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Autore: Teo5Astor    14/03/2018    8 recensioni
Il momento di partire per un nuovo viaggio nel tempo si avvicina sempre di più per Mirai Trunks e Mirai Mai dopo la feroce battaglia contro Zamasu. Un nuovo mondo li attende, con tutti i dubbi e le paure che questo comporta. Il dolore causato dalla separazione dai propri cari e dall'impossibilità di fare ritorno nella propria terra d'origine ormai andata distrutta si mescola con la curiosità di scoprire come potrà essere la loro nuova vita. Nuove sfide, pericolosi nemici e il paradosso di essere gli unici sopravvissuti della propria linea temporale attendono i nostri eroi. In tutto questo, un'unica ma fondamentale certezza a cui aggrapparsi: quella di esserci l'uno per l'altra, sempre.
Nota dell'autore: ogni capitolo è narrato in prima persona seguendo il punto di vista di uno dei diversi personaggi della storia. Inoltre nel testo si nascondono alcune citazioni tratte da canzoni, in particolare di Raige.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darbula, Mai, Mirai!Mai, Mirai!Trunks, Trunks, Zamasu
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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6 - Rage and Love
 
Sono arrivato qui con tutti miei sogni, abbastanza da vivere tre vite in tre mondi.
Sogni che sono iniziati nel mio mondo finché è esistito e sono giunti fino in questo, passando da quello di mio padre da cui sono appena partito.
Mi guardo intorno. Edifici in fiamme, fumo nero. Grida disperate, odore di sangue.
Uno scenario di guerra. Una visione a cui sono abituato.
Un buio spettrale rischiarato solo da uno spaventoso squarcio nel cielo che emette un bagliore verde terrificante.
Sembrerebbe un incubo, uno di quelli che mi fanno spesso compagnia durante la notte da quando sono piccolo.
Vorrei svegliarmi. Vorrei dimenticare.
Ma è tutto vero. Tutto tremendamente reale.
 
«Trunks, stai attento. Io ho bisogno di te. Non potrei sopportare se qualcosa…»
«Mai» la interrompo. «Ti ho mai detto quale istante della mia vita vorrei fermare per renderlo eterno, se potessi scegliere?»
«No…» mi risponde, forse stupita dalla mia domanda in un contesto simile.
«La prima volta che hai detto il mio nome» le dico, guardandola negli occhi.
«Ora vai dentro con mia madre e gli altri. Non uscire per nessun motivo» aggiungo. «Per il resto, conta su di me. So come trovarti e so dove cercarti: in cima alle mie priorità. Perché in cima alle mie priorità ci sei tu, sei l’unica. Quindi stai tranquilla, tornerò da te. Ne usciremo anche stavolta. Insieme. Come sempre.»
 
Penso che l’amore cambia davvero le cose.
Cerco di essere forte, ma senza mai smettere di essere dolce.
Perché a volte i pugni fanno meno effetto dei gesti d’affetto.
Io lo so per certo.
Non voglio cedere all’odio anche quando si accende in me. Tuttavia non permetterei a niente e a nessuno di colpire chi posso difendere. Chi amo.
Io lotto per proteggere, combatto con coraggio.
La guerra è nel mio destino. Ce l’ho sempre fatta e ce la farò anche stavolta.
Sono cresciuto con la sensazione di portare il peso del mio mondo sulle spalle e c’erano dei giorni in cui non mi sentivo le forze necessarie per sostenerlo. Schiacciato dalle troppe responsabilità e dalle aspettative. Ho imparato a convivere con questo, come ho imparato a convivere col dolore nel cuore.
Grazie a Mai sono riuscito a rinchiudere in un angolo queste brutte sensazioni e ad essere felice finalmente. Ho iniziato a vivere davvero grazie a lei.
A dare il giusto peso a quello che capita. E ad apprezzare le piccole cose.
Ho imparato a non smettere di stupirmi, come quando si è bambini. A continuare a sognare.
A credere che dopo una tempesta possa tornare sempre il sole, e che magari tutto sarà anche più bello di prima grazie alla presenza di un arcobaleno.
E anche a barattare l’istinto con la ragione, quando serve.
Se penso ai giorni in cui mi sentivo Atlante e al momento in cui ho realizzato di non aver più, letteralmente, un mondo da portare sulle spalle perché era stato distrutto insieme a tutti i suoi abitanti…beh, mi sento in colpa.
Quindi sono pronto ad assumermi le mie responsabilità in questo nuovo mondo.
Tornare subito a combattere per proteggere le persone mi permette di affogare i miei sensi di colpa, almeno un po’. Mi dà la possibilità di andare avanti.
 
