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Autore: Emadiam    12/03/2018    0 recensioni
"Alzo gli occhi sul vostro viso immerso nella lettura, con la pelle chiara illuminata dal tramonto. Invidio il sole che può baciarvi con la sua luce in qualsiasi momento..."
Pensieri, dediche, sentimenti e impressioni di Edward Drummond, segretario personale del Primo Ministro, circa l'inatteso legame con il Luogotenente di Cavalleria Alfred Paget.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfred Paget, Altri, Edward Drummond
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2x07. L’uomo libero.
 

Mi domando perché la regina abbia convocato il primo ministro a palazzo. Forse per i due attentati subìti? Alfred, di certo eravate presente entrambe le volte. Siete completamente illeso? Ovvio che lo siate, Peel ne avrebbe fatta menzione. Scendo dalla carrozza lanciando un’occhiata veloce alle terrazze, aspettandomi di vedervi fumare uno dei vostri sigari. Sir Robert mi precede all’ingresso. Lungo il corridoio incrociamo il signor Penge, che ci guida verso le stanze della sala del trono e prende posto accanto alla baronessa Lehzen. Io e Sir Robert salutiamo i presenti. Ora sono incuriosito. Questa stanza rievoca nel mio cuore la serata rinascimentale tenuta due anni addietro. Ricordo la musica e i balli. Vi rivedo danzare nel costume da cavaliere uguale al mio. Darei qualunque cosa per tornare a quel periodo. Riesco a udire le solite polemiche della duchessa di Buccleuch provenire dal corridoio. La signorina Coke fa il suo ingresso a fianco dell’anziana zia, seguite dalla duchessa di Sutherland e da voi. M’inchino mentre il primo ministro porge le proprie condoglianze alla giovane vedova. Invitate Lady Sutherland a sedere per distrarla dalla sua dolente commemorazione. Avete sempre un animo incantevole. Tutti i presenti prendono posto ai tavolini rotondi. Quando alzo gli occhi, riconosco dal caminetto il salottino davanti a me. Ricordo la vostra galanteria verso la buona signorina Coke. Sorrido fra me e me. In fondo, non le ho mai pienamente perdonato di averci interrotti quella sera. Ho immaginato spesso cosa sarebbe potuto succedere. Lo faccio ancora. Ci alziamo quando i sovrani entrano nella sala. M’inchino alla regina e al principe, approfittando per guardarvi brevemente con la coda dell’occhio. Senza alcun preambolo, la regina annuncia al primo ministro di voler partire per la Scozia, come conseguenza naturale della sorveglianza impostale da lui e dal principe consorte dopo gli attentati.
«Verrete con noi questa volta, Sir Robert?»
«Temo di no, Maestà. Anche se i lavori a Westminster non sono ultimati, dovrò comunque occuparmi dei preparativi per l’inaugurazione del nuovo edificio al vostro ritorno.»
«Capisco. In tal caso, signor Drummond, anche in quest’occasione siete più che benvenuto, se desiderate unirvi a noi.»
Sorpreso dall’invito aperto della sovrana, avanzo di un passo e lancio un’occhiata a Sir Robert, che annuisce. «Sarà un onore, Maestà.»
«Lord Alfred, se avete la compiacenza di seguirmi nello studio, definiremo i dettagli.»
«Certamente, Maestà.»
Lasciate la sala al seguito della regina e le sue dame, senza mai voltarvi.
 
 
***
 
 
In carrozza siamo insolitamente privati del buonumore della duchessa di Buccleuch, dal momento che Lady Sutherland l’ha esplicitamente, ed impensabilmente, richiesta come compagna di viaggio. Al suo posto siede il duca di Coburgo. Siamo quasi giunti a destinazione e non avete detto una sola parola. Non vedo l’ora di arrivare per poter stare solo con v…
«Mi congratulo per il vostro fidanzamento, signor Drummond.»
L’intempestività nella famiglia della signorina Coke è una malattia ereditaria. I miei occhi cercano ansiosi la vostra reazione. Espiro.
«Florence e io siamo vecchie amiche.»
Sono perseguitato dalla buona sorte, dunque.
«E’ una fanciulla adorabile e così raffinata.»
«Ha molte virtù.» Vi guardo con crescente disagio.
«Le mie felicitazioni. Spero che sia bella quanto piena di talento.»
Pondero attentamente la mia replica al duca. «Penso sia considerata di… bell’aspetto.» Non fate così, Alfred, qualcosa dovevo pur rispondere.
«Oh, voi inglesi. Credo che se vedeste Cleopatra fare il bagno nel latte d’asina, arrossendo direste: oh, penso sia considerata di bell’aspetto.»
Mi unisco alla risata della signorina Coke alla battuta del principe. Non parlate, ma i vostri occhi sono molto eloquenti nel desiderare di abbandonarmi all’istante nella selvaggia campagna scozzese, se vi fosse permesso. I prossimi giorni si prospettano impegnativi.
 
