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Autore: PrincessintheNorth    14/03/2018    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MURTAGH
 
 
Stavo dormendo, e anche piuttosto bene, quando sentii Katie scuotermi.
-     Murtagh …
-     Cosa c’è?
-     Ho fame … - si lamentò.
-     Vai alle cucine e mangia, amore …
-     Ma …
-     Ma cosa?
A quel punto mi girai, e vidi la sua espressione un po’ colpevole.
E capii.
-     Katie …
-     Non lo faccio apposta! – protestò.
Ormai era da due settimane che, ogni notte, mi svegliava per le voglie. Due settimane che eravamo al Tridente, e due settimane che, a Northern Harbor, trovava sempre qualcosa di buono che le faceva venire altre voglie.
-     Cosa vuoi?
-     Quei muffin … quelli al cioccolato … con le scaglie di cioccolato bianco sopra …
-     Ma Katherine … li fanno solo in città …
-     Lo so …
-     Senti, io ti amo, Katie, veramente tanto, ma non posso andare a svegliare quel povero pasticciere ogni notte per prepararti un muffin che, non appena ti porterò, non vorrai più …
Sospirò.
-     Va bene, allora … - mormorò, e si girò.
Io ci provai anche, a resistere.
-     E va bene … - sbuffai, mandando via a calci la coperta e vestendomi in fretta e furia.
Maledetta ragazzina incinta. Com’era possibile che, facendo un po’ gli occhioni, riuscisse a farmi fare tutto quello che voleva?
-     Grazie … - sorrise con dolcezza.
Potessi strozzarti, principessa … il mio era anche un bel sogno, e adesso mi tocca andare a congelare, fuori, per quello stupido muffin!
-     Di niente …
Uscii, e ovviamente doveva piovere.
Ma certo.
Sulla strada per uscire dal castello, trovai anche Alec: Miranda, dopo la scenata con Katie, si era incazzata con lui perché aveva appoggiato sua sorella, con il risultato che ora eravamo tutti al Tridente.
E ogni notte, lui ed io dovevamo uscire per appagare le voglie delle due principesse in dolce attesa. Lui alle quattro e mezza, ed io regolarmente alle tre.
-     Sei in anticipo. – osservai.
-     Niente voglie. Avevo promesso un gioco ad Annabeth e mi sono dimenticato di comprarlo.
-     Grazie agli dei i negozi restano aperti più a lungo d’estate.
-     La nostra salvezza. Te lo dico, meglio soddisfarle, le donne con le voglie. Non fare mai la stupidaggine di dire di no ad una Katherine incinta che vuole i muffin.
-     Come fai a sapere che vuole i muffin?
Sollevò il sopracciglio destro, un tratto che l’accomunava a Katie. – Chi credi dovesse uscire quando aveva le prime mestruazioni? Si vergognava a chiederlo a papà, così ricattava me.
A quel punto ci dividemmo: la pasticceria era a destra, la giocheria a sinistra.
Il pasticciere stava chiudendo proprio in quel momento, così gli corsi incontro.
-     Non è che ha ancora un muffin?
L’uomo ridacchiò, riaprendo la serratura della porta.
-     La sua signora deve avere parecchia fame in questi giorni …
Se Katherine avesse sentito qualcuno chiamarla “signora”, l’avrebbe impiccato.
-     Infatti …
-     Ecco qua, il solito, giusto?
-     Sì, il solito …
Prese l’ultimo muffin, mettendolo in un sacchetto, e porgendomelo, ottenendo la sua somma di denaro in cambio.
-     E dorma bene! – mi augurò.
Certo.
Quella simpatica mi aveva tirato giù dal letto, ma avrei dovuto dormire bene.
-     Grazie.
Tornai a casa, e ovviamente, lei si era addormentata.
Questo non potei accettarlo.
A quel punto la scossi io, e lei si svegliò.
-     Che c’è?
-     Il tuo muffin, ecco cosa c’è …
In un attimo, il suo viso si aprì nella gioia e nell’amore.
-     Me l’hai portato davvero! – esultò, saltandomi in braccio. – Grazie!
-     Tutto questo per un dolcetto? Non che certe accoglienze mi dispiacciano, anzi, ma … Katie, è solo un muffin …
-     Ma è buono!
Tutta contenta, si sedette sul letto, prendendo il sacchettino e iniziando ad aprirlo.
E, come da due settimane a questa parte, il vedere quanto fosse felice bastò a cancellare, in un attimo, tutta la stanchezza e l’irritazione che lei mi aveva provocato con quelle voglie.
-     Oh che bello … - sorrise tutta contenta, facendo per mangiarlo.
