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Autore: Mir7    12/03/2018    0 recensioni
Per Michela e i suoi amici l'estate è finita, ma le avventure continuano. Michela farà un passo avanti per esaudire il suo desiderio di diventare una cantante alla Oxford Arts Academy, ma dietro a quella scuola c'è qualcosa di più grande, qualcosa che cambierà la vita sua e dei suoi compagni d'avventura.
Ps: informo che in questa storia verranno presi in considerazione solo gli avvenimenti della prima serie di Percy Jackson e non degli Eroi dell'Olimpo.
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Apollo, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Deitas'
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[Michela]

Era il 20 Giugno ed eravamo appena fuori Chicago. Il cielo era nuvoloso, pronto per un temporale. Il tempo, o Zeus, non ci rese le cose più facili. Per la città passava un fiume e proprio al centro di esso si era creato un isolotto, dove residenti e turisti facevano picnic in tranquillità, ma quel giorno doveva essere un eccezione. -Dobbiamo sbrigarci, questo tempo non mi fa stare meglio- esclamò Allen massaggiandosi i muscoli delle braccia. Giusto. Il sole non si intravedeva, quindi il figlio di Apollo era indebolito sebbene possa sembrare strano che le sue statistiche fisiche possano migliorare ulteriormente con il bel tempo. -Dimmi qualcosa che non so- commentai alzando gli occhi al cielo. Mancavano solo dieci ore alla data prestabilita per la fine della missione e dovevamo ancora trovare il rifugio dei mostri. In sogno mi appariva come un'isola al centro di Chicago e non fui l'unica a sognarla: anche Alessandra ebbe un incubo simile al mio. Ci fu semplice pensare che “tentar non nuoce”, quindi avremmo provato a perlustrare quel luogo. Però com'era possibile costruire un rifugio in un posto molto trafficato dai mortali? Nonostante il tempaccio, gran parte delle persone erano in giro per la grande città a fare acquisti. Ci tirammo su il cappuccio della felpa che indossavamo per non farci notare e provammo a comportarci come turisti senza dare troppo nell'occhio. Un figlio di Ecate, la dea dell'illusione e della magia, avrebbe fatto comodo in quest'occasione usando la foschia per cambiare la realtà a suo piacimento. Dopo essere entrati in possesso della cartina di Chicago, e aver localizzato la nostra posizione, fu piuttosto semplice indirizzarci nella zona prescelta dai mostri. In riva al fiume erano attraccate alcune barchette a dei piccoli ponti di legno. Tutt'intorno la città moderna si estendeva con la sua giungla di grattacieli grigi, rossi e blu facendomi sentire più piccola di quanto già non fossi. Diversi mortali non si fecero intimidire dal tempo e pescavano intonando delle canzoncine fischiettando. Notai dei turisti che volevano prendere una delle imbarcazioni per andare a visitare l'isolotto, così lo feci notare agli altri. -Non va bene... come possiamo ispezionare il posto con loro qui?- domandò Allen stanco. -Forse ho un'idea- intervenne poco dopo Alessandra allontanandosi dalla nostra postazione. La guardammo confusi e la seguimmo vicino al fiume. Lei si inginocchiò mettendo una mano in acqua mentre noi ci sistemammo ai suoi lati, osservandola in silenzio. L'acqua sotto di lei tremò un poco, poi smise, e vicino all'altro capo arrivò come un'onda sonora subacquea che causò qualche spruzzo. Volevo sapere cosa stesse combinando. Era molto concentrata in quello che faceva, guardava fissa lo specchio d'acqua come volerlo piegare al suo comando. Infine il suo sguardo scattò all'altra riva, sorrise soddisfatta di sé e con la stessa espressione si alzò sistemandosi i capelli in una crocchia senza bisogno di sostegni. Si girò verso di noi mettendosi le mani sui fianchi fiera. -Là sotto il terreno è molto profondo, più del dovuto, e nello stesso senso è solido e regolare come se fosse stato modellato da mano esperta. Le radici degli alberi sono profonde... quasi fungessero da colonne. Non c'è solo terra, l'acqua incontra un altro ostacolo decisamente diverso- Alessandra proclamò la sua scoperta. -E... e tu hai capito tutto questo solo mettendo una mano sott'acqua?