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Autore: Emadiam    12/03/2018    0 recensioni
"Vedo con la mente le mie prossime ore, so perfettamente cosa farò. Mi girerò nel letto con gli occhi spalancati senza la minima possibilità di lasciarmi placidamente cogliere dal sonno. Vi lancio un’occhiata furtiva, sentendomi arrossire al ricordo di quanto successo questa sera."
Pensieri, dediche, sentimenti e impressioni di Alfred Paget, Luogotenente della Cavalleria Reale, circa l'inatteso legame con Edward Drummond, segretario personale del Primo Ministro inglese.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfred Paget, Altri, Edward Drummond
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2x07. L’uomo libero.
 
 
L’estate è alle porte. E’ una buona giornata per una passeggiata a cavallo, anche se di scorta alla carrozza della regina. Una brezza fresca muove le bandiere ai lati della via. I passanti salutano la sovrana. Mi piace vedere come tutti si fermino al nostro passaggio.
«Sta’ giù!»
Accorro dal principe Albert, ricurvo con la regina nel centro della carrozza.
«Albert! Ma che fai?»
«C’era un uomo, forse un ragazzo. Puntava una pistola.»
«Andate! Andate!» Com’è possibile che non mi sia accorto di nulla? Mi affretto nella direzione indicata dal principe. «Controllate la folla!»
«State indietro! Muovetevi!»
Inutili gli ordini delle altre guardie, il colpevole si è già dileguato. L’uscita del giorno seguente pianificata dalla regina col primo ministro per stanare l’attentatore è servita allo scopo. Nessun ferito, fortunatamente, William Bean è stato arrestato, ma la regina ora è sotto stretta sorveglianza. Sir Robert ha imposto un plotone di guardie persino nelle sue passeggiate nei giardini del palazzo. Mi domando quanto resisterà sua maestà prima di soffocare.
 
 
***
 
 
Entro nella sala al fianco di Harriet, preceduto dalla duchessa di Buccleuch e dalla signorina Coke.
«Signore. Lord Alfred.»
Drummond. Ricambio il saluto del primo ministro con un cenno, mentre egli si rivolge ad Harriet.
«Duchessa, le mie condoglianze per la vostra perdita.»
«Vi ringrazio, Sir Peel.»
Il dolore nella voce di Harriet è ancora forte, così la invito ad accomodarsi con un gesto della mano. Saluto gli altri presenti e mi siedo, facendo il possibile per evitare di guardarvi. E’ naturale che la regina abbia chiamato anche voi e il primo ministro per il suo annuncio. Dopo pochi minuti, a me parsi un’eternità, la regina fa il suo ingresso assieme al principe e la sala si alza in piedi. Non guardatemi, Edward.
«Sir Robert.»
«Mia signora.»
«Visto che non sopporto di vivere in una fortezza militare qui a Londra, ho deciso di andare altrove.»
Come sospettavo.
«Andremo nel continente, mia signora?»
Lancio un’occhiata di disapprovazione alla duchessa di Buccleuch, mentre la regina congela il proprio sorriso in modo molto diplomatico.
«No.»
«Non… in Irlanda?»
Abbasso lo sguardo per i continui commenti fuori luogo dell’anziana guardarobiera.
«No, duchessa. Andremo in un posto che persino voi approvereste. In Scozia.»
«Tornerete in tempo per l’apertura del Parlamento, mia signora.»
«Conosco i miei doveri, Primo Ministro.»
«Non vedo l’ora di sentire le famose cornamuse.»
L’entusiasmo di Lehzen viene smorzato immediatamente dal principe Albert.
«Ma non vorrete certo lasciare il vostro incarico, baronessa.»
«Magari la prossima volta, Lehzen, quando i bambini saranno più grandi.»
«Come volete, Maestà.»
Povera baronessa. Prima la Francia e ora la Scozia. Deve sentirsi messa da parte da quando il principe ha preso posto nel cuore della giovane sovrana che lei stessa ha cresciuto.
«Verrete con noi questa volta, Sir Robert?»
«Temo di no, Maestà. I miei impegni politici, al momento, non mi consentono di allontanarmi da Londra.»
«Capisco. In tal caso, signor Drummond, anche in quest’occasione siete più che benvenuto, se desiderate unirvi a noi.»
Con le mani dietro la schiena e lo sguardo al pavimento, serro le dita attorno all’altro polso senza neppure accorgermene.
«Sarà un onore, Maestà.»
«Lord Alfred, se avete la compiacenza di seguirmi nello studio, definiremo i dettagli.»
«Certamente, Maestà.» M’incammino dietro la regina fissando gli occhi sulla sua nuca.
«Duchessa, in quest’occasione voi e vostra nipote Wilhelmina mi accompagnerete. Ovviamente, Lord Alfred, voi siete il primo della lista.»
M’inchino con riconoscenza.
«Ci sarà anche il principe Ernest. Oh, Harriet, spero che vogliate venire con noi. Sono certa che questo viaggio sarà una distrazione al vostro lutto.»
Leggo la titubanza negli occhi della duchessa, che si lascia persuadere dall’espressione accorata della regina. Si sforza di sorridere.
«Lo sarà senz’altro, Maestà.»
 
