene?
  Se vi è piaciuto, lasciate un commento e aggiungete la storia ai preferiti o piaciuti o ricordati. Il terzo capitolo di questo arriverà domenica prossima, con una strana coppia che ci prenderà almeno due settimane.
~Lo Otta
   
 
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