Fu in quel momento che mi venne il sospetto.
Non scaturì da nessun pensiero in particolare, da nessuna teoria specifica: fu solo un “e se fosse avvelenato?”.
-     Katie, fermati un attimo.
-     Ma …
Presi di nuovo il dolcetto, per poi fare l’incantesimo che aveva salvato la mia, e la sua, vita, centinaia di volte.
Non appena finii di recitarlo il muffin si liquefece, liberando una puzza tremenda.
-     Oh, dei che schifo … - mormorò lei tappandosi il naso.
Io preferii direttamente raccogliere quello schifo con il sacchetto e buttare tutto fuori dalla finestra.
-     Ma … era avvelenato … - sussurrò.
-     A quanto pare. Niente muffin stanotte.
-     Anche qui mi vogliono morta …
-     Non tutti …
Andai ad abbracciarla, dato che sembrava veramente giù.
-     Ma quel pasticciere aveva fatto la mia torta di compleanno quando ho compiuto cinque anni …
-     La gente cambia, amore.
Sospirò, e alzò le spalle.
-     Beh, l’importante è che non l’abbia mangiato, no?
-     Già. Non sei una piccola poltiglia.
-     Meno male … - ridacchiò.
-     Adesso ci penso io, tranquilla. Quello non la passerà liscia.
-     Ma è tardi … - mormorò. – Se ci pensassimo domani mattina?
A quel punto la guardai male. – Questa me la devi far capire bene, però. Non è troppo tardi per mandarmi a prenderti i muffin ma lo è per prendere il granduomo che ha cercato di avvelenarti, e che potrebbe già stare scappando?! Lo sapevo che le donne in gravidanza non stanno a posto con la testa, ma non fino a questo punto, Katherine … veramente, sei una sorpresa nuova ogni giorno! Con te non si può mai star tranquilli!
Almeno rise.
Di me, della situazione, non m’importò.
L’importante era che, per lei e per il benessere del bambino, anzi, della bambina, stesse tranquilla.
-     Hai ragione. Allora prometto di non tormentarti più con i muffin …
-     Certo. Ci credo spassionatamente.
Uscii dalla stanza, avvisando le guardie nel corridoio di andare a prendere quel bastardo.
 
 
 
 
-     Uffa, però. – sbuffò Katie, il pomeriggio seguente.
-     Che succede?
Avevo avuto la malaugurata idea di aiutarla a lavorare: non l’avessi mai fatto, dato che evidentemente gestire Northern Harbor, la Marina e, in minor misura, le altre città portuali, non era una cosa leggera.
-     Papà. Ha fissato l’udienza per Ryan Dickson.
-     Che sarebbe …
-     Il simpaticone che io, Alec e Sìgurd abbiamo catturato nel bosco.
-     Lo stronzo che ha rinchiuso te ed April.
-     Lui. L’udienza è tra due settimane …
Non mi sfuggì, per la seconda volta, il termine udienza.
-     Katie, dammi un attimo il foglio …
Me lo passò, e diedi una rapida occhiata.
Ciò che lessi non mi piacque per niente.
-     Cosa vuol dire che quel bastardo avrà un processo, diritto di parola e un avvocato?! – sibilai.
-     Murtagh … - sospirò. – Tanto sappiamo come andrà a finire. È sempre meglio non abbassarsi ai loro livelli …
-     Non m’interessa. Non mi pare che quello abbia trattato te e tua sorella con rispetto. Non vedo perché dovrebbe ricevere un trattamento simile.
-     Perché così la sua morte sarebbe legale.
-     No. Katherine, solo il fatto che possa parlare è … è un insulto. Questa non la lascio passare …
-     Non è che puoi fare molto.
-     Invece posso fare tutto. Questo è l’invito all’udienza, ma scommetto che tuo padre avrà allegato anche il documento in cui chiede la mia approvazione per come intende procedere, dato che questo qui è un mio suddito. – e come immaginavo, mi bastò guardare un momento nella pila di fogli che oberavano la scrivania di Katie per trovarlo. – E non. Ho. Intenzione. Di. Approvare. Niente.
Quindi, su quel foglio, scrissi un NO grande come una casa.
-     Questo stronzo lo decapiterò e fine. Niente processo.
-     Ma …
-     Non c’è nessun ma, Katie! Guarda che è legale comunque. – cercai di spiegarle. – Anzi, ben più legale della soluzione di tuo padre. Il crimine è stato commesso verso di te, che sei mia moglie, ed è una mia responsabilità punire chi ti fa qualcosa …
-     Ti sbagli … - mormorò, con un piccolo sorriso. – Dato che anche April e Annabeth sono coinvolte, suppongo sia più forte il principio della paternità di quello del matrimonio …
-     Annabeth è figlia di Alec. 
