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Autore: New Moon Black    15/03/2018    2 recensioni
[AU!HP]
-“A che pensi?”
Un sorriso euforico si fece strada lungo la linea della bocca mentre il profumo delle camelie si propagava nell’aria; per quanto fossero al coperto su una terrazza e fuori facesse ancora freddo, sentiva ancora il calore delle guance riscaldarle l’animo.
Conosceva fin troppo bene quello sguardo.
Non era la prima volta che il grifone proponeva qualche idea folle: infatti, assieme a Lance, Takashi faceva tanto la persona più ragionevole del mondo, quando poi era il primo a prenderne parte.
Che ci poteva fare, era la forza dell’abitudine.
-“Posso avere l’onore di questo ballo, signorina Holt?”
La Corvonero si portò una mano al petto, per regolare il respiro e calmare le sue risate che le dolevano non poco alla pancia e senza farsi troppi complimenti, poggiò la sua mano su quella di ferro accettando così la sua richiesta.
Quel ragazzo era pazzo.
Tuttavia, lei non era da meno.
--Questa storia partecipa al “Playing with Magic” a cura di Fanwriter.it!--
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gunderson Pidge/Holt Katie, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Green-Black Flame'
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Iniziativa: Questa storia partecipa al “Playing with magic” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 10.660
Prompt/Traccia: 42). Tema libero

 

 

 

 

 

~Dancing under the stars~

 

 

Cammineremo insieme,
mano nella mano,
con l’anima infantile
di quelli che
si amano
in modo puro.

-Paul Verlaine

 

*~°~*

 

 

 

-“Ma perché ho proposto questa stupida scommessa?
Ah, dannazione.. sarò ridicola conciata in questo modo.”

Borbottò spazientita e, passo dopo passo, scese dalla lunga scalinata a chioccola del suo dormitorio; per via dell’abito che stava indossando e soprattutto dei tacchi, non poteva andare più veloce di così e aveva il costante terrore di cadere a terra.
Non voleva prendere una brutta botta al fondoschiena e cercò di stare il più attenta possibile, a poggiare i piedi sui gradini.
Dopo un paio di minuti, arrivò finalmente al piano terra ringraziando mentalmente di essere ancora viva e vegeta, senza essersi rotta l’osso del collo.
Percepì un lieve brivido di freddo lungo la schiena, ma scomparve subito dopo quando riprese il cammino, spedita, verso il luogo da lei desiderato; una piccola nuvola di condensa uscì indisturbata fra le sue labbra sottili, aveva un leggero tremore e si era persino dimenticata di portarsi lo scialle.

Ma non ci teneva assolutamente a rifarsi le scale e salire fino alla sua stanza.

“Al diavolo, ve lo sognate che mi faccia, di nuovo, tutte quelle rampe di scale.”

Nonostante fosse una scelta poco saggia, rimanere in quelle condizioni, poiché le temperature erano scese di qualche grado ed era ancora pieno inverno, pensò che non le sarebbe successo niente di male.
Forse avrebbe preso un raffreddore, ma poco importava.
La giovane Corvonero scosse appena il capo.
Alcuni dei suoi ciuffi castani, posti ai lati del viso bianco latte, ondeggiavano ritmicamente a ogni singolo passo che ella compiva mentre la restante parte dei suoi lunghi capelli erano raccolti in una morbida crocchia bassa, intrecciati con alcuni fermagli verdi; erano così sottili da essere invisibili ad occhio nudo.
L’abito verde foresta, specialmente la gonna svasata e stretta alla vita fino a lasciare un maestoso strascico, fatto di morbide onde sinuose, era impreziosito da vari piccoli  smeraldi e giocavano con l’effetto “vedo-non vedo”; essendo abbastanza aderente, da sotto la gonna, aveva anche un leggero spacco verso il basso, proprio vicino alla gamba destra per dare più spazio e libertà di movimento.
Il corpetto era interamente cosparso di numerosi arabeschi fiorati in pizzo, intrecciati tra loro su tutto il corpo, coprendo le braccia fino ai polsi e una buona parte del petto lasciando scoperte però le spalle e il collo.
Per finire in bellezza, i piedi erano fasciati in piccole scarpette verde scuro, con il tacco basso, rendendola ancora più regale.

Tutto sommato, nell’insieme non era niente male.
Si era arresa all’evidenza che, con quel vestito, Katie sembrava una  principessa europea.
Solo che si sentiva inadeguata ad averlo addosso, ma non se la sentiva di rimandare indietro l’abito di sua madre.

Sì, apparteneva a lei.
A Colleen Holt.
E sì, l’aveva spedito per via gufo, apposta, alla figlia non appena aveva saputo che a Hogwarts si sarebbe celebrato il “Ballo del Ceppo”, in occasione del torneo Tremaghi.

“Mi raccomando figliola: petto infuori e stendili tutti.”

Sospirò appena, ripensando alle parole della signora Holt.
Certe volte era, come dire, esuberante.
Con la coda dell’occhio, Pidge notò in lontananza alcuni studenti accompagnare le loro “dame”  all’angolo del castello dove vi erano posti dei piccoli fari che, con le sue scintille, scoppiettavano allegramente emanando un tepore piacevole; erano dal quarto anno in poi, ognuno di loro appartenevano alle quattro casate,  e in più si erano aggiunti gli studenti stranieri provenienti da varie scuole di magia, come la Durmstrang e la Beauxbatons.

Era arrivata vicino all’ingresso della Sala Grande.
Deglutì.

In quel momento, rallentò il passo e, assottigliando appena lo sguardo, cercò tra la folla il suo partner; tentò d’ignorare non solo i sussurri poco carini che udì appena tra le ragazze del V anno, presumibilmente Serpeverde per via delle loro occhiate taglienti, ma anche le espressioni basite e sognanti di molti studenti stranieri.

Odiava essere osservata in quel modo, specialmente se più di cento occhi erano puntati sulla sua figura graziosa.
Mosse il capo più e più volte, controllando ogni singolo angolo e centimetro del castello.
Gli occhi color miele di lei, spesso accompagnati dai suoi fidati occhialoni tondi durante le ore di studio matto e disperatissimo, erano lievemente accentuati da un filo di ombretto verde con qualche tocco dorato vicino alle ciglia per illuminarle il viso; le labbra erano colorate di un leggero rosa pesca e le guance avevano un leggero colorito rosato.

Aveva la gola secca e le riusciva difficile respirare per quanto era nervosa.
Non riusciva a trovare il suo accompagnatore.
La bocca di Pidge tremò appena, facendo poi sì che lei se la mordesse  quasi con forza, rischiando di farsi male.

“Sono venuta in ritardo… lo sapevo.”

Forse aveva cambiato idea sull’andare all’evento con lei, invitando Allura, quella Tassorosso del VI anno, dato che era bella, slanciata, simpatica e carismatica.
Ci poteva scommettere tutto l’oro del mondo.
Borbottò con una leggera scrollata di spalle, sorprendentemente amareggiata dalla cosa.
Toccandosi il braccio, si sentì non poco una sciocca da quella situazione imbarazzante.

-“Sono stata una scema ad aver accettato il suo invito…”

Nemmeno il tempo di compiere un passo all’indietro, per dirigersi ai dormitori femminili della sua casata, che udì in lontananza una voce a lei familiare.

-“Katie!”

Immediatamente, girò la testa di scatto in direzione della voce che aveva appena pronunziato il suo nome di battesimo e poco a poco sgranò gli occhi sorpresa, con le labbra che si schiudevano in una piccola “o”; una lunga scarica di brividi di freddo le pervase tutta la schiena e man mano il viso della giovine s’imporporò fino ad arrivare alla tonalità dei pomodori stagionati.
Un ragazzo dai tratti asiatici, alto, prestante e affascinante da far paura, s’intromise nella folla per poi sorpassarli tutti in un battito di ciglia,  arrivando fino alla ragazza con il fiato corto.
Ci mise qualche minuto a riconoscere la figura imponente di Shiro, il suo cavaliere per quella notte fredda d’inverno.
Ma non diede molto peso a quel futile dettaglio, dato che era troppo concentrata ad ammirare, in silenzio, il nipponico.

Takashi Shirogane, studente Grifondoro del VI anno, battitore e capitano della squadra di Quidditch della sua casata; nonché il terzo campione, come rappresentate di Hogwarts, per il torneo Tremaghi.
Il Ragazzo d’Oro d’eccellenza.
Insomma: un bellissimo cavaliere  dall’armatura scintillante.

Rimase senza fiato per parecchio tempo.
I capelli neri dalla tipica sfumatura a taglio militare erano in contrasto con il ciuffo bianco, come neve appena caduta, che gli copriva una buona parte della fronte, le iridi grigie come argento puro e la cicatrice posta all’altezza del naso; nonostante avesse i tratti duri, freddi e mascolini nascondeva una dolcezza e bontà d’animo da far invidia persino a Godric Grifondoro stesso.
Si era sistemato il suo smoking elegante alla bell’e meglio; anche la cravatta scura, però, non gli aveva dato vita facile dato che era un completo disastro: c’era un grosso nodo, proprio sotto il mento, che non voleva mettersi al proprio posto.

Anche così, lo trovava bello ed impossibile.

Il viso del grifone era letteralmente in fiamme, troppo imbarazzato nell’aver visto la Corvonero sotto un’altra prospettiva; si toccò il mento con la mano destra, di ferro, cercando di scacciare il nervosismo a fior di pelle, fallendo miseramente.

