Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    15/03/2018    1 recensioni
Elke abbassò lo sguardo sulla sua mano, sul suo polso che ancora Mattheus stringeva. Era un uomo a volte duro, a volte irriverente, il più delle volte strafottente, ma una cosa l'aveva colpita fin dal primo istante in cui lui aveva sfiorato la sua mano dieci giorni prima, fermandola quando stava per scoccare una freccia contro i sei arcieri del villaggio che l'avevano attaccata: il tocco di Mattheus era delicato, gentile, buono; non vi era traccia di possesso, forza o prepotenza ed era opposto al suo modo di fare tanto scontroso e cinico. Mani gentili, ma di una persona che per la maggior parte del tempo si faceva beffe del suo prossimo. Eppure, quando era serio, Mattheus sembrava quasi un'altra persona, saggia e, sotto un'apparente durezza, gentile. Scosse la testa, turbata, rendendosi conto forse per la prima volta che sarebbe stato difficile conoscere per davvero quello stregone. Sotto la sua scorza tanto dura, doveva nascondersi un mondo ben più complesso e sconfinato di quel che appariva. Spesso la prendeva in giro, ma anche in quegli istanti, se si stava bene a ragionare sulle sue parole, Mattheus non faceva che darle insegnamenti.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Scivolò silenziosamente fra i corridoi, come una ladra. Nelle ultime ore aveva infranto talmente tante regole di quel convento che probabilmente non aveva più diritto di stare fra quelle mura e sicuramente le suore potevano trovare senza sforzo mille buoni motivi per riempirle il viso di schiaffi, lo sapeva bene. Non aveva svolto molti dei lavori assegnati, aveva lasciato la Chiesa evitando di festeggiare il Natale in modo cristiano, aveva passato la notte con un uomo pur non essendone la moglie. No, decisamente i metodi rieducativi di suor Faustine nei suoi confronti non avevano funzionato, pensò ironicamente. Doveva giocarsi bene le sue carte se voleva raggiungere i suoi obiettivi, riordinare le idee e poi agire senza avere paura.

Lasciare Mattheus era stata la cosa più difficile che avesse mai fatto e una volta chiusa la porta alle sue spalle aveva provato subito il desiderio, la necessità di riaprirla e scappare con lui. Solo la consapevolezza che non poteva farlo, che non avrebbe trovato la serenità che cercava se fosse scappata, l'aveva fatta desistere. Avrebbe riabbracciato Mattheus, si sarebbero amati senza più nulla a dividerli e avrebbero passato il resto delle loro vite insieme, ma quello non era ancora il momento.

Arrivò alla sua stanza senza problemi e senza incontrare nessuno per i corridoi ed entrò di soppiatto. Helena dormiva nel suo letto ed Anna era accanto a lei. La bimba non era ancora guarita del tutto e finché la febbre non le fosse passata, sarebbe rimasta con la madre.

Sospirando, Elke si sedette sul letto dell'amica, scuotendola lievemente per svegliarla. "Helena".

La ragazza mugugnò nel sonno e poi, dopo averla osservata di sottecchi con un occhio aperto, con un balzo si sedette sul letto, con la faccia di una che sembrava avesse appena visto un fantasma. "Elke! Dannazione, sei quì! Ti prenderei a schiaffi per la paura che mi hai fatto prendere. Dove sei finita? Pensavo fossi morta, che ti fossi uccisa, che ti avessero rapita".

"Santo cielo, come sei tragica!".

Helena la prese per il bavero, attirandola a se con fare minaccioso. "Tragica? Suor Faustine ti ha massacrata e sono giorni che sei completamente fuori di testa, che dici cose senza senso e che ti trascini per il convento come una mummia. Sei ferita, avevi la febbre e di colpo sei sparita senza dire nulla, cosa avrei dovuto pensare?".

Elke abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. "Scusa. Non volevo sparire e farti preoccupare, è successo tutto molto in fretta e io... non ho potuto farci nulla".

Helena sospirò, appoggiando la schiena contro la spalliera del letto. Anna si svegliò a causa del trambusto, strofinandosi gli occhi e rifugiandosi fra le braccia della madre. "Ekke" – disse, allungando le braccia verso la ragazza albina.