 
***
 
 
«Cock-a-leekie! Deliziosa.»
La duchessa di Buccleuch non risparmia complimenti ai piatti scozzesi. Io la trovo una semplice, buona zuppa di patate. E’ un cibo totalmente diverso dalle pietanze francesi, raffinate come la corte del re Louis Philippe. Il che mi riporta a quel viaggio in continente, all’illusione creata dello sfarzo e dalle frivolezze, alla semplicità di un bagno nel lago… Vuoto il mio calice in un unico sorso, sentendomi accalorare il viso, e finisco per riporlo sulla tovaglia più rumorosamente del voluto.
«Vi sentite bene?»
Mi volto verso Lady Sutherland, grato per la sua discrezione nell’aver domandato a fil di voce. Per mia fortuna, sembra averlo notato solo lei. Annuisco, incrociando finalmente il vostro sguardo, e vi sorrido quasi involontariamente. La cena termina con gran soddisfazione della duchessa di Buccleuch. Prendo sottobraccio Lady Sutherland e seguiamo il duca di Atholl in salotto, accompagnati dalle rumorose cornamuse.
«Ora, mia signora, ho in serbo qualcosa di speciale, per festeggiare il solstizio d’estate. Il famoso medico poeta William Beattie ha accettato di recitarci il suo poema epico Eliotropio, un peana alla salute.»
«Vostra maestà.»
Osservo il medico poeta inchinarsi alla regina. Ella si siede e tutta la sala prende posto, pronta all’ascolto.
«Che cos’è la vita?
Come un fiore
con un morbo nel suo seno
oggi pieno di promesse,
domani morirà
Non saprei dire se io sia più perplesso dalle parole sconfortanti del poema o dalla sentita gestualità dell’autore. Perdo presto la cognizione del tempo e, molto prima di quanto mi aspettassi, smetto di ascoltare. Immagino di essere con voi a passeggiare nei boschi, a visitare le Highlands, a fumare un sigaro, a bere brandy, a fare qualsiasi altra cosa che non sia perdere tempo qui. Voglio parlarvi… Chino lo sguardo. E di cosa? In fin dei conti, non c’è alcun che da dire. Voglio stare con voi e non è possibile. Gli accordi sono presi, come posso mettere in difficoltà simili la mia famiglia? Dopotutto a pochi è concesso di scegliere il proprio futuro. Sarò dimentico di tutto, in questi giorni. Voglio godere del poco tempo che mi resta con voi, anche se mi detestate. Inspiro. Il medico sta ancora recitando? Vengo distratto dallo scricchiolio di una sedia. Il principe Ernest abbandona la stanza. Come dargli torto? L’atmosfera nel soggiorno è pesante quanto il signor Beattie, il quale continua a recitare e gesticolare con una passione impensabile. Mi volto divertito verso la vostra risata, meravigliosamente spontanea. Subito vi assettate, concentrandovi sul tappo della vostra fiaschetta. L’applauso improvviso del principe risveglia gli spettatori e, più importante, pone fine alla tragica opera.
«Grazie, signor Beattie, è stato molto… illuminante.»
Il principe è indubbiamente dotato di una gran delicatezza nell’uso delle parole.
 
 
***
 
 
Scendo al fiume inspirando a fondo la tranquillità di questo posto. Vedo il principe Albert incamminarsi con una canna da pesca. Lord Murray invita anche me a provare e accetto di buon grado, la cosa m’incuriosisce molto. Mi allontano di qualche metro, in un angolo tranquillo su una lingua di terra nella curva del fiume. Vorrei che mi raggiungeste, ben sapendo che non accadrà. Immagino voi ed io, sulla sponda di un fiume qualsiasi, con le canne da pesca in mano, isolati dal mondo. In attesa di prendere qualche pesce, fingo di guardare gli alberi per lanciarvi un’occhiata non troppo fugace. Sorrido. La signorina Coke pare continuare a gradire davvero molto la vostra compagnia, Alfred. Mi domando se ve ne siate mai accorto. Torno a guardare la lenza immersa nell’acqua. Siete entrambi dotati di un cuore grande e gentile, formereste una bella coppia. Chiudo gli occhi soffocando una risata. Chissà come la prendereste se ve lo dicessi?
 