 
***
 
 
Come mai ogni viaggio comincia con voi ed io in carrozza che guardiamo la campagna senza rivolgerci la parola? La mia mente immagina i prossimi giorni insieme a voi e mi prefiggo di divenire più cordiale di ora. Abbiamo varcato il confine scozzese da parecchio, suppongo che Blair Atholl non sia molto lontano.
«Mi congratulo per il vostro fidanzamento, signor Drummond.»
Il mio spirito socievole viene cancellato con una parola dalla signorina Coke e i miei occhi saettano su di voi.
«Florence e io siamo vecchie amiche. E’ una fanciulla adorabile e così raffinata.»
Un vero tesoro. Torno a fissare il paesaggio per trattenere inutilmente il sarcasmo sul mio viso.
«Ha molte virtù.»
Già. Proprio da sposare. Non fate il modesto, Drummond.
«Le mie felicitazioni. Spero che sia bella quanto piena di talento.»
Affermazione interessante, quella del principe Ernest. Sono curioso di ascoltare la vostra opinione.
«Penso sia considerata di… bell’aspetto.»
Wow.
«Oh, voi inglesi. Credo che se vedeste Cleopatra fare il bagno nel latte d’asina, arrossendo direste: oh, penso sia considerata di bell’aspetto.»
Vi lancio un’ultima occhiata sentendovi ridere alla battuta del principe, cosciente di aver appena rispedito i miei propositi di cortesia in Inghilterra. Non riesco a non biasimarvi. Finalmente arrivati. Il castello di Blair è più grande di quanto mi aspettassi.
 
 
***
 
 
Mentre il principe Albert racconta al duca di Atholl le piacevoli impressioni sulla natura del Paese, io decido di focalizzare la mia attenzione interamente sulla cena, anziché su voi. Il Collops al whisky è delizioso, per tanto la cosa mi riesce senza difficoltà, finché quasi rovesciate il vostro bicchiere. Harriet si preoccupa con la sua innata delicatezza, io scelgo di disinteressarmi della vostra goffaggine e voi mi rivolgete uno dei vostri incantevoli sorrisi. Osservo distrattamente gli ingredienti dolci che vengono riposti sulla tavola dai camerieri. Sapete essere terribilmente sleale, Edward. Lord Murray spiega come, secondo i propri gusti, comporre il Cranachan. I sovrani sembrano comprensibilmente affascinati dall’usanza. Personalmente, penso che rispecchi pienamente lo spirito della Scozia. Persino a Harriet è tornato il sorriso. A cena ultimata, scopro che sigari e brandy inglese sono stati rimpiazzati dal medico poeta William Beattie e dal suo poema, appositamente composto per festeggiare il solstizio d’estate. Mi accomodo accanto al principe Ernest con ben disposta curiosità, ma è solo per la grottesca interpretazione del signor Beattie che resisto all’immediato torpore calato fra i presenti. Oramai anch’io comincio a chiedermi con una certa apprensione quanto sia lungo questo poema. Mi concedo un sorso di whisky dalla mia riserva tascabile. Nonostante i miei tentativi di trovare un lato apprezzabile all’interpretazione di questo monologo, non posso fare a meno di desiderare che termini seduta stante. Mentre il duca di Coburgo mi batte la mano sulla spalla prima di alzarsi e lasciare la sala, l’opera sembra aver raggiunto l’apice della drammaticità.
«…segnali oscuri
nel mare e nell’oceano
annunziarono imminenti e terribili
pericoli alla ciurma!»
Scoppio a ridere, abbandonando ogni buona creanza. Ne prendo coscienza perché vi siete voltato a guardarmi. Con fasullo contegno, abbasso gli occhi sulla mia fiaschetta per neanche un secondo, prima di ricambiare la vostra espressione divertita.
«Nubi in movimento
si radunarono e si condensarono
e nell’infida oscurità crebbero.»
Il principe Albert comincia ad applaudire, approfittando della pausa interpretativa del medico, seguito dalla regina e poi da tutti gli spettatori. Ripongo il whisky nella tasca interna e mi alzo ad applaudire, sinceramente. L’impegno e la passione del povero Beattie meritano certamente di più della mia risata incontrollata.
 