Guardo mia madre a pochi metri da me, inginocchiata per terra.
Piange. Stringe la mano del me stesso di quest’epoca.
Lo guardo. O meglio, mi guardo.
È quasi irriconoscibile. Una maschera di sangue. Vestiti lacerati, ematomi e lividi su tutto il corpo.
Il braccio allungato disperatamente verso uno statua. Verso Mai, la sua Mai.
Osservo quel viso pietrificato in un’espressione di terrore.
Una scena straziante. Stringo il pugno sinistro con rabbia. Mi mordo il labbro fino quasi a farlo sanguinare.
Sento una debolissima aura provenire ancora da Trunks. È questione di tempo comunque, non può resistere ancora a lungo in quello stato. È un bene che abbia perso conoscenza, la sofferenza deve essere atroce in simili condizioni.
Io so che è un duro e non mollerà tanto facilmente. Noi siamo fatti così. Ho perso il conto delle volte in cui mi sono ritrovato in fin di vita per poi rialzarmi, più forte di prima. Più rabbioso di prima.
Perché ciò che non ti uccide ti carica.
Mi soffermo sulla sua espressione. Serena. Quella di chi sa di aver dato tutto e compiuto la sua parte nella battaglia. In attesa che sia qualcun altro a completare la missione.
In attesa di me.
 
«Mamma, porta dentro Trunks e anche la statua» dico con risolutezza. «È ancora vivo, non preoccuparti. Quando avrò risolto questa faccenda troverò un modo per curarlo» aggiungo per rassicurarla, anche se in realtà non ho una soluzione in mente per questo.
«Meno male che sei arrivato tu, Trunks! Ma cosa ci fai qui? È successo qualcosa nel futuro?!» mi risponde asciugandosi le lacrime.
«Fai quello che ti ho detto e stai tranquilla. Ora non c’è tempo da perdere, ti spiegherà tutto Mai. Andate!» affermo.
«Ehi, dove credete di scappare?! Ah, ah, ah! Ho voglia di divertirmi ancora un po’!» sghignazza Darbula.
«Sono io il tuo avversario! Guardami!» gli dico in tono deciso.
Il demone si gira verso di me e mi fissa con aria di sfida.
Lo guardo dritto negli occhi. Non abbasso lo sguardo. Non ho paura.
 
Quando mi rendo conto che Mai e Bulma, aiutate da alcuni soldati, sono entrate nella Capsule Corporation, mi metto a urlare rivolto verso lo squarcio nel cielo: «Cosa vuoi ancora dalle nostre vite, Zamasu?! Ti abbiamo già sconfitto una volta, lascia stare questa line temporale! Loro non ti hanno fatto niente!»
«Ah, ah, ah! Anche se immagino che coi suoi poteri stia assistendo alla scena, non può risponderti dagli Inferi!» interviene Darbula. «Comunque se ti interessa mi ha detto che, dopo essere stato eliminato insieme al mondo futuro da cui proviene, è riuscito a trasferirsi nell’Aldilà di questa linea temporale. A quel punto mi ha liberato dal Paradiso in cui  ero stato rinchiuso e mandato qui con nuovi poteri. Abbiamo un obiettivo in comune, cioè uccidere te per vendicarci. Per poi dare inizio a una nuova era senza mortali a insozzare il mondo coi loro peccati! Ah, ah, ah!»
Ecco come stanno le cose. Ora è tutto chiaro.
Io stesso cinque anni fa e prima di ottenere la forza che ho acquisito nella guerra contro Black non penso che sarei stato in grado di fronteggiare questa versione di Darbula potenziata da Zamasu.
Ma ora è diverso. Tutto è cambiato.
Mi sento superiore a lui.
 
«Cos’è, hai paura ragazzino?! Ah, ah, ah!» cerca di deridermi il demone.
«Questo è il terzo mondo in cui combatto. Mi sono ritrovato in fin di vita non so neanche quante volte e mi sono sempre rialzato. Sono morto una volta, ma non è bastato ad impedirmi di tornare. Ti ho già ucciso cinque anni fa nella mia linea temporale e ho passato a fil di spada Zamasu. Secondo te dovrei davvero aver paura di uno come te?!» gli rispondo con calma.
Ma ora sono stanco di parlare.
 