-“Ti c-chiedo scusa… s-sì, p-per il ritardo..
E-Ehm… t-tu sei… ecco…”

-“Sono strana, non è vero?”

Le guance della ragazza si colorarono nuovamente di rosso, abbassando lo sguardo per poi borbottare varie cose poco consone per una ragazza della sua età.
Ma si sorprese per la sagace risposta del suo partner, dopo essersi ripreso dal suo stato emotivo.

-“No, non sei per niente strana…”

Shiro scosse il capo.
Un sorriso caldo e gentile si delineò lungo le sue labbra mentre prendeva, con estrema dolcezza, la sua piccola mano esile portandosela lentamente a sé, vicinissima al viso.
La castana rimase con il fiato sospeso, come lo erano anche gli altri studenti che li stavano guardando lì, muti, con la tensione a mille se non di più.

-“Sei stupenda, Katie.”

Accadde tutto in un istante.
Il giovane Grifondoro attuò un perfetto baciamano alla sua dama e molti ragazzi guardavano rapiti la scena in questione, molte studentesse rimasero con l’amaro in bocca: c’era chi già premeditava una vendetta salata per la povera Corvonero e chi, invece, era entrata nella Sala Grande trascinando con rabbia il proprio accompagnatore.
Ella non sapeva se era tutto un bellissimo sogno o la realtà dei fatti: la sua cotta era proprio davanti a lei, decisamente irresistibile come non so cosa e faticava davvero a rimanere seria.
Ma capì di essere ancora lì, mano nella mano, quando sentì il proprio cuore battere forte per l’emozione.

 

{Due settimane prima}

 

C’era un’aria frizzantina all’orizzonte.
Quella mattina invernale nelle antiche terre scozzesi, Hogwarts era ricoperta di brina che disegnava dei deliziosi ghirigori sulle varie vetrate del castello, sui tetti spioventi, sulle statue che mostravano varie creature magiche nel corso del tempo e, persino, sugli arbusti nudi del Platano Picchiatore.
Ogni tanto qualche tumulo di neve fresca si situava ai piani più alti dell’albero ma, prontamente, esso riusciva a scuotere energicamente la chioma levando quella coltre bianca  che l’appesantiva fastidiosamente.
L’atrio principale dell’istituto, ormai, era tutto ricoperto di un morbido mantello ghiacciato dal colore freddo se non puro; eppure alcuni studenti del I e II anno uscivano fuori, con le sciarpe di lana pesante delle loro casate e con tanto di cappelli e guanti, a giocare alla battaglia di palle di neve e chi, invece, per creare un innocuo pupazzo di neve.

Quei ragazzini erano pazzi, pensò Pidge.

Era appollaiata su una delle tante finestre della Torre dei Corvonero, al lato Ovest del castello; la sciarpa blu scuro dalle strisce color bronzo le copriva per una buona parte la sua divisa, il mento e le spalle; gli occhialoni tondi, posti leggermente verso il naso piccolo e fine, tendevano ad offuscarle la vista ma non ci diede molto peso.
Li guardò quasi con profonda invidia, ricordandosi come la prima volta vide la neve: aveva pregato suo fratello Matthew di uscire con lei a giocarci, dato che, nel periodo in cui erano in Italia, non avevano mai avuto l’occasione di vederla con i loro occhi.
Non aveva potuto, certo, perdere un’opportunità come quella; all’inizio lui era stato molto diffidente ma con la giusta persuasione, gli aveva fatto cambiare idea.
Era riuscita a coinvolgere persino Allura e Shiro, che all’epoca erano entrambi al II anno come Matt.
Lei, invece, aveva appena undici anni ma era già una temeraria: non aveva paura dei mostri dall’aspetto bizzarro, nemmeno delle presunte minacce di Gazza, magonò nonché guardiano del castello con un carattere scontroso; aveva così tante rughe agli occhi e una pelle poco curata da sembrare un fantasma.

Insomma, quella ragazzina non temeva niente e nessuno.

“Erano veramente dei bei tempi.”

Sorrise distrattamente fra sé e, non volendo congelarsi la faccia, richiuse la finestra lasciandosi alle spalle le prime fioccate di neve e quelli del I e II anno al loro svago; fra i suoi capelli castani, legati in una morbida treccia di lato, avevano alcuni  piccoli fiocchi candidi sparsi per l’acconciatura ma non ci diede tanto peso.
Ma non si accorse minimamente di una presenza dietro alle sue spalle.

-“Pidge, dobbiamo parlare.”

La corvina saltò in aria spaventata e, cacciando subito la bacchetta da sotto il mantello nero, esclamò un incantesimo a voce alta.

-“WINGARDIUM  LEVIOSA!”

Nel fare ciò, aveva chiuso gli occhi e non aveva guardato chi fosse il decerebrato che aveva interrotto suoi pensieri; passati alcuni secondi, aprì poco a poco un occhio e poi l’altro svelando così l’identità del presunto interlocutore.
Un giovane ragazzo molto simile a Katie, con l’unica differenza che aveva una piccola cicatrice sopra alla gote, la guardava con un tic all’occhio formando un sorriso contratto in una smorfia; i capelli castano chiaro corti, spesso disordinati ed indomabili, sembravano fluttuare nell’aria.

Capì subito che era stato quel deficiente di suo fratello maggiore  ad averla spaventata a morte.
Lo fulminò con lo sguardo, pronta a dirgliene quattro e chissà, anche un altro incantesimo di difesa.

-“Puoi mettermi giù, per piacere?”

Notò che indossava la divisa maschile dei Corvonero composta da una semplice camicia bianca, un golfino grigio con il simbolo della loro casata, un pantalone semplice e delle scarpe comode; eppure la cravatta non era presente all’appello.

-“Parola d’ordine, prego?”

Al suono di quelle parole, Matt sbuffò esasperato e, roteando gli occhi, aggrottò le sopracciglia in uno sguardo più che intimidatorio.
Non voleva dargliela vinta.

-“Andiamo, non fare così... ti ho solo presa alla sprovvist-“

Con una mossa fulminea della bacchetta, Pidge lo mise a testa in giù lasciandolo appeso alla statua di Priscilla Corvonero, alta circa due metri, esattamente al lato della mano libera; un sorriso sghembo comparve lungo le labbra e, posizionandosi bene gli occhiali, lo schernì scherzosamente.

-“Dicevi?”

Dopo vari minuti passati in un religioso silenzio, tranne per il borbottare continuo del figlio maggiore, era sul punto di lasciarlo  lì, da solo e alla mercé degli altri suoi compagni di casata finché non udì le cosiddette “paroline magiche”.

-“Eh? Non ti sento fratello.
Sono un po’ dura d’orecchio.”

-“Okay okay, hai vinto. Sei la strega più brillante di tutta Hogwarts e, senza di te, questa scuola non sarebbe stata la stessa…”

Deliziata e soddisfatta, la ragazza stiracchiò le mani e agitando nuovamente la bacchetta, riprese suo fratello dalla statua e con molta delicatezza, lo rimise con i piedi ben piantati per terra.
Lo sguardo di Matt era così esilarante che non poté fare a meno di ridere quasi sguaiatamente.

-“Piccola peste...”

-“Guarda che potrei trasformarti in un topo e darti in pasto agli avvoltoi.”

-“Non ne sei capace perché mi vuoi troppo bene.”

Gli diede un piccolo buffetto sulla spalla, rimettendo la sua bacchetta nel mantello, e si guardò, con nonchalance, il lembo della sciarpa blu ignorando bellamente suo fratello dandogli le spalle.

-“Di cosa volevi parlarmi?”

-“Mi spiace dirtelo, ma non puoi andare avanti così.”

Lentamente, si voltò indietro facendo oscillare la treccia castana e, alzando un sopracciglio, lo guardò più che confusa.
Lui scrollò le spalle e quando si avvicinò alla sorella, mise le mani sulle sue spalle come per prepararla psicologicamente ad un discorso che, forse, avrebbe preso una brutta piega.

Decisamente una tragedia.

-“Katie, è più di un mese che fai gli incubi sui Dissenatori.
Stai sveglia per quasi tutta la notte e hai delle occhiaie che, per la barba di Merlino, fanno paura.
Inoltre, non è la prima volta che tu passi, quasi sempre, le giornate chiusa in biblioteca e sparisci anche all’orario di cena.
E non provare a dirmi che non è vero.”

L’italiana s’irrigidì tutt’un colpo, abbassando lentamente lo sguardo.
Si morse un labbro infastidita e si sentì il viso bruciare per il nervosismo.
Odiava quella sensazione d’irritazione.

Non la sopportava.

Si scansò, con un gesto brusco, da Matt e lo guardò con le iridi color miele ridotte a due piccole fessure.
Sembrava molto minacciosa per essere solo una piccola strega.
Una strega molto arrabbiata, per giunta.

-“E allora?
La cosa non ti riguarda, Matthew.
E’ una faccenda che devo risolvere per conto mio.”

-“Ma non capisci che Shiro è preoccupato per te?”

Gli occhiali rischiarono di cadere per terra, lei compresa.
Strabuzzò gli occhi, ancora più scioccata di prima, con il labbro che le tremava terribilmente con annesso anche la voce.

-“C-come ?”

Quel ragazzo che tanto ammirava fin dai primi anni ad Hogwarts e che per causa sua ella aveva avuto, semmai tuttora, seri problemi con i suoi cosiddetti “ormoni adolescenziali”; fino ad ora era stata brava ad avere autocontrollo, riuscendo anche a comportarsi in maniera ragionevole nei suoi confronti.