 
***
 
 
«Il fiume Garry, signore. La miglior pesca con la mosca del Paese.»
Mentre il duca di Atholl porge la canna da pesca al principe, io non riesco a smettere di guardarmi intorno. Il fiume, gli alberi, voi. «Oh, signorina Coke.» Lei mi si avvicina e voi vi allontanate, trovando poco lontano un angolo per pescare.
«Voi non pescate?»
«Ammetto che quest’attività non rientri fra le mie passioni, signorina Coke. Per il momento, lascerò agli altri gentiluomini il piacere di dedicarvisi.»
«Vogliamo sederci, nell’attesa?»
Il principe sta insegnando alla regina come lanciare la lenza, quando aiuto la signorina Coke a prendere posto sulla grossa roccia lì accanto. In un baleno, la mia attenzione viene ghermita dalla visione che mi si para davanti.
«Oh, Lord Alfred, non è uno scenario sublime?»
Scuoto il capo, perché non potrei essere più d’accordo con lei. «Paradisiaco.» Sono sedotto da ogni vostro movimento mentre vi cimentate nella pesca. Potrei stare a guardarvi per ore.
 
 
***
 
 
Il momento di far ritorno arriva fin troppo presto. Siedo in carrozza con Lord Murray, il quale non sembra tranquillo all’idea che i sovrani ci seguano a cavallo. Non passa molto tempo prima che la nebbia offuschi il paesaggio all’esterno.
«Fermate la carrozza! Fermi!»
Scendo dalla carrozza osservando preoccupato il duca conferire con una delle guardie.
«La regina e il principe si sono smarriti.»
«Non saranno molto distanti.» Dopotutto, erano dietro di noi fino a poco fa. Scruto il sentiero fra i boschi.
«Come può essere accaduto? Ho preso ogni precauzione. Sta sopraggiungendo la nebbia, non dovevo perdere di vista la regina.»
«Credo, Duca, che non dovremmo aspettare a cercarli. Lord Alfred.»
Vi seguo senza indugio, udendo il duca impartire ordini per formare le squadre di ricerca. Mi auguro di cuore di ritrovarli quanto prima e incolumi. I miei occhi cercano tra gli alberi un movimento che possa ricondurmi ai sovrani. Cosa guardate, Drummond? Vi raggiungo sul ciglio di un dirupo, senza notare nulla di anomalo, per fortuna.
«Se cadessimo, ci troverebbero dopo mesi.»
Non so bene come interpretare la vostra osservazione. «Sembrate molto calmo, alla prospettiva.» Avevo intenzione di buttarla sul ridere, ma il vostro viso si rabbuia.
«Mi preoccupa di più tornare a Londra.»
Non posso. «Davvero?» Non posso sopprimere il rimprovero nella mia voce quando mi rammentate continuamente di lei, quando vi mostrate così vittima degli eventi fingendo che per voi siano infausti. Vi guardo abbassare gli occhi e risalire di un passo sul sentiero.
«Ho notato che leggevate l’Iliade, sulla nave.»
D’accordo, Edward, cambiamo discorso. «Non in lingua originale, purtroppo.» Guardo il bosco, senza vederlo. «Trovo la morte di Patroclo molto toccante.»
«Sì. Fin dove si spinge Achille per onorare il suo amico.»
Fisso il vuoto. Comincio a realizzare ciò che intendete dirmi. «Credete fossero amici?»
«Non saprei come altro chiamarli.»
Ma certo. Mi sforzo di sorridervi. Vi batto la mano sul braccio, proseguendo la perlustrazione. Sta bene, Edward. Così sia. Amici. Forse per la mia reazione bendisposta, forse per la situazione incresciosa in cui ci stiamo trovando, forse per l’aria scozzese, siete diventato improvvisamente loquace. Dal tono delle vostre parole, è evidente che avreste voluto confidarvi con me da lungo tempo. Vi osservo e rifletto, mentre camminate davanti a me. Un matrimonio combinato, lo sapevo già.
«Anche se detestassi Florence, la mia famiglia non lo considererebbe un ostacolo.»
«Ed è così? Non vi piace?»
«No. No, anzi, mi sta molto a cuore, ma… non credo che potrò mai…»
«Amarla?» Vi fermate seduta stante a guardarmi. Vi rivolgo un sorriso rassicurante. Siamo amici, Edward. Siate libero di rispondere. Voi annuite, io sospiro. Rassegnazione o sollievo? «Sarebbe meglio… tornare indietro.»
 