«Stai in guardia, mostro!» gli urlo mentre mi scaglio verso di lui a tutta velocità brandendo la mia spada, quella donatami da Tapion tanti anni fa.
«Spada!» grida il Re del Mondo Demoniaco prima di gettarsi contro di me.
La battaglia è furiosa.
È più forte di come ricordavo. Ma anche io lo sono.
Respingo i suoi fendenti senza troppe difficoltà. Sono talmente concentrato che mi sembra quasi di vedere i suoi colpi al rallentatore.
La mia trasformazione in Super Saiyan di secondo livello ha raggiunto un limite altissimo grazie agli ultimi tremendi scontri che ho dovuto sopportare.
Sono più veloce del mio avversario, tuttavia non riesco a dargli il colpo di grazia. Anche lui è forte, e il potere che gli ha concesso Zamasu l’ha reso uno spadaccino ancora più temibile.
Ma io non temo nessuno quando c’è da maneggiare una spada.
Con una finta rapidissima gli faccio credere che sto per colpirlo alla sua destra, ma lo faccio solo per fargli abbassare la guardia dall’altra parte.
Con una mossa fulminea affondo il colpo alla sua sinistra, nel fianco.
Sento la sua carne lacerata dalla mia lama, prima che il mostro riesca a limitare i danni con un balzo all’indietro e a scappare volando verso il cielo.
Lo seguo all’istante. Non voglio dargli tregua. Mi sento come uno squalo che segue l’odore del sangue.
 
Lo guardo. Sta ansimando, si tiene il fianco. Sta perdendo sangue dalla ferita che gli ho inferto, ma purtroppo per liberarsi di uno come lui non è ancora abbastanza.
Penso alla Mai di questa linea temporale pietrificata e al me stesso in bilico tra la vita e la morte. Non c’è tempo da perdere, devo chiudere in fretta lo scontro e trovare un modo per salvarlo. È come se vedessi davanti a me le tre Parche in procinto di tagliare il filo della sua vita.
Provo molta rabbia. Penso a cosa direbbe o farebbe mio padre in questa situazione.
«Ehi ragazzino, perché non ti unisci a me e a Zamasu nella creazione della nostra nuova era? Sono sicuro che potrebbe perdonarti se glielo chiedessi!» prova a circuirmi Darbula, forse anche solo per prendere tempo.
«Un bastardo privo di emozioni come te non potrà mai capire cosa significa combattere per proteggere qualcosa! Per difendere chi si ama!» gli rispondo in tono sprezzante.
Sì, mi sembra molto da Vegeta questa frase in effetti. E per sentirmi ancora più nei suoi panni ho un’idea per risolvere la faccenda.
Ripongo la spada nel fodero, prima di tutto. Divarico le gambe, spalanco le braccia ai miei lati e faccio defluire una quantità immensa di energia verso le mani. Quando mi sento al limite sposto le braccia tese davanti al mio petto e urlo: «Final Flash!»
 
Non può evitare il colpo in quelle condizioni. Lo prendo in pieno.
Voglio distruggerlo.
Mi rendo conto però che non riesco a travolgerlo. In qualche modo sta resistendo, sta cercando di bloccare la mia onda d’energia.
Percepisco più nitidamente il ki di Zamasu e alzo lo sguardo verso lo squarcio nel cielo. Un fascio di luce verde sta investendo Darbula.
Quel maledetto Kaiohshin sta cercando di aiutare il suo alleato trasferendogli altro potere dagli Inferi!
Sento le urla di Darbula, mi rendo conto che è comunque al limite.
Cerco di aumentare la potenza del mio colpo per fare breccia nella sua resistenza. Sto raggiungendo anch’io il mio limite, sono praticamente in apnea. Iniziano a tremarmi le braccia.
Ho davanti un muro che non riesco a sfondare.
Decido di cambiare strategia, non voglio rischiare di esaurire le mie energie senza avere la certezza di finirlo con questo Final Flash. Rischierei di trovarmi indifeso in caso di un suo contrattacco.
Sono ancora giovane, ma ho combattuto talmente tante battaglie e commesso così tanti errori che ho imparato a miei spese che l’incoscienza e la fretta sono le prime cose da evitare in momenti come questi.
E che non c’è peggiore errore di un errore che non ti rende migliore.
 