Ma sapeva fin troppo bene che, prima o poi, avrebbe ceduto.

Dentro di sé, sentiva un vortice di sentimenti contrastanti a farle appesantire non poco il cuore e per quanto non riusciva a sopportare quella situazione, non gli aveva mai dato la colpa per essere il suo “malessere”.
Ma quella dannata sensazione d’impotenza non l’era per niente d’aiuto, eppure non poteva farci nulla.
Fece per darsi una scrollata ai capelli ma, a quel tocco, si sfiorò accidentalmente le gote che erano così calde e bollenti da sentirsi mancare l’aria.

“Takashi?”

Era veramente in pensiero per una come lei?
Ogni volta che pensava a lui, a Pidge veniva spontaneo arrossire e balbettare cose senza senso, arrivando addirittura a pronunciare  certe imprecazioni in lingua madre che Matt, prontamente, riusciva a sentire per poi riprenderla per l’uso spropositato di un linguaggio scurrile.
Però non esclamava mai a voce alta.

-“Hai idea di quante volte lui passi da me a dirmi che fine tu abbia fatto?
Non riesce mai a trovarti e teme che tu sia caduta in malattia, o peggio, segregata in camera tua.”

A quelle parole, sudò freddo mentre una lunga scarica di brividi le pervase tutto il corpo; la pelle rosea si sbiancò all’istante e ebbe la sensazione che le gambe, ormai gelatina, non l’avrebbero sorretta a lungo.
Non aveva riflettuto alle conseguenze delle sue azioni e la situazione era molto più grave di quanto si aspettasse.

-“Nonostante sia impegnato con il torneo Tremaghi, quel povero ragazzo non ha mai smesso di pensarti.”

Il tempo di un rapido scambio di sguardi che le spalle della Corvonero tremarono, con esse anche le mani  che strinsero con forza le braccia esili rischiando di farsi del male.

-“L-lui, si ricorda ancora di quella volta?”

Sospirando per l’ennesima volta, Matt s’allontanò appena dalla sorella per darle spazio per respirare e cercare di sfogarsi per conto proprio.
I suoi occhi erano cupi e tristi, eppure c’era qualcos’altro nel suo sguardo, come se fosse amareggiato e responsabile di un avvenimento accaduto tempo fa.
Lottò con tutte le sue forze per non collassare a causa dell’ennesimo esaurimento nervoso, ma appena udì le parole del figlio maggiore dire la cruda realtà strinse forte le nocche delle mani fino a farle diventare bianche.

-“Se lo ricorda eccome.
Ha ancora in testa l’immagine di te che eri in caduta libera, con i Dissenatori alle calcagna.
Devi farti aiutare Pidge, non hai più toccato la scopa dopo quella partita a Quidd-“

-“MATTHEW, FALLA FINITA CAZZO.”

La ragazza non resse più la pressione e con le lacrime che le pizzicavano fastidiosamente gli occhi, lasciò la Sala Comune dei Corvonero con i singhiozzi strozzati; non si fermò nemmeno alle urla di suo fratello che invano cercò di seguirla ma correndo veloce come il vento, lo perse di vista.
Le lacrime uscirono copiose sul suo volto roseo ed arrossato, il suo respiro si fece sempre più affannoso ma non smise di correre tra i corridoi dell’istituto, neanche dopo essere inciampata per non so quante volte per terra; aveva urtato vari studenti ed insegnanti ma non li aveva guardati in faccia.
Poteva giurare di aver sentito qualche imprecazione da un prefetto dei Serpeverde, però passò oltre la Sala Grande uscendo poi dalla struttura in pietra.

“Stupido, stupido, stupido!”

Era così occupata a sfogare la sua frustrazione e dare la colpa a suo fratello maggiore che non si accorse nemmeno di essere arrivata alla fontana, completamente ricoperta di brina e neve fresca vicino ai bordi; l’acqua al suo interno, ormai, era diventata una lastra di ghiaccio come lo erano anche le stalattiti, poste in alto al piccolo monumento.
Katie respirò a pieni polmoni l’aria fredda e pungente, fino a che non s’accasciò su quel manto bianco e purpureo, fregandosene altamente del fatto che si sarebbe inzuppata la divisa e il mantello.
Pianse così tanto che riuscì a sentire i suoi stessi singhiozzi, scostando leggermente la sciarpa.
Era disperata, ma soprattutto stanca di quell’assurda situazione.
Maledì il giorno in cui si era scontrata con quelle creature spaventose e che, per colpa loro, aveva paura di volare su una scopa; l’avevano presa alla sprovvista, infami com’erano, e per poco non ci aveva rimesso la pelle.

O meglio la sua stessa vita.

Eppure lo aveva fatto per salvare Shiro dal loro attacco.
Già, nonostante la sua fobia, era riuscita a proteggerlo con tutte le sue forze.

Si sfogò a lungo e non seppe quanto tempo fosse passato da allora, ma alla fine si sentì svuotata e leggera come una piuma.
Tolse gli occhiali poggiandoli sulle sue gambe e si asciugò una guancia percependo poco a poco il gelo penetrarle fin sotto la pelle.

-“Sono proprio una stupida.”

Si era allontanata molto dal suo dormitorio: intorno alla Corvonero non c’era un’anima viva ma solo neve e qualche civetta bianca che si era appollaiata sopra un albero per aggiustarsi le piume.

Era completamente sola.

Percepì le proprie gambe sprofondare man mano nella neve soffice e bianca, non sentiva più il bruciore alle ginocchia che, a causa delle troppe cadute a terra, le dolevano, e per qualche strana ragione lo trovava confortevole al tatto, come un ottimo toccasana contro il malessere di poco prima.
Forse, per la troppa adrenalina che aveva scaricato, non riusciva a percepire minimamente il freddo; ma era anche vero che, dopo essersi sfogata, non si sentì per nulla combattuta e in ansia di essere attaccata da qualche mostro.
Si sentiva in pace con se stessa.
Sospirò appena, ridacchiando per il suo cambio d’umore improvviso e dalle sue soffici labbra uscì una piccola nuvola di condensa.
A distrarla dai suoi pensieri, fu una voce maschile profonda e gentile che la chiamò.

-“Pidge?”

Non si era minimamente aspettata di avere davanti a sé l’oggetto dei suoi desideri che, da più di due anni, tanto agognava.
Shiro era ad un metro di distanza dalla sottoscritta e mentre si avvicinava, l’italiana notò alcune cose: indossava la tenuta sportiva di Quidditch della sua casata, i colori rosso e oro spiccavano magnificamente sul suo fisico prestante e allenato e stava portando sulla spalla una scopa, una Nimbus 2001 color bronzo.
Alcune goccioline di sudore stavano uscendo, indisturbate, dal viso mentre il ciuffo bianco sembrava un nido d’un passero ché era talmente tanto disordinato; eppure quel bel sorriso candido non traspariva nessuna stanchezza o affaticamento.
Il suo cuore perse qualche battito.

Era bellissimo.
Dannatamente bello e irresistibile.

S’imporporò nuovamente di rosso sulle gote e senza un apparente motivo, prese una piccola manciata di neve fresca per poi buttarsela in piena faccia.
Si sentì non poco una perfetta sciocca per quella figuraccia.

-“Ehi, va tutto bene? Come mai sei seduta a terra?”

-“U-Uh, dici a me?
Ah s-sì, me ne stavo qui bella bellina ad ammirare la neve…
Ed era così bella che ho voluto spalmarmela in faccia ahahahah…”

Il grifone aggrottò un sopracciglio, confuso, inclinando lievemente la testa; era così carino con quell’espressione smarrita che non poteva fare a meno di pensare quanto fosse, incredibilmente, figo.
Però non toglieva il fatto che aveva fatto la figura della scema, proprio davanti alla sua cotta.

“Cosa diavolo ho detto? Ah, che vergogna!”

Non notò subito la mano libera del ragazzo, quella buona, che era posta davanti alla sua visuale, ma quando la vide guardò prima lui e poi la mano, abbastanza incerta se accettare o meno.
S’inginocchiò alla sua altezza, facendo attenzione a non cadere per terra, grazie anche al bilanciamento della sua scopa sulla spalla, e le sorrise con un pizzico di rossore sul suo volto.

-“Ti aiuto a rialzarti.”

Dopo averci pensato su, rimise gli occhiali al loro posto originario  avanzando, poi, la mano esile verso quella del suo redentore percependo impercettibilmente quel tepore piacevole che solo una persona sapeva dare.
Non appena entrò in contatto con lui, la strinse saldamente alzandosi pian piano da terra facendosi aiutare anche da Shiro.
In quel momento, tutto intorno a lei non contò più nulla: la neve, il dolore alle gambe che man mano s’era attenuato, il freddo che lentamente la stava congelando e quella fastidiosa sensazione di bagnato sui suoi vestiti.

Smise di pensare.

C’erano soltanto loro due in quella piccola bolla d’isolamento, a specchiarsi negli occhi l’uno dell’altra, in silenzio per paura d’interrompere quel contatto intimo e sacro; erano ancora uniti da quella stretta di mano scambiandosi, reciprocamente, un calore indescrivibile.
I loro respiri sembravano sincronizzati, come lo erano il palpitare spazientito dei loro cuori che, ahimè, cercavano di farsi sentire per ricongiungersi all’altra dolce metà.
La sua voce tremò appena, temendo di annullare quell’insolita magia chiamata connessione, ma biascicò qualche parola.
Un semplicissimo “grazie”.
Passò del tempo prima che il corvino spezzasse, involontariamente, quel momento mistico instauratosi pochi minuti prima scostando, con profonda dolcezza, la sua mano da quella dell’italiana sentendo già la mancanza del suo calore.