 
***
 
 
«Fermi!»
La carrozza si arresta all’ordine di Lord Murray e scendo per capire cosa succeda. Noto la nebbia che si sta alzando e soprattutto l’assenza dei sovrani che dovrebbero seguirci a cavallo. Mi avvicino per ascoltare.
«Sta sopraggiungendo la nebbia, non dovevo perdere di vista la regina.»
«Credo, Duca, che non dovremmo aspettare a cercarli. Lord Alfred.» Mi avvio di fretta lungo il sentiero percorso, sentendo in lontananza la voce del duca di Atholl tuonare ordini alle guardie. La mia coscienza non tarda a farsi sentire. Il rumore dei vostri passi mi distrae dalla grave situazione nella quale ci troviamo. Volevo così maledettamente questi istanti insieme a voi. Là il sentiero curva, c’è il rischio che… Mi avvicino al ciglio. Il precipizio è profondo, ma, fortunatamente, senza prìncipi o regine sul fondo. Vi avvicinate a guardare anche voi. «Se cadessimo, ci troverebbero dopo mesi.»
«Sembrate molto calmo, alla prospettiva.»
Vi aprirò il mio cuore, che mi crediate o meno. «Mi preoccupa di più tornare a Londra.»
«Davvero?»
Mi volto a guardarvi. Il vostro tono non mi rende facile proseguire. Indietreggio di un passo, per mettermi accanto a voi. Mi viene in mente un altro possibile approccio. «Ho notato che leggevate l’Iliade, sulla nave.»
«Non in lingua originale, purtroppo.»
Ne ero certo, non siete in grado di resistere alla gioia che vi provoca la cultura.
«Trovo la morte di Patroclo… molto toccante.»
Annuisco, sorridendo tra me e me. «Sì. Fin dove si spinge Achille per onorare il suo amico.» Inspiro a fondo, in attesa.
«Credete fossero amici?»
Ricambio il vostro sguardo e non so più cosa rispondere. Respiro un paio di volte per riflettere sulle vostre parole. «Non saprei come altro chiamarli.» Che cosa siamo noi, Alfred? Come ci definireste? D’improvviso il vostro volto si distende e mi battete due volte la mano sul braccio, per poi incamminarvi per il sentiero. Resto a osservarvi per qualche istante prima di seguirvi. Non mi avevate mai toccato, fino ad ora. Non ho capito gran che di quanto è successo. Alfred, alle volte siete indecifrabile. Lasciate che vi faccia comprendere i miei sentimenti in tutto questo. «Anche se detestassi Florence, la mia famiglia non lo considererebbe un ostacolo.»
«Ed è così? Non vi piace?»
«No. No, anzi, mi sta molto a cuore, ma… non credo che potrò mai…»
«Amarla?»
Mi blocco di colpo, guardandovi. Lo dite con una tale facilità… E’ strano sentirvi pronunciare quella parola ad alta voce. Sembra acquisire tutto un altro significato. M’incoraggiate a riconoscerlo con un cenno del capo e, di fatto, mi limito ad annuire, senza staccare gli occhi dai vostri. Non siete felice di sapere i miei sentimenti? Alfred, io non potrei mai amarla.
«Sarebbe meglio… tornare indietro.»
Di nuovo mi precedete. Stavo per confessarvelo, per questo mi avete interrotto? Mi state disorientando enormemente.
 
 
***
 
 
Fisso il fuoco, bevendo un paio di sorsi per placare il mio senso di colpa. La situazione è gravissima, se Sir Robert fosse stato qui, i sovrani non si sarebbero mai separati da noi.
«Che incompetenza! Ma come si può smarrire una regina? Con me non sarebbe capitato.»
I rimproveri della duchessa di Buccleuch sono meritati. «Dovevo impedire alla regina e al principe di lasciarci.»
«Dovevate sì!»
«Non è colpa vostra, Drummond. Nessuno, nemmeno voi, Duchessa, può fermare la regina quando decide una cosa.» Siete gentile, Alfred, ma Lady Buccleuch è nel giusto.
«Le avrei chiesto di essere ragionevole. Dio solo sa dove siano ora!»
Inspiro. Il mio malessere aumenta alle illazioni della duchessa. Ogni sua parola mi colpisce lo stomaco come un macigno.
«Magari in fondo a qualche fosso, o chissà dove, con il collo spezzato!»
Lady Sutherland esce dalla stanza sull’orlo del pianto, ma non vi presto più attenzione del necessario. Dovrò avvertire Sir Robert. Se le cose dovessero volgere al peggio… Non voglio neanche pensarlo.
 