Interrompo il mio colpo e sfodero nuovamente la spada.
Voglio finirlo con il trattamento che ho riservato a Freezer e a Zamasu, i miei scalpi più prestigiosi.
Osservo il mio nemico. Ansima paurosamente, nonostante l’aiuto di Zamasu è messo davvero male.
Imbrattato di sangue, pieno di lividi. Un occhio ormai chiuso da quanto è gonfio.
Il mio Final Flash l’ha provato ancora di più del mio fendente di prima sul fianco, anche se non l’ha finito.
Manca poco ormai. Vedo la meta.
Mi fa quasi pena se penso a com’era arrogante e strafottente fino a poco fa.
«È finita» gli dico, mentre mi avvicino inesorabile come una condanna.
«Se davvero devo morire di nuovo, allora porterò con me un po’ di gente! Ah, ah, ah!» sbraita Darbula mentre forma una gigantesca sfera d’energia con una mano.
Osservo il folle delirio nel suo occhio e mi preparo ad incassare, prima di dargli il colpo di grazia.
 
Noto però lo spostamento della sua pupilla, che cambia direzione. Non è più rivolta a me, ma più in basso.
Capisco in un istante.
«Fermati, vigliacco!» gli urlo disperatamente mentre metto via la spada.
«Aaahhh!!!» grida il mostro scagliando il suo colpo verso la Capsule Corporation.
Verso Mai. Mia madre. Il giovane Trunks e la Mai pietrificata. Verso tutte le persone che si sono rifugiate lì dentro.
Con una mossa disperata scaglio a mia volta un potentissimo flusso di energia.
Riesco a deviare la sua sfera e a dirigere tutta quella potenza verso il cielo, generando un’immensa deflagrazione.
All’improvviso, mentre sono ancora girato, sento il demone urlare: «Lancia!»
Non faccio in tempo a voltarmi che un dolore lancinante mi gela il sangue.
Guardo la mia spalla sinistra. Trafitta dalla lancia di quel mostro.
La punta ha completamente trapassato il mio corpo.
Lotto con tutte le mie forze per restare in volo e non crollare.
Afferro l’asta dell’arma, sulla quale continua a colare il mio sangue, con la mano destra e la tiro fuori con tutte le mie forze.
Sento la lama riattraversarmi la carne in senso contrario. Un dolore atroce. Mi sento svenire.
Non urlo. Non voglio dargli questa soddisfazione.
Lascio cadere la lancia e mi guardo la spalla. Un buco piuttosto grande dal quale continua a zampillare sangue mi fa quasi spaventare. Vorrei crollare a terra, vorrei riposarmi un attimo.
Ma non posso. Non devo mollare.
Ritrovo la mia lucidità. Cerco di sopraffare il dolore.
Penso a tutte le battaglie che ho combattuto, a tutte le volte che pensavo che sarei stato ucciso da un momento all’altro. Non sarà questa ferita a fermarmi.
Darbula mi ha ingannato. È stato furbo oltre che vigliacco nel creare questo diversivo.
Mi strappo una manica del mio giubbino di jeans e provo a fissarla come una fasciatura per bloccare l’emorragia sulla spalla.
 
Mentre sto finendo di compiere questa operazione vengo attaccato dal Re del Mondo Demoniaco.
Un’altra mossa  vile. Degna di un essere come lui.
Non faccio in tempo a spostarmi, né a difendermi.
Vengo colpito da una ginocchiata in pancia e da una serie di pugni in faccia e sul petto.
Resisto, i suoi colpi non sono alla massima potenza perché è conciato piuttosto male anche lui.
Quando centra in pieno la mia spalla ferita, però, precipito al suolo.
Non riesco neanche più a mantenere la mia trasformazione in Super Saiyan.
Mi sento debole e privo di forze con tutto il sangue che sto perdendo. Investito dal dolore, con il braccio sinistro fuori uso.
L’impatto della mia schiena con il terreno mi toglie il respiro. Vedo Darbula piombare su di me brandendo la sua spada. Riesco a rotolare da un lato e ad evitare il suo colpo mortale. Lo vedo estrarre velocemente l’arma conficcata nel suolo.
Ma non faccio in tempo a rialzarmi. Il mostro mi blocca a terra, premendo un piede sul mio petto.
Ci guardiamo negli occhi mentre solleva la spada verso il cielo. Un istante che mi sembra durare una vita.
«Addio ragazzino! Ah, ah, ah!» mi deride.
 