-“Hai il viso lucido… e gli occhi rossi…
Cosa ti è successo, Katie?”

Nonostante ebbe un fremito a sentire il suo nome di battesimo dal suo “amato” se non desiderato interlocutore, spiegò per filo e per segno la discussione che aveva avuto con suo fratello maggiore, tralasciando, però, il fatto che provava dei sentimenti per il grifone.

Non si sentiva ancora pronta a dichiararsi: avrebbe aspettato il momento giusto per dirglielo.

Dopo aver parlato del suo problema con il ragazzo, finalmente sospirò rasserenata e libera di ogni preoccupazione; non sapeva spiegarsi, ma parlando della sua fobia del volo e della frustrazione di non essere riuscita nel suo intento, sentiva che poteva fidarsi ciecamente di Shiro.
Intanto, si erano incamminati man mano per un sentiero lasciando alle loro spalle la fontanella ghiacciata; arrivarono ad un lato del castello completamente desolato dove c’erano solo alberi e qualche panchina.
Il freddo si era fatto meno pungente del solito, ma cominciò a nevicare debolmente dal cielo imbiancando ancora una volta il paesaggio.

-“E questo è quanto.”

Ma poco più lontano, vi erano delle tribune alte più della metà di un normalissimo stadio di calcio, fatti in vari intrecci di legno scuro ed acciaio per sorreggere al meglio la struttura in questione.
Sapeva bene dov’erano: all’interno di quell’edificio ovale c’era il campo di Quidditch.
Pidge si fermò, quasi bruscamente, rischiando d’inciampare sui suoi stessi passi e guardò smarrita e più confusa che mai il grifone.

-“Takashi, perché siamo qui?”

Vide che aveva poggiato la scopa su una panchina, vicina a loro, e togliendosi la mantella rossa, la mise sopra alle spalle della corvina alzandole anche il cappuccio.
Le sorrise nuovamente, con gentilezza, sistemandola al meglio per non farle prendere un brutto raffreddore.

-“Mi odierai per ciò che sto per dirti ma… voglio darti una mano.
Sono in debito con te, perché mi hai salvato la vita da quel Dissenatore.”

La sagace risposta del grifone la mise con le spalle al muro, con annesso le farfalle allo stomaco che cominciarono a darle non pochi problemi alla pancia e le proprie gambe che tremavano come una foglia; ma non poté fare a meno di guardarlo ammirata dalle sue parole.
Perché lei sapeva, perfettamente, che diceva il vero.
Le gote s’imporporarono nuovamente alla vista di quel sorriso tanto caldo e morbido da farle sciogliere il cuore, non era della sua indole essere romantica, ma per stavolta fece un piccolo strappo alle regole.
Era troppo buono e sincero, forse anche ingenuo quanto la sottoscritta, ma era per questo motivo che si era presa una folle cotta per Takashi Shirogane.
Nessuno sapeva di questo suo piccolo “segreto”, nemmeno suo fratello Matt.

Come ci era finita in quel bel pasticcio?

-“Voglio restituirti il favore, Katie… e non c’è modo di farmi cambiare idea.”

Ebbe di nuovo quel brivido lungo la schiena, ma stavolta strinse forte la sua mantella rosso e oro come per coprire, quasi invano, il suo corpo minuto.
Sentirlo chiamare il proprio nome di battesimo le faceva uno stranissimo effetto; eppure era una reazione così naturale e spontanea verso la persona a cui voleva più che bene.
Da come la stava guardando, sembrava  che il nipponico stesse dando una piccola punizione alla Corvonero perché aveva agito per conto proprio, senza avere l’aiuto di nessuno.
Ma un’idea diabolica le balenò in mente, come un fulmine a ciel sereno.
Rimase in silenzio per un po’ di tempo e con un piccolo sorriso sghembo, che fece arrossire un po’ il viso marmoreo del Grifondoro, e rispose alla sua proposta di allenamento extra sul volo.

-“Va bene, hai vinto.
Ma perché non vogliamo rendere questo addestramento interessante, Capitano?”

-“Cos’hai in mente stavolta, Pidgey?”

Vedere il suo viso, quasi accigliato se non preoccupato, la fece ridere di gusto.
Un sorriso furbetto si delineò lungo le labbra umide e, incrociando le braccia, dopo essersi sistemata per bene gli occhialoni tondi, le iridi color miele guardarono con decisione e un pizzico di malizia in quelli argentati di lui.

-“ Le regole sono semplici.
Se tu non riuscirai a farmi ritornare a volare con la scopa, dirò al professor Slav, insegnante delle arti runiche, che sarà felicissimo di sapere che vorrai aiutarlo a scrivere un libro riguardante la teoria degli universi paralleli e delle varie realtà…
E lo dovrai fare per tutto l’anno scolastico.
Ma… se succede che tu riesca nella tua impresa, ovvero se io ritornerò a volar-”

-“Se riuscirò a farti superare la paura del volo, verrai con me al Ballo del Ceppo.
E non accetto un no come risposta.”

Scosse energicamente il capo incredula, rischiando di beccarsi la treccia castana in piena faccia ma come lui le diede la conferma di ciò che aveva appena assimilato, rimase più che basita.
Okay, si sarebbe aspettata di tutto: prestargli i compiti per una settimana intera, aiutarlo con pozioni dato che era la sua seconda materia preferita o, addirittura, aiutare il suo compagno di stanza, un certo Lance McClain, a non farlo cacciare sempre, e costantemente, nei guai con un certo Serpeverde taciturno e attaccabrighe che si faceva chiamare Keith Kogane.
Ma non un invito all’evento più importante e simbolico di tutto il genere magico: il Ballo del Ceppo.

Alla faccia, si è ripreso subito quando ho nominato il professor Slav…”

Il solo pensiero di lui che stringeva la sua mano con indosso un abito da principessa, le fece perdere qualche anno di vita se non il respiro; ma scosse appena il capo e puntò i suoi occhi dritti nei suoi, decisa a vincere quella scommessa.
Gli avrebbe fatto mangiare la polvere.
Lui non avrebbe mai vinto, su questo n’era perfettamente certa.

-“Mhm, proposta molto allettante… sei bravo con le scommesse a quanto vedo.”

Si sfiorò il mento, come per riflettere  a fondo sulle parole del ragazzo, ma alla fine lanciò definitamente il guanto di sfida al Grifondoro, sigillando così il loro accordo con una semplicissima stretta di mano.

-“Perfetto, allora dopo le lezioni pomeridiane, ci vediamo qui.
Ti avverto, sarò molto severo.”

Il sorriso, quasi sghembo, del grifone la rese molto più determinata  a vincere.

“Non ci riuscirà mai, poverino.”

Annuì senza aggiungere altro e dopo pochi minuti, ritornarono al castello dato che la ragazza aveva la divisa bagnata fradicia, nonostante avesse la mantella del corvino che l’aveva scaldata poco e niente, e aveva iniziato anche a starnutire ad ogni due per tre; si premurò di riaccompagnarla dentro all’infermeria, magari per prendere delle erbe medicinali per una tisana rigenerante.
Pidge si disse che ne sarebbe valsa la pena, scommettere su Shiro.

Tuttavia non avrebbe mai creduto a qualcuno se le avesse detto che, in meno di pochi giorni, avrebbe perso la scommessa.

 

{Presente}

 

All’interno della Sala Grande, c’erano molti ragazzi dai vestiti colorati; c’era chi chiacchierava allegramente con un bicchiere di qualche bevanda dissetante, chi faceva una sfida a braccio di ferro tra uno dei Grifondoro e chi della Durmstrang mentre, invece, alcuni studenti più grandi ammiravano con gli occhi sognanti le ragazze della Beauxbatons; persino gli insegnanti si erano preparati per l’evento di quella notte.
Le lancette della grande Torre dell’Orologio scoccarono le otto in punto e solo allora si sentì la musica dell’orchestra di Hogwarts, intonando qualche motivetto allegro per ravvivare la serata.

Era il segnale che la festa era iniziata.
Pidge deglutì a stento.

Era assieme al suo accompagnatore, Takashi Shirogane, trattenendosi fuori qualche minuto in più dato che l’aveva aiutato a sistemare, alla bell’e meglio, la cravatta; a pochi passi dall’entrata principale, le tremò involontariamente la mano destra abbastanza agitata fino a rimanere immobile.
Non riusciva a ragionare lucidamente e quando succedeva ciò, diventava sempre più ansiosa e paranoica, immaginandosi possibili scenari spiacevoli alla vista, come se potesse percepire, perfettamente, il pericolo imminente e se il karma le avesse giocato qualche brutto scherzo, poteva essere benissimo dietro l’angolo senza che lo sapesse.
Questo perché la sua crisi di nervi, una brutta gatta da pelare, era una delle ovvie ragioni per cui detestare la psiche umana.  
Il grifone, notando subito il suo silenzio, la guardò di sottecchi facendo attenzione a non farsi notare e, lentamente, le loro mani si sfiorarono appena, fino a che non si toccarono del tutto e non intrecciarono le dita in una stretta salda ma gentile.
La Corvonero percepì un calore piacevole alla mano facendola riscuotere dai suoi pensieri; alzando il capo, sorpresa e con il cuore a mille, vide la sua mano unita a quella del Grifondoro.
Per qualche ragione, egli la stava confortando con la sua dolcezza e c’era anche riuscito, nel suo intento.
Si sentì anche la voce cristallina e forte della professoressa Minerva McGranitt, insegnante di trasfigurazione e capo della casata di Shiro, che acclamava i campioni del Torneo Tremaghi per aprire le danze.