- chiesi sbalordita. -Sì, più o meno- ci sorrise radiosa -Non è niente di che, ho solo mandato qualche onda verso il terreno e al ritorno ho percepito che qualcosa non andava. Inoltre mentre la guidavo sempre quel qualcosa mi impediva di andare oltre- finì di spiegarci come meglio poté. -Ale, hai fatto la scoperta del secolo! Il nascondiglio deve essere per forza lì!- esclamai entusiasta scuotendo l'amica. -Oh davvero? Ne sono felice- esclamò allargando il suo sorriso. Poteva sembrare un po' incredula del suo risultato ma in realtà dentro di sé avvampava di orgoglio ed era sempre stata sicura di quello che faceva. -Sarà meglio avvisare il campo che li abbiamo trovati, così partono. Faccio io, tranquille, non vi scomodate- esclamò Allen sorridendoci complice. Certo, certo. Lui ne approfittava sempre per parlare qualche secondo con Gloria, come se non lo sapessimo. Si appartò per qualche minuto in un posticino riservato poco lontano da noi. Quando tornò convincemmo un pescatore a prestarci il suo piccolo peschereccio, anche se mi era venuta una mezza idea di utilizzare Alessandra come mezzo navale. L'isola era circondata da alberi di ogni genere, tutti verde acceso. A nord-ovest lo spazio era occupato da una grotta di pietra grigia circondata da cespugli, non c'erano altri arbusti se non a far da cornice. Il resto dell'ambiente era caratterizzato da terra, sabbia e pietre, come se l'ambiente stesse degradando. -Questo posto l'ho già visto- commentammo io e Alessandra all'unisono. Alzammo insieme lo sguardo verso il cielo controllandolo minuziosamente. -Anche il cielo è lo stesso- ponemmo fine ai nostri dubbi. -Vi prego, non fatelo più. Siete inquietanti- si espresse Allen guardandoci sconvolto. Ispezionammo vicino alla grotta e la luce solare calò ancora di più, come se qualcuno avesse abbassato la luce di una stanza, come se fossimo su un palcoscenico di una tragedia greca. Ci scansammo dalla caverna, lì c'era l'entrata del loro rifugio. Percepimmo la terra tremare a malapena ed istintivamente mi voltai verso la figlia del mare che stava serrato i pugni. L'aveva generato lei? Vari tipi di mostri apparvero oltre la soglia della grotta puntandoci come prede deliziose, e di conseguenza noi ci stringemmo impugnando le nostre armi. Vidi gli occhi di Alessandra restringersi in due fessure e subito dopo non molto distante da noi l'acqua esplose in uno schizzo energico simile ad un geyser. -Oh guardate un po' cosa abbiamo qui, la figlia di Poseidone vuole giocare?- ringhiò un mostro ricco di aculei notando la rabbia che la mia amica trasmetteva al fiume. Eravamo pronti e concentrati: nulla c'avrebbe fermati. Ci eravamo rafforzati molto durante il viaggio e, sopratutto, avevamo la motivazione ad andare avanti, oltre alla voglia di vivere. Andammo all'attacco, ognuno sul proprio lato. Toccai il gufo sull'anello per avere un'arma in più. Si sentivano i fendenti delle spade graffiare l'aria, le frecce infinite di Allen fischiavano mentre i mostri ruggivano. I primi cinque mostri se ne andarono facilmente, ma solo loro non ci diedero filo da torcere. Quello che dubitò di Alessandra si trovò quasi ad implorarla, se non fosse che i mostri non supplicano, così lei lo spedì dritto nel Tartaro. Un'altra orda di mostri uscì dalla caverna attaccandoci all'unisono e allora fu difficile tenere tutti a bada. Iniziò a sentirsi l'odore del sangue ed io sperai non fosse dei miei amici, non me lo sarei mai perdonato. Ad un certo punto il cielo si schiarì, o almeno così pensai di primo attrito: un fascio di luce lacerò le nuvole e con un incredibile potenza colpì sei telchini contemporaneamente. Quelle foche-cane diventarono cenere in poco tempo. Mentre respingevo l'ennesima empusa mi girai e notai che fu proprio Allen a squarciare il cielo donando un po' di