Elke le sorrise, prendendola fra le braccia. Anna l'aveva vista nascere, ricordava nitidamente quel giorno di due anni prima quando, in quella stessa stanza, era venuta al mondo strillando ancora più forte di quanto avesse fatto la madre durante il travaglio. Era come una specie di sorellina o nipotina per lei e sapeva che le sarebbe mancata quando fosse tornata da Mattheus. "Non sono più ferita" – disse infine, mostrando le mani ad Helena.

La ragazza la guardò accigliata e poi spalancò gli occhi, sorpresa e forse terrorizzata. "Che razza di magia diabolica è questa? Come hai fatto? Avevi la schiena e le mani distrutte dalle frustate e ora non hai nemmeno un graffio. Elke, questa è stregoneria!".

Elke scosse la testa. Capiva la paura di Helena, lei come tutti non sapeva nulla di Mattheus, della sua magia, di come sapesse ottenere quello che voleva dall'acqua del lago di Valdurna. "Non è stregoneria te lo assicuro. Al contrario... è amore".

Helena parve scettica. "Tu... non sei la figlia del diavolo per davvero, giusto?".

A quella domanda, Elke sorrise. "No, stupida! Se mi dai un attimo, ti racconto".

"Ti do anche tutta la mattinata, ma mi devi dire tutto. E cerca di essere convincente perché crederti non sarà facile".

Elke prese un profondo respiro. "Ti ricordi quando ti ho detto che ho lavorato per un uomo della Val Sarentino, prima di venire a Bozen?".

"Sì".

"L'ho rincontrato quì per caso. E' lui che ti ha dato la statuetta della lupa ed è lui che mi ha curata. E' uno stregone e...".

A quelle parole, Helena spalancò gli occhi, come se avesse capito ogni cosa. "Accidenti, ora ci sono! Hai detto che vivevi a Pennes e in quel posto vive Pfeifer Huisele, il famoso stregone, ora che ci penso! Ho sentito spesso parlare di lui come di una specie di leggenda, è conosciuto in tutto il Tirolo. E' per lui che hai lavorato? E' lui che ti ha insegnato a leggere?". Helena era a bocca aperta, incredula. "Cara mia, o tu sei davvero la figlia del diavolo oppure sei dannatamente fortunata ad averlo conosciuto". Osservò le sue mani, accarezzandole. "Beh, qualunque cosa sia, l'importante è che ti abbia curata e guarita. Ero così in ansia per te".

"Ero strana negli ultimi giorni".

"Eri pazza!" - sbottò Helena. "Da legare! Credevo avessi perso per sempre il senno. Solo una leggenda come lui poteva aiutarti".

A quelle parole, ad Elke venne da ridere. Era così strano sentire parlare di Mattheus in quei termini, come di una celebrità, un personaggio pubblico famoso, soprattutto considerando quanto in realtà lui fosse solitario, brontolone, poco amante del chiasso e della confusione attorno a se.

Però su una cosa Helena aveva ragione, solo lui avrebbe potuto salvarla dall'inferno in cui era precipitata. Si morse il labbro, ricordando quanto difficili fossero stati gli ultimi giorni per lei. Era caduta in un'apatia e in una sorta di torpore da cui nemmeno Helena e la piccola Anna riuscivano a svegliarla. Tutto era diventato ovattato e lontano, soffocato dal dolore fisico che le lacerava ogni fibra del suo corpo. Non parlava più con nessuno, non ascoltava nessuno e lavorava e basta, come un'automa, spinta da una strana forza che non credeva di avere. O dalla paura di essere frustata ancora... "Ora sto bene". Osservò l'amica, Helena era l'unica che la ascoltasse e l'unica con cui si confidasse. Le mancava terribilmente Mattheus e non avrebbe potuto parlare di lui con nessun'altra. "Helena".

"Cosa?".

Strinse a se Anna che, tranquilla, era intenta a giocare con la stoffa del suo mantello. "Ho passato la notte con lui".

Helena alzò le spalle con noncuranza. "Me ne sono accorta, sei tornata solo ora e...". Improvvisamente si bloccò, spalancando occhi e bocca incredula. "No, aspetta Elke! Quando tu dici che hai passato la notte con lui intendi che... hai passato la notte CON lui... in quel senso?".