 
***
 
 
Gli Atholl Highlanders sono ancora in perlustrazione. Lord Murray cammina avanti e indietro senza pace. Sono sollevato che voi mi abbiate accompagnato.
«Non c’è traccia di loro.»
Vi guardo per un secondo, cercando il modo più delicato per dirglielo, ma probabilmente non esiste. «Duca. Credo sia mio dovere informare il primo ministro.»
«Forse dovremmo… attendere l’alba.»
Forse avete ragione, Alfred. E’ una buona idea.
 
 
***
 
 
Il cielo sta rischiarando. Le guardie del duca hanno protratto le ricerche per tutta la notte e ancora non sono tornate. Percorro l’atrio a grandi passi, con ansia sempre maggiore. Sono desolato, pensando al duca, ma è necessario che adempia al mio dovere. Se la scomparsa dei reali dovesse trapelare e giungere a Londra, le conseguenze sarebbero irreparabili. Non è possibile ritardare ancora. Cerco con gli occhi il vostro sostegno. Mi avvicino a Lord Murray, assopito davanti al camino, toccandogli la spalla.
«Cos..? Li avete…?»
Scuoto il capo con grande rammarico.
 
 
***
 
 
Il messaggio per Sir Robert è pronto sullo scrittoio. Non ho il cuore di spedirlo, spero ancora in una buona nuova. E’ mattino e la nebbia dissolta. I sovrani potrebbero anche ritrovare la strada da soli. Mi volto di scatto quando urtate la porta irrompendo nella stanza.
«Sono salvi!»
Mi occorre un istante per realizzare ciò che avete detto. Un attimo dopo, mi ritrovo a ringraziare Dio. E’ come se il mondo avesse ripreso a girare. Vi sento ridere, è tutto vero. Vi guardo, battendovi la mano sulla spall… Raddrizzo la schiena per allontanarmi dal vostro viso. «Bene.» Per favore, non guardatemi con quegli occhi. Tento goffamente di nascondervi il mio turbamento dietro un minimo di contegno. Vi ho appena abbracciato. E realizzo che ciò che mi turba, in verità, è solo il trascinante desiderio di stringervi ancora.
 
 
***
 
 
Con la coda dell’occhio vi vedo chinarvi verso di me.
«Per una volta sono più alto di voi, Drummond.»
Non vi nego un sorriso divertito. Quando la regina scende dalla carrozza, Lord Murray si prodiga in inchini così profondi che potrebbe perdere l’equilibrio.
«Vostra Maestà. Altezza Reale. Sono mortificato che sia avvenuto sotto la mia tutela, se vi fosse capitato qualcosa…»
«Ma non è capitato niente, Duca. Il principe e io abbiamo… trascorso una piacevole serata.»
«Oh, Dio…»
Il principe Ernest va incontro al fratello e la regina rientra finalmente al castello assieme al duca. Mi unisco con gioia all’applauso che si leva in onore alla salute dei sovrani.
 
 
***
 
 
Questo viaggio è giunto al termine. Sono ancora irrequieto all’idea di tornare ai miei obblighi a Londra. Passeggio attorno al castello, immerso nei ricordi. Rivivo i giorni scorsi e non posso fare a meno di pensare che qualcosa si sia, come dire, sbloccato tra di noi. Magari non sarò riuscito a spiegarvi ciò che desideravo nel modo in cui mi sarei aspettato, eppure ho la sensazione che abbiate in qualche modo capito, almeno in parte. Mi chiedo cosa accadrà d’ora in poi. Alzo gli occhi alla finestra della vostra camera, ma vengo distratto dalla concitazione nel giardino posteriore. Stanno preparando una festa.
«E’ un ceilidh, mio signore. Sarete benvenuto, se vorrete partecipare.»
Ringrazio la guardia con un cenno. In effetti potremmo, Alfred.
 