luminosità allo scontro. Era una mossa che non avevo mai visto fare dal figlio di Apollo e che di certo non ne aveva avuto bisogno fino ad ora. È nelle peggiori circostanze che si scopre qualcosa di più su di noi, che si da il meglio, e che vediamo quanto siamo forti fisicamente e psicologicamente. Pressoché di riflesso Alessandra ci avvisò di tenerci pronti a qualcosa di... bagnato? L'acqua intorno all'isola si sollevò come in preda ad una forza superiore e si scaraventò sul mucchietto di terra che ospitava la battaglia, portando via i mostri restanti sul campo. La figlia di Poseidone ne restò indenne mentre non si poté dire lo stesso di me ed Allen, bagnati fradici fino al midollo. -I miei...capelli- sospirò il figlio di Apollo toccandosi desolato la chioma non più perfetta. Il biondo lasciò perdere immediatamente l'interesse per i suoi capelli e si dedicò a qualcos'altro. -Fammi provare- tentò la nostra nuova lampadina. Lui si concentrò e dalle sue mani uscì una tenue luce calda. Se le passò sulla maglia e piano piano si asciugò. Non ci fu il tempo di pensare anche a me perché, proprio mentre volevamo avanzare, un'idra uscì dal loro rifugio. Di primo impatto mi chiesi come fosse possibile far entrare tutti quei mostri in un rifugio, soprattutto un'idra di tre metri, anche se Alessandra aveva appurato che lì sotto c'era molto di più che semplice terreno. Indietreggiammo rapidamente presi alla sprovvista. Allen tentò qualche tirò ma per l'enorme serpente da nove teste era come solletico. Dalla sua bocca uscirono nuvole di fumo verdastro in risposta ai pizzicotti di Allen. -Stateci lontani! È veleno!- urlai allontanandomi il dovuto. Alessandra scrutava la bestia quasi impaurita. Di fronte ad un essere del genere andare nel pallone fu facile, ma tentammo di mantenere la calma. -E ora... che si fa?- chiese la riccia nel panico affiancandosi a me. Riflettei velocemente senza farmi prendere dall'ansia. L'idra avanzò e con un passo fu perfettamente davanti a noi. Evitammo l'acido e ci riunimmo per pensare ad una strategia. -Le teste delle idre si sdoppiano se vengono tagliate, quindi non provateci o è peggio per noi- cominciai sicura delle mie conoscenze. -Inoltre la testa centrale... è immortale- riferii un po' affranta. Mi ascoltarono come se non avessero mai sentito una descrizione del genere. -Ascoltate mai Annabeth quando ci insegna strategia?- domandai di punto in bianco sconvolta. Io le trovavo molto interessanti ed istruttive, non capivo come potessero non saperne quanto me. Alessandra annuì poco convinta. -Sì ma, sai, tua sorella è noiosa quando parla quindi a volte mi perdo qualcosa- ammise Allen facendo spallucce. Feci un respiro profondo e cercai di pensare positivamente. Potevamo sicuramente uscirne vivi. -Dobbiamo tagliare le teste, sì, però bisogna atrofizzare il pezzo rimasto, in modo che non ne escano due teste. Capito?- spiegai il più velocemente possibile. -Allen... forse con la tua nuova abilità possiamo fare qualcosa se amplifichi il raggio- suggerii dubbiosa. I miei compagni acconsentirono all'unica strategia che avevamo a disposizione: Alessandra ed io al taglio teste mentre la nostra lampadina di fiducia si trasformava in una torcia. Fu faticoso e pesante mozzare un capo di serpente alla volta, mentre dovevi controllare che le altre teste non ti divorassero o vomitassero addosso qualche strana sostanza acida. La stanchezza si fece sentire quando tagliammo la penultima e la restante era immortale. -Secondo le Dodici Fatiche- iniziai a raccontare ma venni interrotta dall'immortale capo che stavo intrattenendo con un balletto -Eracle schiacciò l'idra con un masso, ma qui non abbiamo nulla di così e neanche una forza sovrumana come lui. Qualche idea?- esposi il problema ai miei amici fermandomi qualche secondo mentre il mostro era intenzionato a mangiare la riccia. -Non dovresti essere te quella delle idee?