"Sì".

Sul viso di Helena comparve un sorrisetto malizioso. "Oh... Porca miseria, era ora che ti decidessi! Credevo non l'avresti mai fatto! Racconta!".

Elke arrossì. "No! Non ti racconto nulla, sono fatti miei e c'è quì pure Anna, non mi sembra il caso".

Helena le tolse dalle braccia la figlia, mettendola a sedere sul letto. "Oh, Anna è mia figlia, mica si scandalizza! Lei è come me, aperta a tutto".

"Helena!".

L'amica scosse la mano con noncuranza. "Avanti, piantala! Ha due anni, cosa vuoi che capisca! Fra cinque minuti si sarà dimenticata di questa conversazione".

"Sì, ma non mi va di raccontartelo lo stesso".

"Se me lo racconti, in cambio ti racconto della notte in cui ho concepito Anna".

Elke la guardò storto, indecisa se picchiarla o scoppiare a ridere. Alla fine prese il cuscino e glielo gettò in faccia. "No grazie, credo che ne farò volentieri a meno".

"E dai, dimmi se ti è piaciuto almeno".

Elke sorrise a quella domanda, ricordando per un attimo quegli attimi così intensi vissuti con Mattheus poche ore prima. Era stato tutto così perfetto, pulito, dolce, delicato e senza fretta... "Sì, molto" – ammise.

Credeva che Helena avrebbe insistito con le domande ma la sua amica la stupì, facendole scorrere le braccia attorno al collo e limitandosi ad abbracciarla. "Sono contenta per te, davvero".

"Lo so". Se c'era qualcuno che le volesse bene e sinceramente in quel posto, quella era Helena. Si preoccupava per lei da sempre e sapeva che per lei voleva il meglio.

"Accidenti... la tua prima volta con lo stregone di Pennes" – commentò ironicamente. "Elke ma... mi spieghi allora cosa ci fai quì? Insomma, perché sei tornata in questo posto infernale invece che startene con lui? Ti ha cacciata dopo averlo fatto? Ti ha trattata male e sei scappata?".

"No, niente di tutto questo". Elke sospirò, era ora di cominciare ad agire e doveva partire proprio da Helena. "Io resterò quì ancora un pò e non me ne andrò finché non avrò trovato il modo di far andare via anche te ed Anna. Lui avrebbe voluto che partissi subito con lui ma ha capito le mie necessità e, nonostante non ne fosse felice, non ha fatto storie a lasciarmi quì. Ma gli ho promesso che entro l'estate lo raggiungerò a Pennes e io...".

Helena si rabbuiò, ogni traccia di divertimento e curiosità scomparve dal suo viso. "Sei tornata per me ed Anna? Elke, è la cosa più idiota che tu abbia mai fatto e voglio che tu riprenda quella porta e te ne vada da quì. Vai da lui e fuggi da questo posto, hai vissuto l'inferno quì e io non permetterò che ti risucceda qualcosa di male a causa mia".

"Helena, sei mia amica, voglio aiutarti, so come fare!".

L'amica si morse il labbro, arrabbiata. "No! Se non te ne vai, io non ti parlerò mai più. E vieterò anche ad Anna di farlo! Appena saprà parlare, ovvio...".

Elke sospirò, prendendole la mano fra le sue. "Helena, non sono tornata solo per te, ci sono tanti buoni motivi che mi tengono lontana da Pennes per ora. Io non voglio scappare senza affrontare suor Faustine e tutte le mie paure, non voglio affidarmi solo all'amore di un uomo per essere felice. Ho bisogno di star bene con me stessa per stare bene davvero con la persona che amo e ora non è così, non sto bene. Non riesco nemmeno a guardarmi in uno specchio senza vergognarmi di me stessa dopo quello che è successo e non voglio vivere pensando che suor Faustine creda che sia fuggita".

"Suor Faustine è la tua peggiore nemica quì e non la spunterai con lei" – obiettò Helena, guardandola di sbieco.

Elke annuì. Lo sapeva benissimo, non c'era bisogno che Helena glielo ricordasse. "Ma potrebbe diventare la mia più preziosa alleata, se tutto va nel verso giusto. Fidati di me, ti prego!".