-     Ed è stato lui a proporre la soluzione …
-     Non m’interessa, tuo padre e Alec possono fare come vogliono. Ma sei mia moglie e quindi …
-     E quindi non eravamo ancora sposati, per cui il diritto di scelta va a mio padre.
Purtroppo, aveva ragione.
E ammetterlo non fu esattamente facile da digerire.
-     C’è sempre il principio di residenza. Dickson vive nelle terre che controllo io, il diritto di scegliere cosa farne va a me …
-     Parlane con mio padre. – suggerì. – Penso troverete una soluzione. Ma …
-     Ma cosa? – sbuffai. – Adesso mi proporrai anche di garantirgli il diritto dell’innocenza fino a prova contraria?
-     Guarda che l’onere della prova spetta a lui. – ridacchiò. – No, ma …
-     Katie, eri incinta, e non dirmi che il trattamento che ti ha riservata non ha influito su com’è andata con George, quindi …
Fu quando indurì lo sguardo che capii che, forse, tirare in ballo quella gravidanza non fosse la mossa migliore.
-     Katie …
-     Lascia stare George. – sibilò. – E non usarlo come jolly per giustificarti.
-     Non l’ho fatto per giustificarmi, amore, ma per …
-     Per cosa?! – ringhiò.
-     Per farti capire che lo stronzo che ha influito, e parecchio, sulla morte di nostro figlio non ha il minimo diritto ad un processo. Non mi sembra che tu, o April, o Annabeth, o George abbiate avuto un trattamento giusto.
-     Se mi lasciassi finire di parlare …
-     IO HO DIRITTO AD UCCIDERLO! – urlai a quel punto. – La mia risposta a tuo padre l’ho data, è no, quello stronzo verrà punito secondo le mie leggi, e non le sue. Se vogliamo fare un conto puramente matematico, è stata la mia famiglia, tu e George, ad essere più coinvolta. Per tuo padre April, per Alec Annabeth. È avvenuto in casa mia, e lui non è un suddito del Nord. Quindi, quello stronzo è mio.
Stranamente, lei non si alzò, o non si mise a urlare.
Aveva solo un sorriso perfido.
-     Che hai da sorridere così, adesso?
-     Non ti piacerebbe, invece, di più, vederlo umiliato? Oltre che, successivamente, ucciderlo?
L’umiliazione … un’opzione a cui non avevo pensato nel dettaglio.
-     Beh, di sicuro prima di finirlo mi inventerò parecchie torture per …
-     Ma io non parlo di torture. – sorrise. – Non credi che la morte immediata, oltre che le torture fisiche, siano troppo poco?
-     Non è che possiamo fare molto altro.
A quel punto rise. Era la risata cattiva, la stessa che aveva fatto non appena aveva preso Dickson.
-     Anche la mia intenzione originaria era la tua, un po’ di torture e poi via la testa. Alec ha proposto il processo per far sì che ne uscissimo tutti con le mani pulite. Ma vedi, Dickson non ha sufficiente denaro per pagarsi un avvocato, e indovina chi dovrà provvedere a fargliene avere uno?
In quel momento, compresi tutta la genialità perfida del suo piano.
E in un attimo, ciò che fino a prima avevo visto come un’ingiustizia nei suoi e nei miei confronti mi apparve come la perfetta soluzione, che ripagava completamente tutto ciò che quello stronzo le aveva fatto passare.
In effetti, umiliarlo in un processo pubblico era estremamente più soddisfacente che torturarlo fisicamente nel privato.
-     Quindi dovremmo corrompere l’avvocato. – ridacchiai.
-     Ma Murtagh. – sorrise divertita. – Non è corruzione se nessuno lo sa, giusto? E soprattutto, non lo è se ad attuarla è una persona non indagabile … come un re. Sarà così che vendicheremo nostro figlio. – il sorriso divenne serio. – Mostrandogli contro quale potere si è scontrato. E non credere che la sentenza definitiva, che lo condannerà a morte, sarà pronunciata da qualcuno che non sia tu.
In quel momento, entrò l’Ispettore Driwer, l’uomo che avevo incaricato di trovare il pasticciere.
-     Altezza Reale, Cavaliere, abbiamo preso l’attentatore. È rinchiuso nelle segrete in attesa di giudizio.
-     Bene. – sorrise Katherine. – Murtagh, puoi fare pratica nella lettura delle condanne.
-     Con estremo piacere. – probabilmente il mio sorriso era ben più ampio, e perfido, del suo.
   
 
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