 
***
 
 
In fondo al corteo reale che sta entrando in sala accolto dalle immancabili cornamuse, noto lo sguardo della signorina Coke nella vostra direzione, al quale come al solito non fate caso, mentre mi trattenete sulla soglia della porta.
«Sapete, Drummond, credo che ci divertiremmo di più con la servitù.»
Lancio un’occhiata alla prospettiva delle ore successive in compagnia del duca e vi sorrido. Credo proprio di sì.
«Dopo di voi.»
M’incammino a passo sostenuto per scongiurare il pericolo che qualcuno ci fermi. O, peggio, ci segua. Faccio il possibile per sorvolare sulla vostra mano appoggiata alla mia schiena, perché non sono sicuro che altrimenti vi permetterei di raggiungere la festa. L’euforia del ceilidh mi travolge alla prima occhiata. Decine di persone che ridono e ballano. Voglio prendervi la mano, ma una giovane mi anticipa trascinandomi a danzare. Non passa molto perché anche voi subiate lo stesso trattamento. Senza chiedermi nemmeno come, mi lascio trasportare dalla musica imitando i passi delle persone che mi circondano. Non so quante danze io abbia fatto, i violinisti non staccano mai le dita dagli archi e tutto si sussegue. Mi fermo per riprendere fiato. Quando alzo gli occhi per cercarvi, vi trovo dinnanzi a me a porgermi da bere. Un brindisi! Svuoto il bicchiere in due grossi sorsi, pronto per riprendere le danze.
«Bene. Dopo di voi!»
Afferro la vostra mano. Tra danze in cerchio e sottobraccio, m’immergo nella medesima illusione che ho vissuto in Francia e il resto del mondo appare infinitamente lontano da noi.
 
 
***
 
 
E’ acqua, quella che riluce tra gli alberi? Vi rubo la fiaschetta di mano e bevo. Accelero il passo con crescente nervosismo, prospettando nella mia mente mille ipotesi su come dar adito al violento desiderio nel mio cuore.
«Vorrei un goccio di quel whisky.»
Avete ragione, scusate. Vi restituisco distrattamente il liquore, affidando la mia marsina alla statua sulla riva. Certo, non invita a nuotare, ma questo laghetto è magnifico, in un simile scenario. Forse non è appropriato confessare certe cose quando si ha dell’alcol in corpo, però… Vi avvicinate lentamente. Vi intuisco, Alfred. Parlerete. Lo so, lo vedo. Lascerò a voi la mossa. Prendetevi tutto il tempo per dire ciò che volete dire, intanto posso ammirarvi in silenzio.
«Le sere di mezza estate sono incantevoli, non credete?»
Le mie labbra si schiudono, ma ammutolisco alla luce aranciata del tramonto che v’illumina il viso. E capisco. Siete voi. I vostri occhi… sono così chiari. Vi fisso per un interminabile istante. Dio, la vostra espressione… Vi bacio in un attimo e torno a guardarvi, con l’ebbrezza di chi sente crescere il sentimento. Non ho osato troppo. Vi bacio… no, ci baciamo di nuovo, per un secondo di più, per poi guardarci un secondo di meno, e mi stringo a voi in un terzo bacio, vero e bellissimo. Resto con la fronte chinata sulla vostra, per calmare i battiti del mio cuore, poiché temo possa scoppiarmi nel petto da un momento all’altro. Apro gli occhi su di voi, tremando, perché quasi non riesco a crederlo. E sorrido, come se fossi felice per la prima volta dopo lungo, lungo tempo.
 
 
***
 
 
«Signori.»
Davanti a noi, il principe Ernest si congeda richiudendosi la porta della camera da letto alle spalle. Arrivati davanti alla mia stanza, spingo la maniglia verso il basso.
«Buona notte.»
Odo dei passi dietro l’angolo, vi afferro in fretta il polso e vi tiro all’interno. Mi appoggio con la schiena alla porta chiusa alzando l’indice davanti alla bocca. I passi proseguono, svanendo dentro un’altra stanza. Mi guardate in silenzio. Alfred, ma quale ‘buona notte’? Faccio scivolare le dita ancora strette al vostro polso nella vostra mano, sollevandola. La stringo avvicinandola al mio petto. «Perdonatemi.» Abbasso lo sguardo velando l’imbarazzo dietro un sorriso. «Perdonatemi, ma ho… paura di lasciarvi, questa sera.»
La vostra mano si svincola dalla mia e sento la chiave ruotare piano nella toppa. Seguo le vostre mani sulle mie spalle spogliarmi della marsina. Osservo i vostri occhi chiari come la pioggia d’estate, prima di accarezzarvi la guancia e baciarvi. Slego il nodo del fazzoletto al mio collo. Senza staccare le mie labbra dalle vostre, cammino verso il letto, lasciando cadere ovunque capiti un indumento dopo l’altro.
 