Helena sospirò, stringendo a se la figlia. "Cosa vuoi fare?".

"Fare in modo che tu possa trovare un buon lavoro che ti permetta di andartene e mantenerti. Indipendenza da questo posto, per te ed Anna. Devi imparare anche tu a leggere e scrivere e ho bisogno di tempo per insegnartelo, di inchiostro, carta e libri. Ho promesso a Mattheus... a Pfeifer Huisele come lo chiami tu, che entro il solstizio d'estate sarei tornata da lui e quindi mi servi attenta e collaborativa".

Helena spalancò gli occhi, guardandola come si guarda un pazzo. "Tu sei completamente folle, la notte d'amore con quell'uomo ti ha spappolato il cervello! Elke, io non sono come te, io sono una somara nata da due persone più somare di me che non avevano neanche il pane da mettere in tavola e non sapevano contare nemmeno le dita che avevano nelle loro mani. Io non sono una da libri".

Elke sbuffò. "E io sono figlia di due bigotti che preferivano credere alle superstizioni piuttosto che prendersi cura di me, eppure ho imparato. L'ho fatto io e puoi farlo anche tu, per te e soprattutto per garantire un futuro ad Anna".

"Tu hai imparato con LUI. Pfeifer Huisele ti ha scelta perché in te ha visto intelligenza e capacità. Uno così non si innamora facilmente e di certo non amerebbe una sciocca, non si accontenterebbe di una qualunque! Tu sei diversa da me e da tutte le altre ragazze ospitate quì, hai modi di fare delicati, puliti, si direbbe quasi che tu sia nobile sia di animo che di nascita. Io non sono come te, nemmeno lontanamente. E poi dove vorresti trovare carta, inchiostro e penna? E i libri? E il tempo per insegnarmi?".

"Troverò tutto da Suor Faustine!" - rispose Elke con sicurezza. "Che ne dici?".

"Dico che a breve parteciperò al tuo funerale".

Elke rise, nonostante tutto. Affrontare quella suora non sarebbe stato facile, avrebbe dovuto usare cervello e diplomazia ma sapeva che poteva spuntarla, se sapeva sfruttare a suo vantaggio quanto successo la notte prima con Mattheus. Si stese sul letto, accanto all'amica e alla figlia, decisa a riordinare le idee e a riposarsi. "Lascerai che ti insegni quello che so?".

Helena alzò gli occhi al cielo, esasperata. "Se sopravviverai a suor Faustine... Ma non aspettarti troppo da una somara come me!". Con poca grazia le gettò le coperte addosso, stendendosi accanto a lei. "Ora dormi un po', suppongo tu sia stanca, è!" - concluse, con fare malizioso.

Elke sorrise, facendo finta di non notare le sue occhiatacce. Frugò nella sua tasca, tirando fuori le ampolle dell'acqua del lago che le aveva dato Mattheus. "Sono per Anna, me le ha date lui. Fagliela bere e guarirà del tutto".

Helena spalancò gli occhi e per un attimo trattenne il fiato. Sfiorò, quasi timorosa, le piccole ampolle nella sua mano. "La sua acqua? L'acqua magica... Per Anna?".

"Esatto!". Elke rimise la mano in tasca, cercando ancora. C'era dentro qualcos'altro oltre all'acqua, una specie di piccola sacca di pelle che aveva sentito al tatto poco prima, e non aveva la minima idea di cosa fosse. La trovò e la tirò fuori, osservandola incuriosita. Non ricordava di aver preso nulla dalla stanza di Mattheus quando se ne erano andati...

"Cos'è?" - chiese Helena, mentre anche la piccola Anna guardava incuriosita.

Elke alzò le spalle, aprì il sacchetto e ne rovesciò il contenuto sulla mano. E quando vide di cosa si trattava, sorrise. "Cioccolata..." - sussurrò, osservando i piccoli pezzi di dolce fra le sue mani.


Il suo respiro non era ancora tornato regolare e i loro corpi erano ancora talmente vicini da sembrare fusi. "L'avresti mai detto che sarebbe finita così fra noi?".