Bang! Bang!
Due rumori improvvisi mi scuotono. Vedo la spada di Darbula volare via e il demone fare un passo indietro, prima di piegarsi sulle ginocchia arrancando. Mi libero dalla sua morsa, riesco ad allontanarmi da lui. È avvolto nel fumo.
Mi rendo conto di quello che è successo e di quello che sta per succedere.
«Scappa Mai! Vai Via! Torna dentro!!!» urlo con tutte le mie forze.
Riesco a vederla, fuori dall’ingresso principale della Capsule Corporation, a una centinaio di metri da noi.
Il fucile ancora in posizione. Il vento le muove i lunghi capelli neri.
Fiera, decisa. Bella.
Una dea guerriera dell’antica Grecia. Una versione moderna di Atena. Un fucile e fegato da vendere al posto dell’armatura, della lancia e dello scudo di Medusa.
Ha colpito Darbula sulla mano e sul cuore. Due colpi precisissimi, da cecchino infallibile. Ha usato dei proiettili speciali e potentissimi che le aveva dato mia madre prima di partire stamattina per il nostro viaggio nel tempo.
«Chi ha osato intromettersi!» sbraita il demone rialzandosi e facendo esplodere furibondo la sua aura tutto intorno a sé.
 
Lo spostamento d’aria causato dalla sua energia è spaventoso.
Vedo con orrore Mai che viene travolta in pieno dall’ondata e sbalzata in aria a un paio di metri di altezza. Sbatte violentemente la schiena contro il muro della Capsule Corporation e crolla a terra ricadendo. Il volto nascosto dai fili d’erba del giardino.
Sono paralizzato. Mi sento male.
«Mai!!!» urlo disperatamente con gli occhi pieni di lacrime.
È immobile. Il fucile qualche metro più avanti.
Temo che sia morta.
Mi sento la testa esplodere.
Mi porto le mani alle tempie e sbraito con tutto il fiato che sento dentro di me: «Nooo!!!»
Sprigiono un’energia spaventosa. Non so neanche dove possa riuscire a trovarla.
Non sento più il dolore né la fatica.
Provo solo rabbia. Tanta, troppa rabbia.
La rabbia mi carica. Mi fa esplodere qualcosa dentro.
Mi sento come se si fosse acceso improvvisamente un interruttore.
O come se fosse andato in frantumi qualcosa dentro di me. Qualcosa come il mio cuore.
 
«Aaahhh!!!» grido furiosamente mentre mi trasformo nuovamente in Super Saiyan di secondo livello.
Un’aura blu mi avvolge. Mi sento gli occhi ribaltati, come se non avessi le pupille.
Mi sento in trance.
Una furia. Una bestia indomabile.
Con un ultimo barlume di coscienza mi rendo conto che non sono sensazioni nuove per me.
Penso a Zamasu e a Black. Penso a Goku che mi aveva parlato di recente di quanto fossi spaventoso nella mia trasformazione in Super Saiyan Rage.
Ma non me ne frega niente di avere una coscienza in questo momento.
Sono furioso. Mi lascio travolgere dall’odio.
Mi hanno tolto Mai.
Io senza di lei non voglio vivere.
Tutto quello che volevo nella mia vita, lo volevo con lei.
Ora c’è spazio solo per la vendetta.
La mia vendetta.
Ho sete di sangue.
 
Inizio a camminare verso Darbula. Inesorabile. Come una condanna a morte.
Non c’è un tribunale, non c’è un processo.
Sono io il giudice.
Ogni mio passo è talmente pesante da generare una piccola scossa di terremoto nel terreno circostante. Emetto scariche elettriche blu dall’aura prodigiosa che mi avvolge.
«Come hai osato!» ringhio rivolto verso il demone.
Non riconosco neanche più la mia voce.
E non voglio sentire la sua. Mai più.
Lo voglio distruggere, non solo uccidere.
 