 
***
 
 
Il fratello minore è sperduto nella campagna scozzese; come riesce il principe Ernest a rimanere così calmo? Sono preoccupato, dovrei essere con i sovrani. Sta per calare la notte, mi auguro di cuore che la regina e il principe abbiano trovato un riparo.
«Che incompetenza! Ma come si può smarrire una regina? Con me non sarebbe capitato.»
Naturalmente, duchessa. Con voi non sarebbe capitato.
«Dovevo impedire alla regina e al principe di lasciarci.»
«Dovevate sì!»
Ora basta. «Non è colpa vostra, Drummond. Nessuno, nemmeno voi, Duchessa, può fermare la regina quando decide una cosa.»
«Le avrei chiesto di essere ragionevole.»
Esasperante, testarda donna. Come può non capire quanto già vi sentiate anche troppo responsabile?
«Dio solo sa dove siano ora! Magari in fondo a qualche fosso, o chissà dove, con il collo spezzato!»
Guardo Harriet correre fuori dal salotto, certamente col ricordo del marito infelicemente impresso nella mente. Vecchia gazza di Bucchleuch, il suo gracchiare infausto non potrebbe essere più egoista.
 
 
***
 
 
Si è fatto buio e nessuno è rientrato. Il duca passeggia nervosamente nell’atrio davanti al camino.
«Non c’è traccia di loro.»
Scambio con voi uno sguardo angustiato.
«Duca.»
Sono sorpreso dal vostro tono austero.
«Credo sia mio dovere informare il primo ministro.»
Un momento. Faccio un passo avanti, invitando alla calma. «Forse dovremmo… attendere l’alba.» Non tutto è perduto, ancora.
 
 
***
 
 
Avete ricominciato a camminare avanti e indietro, rifiutando ripetutamente il mio invito a sedervi al mio posto davanti al camino per riposare almeno qualche minuto. Alzo gli occhi su di voi quando vi voltate a guardarmi. Lascio ricadere il braccio teso sul bracciolo e annuisco. Fuori sta albeggiando, ormai non c’è molto che si possa fare. Mi raddrizzo sulla poltrona mentre svegliate il duca.
«Cos..? Li avete…?»
L’espressione di Lord Murray alla vostra muta risposta ricorda quella di un uomo innocente appena condannato all’impiccagione.
 
 
***
 
 
Noto dal vetro una guardia galoppare verso il castello e raggiungere il duca correndo.
«Signore! Li abbiamo trovati. Nella capanna di un fattore. Sono entrambi illesi e in salute, signore!»
«Oh, grazie a Dio.»
Qualunque altra cosa stia dicendo il duca, le mie orecchie sono già lontane. Salgo le scale, trovandovi meditabondo in salotto. Ricambio il vostro sguardo interrogativo con un gran sorriso. «Sono salvi!» Vi lanciate in un abbraccio del tutto inaspettato e la tensione accumulata svanisce appena le mie braccia cingono la vostra schiena. Sono felice per i sovrani, ma sono felice anche per voi. Sciogliete la stretta, mi guardate e il vostro volto irrigidisce, in evidente imbarazzo.
«Bene.»
Ricorrendo a una compostezza palesemente forzata, mi battete la mano sulla spalla ed io posso solo imitarvi, con gli occhi fissi nei vostri. Credo di aver smesso di respirare… e credo che il mio viso stia colorendo quanto il vostro.
 