Mattheus le aveva accarezzato i capelli, piano, anche lui col fiato ancora corto ed affannato. "Forse sì".

"Davvero? Non mi guardavi mai come un uomo guarda una ragazza, quando vivevo con te a Pennes. Non ti accorgevi quasi di me".

Lui aveva sorriso, baciandola sulle labbra. "Non è proprio così. Ti consideravo ancora... piccola... non eri pronta per questo genere di cose ma ti assicuro che certe volte, quando te ne giravi in casa con la camicia da notte o la sottoveste, tranquilla e senza la minima malizia, ecco... io un pò malizioso invece lo ero. E facevo molta fatica a far finta di nulla. Ripetermi e ripeterti che eri una ragazzina era il modo migliore per cercare di convincermi a fare il bravo, certe volte!".

Rise, a quell'ammissione. "Una volta mi avevi sgridata, dicevi che dovevo coprirmi di più e che se ci fossero stati i miei genitori, mi avrebbero presa a schiaffi per il modo in cui giravo per casa davanti a un uomo. E che tu gli avresti dato ragione! Allora non avevo capito perché ti fossi arrabbiato tanto e fossi così imbarazzato, sai? Credevo volessi solo borbottare senza un perché, avevo un'idea molto romantica e molto poco pratica di cosa fosse l'amore fra un uomo e una donna".

"Beh, ora lo sai, mi pare".

"Sì decisamente! Anche se per un secondo, anche se facevo la coraggiosa, ho avuto un pò paura".

Il viso dello stregone si era addolcito a quella ammissione. "Me ne sono accorto, per un attimo ti ho sentita tremare".

Lo sapeva che se n'era accorto. Aveva rallentato, le sue carezze e i suoi baci si erano fatti più delicati e lenti e l'aveva accarezzata a lungo, guardandola in viso e aspettando di capire quando fosse stata pronta per proseguire. Avevano fatto l'amore insieme e per tutto il tempo Mattheus aveva prestato più attenzione a lei che a se stesso, ad ogni suo respiro o movimento. Aveva avuto una pazienza e una dolcezza infinita con lei e sapeva di essere stata fortunata, che non a tutte le ragazze era concesso un trattamento simile. "Hai saputo aspettare, tranquillizzarmi, attendere il momento giusto. Lo hai sempre fatto, da quando mi sgridavi perché giravo in camicia da notte per casa".

Si erano baciati ancora e poi Mattheus aveva allungato il braccio fino al suo comodino, prendendo una piccola sacca di pelle che vi era appoggiata. L'aveva aperta e sulla sua mano erano comparsi piccoli pezzi di un prodotto che le era sconosciuto, dal colore del tronco degli alberi. "Cos'è?".

"Cioccolata. L'ho presa pochi giorni fa in piazza al mercatino di Gesù Bambino. A Pennes non si trova ma quando per qualche motivo vengo quì, la compro sempre. Assaggiala!".

Poco convinta, aveva lasciato che le sue dita le sfiorassero le labbra, facendo scivolare nella sua bocca un pezzo di quella... cioccolata. Un sapore dolce e intenso le invase in palato e trovò che era delizioso, non aveva mai provato nulla di simile.

"Ti piace? Sai, ti farà bene, questa ti darà un sacco di energia e solo Dio sa quanto ne hai bisogno".

"Sì, la adoro".

"Mangiane quanta ne vuoi, devi recuperare le forze e ho il sospetto che in quel convento non ti diano abbastanza cibo, da quanto sei magra".


Sorrise, stringendo a se il sacchetto. Non si era accorta che Mattheus lo avesse messo di nascosto nel suo mantello e anche questo era tipico di lui. I suoi gesti, specie quelli più gentili, non erano mai plateali ma li faceva di soppiatto, quasi di nascosto, come se se ne vergognasse. "E' cioccolata, Helena. Provala, questa a te ed Anna fa bene di sicuro".

"Ne sei certa? Ha un colore strano...". Un pò titubante, l'amica la assaggiò, facendola provare anche alla sua bambina. E anche lei e la figlia ne risultarono entusiaste, tanto che Anna tentò di prenderne altra, allungando le mani verso di lei e il sacchetto.