-“Sei pronta?”

-“Credo di si…”

Senza ulteriore indugio, avanzò mano nella mano, tesa come la corda d’un violino, in quella sala caotica e festosa, lasciandosi alle sue spalle la notte e le sue stelle.
La prima cosa che notò, non appena mise piede alla Sala Grande, fu l’aria calda che la pervase in piena faccia, ma non fu colpita solo da quello: le risate gioiose dei ragazzi, il profumo invitante del buffet preparato dalle cucine del castello e l’atmosfera elegante ma raffinata al punto giusto.

Tutto quello venne assimilato nella mente della giovane Holt.
Era tutto così bello.
Meraviglioso.
Perfetto.

La folla chiacchierina si apriva man mano per lasciarli passare.
Non colse subito i vari bisbigli delle ragazze; era così concentrata a rimanere calma ed impassibile che, mentre avanzava, non notò subito gli altri due campioni delle due scuole straniere.
Fu allora che apparve la McGranitt, avvolta in un delizioso abito da sera nero tendente al verde, coperto fin sopra le maniche, che le fasciava in piccole pieghe il suo fisico asciutto; accompagnata dal suo fidato cappello nero da strega e le lenti, annunciò i nomi degli ospiti d’onore.

-“Fatevi avanti ragazzi miei… non siate timidi.
Lotor Galride della Durmstrang, prego.”

Un ragazzo alto e dal fisico scolpito avanzò, con passo fiero, nel suo abito da sera blu marino, i capelli argentei, lunghi fin sotto le spalle, erano legati in una morbida coda bassa e gli occhi di un blu così profondo come i fondali dell’oceano guardavano, con lo sguardo degno di un critico d’arte, l’area a sé circostante; le pelle chiara, la postura dritta e severa e i tratti tipici dei folletti lo rendevano un principe immacolato nonostante il sorriso sardonico spezzasse la sua aura regale.

Un tipo niente male, pensò la Corvonero.
Lotor presentò la sua dama baciandole la mano e per poco non le venne un colpo critico.
Sbaglio, o era la Tassorosso che aveva provato, a lungo, una certa “gelosia”, quella che voleva rubarle il ragazzo di cui era innamorata?

-“Cos-”

Sbatté più volte le palpebre e si sorprese di vederla davanti a sé con un sorriso radioso ad illuminarle il volto.
Allura era lì, avvolta in quell’abito azzurro sfumato man mano in bianco fatto intermanente di chiffon, con varie pieghe alla gonna, così lungo da farle nascondere le caviglie; come si era girata per fare una piccola ed innocua piroetta, notò che aveva una notevole scollatura alla schiena, che metteva in forte contrasto la sua pelle caramellata e i capelli, fluenti e indomabili, di un candore così innaturale che erano fermati in un piccolo fermaglio a forma di piuma.
Shiro rise appena per la faccia della sua dama, che aveva assunto un espressione più che stupita e con gli occhi che luccicavano dalla meraviglia; piegando lentamente la testa per vedere meglio la castana, sussurrò a voce bassa cosicché nessuno sentisse la loro conversazione.

-“Sembra una fata... semplicement-”

-“Si, è carina… ma non è il mio tipo.”

Solo allora Pidge alzò definitamente il capo, guardando il suo cavaliere con le iridi color miele spalancate e le labbra dischiuse, abbastanza scioccata da rimanere senza parole.
Come sarebbe a dire che “non era il suo tipo”?
Fino ad allora, non aveva mai avuto modo di esprimere appieno le sue emozioni al Grifondoro proprio perché c’era Allura che la destabilizzava psicologicamente; solo suo fratello sapeva di questo suo “complesso d’inferiorità” e quante volte aveva provato un’immensa invidia, mista a rabbia, nei suoi confronti.
Non poteva credere che, già in partenza, fosse stata gelosa della Tassorosso.
Insieme al corvino, sembravano tanto una coppia perfetta e per tutto quel tempo, si era sentita un grosso macigno pesarle, con rammarico, sul suo piccolo e fragile cuore.
E adesso, aveva realizzato che c’era ancora speranza affinché Shiro sapesse cosa provava esattamente per lui.
Ma la voce squillante della McGranitt la riportò con i piedi ben piantati a terra, distogliendo lo sguardo dalla prima coppia.

-“Nyma Blitzen della Beauxbatons, un passo avanti mia cara.”

Una graziosa giovine s’avvicinò al centro della sala eseguendo un’impeccabile riverenza.
I lunghi capelli biondi erano legati in un largo chignon basso, con annesso di corona di viole fresche, per ornare l’acconciatura sbarazzina; il viso bianco latte era in forte contrasto con gli occhi color ametista che erano accentuati, leggermente, dall’ombretto viola.
Aveva un piccolo neo sotto l’occhio destro e le labbra, piene e carnose, erano colorate d’un debole rosa pastello.
L’abito che stava indossando consisteva in un corpetto ricamato color lilla scuro, con sopra un morbido strato di tulle che prendeva man mano la forma di una camelia in fiore lasciando cadere anche i nastri ricamati sotto di esso, mentre la gonna d’un lilla molto più chiaro, quasi tendente al bianco, scendeva morbida sul suo corpo formando vari piegoni e punti luce.
Non c’era d’aspettarselo da Nyma: essendo della Beauxbatons aveva il portamento di una regina severa ma giusta, tuttavia il suo carisma aveva lasciato a bocca aperta tutti i maschi presenti.

Compreso il suo cavaliere.

Ma la castana dovette trattenersi nel non esclamare a voce alta non appena vide la figura di Matthew Holt che, ripresosi dal suo stato di trance, sorrideva raggiante alla sua compagna; ricordava vagamente che l’aveva avvertita che sarebbe andato con un ragazza al Ballo del Ceppo, ma mai si sarebbe aspettata che fosse la bionda dall’aura aristocratica.
Il grifone esternò il suo pensiero con un sopraciglio alzato e un sorriso divertito sulle labbra.

-“Okay, ha sorpreso anche me vedere tuo fratello lì.”

-“Ci puoi scommettere…”

Come la seconda coppia venne presentata e posta di lato, la direttrice del Grifondoro, che applaudiva con un sorriso sereno sulle labbra, fece calare nuovamente il silenzio; tutti gli studenti bisbigliavano curiosi per quando sarebbe uscito il terzo campione, specialmente le ragazze.
Diede un piccolo buffo alla spalla del nipponico, richiamando la sua attenzione con un sorriso birichino alle labbra color pesca.

-“Pronto per aprire le danze, Capitano?”

Lui la guardò dritto negli occhi abbastanza divertito e, inclinando la testa per guardarla meglio, mimò con la bocca un simpatico “piccola insolente” dando anche una leggera scostata ai suoi capelli castani.

-“E per ultimo, ma non per questo, meno importante… Takashi Shirogane, VI anno Grifondoro della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts!”

Avanzarono insieme al centro della sala, con il fruscio dell’abito di Katie che fece breccia nei cuori di tutti, compreso gli studenti della Durmstrang; inutile dire che le ragazze guardarono ammaliate, seppur piene d’invidia, il portamento raffinato e grazioso della Corvonero che in quella sera sembrava veramente una principessa europea.
Riuscì a scorgere lo sguardo del suo cavaliere, che puntualmente arrossì in viso appena vide quel sorriso sereno farsi più morbido.
Aveva occhi solo ed unicamente per lei.
Per la prima volta, si sentì notata ed apprezzata dalla persona a cui teneva di più al mondo.
Sussultò appena quando sentì la mano di ferro circondarle dolcemente la vita, mentre l’altra mano venne tenuta ben salda in quella del corvino; la sovrastava in altezza e a malapena gli arrivava ai pettorali, ma accettò il suo invito con un timido sorriso.

L’orchestra partì all’istante.

Un piccolo elfo suonò con il violino, poi seguito da altri violinisti, in una melodia veloce e allegra che la castana conosceva fin troppo bene: era il pezzo forte di Alexander Rybak, un violinista norvegese che aveva appassionato tutti con il suo amore infinito per la musica.
Inizialmente, ai primi passi era incerta ed impacciata rischiando di inciampare un paio di volte sui suoi stessi piedi, nonostante c’era Shiro per lei pronto a sorreggerla a qualsiasi passo falso, ma capendo il ritmo e i movimenti riuscì a farsi guidare dalla musica.
Anche se stentava a credere di avercela fatta dopo vari tentativi.
Danzava in piena sintonia con il proprio cavaliere e si sentiva leggera come una piuma.
All’ennesimo fruscio del suo abito verde scuro, non percepì per nulla la stanchezza; anzi, si sentiva più viva e libera che mai.
Come se potesse affrontare qualsiasi prova posta davanti.
Le sembrava un sogno, anche bellissimo per sua aggiunta, che stava ballando con la sua cotta segreta al Ballo del Ceppo.

Si accorse più tardi che nella pista vennero altri studenti, per invitare a ballare le varie ragazze, e che man mano la sala si riempì di ballerini provetti; guardò con attenzione Lotor e Allura con la coda dell’occhio.
E, per la miseria, danzavano in perfetta sincronia, dato che il ragazzo della Durmstrang faceva volteggiare, con eleganza e stile, la sua dama.
Ma non solo, quei gesti e quei sorrisi scambiati reciprocamente, le fecero intendere che avevano la stessa lunghezza d’onda.