 
***
 
 
Il corpo di guardia degli Atholl Highlanders è già schierato ai lati dell’ingresso. I sovrani arrivano con la carrozza del duca. Nell’attenderli, mi sono volutamente fermato sul gradino dietro di voi. «Per una volta sono più alto di voi, Drummond.» Mi guardate col vostro bel sorriso. Mentre la regina e il duca rientrano al castello, alle mie spalle si avvia un applauso che si estende a tutti i presenti. Tutto è bene quel che finisce bene.
 
 
***
 
 
«Brodie, vi è piaciuta la Scozia?»
«Sì, signore. Ho trovato gli scozzesi piuttosto allegri.»
Aggrotto la fronte, annodandomi il fazzoletto. «Non avete conosciuto il famoso medico poeta William Beattie.»
«Non ho avuto il piacere, signore.»
«Vi auguro di non averlo mai, Brodie. Io temo dovremo subire i suoi monologhi anche quest’ultima sera.» Guardo nello specchio il giovane valletto porgermi la giacca.
«Forse no, signore. Ecco, signore, se non lo sapete, le guardie e la servitù organizzeranno una festa con musica e balli.»
Questo è molto interessante.
«E whisky e birra.»
Scoppio a ridere. «D’accordo, Brodie, mi avevate già convinto alla parola festa. Dove si terrà?» Il valletto si affaccia alla finestra puntando il dito.
«Proprio là, signore.»
Vedo un gruppo di persone allestire tavoli con bicchieri e caraffe in giardino. Dev’essere bello, con tanti alberi intorno. Mi ripropongo di parlarvene immediatamente, ma a quanto pare non ce n’è bisogno. Vi vedo parlare con una delle guardie con lo sguardo rivolto ai preparativi. Dal vostro sorriso affermerei che abbiamo la medesima intenzione.
 
 
***
 
 
Appena odo la cornamusa mi sovviene il dottor Beattie. Improvvisamente sono avvolto da una potente avversione a questa sala, così resto immobile a guardare la regina e il suo seguito andare incontro al loro destino, con la ferma intenzione di risparmiarlo anche a voi. «Sapete, Drummond, credo che ci divertiremmo di più con la servitù.» Vi osservo con piacere prendere la decisione più veloce della storia. «Dopo di voi.» Batto la mano sulle vostre spalle in uno slancio di confidenza, assolutamente premeditato. Il suono dei violini invade i corridoi nell’ala della servitù e già mi viene voglia di danzare. Scoppio a ridere quando, appena avvicinati, venite rapito da una fanciulla per il ballo. Accetto il bicchiere offertomi da Brodie.
«Non vi pentirete di essere venuto, signore.»
«Oh, non ho alcun dubbio in proposito, amico mio.» Ammicco al valletto per tornare con gli occhi su di voi.
«Venite a ballare!»
Mi lascio trascinare da una giovane in mezzo al cerchio. La danza cambia continuamente, ma la musica non s’interrompe mai. Mi rendo presto conto che non è necessario conoscere i passi, è sufficiente seguire il ritmo. E’ una festa meravigliosa. Vi guardo ballare ancora mentre mi concedo un minimo di ristoro. Vi avvicinate e vi porgo da bere con un brindisi. Bevo d’un fiato desiderando mentalmente di ballare solamente con voi. Vengo esaudito appena ripongo il bicchiere, nel momento in cui mi prendete la mano per riprendere insieme a danzare.
 