Mi scaglio contro di lui, velocissimo.
Inizio a colpirlo. Selvaggiamente.
Pugni, calci, ancora pugni. E ancora. Ancora.
Ho una rabbia senza fine dentro di me.
Sono una furia cieca.
Non riesco a pensare ad altro se non che voglio farlo soffrire prima di eliminarlo.
Lo voglio devastare. Deve pagare per quello che ha fatto.
Sento le sue ossa spezzarsi sotto i miei colpi. Sento l’odore ripugnante del suo sangue.
Colpisco più forte. Di più.
Di più.
Mi sto quasi rompendo le nocche delle mani da quanto lo sto picchiando furiosamente.
«Questo non dovevi farlo, bastardo!» gli grido. Penso di avere il volto rigato dalle lacrime.
Ma non mi interessa. Nulla ha più senso in questo momento.
Sento Darbula rantolare. Non riesce a reagire. Non può farlo.
Continuo a colpirlo, come una macchina impazzita.
Non sento più il braccio sinistro. Anche la fasciatura che mi ero fatto non ha retto alla mia furia.
Sto perdendo una valanga di sangue. Ma non mi importa. Né del mio braccio, né di quello che sarà di me.
Urlo.
La mia rabbia. Il mio dolore.
 
«Trunks!»
Una voce. Mi sembra di sentire una voce. Ovattata, lontana. Come in un sogno.
«Trunks!»
La sento ancora. Un suono dolce. Femminile. Un suono che sa d’amore.
Sto delirando probabilmente.
«Trunks! Trunks!»
Ancora una voce. Una voce diversa stavolta. Maschile. Dura. Autoritaria.
«Ehi, Trunks!»
La stessa voce, un’altra volta.
 
Mi giro alla mia sinistra, confuso.
Mi sembra di scorgere mio padre.
È trasformato in Super Saiyan Blue e mi guarda con fare severo, anche se dal suo volto traspare un sorriso.
È in posizione d’attacco, pronto a combattere.
Credo di aver perso talmente tanto sangue da avere le visioni.
Non può essere qui davvero. Il dolore mi sta facendo avere delle allucinazioni.
«Trunks, non dimenticarti che sei il figlio del Principe dei Saiyan! E ricordati quello che ti ho insegnato: in certe situazioni, più che un cuore grande, ci vuole fegato!» mi dice con decisione Vegeta.
O meglio, la sua immagine proiettata dalla mia mente devastata.
È vero. Devo avere il fegato di distruggere una volta per tutte Darbula adesso, poi penserò alle sofferenze del mio cuore.
Mi volto alla mia destra, verso il corpo esanime di Mai.
«Trunks!»
Sento ancora la prima voce, quella dolce.
Vedo Mai che faticosamente sta cercando di mettersi in ginocchio, sostenendosi con la canna del suo fucile.
Ma allora non era frutto della mia immaginazione! Mai è viva!
Mi giro di nuovo verso mio padre e gli dico: «Facciamolo, papà!»
Forse sto parlando da solo, ma non mi interessa.
Vegeta mi risponde con un ghigno. I suoi occhi brillano. Furore e follia.
So cosa fare.
 
Con un calcio colpisco Darbula per distanziarlo di qualche metro.
Mi metto in posizione. La gamba destra più avanti rispetto alla sinistra.
Porto entrambe le braccia alla mia destra e giro le mani mentre le piego.
Faccio defluire tutta la mia energia in quel punto.
Guardo mio padre che sta facendo lo stesso al mio fianco.
Un cenno d’intesa.
Distendo le braccia in avanti all’altezza della mia gamba destra e spalanco i palmi delle mani.
Un urlo, all’unisono: «Galick Gun!!!»
 
Uso tutta la forza che mi è rimasta.
Investo Darbula, che a stento riesce ancora a reggersi in piedi.
Cerca di opporre resistenza, come prima. E, come prima, un fascio di luce verde prova a fargli da scudo.
Zamasu non vuole saperne di mollare.
Un muro poderoso, difficile da abbattere.
Spingo più che posso. Sono al limite, ma non posso cedere.
Sapere che Mai è viva mi fa andare oltre la fatica e la sofferenza. Sentire Vegeta al mio fianco mi dà sicurezza.
Grido la mia rabbia. La mia voglia di difendere il mondo. La mia speranza ritrovata.
Grido il mio dolore fisico. Il braccio sinistro mi pulsa spaventosamente.
Non c’è più spazio per i calcoli. È un colpo da tutto o niente. Dentro o fuori.
Vivere o morire.
 