Erano veramente una bella coppia.

Poi il suo sguardo color castagna si soffermò su Nyma e suo fratello maggiore che stavano andando discretamente bene; Matt cercava di guidare la biondina con un sorriso cordiale, nonostante avesse ricevuto qualche scalciata di troppo per via della sua distrazione.
C’era una bella sintonia fra loro due e Pidge si augurò che andassero d’accordo, anche al di fuori del Torneo Tremagi.
Le scappò una risata sincera, al che il castano, da lontano, la fulminò con lo sguardo mimando con la bocca una sola frase:“Questa me la paghi, maledetta!”; non poté fare a mano di ridere divertita dalla sua espressione arrabbiata.
Ad interrompere il loro scambio di frecciatine fraterne, fu il cavaliere che le fece fare una piccola piroetta, ritornando poi a stringerle la sua vita minuta.

-“Tuo fratello se la sta cavando bene.”

-“Eccome… ma mi chiedo se tra loro funzionerà.
L’ultima volta che ci aveva provato con una ragazza, è stato bidonato da Allura il mese scorso.
Con la fortuna che si ritrova, accadrà di nuovo.”

Durante un passo a due, che man mano andava ad intensificardi, Shiro prese le redini della situazione facendo volteggiare con grazia la sua dama fino a che non l’avvicinò nuovamente a sé.

Erano fronte contro fronte.

Un sorriso divertito comparve sulle labbra del Grifondoro, seguito da un sopracciglio alzato mentre una piccola goccia di sudore gl’imperlò il viso marmoreo.
La castana trattenne qualche ansimo e cercò di non arrossire troppo per la vicinanza dei loro volti, nonostante il battito del suo cuore pulsava a ritmi accelerati.

-“Come siamo ottimiste stasera, eh Katie?”

-“Sto solo dicendo la realtà dei fatti: è scientificamente provato che in qualsiasi realtà alternativa, Matthew Holt sarà sempre friend-zonato.

-“Per favore, non parlare come il professor Slav… mi metti i brividi.”

Gli occhi della Corvonero s’illuminarono di una strana scintilla accompagnata dal suo sorriso birbante, come se stesse architettando qualcosa di losco e presagiva guai in vista.
Adorava mettere in agitazione quel povero ragazzo.
Da quando aveva scoperto che il corvino aveva una tolleranza zero per l’insegnante delle arti runiche, dato che certe volte dava i numeri, aveva una scusa in più per burlarsi di lui.

Era un ottimo passatempo.

-“Paura, Shirogane?”

Il grifone rispose alla sua provocazione con un sorriso, quasi per nulla rassicurante.
Il pezzo di violino si fece più ammaliante ed ipnotico, rendendo l’atmosfera intima ed incalzante.

-“Ti piacerebbe, Holt.”

Egli poggiò una mano sul suo fianco mentre l’altra sfiorò, con audacia, il braccio sinistro invitandola a seguire i suoi passi; era una danza particolarmente coinvolgente, eppure era presente un pizzico di malizia in quell’abbraccio languido.
Pian piano la loro unione scemò fino a quando non la lasciò andare.
Per qualche strana ragione, sentiva la mancanza del suo calore e del suo tocco leggero, rimanendo persino dispiaciuta che il ballo fosse giunto al termine.
Qualche ciocca dei suoi capelli castani le finì proprio vicino le labbra umide, dischiuse appena come per proferire qualcosa non  facendo uscire però nessun suono.
Arrossì impercettibilmente sul volto roseo e vellutato, con una goccia di sudore che le rigò una tempia per via della stanchezza.

“Che pensiero sciocco.
Insomma, è solo un ballo…”

Non fece in tempo nemmeno a lasciare la sala che, venne investita da un lungo brivido a percorrerle  tutta la schiena, percependo il tocco di una mano fredda e metallica sulla propria.
Girò di scatto il capo e, con gli occhi sgranati, vide il Grifondoro che, man mano l’avvicinò a sé, facendola piroettare su stessa fino a quando non arrivò a scontrarsi, dolcemente, contro l’imponente petto.
Un calore accogliente l’accolse con dolcezza fra le sue braccia, a cui difficilmente poteva sottrarsi; gli occhi color miele guardarono, adoranti e pieni di stupore, le iridi argentate di lui farsi più intense che mai.
Sentì le sue mani che le toccavano gentilmente la vita, come per proteggerla da ogni pericolo, al che divenne paonazza perché era troppo vicina al viso; ma quando lesse il suo labiale, per poco non le mancarono uno o due battiti.

“Andiamocene di qui.”

Solo allora la musica terminò e uno scroscio di applausi e fischi d’approvazione inondarono la Sala Grande.
Gli insegnanti erano rimasti estasiati dalla bravura dei folletti, persino il direttore dell’orchestra applaudì, con le lacrime agli occhi, per la commozione, mentre alcune persone avevano gridato qualcosa d’incomprensibile, perché alcuni fantasmi dei Serpeverde avevano lanciato il punch sulle loro teste.
Ma era troppo concentrata a decifrare le parole del corvino per preoccuparsi della folla in delirio.

Accadde tutto in un attimo.

Katie rimase attaccata al suo cavaliere, aggrappandosi al suo petto con le unghie, al che il corvino la sollevò appena con la protesi di ferro e, con passo veloce, si mescolarono fra gli studenti  e gli ospiti della festa fino a che non furono fuori.
L’aria calda e soffocante venne ben presto sostituita dal freddo gelido ed umido, accarezzandole la pelle imperlata di sudore e calore.
Il cuore le pulsava forte nel petto e la testa le girava vorticosamente per la stanchezza, ma fu grata di essere libera e respirare l’ossigeno a pieni polmoni.
Usciti dal portone principale, attraversarono i corridoi di pietra e quando furono abbastanza lontani dal caos totale, il grifone rallentò il passo fino a quando non si fermò del tutto.
Erano arrivati proprio all’arco arabescato di una terrazza, grande quanto una casetta di legno, decorata con vari fiori profumati e dai mille colori; c’erano tre scalini e sul pavimento, precisamente al centro, c’era un affresco di due innamorati, abbracciati appassionatamente per suggellare la loro promessa d’amore, che riprendeva lo stile neo classico dell’antica Grecia.
Lì l’aria filtrava a dovere e senza intoppi, dando anche quella sensazione di pace interiore nel proprio Io.
Come prese gli scalini per raggiungere la terrazza, poggiò la Corvonero a terra, facendo attenzione a non farla cadere e non strapparle qualche lembo del suo abito.

-“Lì dentro non si respirav-
Ehi, stai bene? Sei tutta rossa in faccia… non è che hai la febbre?”

Shiro poggiò la mano di ferro sul suo viso accaldato e con ciò le diede sollievo per la sua superficie fredda e liscia; era così assopita da quell’inebriante profumo del Grifondoro che perse la cognizione del tempo.
Senza fare troppi complimenti, premette la mano con la propria per assimilare, quanto poteva, quella freschezza paradisiaca chiudendo man mano le palpebre per godere al meglio l’attimo d’intimità tra lei e il freddo.
Mugolò impercettibilmente, come un gatto che faceva le fusa per aver l’attenzione del proprio padrone per essere coccolata ed amata.

-“Sto bene.
Ho solo bisogno di pace…”

Non poté notare il viso del suo cavaliere andare man mano a sfumarsi di rosso né vedere l’altra mano libera tremare come una foglia, agitato com’era; lo sentiva rigido, anche perché non aveva osato muovere un muscolo del suo corpo.
Rimase lì.
Immobile.
Ad ascoltare, silente, il suono del vento invernale che soffiava debolmente, il battito del suo cuore pulsare, quasi di violenza, sul suo petto e il respiro lento e continuo del corvino.

Era una bellissima sensazione.

Difficilmente avrebbe voluto sottrarsi a quella sequenza di suoni.
Dopo vari minuti, aprì poco a poco gli occhi e sorrise sollevata per essersi ripresa dall’ammaccamento.
Scostò dolcemente la mano di lui dal suo volto ma non osò lasciare la presa; lo guardò negli occhi, senza dirgli nulla, regalandogli un caloroso sorriso con le gote imporporate di rosso.
Come lo erano anche quelle di Shiro, che facevano pendant con la sua cicatrice.
Le stelle erano le spettatrici di quel momento più unico che raro e, con i loro deboli raggi, illuminarono appena i loro volti.
Il Grifondoro aveva sempre provato qualcosa per la giovane Holt ma non era mai riuscito ad esternare questo suo interesse nei suoi confronti proprio perché si sentiva fuori posto, mettendosi anche in testa l’idea che non avrebbe avuto nessuna possibilità con lei.

Così piccola, pura e allegra.

Eppure aveva grinta da vendere, un’intelligenza fuori dal comune e una personalità unica nel suo genere.
L’aveva aiutata a ritornare a volare su una scopa e non poteva certo dimenticare il suo entusiasmo quando smise di avere paura; sorrideva e rideva senza sosta gridando ai quattro venti che non temeva più nulla.
Solo allora capì di essere stato, sempre, attratto dalla Corvonero.
Nonostante gli faceva dei dispetti e spesso si burlava di lui, era una bellissima persona dal cuore puro ed ingenuo.
Erano vicini, fronte contro fronte, a pochi centimetri dalle loro labbra pronte per incontrare ed accogliere la propria dolce metà; i loro respiri si fecero caldi ed intensi e i loro cuori battevano all’unisono come se, da un momento all’altro, sarebbero sbucati fuori dal petto per farsi sentire.
Gli occhi color miele di Pidge luccicarono alla flebile luce delle stelle, le tremò così tanto la voce che parlò un po’ troppo velocemente tenendosi alle sue possenti braccia perché rischiava di cadere per terra.