- domandò Alessandra alle prese con la zucca vuota dell'idra. -Ho qualcosa in mente, ma è troppo. Non voglio farti stancare- confessai indecisa. -Tranquilla, tutto pur di liberarci di questo coso- mi sorrise stremata la figlia di Poseidone. -Dovrei ancora avere un po' di nettare da parte, in casi estremi lo berrà- mi rassicurò Allen mentre finiva di cicatrizzare la penultima testa. Il figlio di Apollo i allontanò dal mostro e tirò fuori la bottiglietta di liquido divino pronto per l'evenienza. -Okay. Allora, Ale vai vicino alla riva, cerca la presenza di un masso o qualcosa che reputi adatto all'occasione e prova a spingerlo in superficie con la forza dell'acqua. Vorrei farti rischiare il meno possibile però non mi vengono altre idee- dissi tutto questo mentre facevo uno strano balletto per attirare l'attenzione dell'idra, o di quel che ne era rimasto. Il professore di ballo dell'Accademia non avrebbe approvato i miei movimenti scomposti. -Sono al sicuro con Allen qui con me, non preoccuparti- continuò a mantenere il sorriso nonostante avesse sicuramente bisogno di riposo. Andarono verso la riva del fiume e io concentrai la mia attenzione sul mostro, e lui su me. Il suo collo si distese di scatto verso di me ed io lo evitai provando un fendente, giusto per intrattenerlo. Corsi verso le gambe e vi infilzai la spada, ma il massimo che ottenni fu un grido di dolore e un calcio come risposta. Atterrai di schiena e rialzarmi fu dura. Provai a far aggrovigliare il collo insieme al corpo, girando fra le gambe più che potevo ma non dette i risultati che speravo. Perciò feci avvicinare la testa dell'idra a me tentandola con qualche altro balletto che avrebbe deteriorato di certo il buon nome di Atena, la dea della saggezza e non di “come essere un'esca in modo ridicolo”. Appena abboccò e il suo muso fu abbastanza vicino usai il pugnale per accecare il mostro, ma in risposta il mostro espulse del gas velenoso che mi prese il polpaccio della gamba destra. Iniziai ad urlare dal dolore allucinante: mi sembrava di andare a fuoco, come se la mia gamba fosse a cuocere in padella. Mi sdraiai a terra stremata mentre il serpente gigante ebbe una reazione più esagerata della mia, continuando a dondolare da una parte all'altra del campo di battaglia. Accettavo ogni sua reazione, affinché mi lasciasse soffrire in pace. Avevo bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa in quel momento che ponesse fine al bruciore. Alzai gli occhi al cielo e vidi un masso mastodontico volare poco più in là in direzione dell'idra. Sentivo la voce di Allen in lontananza dare indicazioni. -Più a sinistra...no, non così, più verso di te...- urlava lui a gran voce. Mi ricordava uno di quegli impiegati all'aeroporto che indicano la strada agli aerei. L'idra continuava a dimenarsi e non fu facile per Alessandra trovare la posizione giusta al masso. Di positivo c'era che il serpente non vedeva e non capiva niente di cosa stesse succedendo. La roccia gocciolava appena sopra la testa del mostro che si fermò sentendo l'acqua scivolarli addosso. -Ora!- gridò Allen. Alessandra mollò la presa e il masso crollò sul serpente, spiaccicandolo a terra. Il dolore mi stava lacerando l'anima e delle lacrime calde uscirono spontaneamente dai miei occhi. Avvertii dei passi veloci indirizzati verso di me. Allen si accucciò al mio fianco reggendomi con le braccia per farmi stare seduta. Mi fece bere qualche goccia di nettare, il sapore di cocco mi invase i sensi e mi sentii subito meglio. Alessandra arrivò con calma barcollando sulle gambe esauste dall'enorme peso trasportato. Nel frattempo il mostro si dissolse lasciando l'enorme roccia da sola in mezzo all'isola. -Oh cavoli- esclamò la riccia notando l'idra esplodere in cenere. -Abbiamo passato anche questa- dissi orgogliosa provando ad alzarmi. -La prossima volta evita il veleno magari- scherzò Allen aiutandomi a rimettermi in piedi. -Grazie, ascolterò il tuo consiglio, lampadina- gli diedi una spintarella divertita. -No- esordì lui ridendo riferendosi alla mia mania di dargli soprannomi assurdi. Non sapevo come, ma riuscimmo a ridere anche sul campo di battaglia nonostante fossimo malconci. Sfortunatamente la nostra gloria durò poco perché una moltitudine di ciclopi, cannibali, dracene e altre tipologie di bestie uscirono allo scoperto. Per completare il quadretto dalla caverna si innalzarono in volo degli uccelli di Stinfalo. -Ecco, questo è il momento giusto per dire “oh cavoli”- commentai ironica. -Ma perché non diventano vegetariani?!