 
***
 
 
Ogni mio senso è completamente irretito dalla vostra pelle, le mie dita non riescono a separarsene. Cos’è questo segno lucente?
«Successe al primo anno di Accademia. Fu la mia prima missione, mi salvai per miracolo, sapete…»
«Parlate sul serio?» Scoppiate a ridere.
«No, vi sto prendendo in giro. Quando avevo nove anni mio fratello maggiore mi sfiorò col suo spadino durante una… severa lezione di scherma.»
Accarezzo con le labbra la sottile cicatrice dietro la vostra spalla. «Non faccio che pensare agli attentati alla regina. La vostra vita è a repentaglio ogni giorno.»
«La vostra no? La carriera che vi siete scelto non vi esenta dai medesimi rischi.»
Raddrizzo la schiena guardandovi negli occhi. «E’ differente.» Mi guardate socchiudendo gli occhi.
«E in che modo? Entrambi proteggiamo un ideale e combattiamo per ciò che riteniamo giusto.»
Abbasso lo sguardo. «Non è la stessa cosa.» Allungate le dita sul mio viso.
«E’ il mio lavoro.»
«Lo so.» Vi copro la mano con la mia. «Abbiate cura di voi, Alfred.» Restate in silenzio per diversi secondi. Mi manca il respiro quando mi guardate così.
«Credo che impazzirei se vi accadesse qualcosa.»
Vi provoco bonariamente per alleggerire l’atmosfera. «Mettereste a ferro e fuoco la città come Achille nel vostro libro preferito?» Inarcate le sopracciglia, sorpreso.
«Non è il mio libro preferito. Comunque, potrei commettere qualche avventatezza.»
«Non fate nulla.» Vi bacio la palma della mano. «Può apparirvi tremendamente sciocco, ma, alle volte, immaginerei di poter prendere il vostro posto pur di dispensarvi dal pericolo.» Ridete, iniziando a gesticolare tronfiamente.
«”Che dicesti, o Patròclo?
Il cor mi rode acerba doglia
in pensando che rapirmi il mio
un mio pari s'ardisce, e del concesso
premio spogliarmi prepotente.”»
Scuoto la testa, ridendo della vostra citazione. «Ah, i militari e il loro onore!» Ora è chiaro perché amiate tanto l’Iliade. Mi squadrate, inclinando il capo da un lato.
«Che cosa sarebbe un uomo se il suo onore e la sua rispettabilità venissero meno?»
Faccio scivolare la mano dietro la vostra schiena. «Non credo che ciò che stiamo facendo qui sarebbe considerato poi così rispettabile.» Si esaurisce un’altra delle ultime candele rimaste e il vostro volto cala nell’ombra, mentre vi avvicinate per baciarmi.
«Honi soit qui mal y pense.»
Vi restituisco il sorriso e il bacio, sollevando una volta ancora le lenzuola fin sopra le nostre teste.
 
 
***
 
 
Entro nel salone proprio mentre fate il vostro ingresso dal lato opposto. Lancio un’occhiata alla schiena del duca di Coburgo, in piedi davanti al camino, costringendomi ad un contegno apparente. Non sforzatevi di dissimulare, Alfred. Non vi è alcuna gioia nel vostro sorriso.
«Si torna a Londra.»
Sento la gola stretta in un cappio. «Si torna a Londra.» Fuggirei con voi in questo istante. Prima che io possa rapirvi, l’onnipresente signorina Coke fa la sua gioviale comparsa accompagnata dalla duchessa di Sutherland e si frappone tra voi e me col suo delizioso sorriso.
«A qualcuno di voi andrebbe d’imparare a suonare la cornamusa con me? Vorrei far tesoro di questi ultimi momenti in Scozia.»
Vi guardo come se fosse l’ultima occasione per me di poterlo fare. «Anch’io, signorina Coke.» Sorridete stendendo il braccio verso la porta.
«Dopo di voi.»
Il vostro sorriso è contagioso, Alfred, ve l’ho mai detto?
 
 
 


 
Nota: “Honi soit qui mal y pense” è il motto del corpo militare della Cavalleria. Di derivazione anglo-normanna, significa “Disonore (o male, o vergogna) su colui che ne pensa male”.
   
 
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