-“A-ascolta… Io… ecco, non mi sono mai infatuata di qualcuno.
E non so c-come ci si comporta…
Ritenevo che, s-sì, innamorarsi e soffrire per amore fosse un inutile spreco di energie…
C-cioè non era quello che intendevo dire…
I-insomma, se ci fai caso è come una reazione chimica: una volta che inizi la catena, non ne esci p-”

Si tappò la bocca, imbarazzatissima, le guance divennero ancora più rosse scuotendo più volte i capelli raccolti un una morbida crocchia intrecciata.
Abbassò lo sguardo, stringendo un lembo dello smoking, con un‘espressione dispiaciuta e nervosa.

-“A-Ah, queste cose non dovrei nemmeno dirle!
Sono veramente pessima con le parole, scusami.”

Non ottenne nessuna risposta, se non un abbraccio.
Ma era diverso rispetto agli altri.
Non era solo caldo ed accogliente, ma anche appassionato, audace e romantico.
Le accarezzò la nuca castana fino a quando non la premette a sé, andando contro il suo petto; sentendo il suo cuore battere all’impazzata, le provocò una scarica di adrenalina tutto il suo corpo esile.
Si lasciò inebriare dal suo dolce profumo di cannella ed incenso, pregando internamente che tutto quello non fosse solo un sogno.

Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu udire la voce del Grifondoro, al proprio orecchio, farsi più suadente.

-“Credimi… anch’io provo qualcosa per te.”

Poco a poco, i suoi occhi color castagna si sgranarono per la sorpresa mentre il viso divenne sempre più somigliante ad un pomodoro stagionato.
Stava accadendo davvero quello che, per tanto tempo, aveva sperato succedesse con Shiro?
Non era tutto un sogno, vero?

Andò per un attimo in apnea, realizzando finalmente la situazione attuale: non era l’unica strega dell’Universo ad aver avuto dei seri dubbi sui propri ormoni adolescenziali, non era la sola ad aver ricevuto questo fardello a pesarle sulla coscienza e, ancora, non pensava davvero che il grifone provasse le stesse cose che provava lei.
E che sì, Katie Holt era pazzamente innamorata di Takashi Shirogane.

-“Ah, fanculo tutto!”

Non s’accorse nemmeno di aver imprecato a voce alta.
Prese il suo viso e, ammirando nuovamente quella sottile cicatrice, lungo l’altezza del naso, e quei occhi grigi che l’avevano stregata fin dal principio, finalmente poté esprimere tutte le sue emozioni in un unico e flebile tocco alle labbra, fino a quando non si tramutò in un vero e proprio bacio.

Era la sua prima volta.
Takashi era la sua prima volta.
E, per mille fulmini, quelle labbra erano così morbide e fresche al tatto che pensò di aver toccato il cielo con le dita.

Il Grifondoro rimase scioccato, se non sorpreso, dall’audacia della giovine; poco a poco chiuse le palpebre e rispose alla sua tanto agognata gemella, portando a nudo i propri sentimenti per la Corvonero.
Sentiva un gran tumulto di emozioni dentro di sé e questo lo portava a fremere un pochino; ogni secondo che passava con lei, il fuoco che aveva tenuto a bada, per tutto quel tempo, si alimentò sempre di più.

Era intenso e, dannazione, non riusciva a fermarsi.

Il suo profumo delicato di margherite ed osmanto gli andò alla testa e quelle labbra, dannatamente dolci come pesche appena raccolte in una giornata di primavera, lo facevano impazzire non poco; la strinse ancora più a sé, per scambiarsi reciprocamente non solo il calore, ma anche quell’innocente passione di due persone che si amavano ed essere una cosa sola.
Durò poco quel momento magico tra i due ragazzi, però fu abbastanza intenso da percepire, ancora, la presenza di quel bacio fugace.
Il corvino affievolì il tocco, con il rossore che gli contornava non solo il viso ma anche le orecchie, e guardandola negli occhi sorrise dolcemente alla Corvonero.
La teneva ancora fra le sue braccia, una ciocca di capelli castani le coprì la bocca rosea mentre le sue iridi color castagna luccicarono appena vedendolo sorridere; scostò con una mano il ciuffo e sfiorando la guancia bollente in una carezza, con il pollice, creò vari semicerchi immaginari.

Katie rimase senza fiato.

Aveva ancora i brividi d’eccitazione lungo la schiena, il cuore non smetteva di battere forte nel petto e il continuo bruciore al viso, come se scottasse; tuttavia, doveva ammettere che il suo primo bacio era stato indimenticabile.
Dato che l’aveva provato sulla sua stessa pelle, difficilmente se lo sarebbe scordato.
Una domanda le uscì spontanea dalla sua bocca, esternando così il suo pensiero che da tanto tempo l’attanagliava.

-“Takashi… sei felice?”

Di tutta risposta, il Grifondoro la sollevò in aria facendola volteggiare su se stessa, aveva un gran sorriso a trentadue denti e non c’era bisogno di un’indovina per scoprire che il suo partner stava ridendo di gioia.
Entusiasmo a parte, rischiò di avere qualche vertigine di troppo.

-“Non sono mai stato più felice di così, davvero.”

La calò dolcemente fino al suo volto, fronte contro fronte, tenendola ancora stretta a sé; si perse, nuovamente, in quelle pozze color miele farsi più complici e mentre i loro nasi si sfiorarono, il suo sorriso s’arricciò sinuosamente.
Aveva l’aria di chi voleva combinare qualche marachella.
Era in procinto di risponderle ma venne zittito dall’indice affusolato dell’italiana, che si era avvicinata quatta fino a mordicchiargli teneramente il naso.

-“E sentiamo… come vogliamo festeggiare la serata?”

-“Katie…”

Rise di gusto vedendo le sue guance colorarsi di rosso: era sempre una gioia per gli occhi vederlo così impacciato per la sua risposta pronta.
Era più forte di lei.
Diede un casto bacio sulla fronte mentre un gran sorriso si formò sulle sue labbra.

-“Suvvia Capitano!
La notte è ancora giovane e sarebbe un vero peccato sprecarla così, no?”

-“Mhm… sai cosa ti dico?
Hai ragione, qui le stelle sono bellissime e si vedono benissimo da quest’angolazione, vedi?”

La rimise con i piedi ben piantati a terra, guardandola divertito con un sopracciglio inarcato all’insù; facendo un piccolo inchino, sporse la mano di ferro davanti alla sua visuale.
Pidge lo guardò leggermente confusa da quel gesto ed inclinò la testa, oscillando di poco le ciocche castane che, ormai, stavano diventando una crocchia intrecciata scomposta e disordinata.
Il trucco, sopra gli occhi color miele, era ancora lì ma si era sciolto appena arrivando a sporcarle di poco la palpebra inferiore.

Ma non ci diede molto peso.
Dopotutto, non era più costretta a rientrare nella Sala Grande e sorbirsi la festa.
Troppo pacchiana per i suoi gusti. 

-“A che pensi?”

Un sorriso euforico si fece strada lungo la linea della bocca mentre il profumo delle camelie si propagava  nell’aria; per quanto fossero al coperto su una terrazza e fuori facesse ancora freddo, sentiva ancora il calore delle guance riscaldarle l’animo.
Conosceva fin troppo bene quello sguardo.
Non era la prima volta che il grifone proponeva qualche idea folle: infatti, assieme a Lance, Takashi faceva tanto la persona più ragionevole del mondo, quando poi era il primo a prenderne parte.

Che ci poteva fare, era la forza dell’abitudine.

-“Posso avere l’onore di questo ballo, signorina Holt?”

La Corvonero si portò una mano al petto, per regolare il respiro e calmare le sue risate che le dolevano non poco alla pancia e senza farsi troppi complimenti, poggiò la sua mano su quella di ferro accettando così la sua richiesta.
Quel ragazzo era pazzo.
Tuttavia, lei non era da meno.

-“Con piacere.”

Si ricongiunse nuovamente all’imponente petto del nipponico e lasciandosi guidare dai suoi passi, inspirò a pieni polmoni l’aria a sé circostante e poi il profumo inebriante del suo cavaliere; aveva cominciato a percepire un po’ il freddo penetrarle, quasi prepotentemente, nella pelle rosea ma dato che era protetta dalle braccia del Grifondoro, non temeva nulla.
Si lasciò semplicemente andare a lui.
E man mano, ballarono un lento e sinuoso valzer; Shiro la faceva volteggiare di tanto in tanto, ma rimasero sempre vicini per ascoltarsi, a vicenda, i sospiri e i cuori.

Un semplice ed innocuo “tum, tum”.
Ma era il suono più bello del mondo.

Le baciò la nuca con estremo amore passando poi alla fronte per poi ritornare a giocherellare con i suoi capelli castani; non le dispiacque affatto ricevere quelle attenzioni affettuose dal suo partner, nonostante fosse lievemente anafettiva.
Ridacchiò leggermente a quel gesto.
Capitava che l’occhio argentato andasse a cogliere qualche costellazione particolare nel cielo; eppure distoglieva lo sguardo, ritornando ad ammirare, estasiato, quella piccola stella che aveva fra le braccia.

E quella stella rispondeva il nome di Katie Holt.