Darbula però non cede, grazie a Zamasu. Inizio a non farcela più.
Bang!
Il Re del Mondo Demoniaco si accascia improvvisamente su un ginocchio e si tiene con una mano una tempia.
«Vai Trunks!»
Mi giro e faccio in tempo a vedere Mai ancora in piedi, col fucile puntato. Prima che crolli a terra, stremata. Ha ferito Darbula ad una tempia, un colpo perfetto.
«Ora Trunks!» mi urla mio padre.
Ha ragione, le difese del demone stanno cedendo. Mai ha aperto uno spiraglio, non posso sprecare questa occasione.
Grido più forte che posso e faccio esplodere la mia aura.
Aumento la potenza del mio Galick Gun.
Sento il muro davanti a me cedere. Sbriciolarsi.
Travolgo Darbula, lo mando verso il cielo.
Un’esplosione fragorosa. Un boato tremendo.
Mi sembra di scorgere una colonna di fumo rosso e una specie di nube verde mentre vengono risucchiate dallo squarcio nel cielo.
Poi, lentamente ma inesorabilmente, vedo lo squarcio chiudersi.
La luce del sole torna a illuminare la Città dell’Ovest.
L’odore di morte lascia spazio al profumo della vita.
 
Mi giro verso mio padre. Ma non c’è nessuno. Ovviamente.
«Abbiamo vinto, papà» dico a voce alta, con lo sguardo rivolto verso il cielo. Verso un’altra linea temporale.
Percepisco improvvisamente il ki di Kaiohshin e del Signor Kibith. Si sono teletrasportati qui, dentro la Capsule Corporation.
Bene, salveranno loro il me stesso di questo mondo e gli altri feriti. Anche la Mai pietrificata è salva.
Per ultimo mi farò aiutare anch’io. Non sento più il braccio e non mi resta neanche un briciolo di energia. Ma sono felice.
Ho sconfitto quel mostro e Mai sta bene.
Sorrido mentre crollo sull’erba morbida del giardino, sfinito.
 
«Trunks! Trunks!»
Sento la voce di Mai e cerco di mettermi seduto. Sta correndo verso di me. È un po’ claudicante e acciaccata ma mi sembra che stia bene.
Anzi, è così bella che non mi sembra vero.
Mi si getta tra le braccia. Mi stringe forte. Più di quello che sono in grado di fare io in questo momento.
«Piano Mai, mi fai male!» le dico ridendo. «Sono piuttosto a pezzi!»
«Mi hai fatto preoccupare, scemo!» mi risponde ridendo a sua volta e scompigliandomi i capelli con la mano.
«E tu non mi hai ascoltato» ribatto in tono serio. «Ho temuto di averti perso.»
«Però siamo stati forti insieme!» mi dice sorridendo dolcemente.
Ha ragione. E in effetti, senza il suo aiuto non so se ce l’avrei fatta a vincere.
«È vero, insieme a te mi sento invincibile» le rispondo. «È bello pensare che tra tutte le variabili, incognite ed ipotesi della nostra vita, tu hai scelto me e io ho scelto te.»
Vedo gli occhi di Mai brillare, di gioia e di amore.
È una frazione di secondo, perché mi stringe ancora più forte e mi bacia. Con passione, con trasporto.
La sento parte di me. Oggi più che mai.
Siamo legati da qualcosa che va oltre il nostro io più profondo. Ci intrecciamo al punto tale che non saprei dire più dove finisci tu e dove comincio io, Mai.
Non sento più un braccio e ho dolori dappertutto, ma la mia vita è meravigliosa così com’è.
Il mio mondo è Mai, e finché mi starà vicina tutto sarà possibile. Saremo felici, lo so.
 
Sembra che le nostre labbra non vogliano saperne di lasciarsi.
Il sapore della persona amata è ancora più dolce quando si temeva di averla persa.
Finalmente riusciamo a staccarci, almeno un po’.
Ci guardiamo negli occhi, fronte contro fronte. Sorridiamo.
Le dico: «Certo che in un mondo dove tutto sembra già scritto, noi cambiamo le regole. Perché io e te siamo una formula perfetta.»
«Ma questo non toglie che sei stata una pazza ad attaccare Darbula!» aggiungo.
Mai mi risponde con un sorriso e facendomi la linguaccia. Per poi dirmi:
«In qualunque mondo, ci vogliono due pazzi armati di coraggio pronti a tenersi stretti.
Due pazzi come noi!»
 
   
 
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