 
***
 
 
Camminiamo per i giardini senza dire una parola. Basta ciò che sto pensando a rendermi la gola arida. Mi accingo a sorseggiare la mia scorta tascabile, però mi rubate la fiaschetta di mano per bere. Stendo il braccio per reclamare il mio liquore. «Vorrei un goccio di quel whisky.» Vi voltate brevemente per restituirmelo e vi fermate sulla sponda a rimirare il laghetto. Darei qualsiasi cosa per sapere cosa vi sta passando per la mente. Vi raggiungo senza sapere bene cosa fare. Vorrei esternarvi ciò che provo, Edward, ma ho paura di dirlo ad alta voce… Sento i vostri occhi su di me. Mi prendo un secondo o due prima di parlare, piano, senza sorridere. «Le sere di mezza estate sono incantevoli, non credete?» Vi osservo, in silenzio, smarrito nell’intensità di questi occhi castani che mi scrutano. Voglio baciare quelle labbra. Devo. Espiro. Voglio le vostre labbra, voglio voi, vo… Mi afferrate la spalla e mi bloccate il respiro premendo la vostra bocca sulla mia. Cos’era? Vi guardo, in attesa d… Stavolta ricambio il bacio, rendendolo un po’ più duraturo. Ho il whisky ancora in mano, ma allungo l’altra sulla vostra nuca, mentre rafforzate la presa sulla mia spalla, baciandoci un’altra volta ancora. Stringendoci. Volendoci. Curvo la schiena sotto la pressione del vostro bacio. Mi volete come vi voglio io. Allontano penosamente le mie labbra, accostando la mia fronte alla vostra. Non oso aprire gli occhi, mentre penso mille cose sbagliate, con il timore di svegliarmi da un mero sogno. No… E’ accaduto davvero. Questo viso accoccolato al mio è reale. E’ successo, finalmente. Ondeggio la testa contro la vostra tempia, rinsaldando la mano dietro al vostro collo. Alzo gli occhi per un istante, accolto dal vostro meraviglioso sincero sorriso. Devo tenervi stretto a me il più che mi sia possibile. Non posso staccarmi, ora. Non voglio. Ho la sensazione che, facendolo, andrebbe tutto in frantumi. Voglio baciarvi di nuovo. Edward…
 
 
***
 
 
Il castello di Blair si prepara per la notte. Percorro il lungo corridoio in silenzio, camminando accanto a voi. Non c’è nulla che io o voi potremmo dire. Vedo con la mente le mie prossime ore, so perfettamente cosa farò. Mi girerò nel letto con gli occhi spalancati senza la minima possibilità di lasciarmi placidamente cogliere dal sonno. Vi lancio un’occhiata furtiva, sentendomi arrossire al ricordo di quanto successo questa sera. Vorrei prendervi la mano. Il duca di Coburgo ci precede, diretto alla propria camera. Quando torno ad essere finalmente solo con voi, siete già arrivato davanti alla vostra porta. «Buona notte.» Prima di poter compiere un secondo passo verso la mia camera, sento tirarmi per il polso e, in un attimo, mi ritrovo nella vostra stanza, di fronte a voi. M’invitate con un cenno a non far rumore e odo dei passi in corridoio fermarsi dietro un’altra porta. Tengo gli occhi fissi nei vostri con animo straordinariamente calmo, mentre vi portate la mia mano sul cuore, guardandola con un coraggioso sorriso.
«Perdonatemi. Perdonatemi, ma ho paura di lasciarvi, questa sera.»
Vi guardo, respirando lentamente. Nei miei gesti non vi è premeditazione, nonostante sia pienamente conscio delle mie azioni. Chiudo la porta a chiave e passo le dita sotto la vostra marsina, che scivola verso il basso, lungo le vostre braccia. Torno a guardarvi negli occhi quando allungate la vostra mano sul mio collo, attirandomi a voi. E’ un bacio davvero lungo. Mi sospingete all’indietro in un continuo sfregare di stoffe, finché non resta più nulla a produrre fruscii, a parte le vostre lenzuola sotto di me.
 