Passò del tempo, non sapeva quanto, ma smisero a danzare senza però sciogliere quell’unione chiamata abbraccio.
E in quel preciso istante, vide una miriade di stelle che, con le sue fioche luci, giocavano con il manto scuro di quella notte fredda e pungente.

Era uno spettacolo bellissimo, pensò.

Con la coda dell’occhio, notò che anche il suo cavaliere stava ammirando quel cielo infinito; il ciuffo bianco gli accarezzava dolcemente la fronte e gli occhi grigi, il volto scolpito e severo era rilassato e sorrideva sereno, come se si fosse tolto un gran peso dalla coscienza.

“Ha un espressione così mansueta quando non è teso…”

Sorrise senza che se ne rendesse conto.
Vederlo così tranquillo e pacato, le scaldò il cuore.

Era da più di un mese che Pidge aveva preso quella folle decisione di evitare qualsiasi contatto umano, compreso Shiro e suo fratello maggiore; quella fobia per i Dissenatori l’aveva fatta impazzire non poco e aveva avuto paura, persino, di uscire fuori dal castello per quant’era paranoica.
Tuttavia, durante quel suo isolamento volontario, aveva provato un vuoto enorme nel suo animo.
Sentiva che le mancava qualcosa, ce l’aveva anche sulla punta della lingua, ma non sapeva nemmeno esattamente cosa.
Ci aveva messo del tempo affinché lei accettasse la realtà dei fatti ma, pian piano, la risposta arrivò da sola.

E aveva un nome: Takashi Shirogane.

All’inizio era andata in escandescenza per una cosa così sciocca e antiscientifica, eppure non si era mai soffermata attentamente su quell’eventualità.
Troppo occupata a crucciarsi che non avrebbe più messo le mani su un manico di scopa e che non si sarebbe ripresentata, mai più, un’occasione di esternare al grifone tutti i suoi sentimenti, dato che, invece, la Tassorosso, Allura Altèan, aveva tutte le carte in regola per conquistarlo.

Eppure al Ballo del Ceppo era con un altro cavaliere.
Ringraziò mentalmente che quell’incubo non si fosse mai realizzato.

Lui era sempre stato lì, ad aspettarla, e non voleva nessun’altra al suo fianco se non la Corvonero.

A distrarla dai suoi pensieri, fu una brezza invernale che la fece tremare di freddo; le spalle esili e scoperte per metà dal vestito tremarono appena e una piccola nuvola di condensa uscì dalle sue labbra rosee.
Ma prima che potesse dire o fare qualcosa, venne avvolta in una giacca nera che le stava più grande di tre taglie ma s’attenuò il continuo tremore del suo corpo.

-“Va meglio?”

Alzò lo sguardo sorpresa lasciando scappare, indisturbato, un gridolino.
Per poco non ci rimase secca.
Shiro aveva tolto da mezzo la cravatta, buttata chissà dove nel terrazzo, lasciando il colletto della camicia immacolata lievemente scoperto; aveva un gilet, del medesimo colore dello smoking, aperto lasciando in bella vista il torace aderente.

E per le mutande di Merlino, cosa voleva combinargli con quei bottoni che supplicavano di essere liberati!
Stava dando i numeri quella sera e non solo in quel senso.

Adesso capiva perfettamente perché alcuni ragazzi dell’istituto lo avevano etichettato come “Il Campione”.
Era uno stallone di prima categoria.
Il suo viso s’imporporò, per l’ennesima volta, di rosso arrivando persino alle orecchie, le fremette il labbro inferiore e senza fare troppi complimenti sbraitò a voce alta con un’occhiata torva ed imbarazzata.

-“Oh ma insomma!”

Come chiuse per un attimo gli occhi, Pidge diede dei piccoli pugni sul suo petto, come se volesse colpirlo con la forza senza, però, ottenere il risultato tanto desiderato.
Il Grifondoro, giustamente, rimase confuso da quel gesto guardandola più che smarrito; ma non dovette aspettare molto per comprendere perché la ragazza se la stava prendendo con lui.

-“Smettila di essere schifosamente sexy!
Mi metti in una situazione difficile, dannazione.”

Solo allora udì la sua risata, così cristallina che perse quindici anni della sua esistenza, echeggiare nell’aria; era bella, gioiosa e così dannatamente vera.

Aveva dimenticato com’era la sua risata, o meglio, non l’aveva mai sentito ridere spontaneamente.
Le prese dolcemente i polsi fermando così i suoi colpi e, guardandola intensamente negli occhi, s’avvicinò appena al suo viso fino a quando non sussurrò qualcosa al suo orecchio.
Dovette sorreggersi a lui per non cadere a terra.

-“Nothing is like you, neither the stars, neither the galaxy, you are more and more beautiful of them all…

Senza che se ne rendesse conto, le labbra della Corvonero vennero rapite in un bacio caldo ed intenso.
Le sue iridi color castagna, dapprima spalancate per la sorpresa, si chiusero lentamente, si rilassò poco a poco stando fra le sue braccia e, solo allora, rispose al suo bacio.

Era una sensazione afrodisiaca.

Non desiderò nient’altro se non quello di rimanere con Shiro, a baciarsi così, appassionatamente.
Tra quel manto di stelle che li osservava dall’alto, silenti, il fruscio del vento gelido d’inverno che sembrava tanto un usignolo disperato, quei candidi prati, ricoperti di brina gelata, e il rumore silenzioso della notte, Katie chiuse definitamente gli occhi e si lasciò andare alla dolcezza di quel bacio, di quel momento e di quel Takashi.

Il suo Takashi.

E non poté fare a meno di contenere un sorriso a trentadue denti contro le labbra del suo amato.
Guardò il cielo, le stelle, la galassia, e pensò che tutto quello non fosse niente confrontato con lui.

 

*~°~*

 

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Abito di Katie “Pidge” Holt

 

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Abito di Allura Altèan

 

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Abito di Nyma Blitzen

 

 

Note dell’autrice:

 

Heyla bella gente c:
Sono ancora viva muahhahahhahah (pensavate veramente che me ne fossi andata? Invece no nhehehe ewe)
Rieccomi qui, con una nuova one-shot dedicata ad uno dei tanti contest di Fanwriter.it: Playing With Magic, sezione dedicata esclusivamente al magico mondo di Harry Potter~
Oggi ho voluto proporvi, per l’ennesima volta, un AU riguardante Voltron (e sì, sarà sempre il mio pane quotidiano) e sono stata non poco in difficoltà a scegliere i prompts che, a proposito, erano TUTTI bellissimi-
Più in avanti ci farò una bella raccolta di one-shots e colmerò tutte le mie angosce per non aver optato le varie scelte.

(Forse ci metterò più fandom, per renderla più colorata ed interessante)

Devo essere sincera, non mi sono mai impegnata così tanto per un contest di scrittura; ci ho messo tutta me stessa e non solo: ho delle occhiaie da far paura, sono più iperattiva del normale, fin poco paziente e un sonno assurdo.
E mi sa che in questi giorni riposerò meglio hahhhahaha

(mica tanto visto che devo darmi da fare con la scuola di moda e preparare alcuni cosplay per la fiera che andrò a fine Aprile sigh)

Cooooooooomunque, vi sarete sicuramente chieste perché non ho approfondito sulla fobia di Pidge sui Dissenatori… la farò semplice: dato che non volevo rendere l’intera ff troppo lunga, ho pensato che sarebbe stato meglio scriverlo in un altro momento, magari con più calma.
E’ sicuro che ci creerò uno spin-off.
State tranquille/i(?)
Mi vedrete ancora in circolazione qui su EFP e su Wattpad c:

E niente, mi sono divertita un sacco a scrivere sulla mia ship preferita di Voltron, nonostante gli scleri e le bestemmie(?)
Mi era mancata della sana Shidge e credo che sia una delle fanfiction più belle che abbia mai scritto, dato che ci tenevo a renderli così belli-
Non potrei mai smettere di amare questa ship ;-;
E’ così pura ed innocente awww

*partono gli scleri*

COME SI FA A NON AMARLI?

C O M E-

E niente, cosa volevo dire ancora?
Ah si una cosa c’è…
Stento a credere di aver raggiunto un nuovo traguardo (personale s’’intende) ovvero quello di approdare nelle 10.000 parole, cosa a cui credevo che non fosse umanamente possibile arrivarci-
E invece, ci sono riuscita ;u;

P I A N G O-

Ah già che ci sono, ringrazio due persone speciali che mi hanno aiutata a mandare avanti la storia (e sopportato i miei scleri lmao) ovvero: 

@Always__Potterhead  (che mi ha aiutata con le correzioni dell’intera shot e scusami ancora per averti fatto esasperare hahhaha)

@nihil_chan (che mi ha dato preziosi consigli sul titolo, la frase poetica di Ciro e i vari scleri insomma ewe)

Ripeto, lo spin-off della fobia di Pidge e la raccolta di shots AU!HP with many fandoms(?) li farò prossimamente (salvo qualche esaurimento nervoso lmao)
Molto probabilmente, per un po’ di tempo salterò qualche concorso di Fanwriter.it perché vorrei riposarmi: è, praticamente, dal primo di  Marzo che scrivo ininterrottamente.
Capitemi quando vi dico che mi fanno male le mani e gli occhi per via dello sforzo sovrumano lmao :D
Detto questo, se vi è piaciuta la shot, per favore lasciate una recensione se potete: mi farebbe un sacco piacere leggere le vostre opinioni, cosicché io possa migliorare nella scrittura.
Vi saluto per un prossimo aggiornamento di altre ff e shots.

Baci,
Black-chan

   
 
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