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Autore: irene_alice    15/03/2018    0 recensioni
Un salto nel vuoto oltre quella parete di nebbia per fuggire dalla guerra, un popolo di elfi si prese cura di lei...
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo dagli occhi color lavanda

 

Cominciò a piovere, prima piano, poi a scrosci. La foresta si piegava sotto il vento. E io correvo, correvo forte, nella direzione del vento, una folata più forte delle altre, e non vidi lo strapiombo. Caddi. Il tempo rallentò... i suoni erano confusi, così come i colori dello spazio intorno a me. Prima di atterrare, un attimo prima, persi i sensi.

Mi svegliai. Era stato un sogno, ma per qualche motivo, non mi sembrava un incubo.

Mia madre venne in camera mia e accese la luce, non aprì le finestre, fuori pioveva. Dopo colazione mi avvicinai alla porta e la socchiusi, fuori c'era un silenzio tombale, la tensione nell'aria si poteva quasi vedere. La paura di boati improvvisi, di polvere, di ferite, la paura bussava a tutte le porte. Mia madre la chiuse subito.

Occhi color lavanda, capelli morbidi e nerissimi gli accarezzavano il viso, mi fissava da vicino e io non potevo muovermi, ero seduta e qualcosa mi legava verso il basso. Mi persi nei suoi occhi color lavanda, finché non mi scosse e tutto diventò buio.

 Mi svegliai allarmata, mia madre mi stava scuotendo per svegliarmi e appena aprii gli occhi mi trascinò fuori dal letto, fuori dalla mia camera, e, ancora in pigiama, fuori dalla nostra casa. La strada era polverosa e non avevo le scarpe. La mamma correva, ma correva verso il nulla. Un forte rumore e persi la sua mano. Corsi al buio e all'alba vagavo tra le macerie.

Mi sembrava che le gambe corressero da sole, ma ero finita in un grande campo, dovevo essere nella campagna appena fuori dal paese. Ad un certo punto vidi un muro di nebbia. Al di là c'era un burrone, le madri, da che ne avevo memoria, avevano sempre avvertito i bambini di starne alla larga. Ma mia madre non c'era più. Mi avvicinai.

Mi avvicinai piano allo strapiombo, la nebbia lo copriva lasciando scoperto solo il bordo. Guardai giù. Non c'era modo di scendere se non cadere.

Odiavo quella guerra, spari e terrore dietro di me, poi, un momento di silenzio e caddi, volutamente.

Quando mi svegliai mi balenò in mente l'immagine della mia casa in fiamme e non era un incubo, né un sogno, era stata la realtà. Ma ora dov'ero? Ero in un sogno? Mi sembrava realtà e il dolore sulla schiena per la caduta me lo confermò.

Mi circondarono. Avevano l'aspetto di umani, almeno le dimensioni e la forma, ma avevano le orecchie a punta, come gli elfi nelle fiabe. Il colore dei loro capelli aveva una sfumatura diversa per ognuno e andava dal nero al bianco passando da tutte le sfumature del blu, del viola, lilla, turchese... era strano, ed era così irreale.

Ero seduta e mi resi conto di essere legata ad un albero con una corda vegetale. Mi guardavano con sguardi curiosi e un poco diffidenti, poi dal cerchio di persone che mi stava attorno si fece strada un ragazzo con i capelli neri, quando fu vicino notai che aveva gli occhi color lavanda. Dopo aver tagliato la corda con un coltello mi tese la mano ed io tentai debolmente di alzarmi.

Vissi con loro per svariati mesi. Imparai a convivere con quello strano popolo che non parlava la mia lingua ma mi sorrideva in silenzio. Vissi nella famiglia del ragazzo dagli occhi color lavanda e mi curarono con affetto. Se mi guardavo attorno in quel nuovo mondo tutto mi faceva sorridere, tutto era bello e armonico. Ciotole di legno, glicini di dimensioni enormi su cui si poggiavano alcune case, culle di vimini con bambini dagli occhi grandi, verde foresta o blu mare, prati immensi ricoperti di fiori, colibrì che si posavano su petali rosa-arancio.

Tornai a casa quando la guerra era finita, il paese era stato ricostruito e ormai mi davano per dispersa. Mi costruii una nuova vita, crebbi, trovai un lavoro e mi reinserii nella normalità.

Tuttavia, talvolta la sera uscivo al buio e mi avviavo guardinga verso il burrone, quello a cui i bambini non potevano avvicinarsi. Ma io non ero più una bambina, ero una ragazza.

Davanti a me c'era un muro di nebbia, un cumulo bianco al di là del quale tutto era invisibile. Non potevo scorgere nulla ma sapevo esattamente cosa mi aspettava dall'altra parte. Oltre la nebbia si celava un baratro invisibile e con pochi passi lo confermai ancora una volta, una forza invisibile mi trascinò verso il basso, mi sentivo come Alice quando cade per seguire il coniglio e si trova nel paese delle meraviglie. Ormai avevo già fatto quel percorso molte volte ed il tonfo finale mi risultò familiare. Mi rialzai senza fatica, la caduta non era stata brusca, e comunque c'ero abituata. Mi affrettai verso i grandi alberi che delimitavano quel luogo e mi allontanai correndo felice.

   
 
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