 
***
 
 
Avete ravvivato il fuoco nel camino, ma ormai la stanza è immersa per la maggior parte nel buio. Le candele vanno via via esaurendosi, una dopo l’altra. Soffermate le dita sulla mia spalla e sorrido. L’avete notata. «Successe al primo anno di Accademia. Fu la mia prima missione, mi salvai per miracolo, sapete…» M’interrompo al vostro sguardo atterrito.
«Parlate sul serio?»
Rido, tranquillizzandovi. «No, vi sto prendendo in giro. Quando avevo nove anni mio fratello maggiore mi sfiorò col suo spadino durante una severa lezione di scherma.» Vi chinate a baciare la mia cicatrice, provocandomi un sottile tremito.
«Non faccio che pensare agli attentati alla regina. La vostra vita è a repentaglio ogni giorno.»
«La vostra no?» Non considerate bene le cose, Edward. Mi giro sulla schiena col braccio piegato dietro la nuca. «La carriera che vi siete scelto non vi esenta dai medesimi rischi.» Vi tirate indietro osservandomi con attenzione.
«E’ differente.»
«E in che modo? Entrambi difendiamo un ideale e combattiamo per ciò che riteniamo giusto.» Ho assunto un tono più severo del voluto. Abbassate lo sguardo e la voce.
«Non è la stessa cosa…»
Che nostalgia vi sovviene, all’improvviso? Carezzo il vostro bel viso con tutta la delicatezza di cui sono capace. Dovete farvene una ragione. «E’ il mio lavoro.» Premete la mia mano contro la vostra guancia, eppure non mi guardate ancora.
«Lo so. Abbiate cura di voi, Alfred.»
Mi sento smarrito nelle vostre affettuose parole. E’ amore, Edward? Risollevate lo sguardo e scruto a lungo i vostri onesti, brillanti occhi scuri. «Credo che impazzirei se vi accadesse qualcosa.» Il vostro sorriso s’illumina di colpo.
«Mettereste a ferro e fuoco la città come Achille nel vostro libro preferito?»
Sollevo un sopracciglio, teneramente divertito. «Non è il mio libro preferito. Comunque, potrei commettere qualche avventatezza.» Girate il viso per baciarmi la mano che stringete ancora alla vostra guancia, parlando in un bisbiglio.
«Non fate nulla.»
Resto in silenzio, accorgendomi della confessione che sembra dibattersi per uscire dalle vostre labbra.
«Può apparirvi tremendamente sciocco, ma, alle volte, immaginerei di poter prendere il vostro posto pur di dispensarvi dal pericolo.»
Inarco il collo scoppiando a ridere. Quale assurdità! Sdrammatizzo assumendo un tono fiero e plateale. «“Che dicesti, o Patròclo?
Il cor mi rode acerba doglia
in pensando che rapirmi il mio
un mio pari s'ardisce, e del concesso
premio spogliarmi prepotente.”» Levate scherzosamente gli occhi al soffitto.
«Ah, i militari e il loro onore!»
La vostra affermazione mi sorprende. «Che cosa sarebbe un uomo se il suo onore e la sua rispettabilità venissero meno?»
Scorgo una luce di malizia nel vostro sguardo, mentre mi cingete il fianco. «Non credo che ciò che stiamo facendo qui sarebbe considerato poi così rispettabile.»
Avvicino le mie labbra alle vostre, scivolando docilmente nel tepore del vostro abbraccio. «Honi soit qui mal y pense.»
 
 
***
 
 
E’ mattino, dunque. Saluto il principe Ernest con un cenno, vedendovi entrare nel salone. Ridimensiono il mio entusiasmo per la presenza del principe. Mi avvicino a grandi passi, aprendo le braccia. E’… inevitabile. «Si torna a Londra.»
«Si torna a Londra.»
Percepisco le mie stesse rassegnazione e amarezza nella vostra voce. Ho la bocca dischiusa, ma non trovo alcun che da aggiungere. Non riesco a staccare gli occhi da voi neppure all’ingresso di Harriett e della signorina Coke.
«A qualcuno di voi andrebbe d’imparare a suonare la cornamusa con me? Vorrei far tesoro di questi ultimi momenti in Scozia.»
«Anch’io, signorina Coke.»
Vi guardo qualche istante, prima di cederle il passo. «Dopo di voi.»
Non riesco a rifiutarvi un largo sorriso per questa inattesa occasione di stare ancora un poco insieme a voi.
 
 
 
 
 
Note:

1. Murray è la famiglia insignita del titolo di Duca di Atholl, in Scozia.
2. Collops e Cranachan sono due piatti tipici scozzesi: il primo a base di carne, il secondo è un dolce a base di frutta.
3. Un peana è un poema epico dedicato ad Apollo.
4. Alfred definisce la Duchessa di Bucchleuch una gazza. Le gazze sono, nella superstizione popolare inglese, simboli di malaugurio, un po' come da noi alcuni ritengono lo siano corvi, cornacchie e/o gufi (povere stupende bestiole).
5. La cicatrice di Alfred è una mia invenzione a scopo narrativo.
6. “Honi soit qui mal y pense” è il motto del corpo militare del Royal Regiment Horse Guards, di cui Alfred fa parte. Di derivazione anglo-normanna, significa “Vergogna (disonore) su colui che ne pensa male”.

 
   
 
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