- esclamò esasperata la figlia dell'acqua mettendosi le mani fra i ricci. I volatili scesero in picchiata cercando di beccare la nostra carne e noi li evitammo abbassandoci. Quelle belve sembravano non finire mai ed divenne presto un ciclo infinito di evitare, colpire, uccidere e venir feriti. Fra tutti e tre avevamo dei graffi un po' ovunque, ma la certezza che i nostri amici dal campo sarebbero arrivati presto sul posto ci rese più battaglieri che mai. Fino a quando...-Bene bene bene... allora siete ancora vivi. Vi faccio i miei più sentiti complimenti!- dalla grotta uscì elegantemente Field che vi si appoggiò incrociando le braccia e ci sorrise amabilmente. Infilzai la spada nel petto al mostro molliccio che avevo davanti poi mi bloccai spaventata dalla sua presenza. No, non potevo fermarmi adesso. Non dovevo farmi intimorire da lui. -Michela, mia cara...sarei onorato di poter decretare il tuo ultimo e decisivo ballo- disse lui con voce soave avvicinandosi a me. Fece un profondo inchino e poi batté le mani. Divenne il mostro che vidi la prima volta all'Accademia, la belva che mi veniva sempre a trovare nei miei incubi. Oggi farò sì che quegli incubi non diventino reali. Avanzò con passo felpato e mi balzò incontro ma non mi feci atterrare. Lo evitai provando all'ultimo un colpo di pugnale che non lo scalfì minimamente. Schivai la sua coda da scorpione come se stessimo giocando a limbo. Era troppo agile ed io troppo stanca: non riuscivo a reggere il confronto, non avevo successo con gli attacchi. Ero solo capace di difendermi e contrastare con il piatto della spada e la punta del pugnale i suoi artigli, il pungiglione, le zanne e gli aculei che correvano sulla sua pelliccia e i suoi arti. La manticora, nella mia modesta opinione, è il mostro più armato fra tutti e quindi il più difficile da fronteggiare. I suoi artigli mi graffiarono il braccio sinistro e il sangue cominciò a sgorgare lungo il braccio. Field smise di attaccarmi, ma io non riuscii ad agire, così mi prese per le braccia e le sue grinfie entrarono nella mia pelle. Urlai a causa di un dolore talmente forte che quasi svenni. In quel momento ero fisicamente immobilizzata dall'ibrido. Mi puntò verso l'alto come voler esporre la sua vittoria e vidi i volti sconvolti di Allen ed Alessandra, ma non poterono porre troppa attenzione alla scena o avrebbero fatto la mia stessa fine. Perché non potevo aiutarli? Perché? Non doveva finire così la nostra fantastica impresa. -Questa volta morirai!- ringhiò trionfante la manticora. Mi mollò lungo la caverna, alla caduta picchiai una testata sulla roccia e sentii un piccolo rivolo di sangue gocciolarmi dalla fronte, oltre che uscire copioso dalle braccia. Field tornò alla sua forma umana e la vista mi si appannò. L'ultima cosa che vidi fu un pegaso nero volare sopra di noi e a cavallo di esso un cavaliere oscuro che partiva all'arrembaggio verso i mostri. “Vidi” l'ex preside annunciare la ritirata ai suoi compagni, incitandoli a correre verso il loro nascondiglio. I nuovi arrivati fecero in tempo ad uccidere solo qualche mostro che i nemici si erano già rifugiati ed erano impossibili da raggiungere. Scorsi Nico saltare dal pegaso ancora in volo e correre verso di me, poi il vuoto.


Angolo dell'autrice:
Sì, lo so. Dovrei perire nel Tartaro per un finale del genere, ma vi prego di abbassare
 le armi perché entro la giornata pubblicherò il seguito che nominerò "Heroes". Spero che la mia storia continuerà a piacervi. A presto!

  
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