"Se quell'uomo ti ha regalato una cosa del genere, deve amarti davvero tanto. Questa cosa che abbiamo mangiato, io l'ho vista in piazza, al mercatino, e costa un sacco di soldi".

Elke sorrise. "Mattheus non ha problemi di denaro e gli piace spenderlo per viziarsi".

Helena le prese una ciocca di capelli fra le mani, giocandoci. "Diventerai come una principessa, con lui".

"Ci sposeremo questa estate".

"Sono contenta per te". Lo sguardo di Helena si fece serio, mentre stringeva a se Anna. "Sei fortunata, l'amore è una cosa rara e il più delle volte è dettato solo da interesse o egoismo. Sarai felice e lui... lui pure! E' un uomo intelligente come dicono, visto che ha scelto te".

"O molto folle!" - ribatté Elke, ripensando a tutti i pro e ai molteplici contro alla loro unione.

"Andrà bene. E ora dormi un pò, almeno sfuggirai per qualche ora ancora alla vista di suor Faustine".

Elke le annuì, era stanca davvero, e insieme ad Helena e ad Anna si addormentò nello stesso letto, dormendo finché la luce del giorno invase la loro stanza.

Fu una giornata strana, quella.

Elke si alzò, si vestì come di consuetudine con gli abiti del convento e si accodò alle altre ragazze. Era il giorno di Natale, un giorno di festa anche per loro e non era previsto che lavorassero. Aveva pranzato con le altre nel reflettorio, un pasto modesto ma decisamente migliore di quello a cui erano abituate, aveva partecipato alla Messa e aveva incrociato anche suor Faustine nel corridoio, nel primo pomeriggio.

La suora aveva spalancato gli occhi sorpresa, si era morsa il labbro e lei si era aspettata che esplodesse dalla rabbia alla sua vista. Non era tanto sciocca da non pensare a quanto ce l'avesse con lei, dopo le minacce e la paura che le aveva fatto prendere Mattheus solo poche ore prima e poteva scommetterci, ardeva dalla voglia di rimettere mano alla frusta e farle pagare tutta la sua sfrontatezza.

Ma suor Faustine tacque. La guardò per un lungo istante, si torse le mani l'una nell'altra e poi proseguì per il corridoio senza dire una parola.

Elke si era accasciata contro la parete, le gambe che le tremavano. Suor Faustine era colei che deteneva più potere nel convento, a lei spettavano le decisioni su come spendere il denaro e organizzare la vita comunitaria e se voleva raggiungere i suoi obiettivi, era con lei che doveva scendere a patti.

Nessuno l'aveva disturbata durante la giornata e Elke avrebbe anche potuto festeggiare il Natale serenamente, se non fosse stato per il fatto che la sua mente era in tumulto. Era cambiato tutto così repentinamente nelle ultime ventiquattro ore e ancora non aveva riordinato le idee. Aveva ritrovato l'uomo che amava, si era concessa a lui e poi era stata costretta a lasciarlo e per molto non si sarebbero rivisti. E doveva conferire con una donna che, con tutta probabilità, la voleva morta. C'era decisamente da stare poco allegri.

Quando l'oscurità della sera invase ogni androne del convento, Elke si decise. Ormai tutti si erano ritirati nelle loro stanze e i corridoi erano deserti. Non c'era momento migliore...

Avanzò fino alla porta della stanza di suor Faustine, in preda all'ansia e alla paura che però non voleva fare assolutamente trasparire. Se quella suora avesse notato in lei segni di timore o cedimento, sarebbero stati guai. Inspirò profondamente e poi bussò. Non le aveva rivolto parola tutto il giorno e si era ritirata in camera senza l'accenno di volerla punire per quanto successo la sera prima, non sapeva cosa aspettarsi da lei.

Suor Faustine aprì l'uscio, spalancando impercettibilmente gli occhi dalla sorpresa. C'erano furia e paura nel suo sguardo, in un mix che poteva diventare pericoloso se non l'avesse gestito al meglio. "Elke... O sei molto stupida o ti piace giocare col fuoco! Cosa ci fai quì?".

Non sapeva cosa intendesse, se si chiedesse cosa ci faceva davanti alla porta della sua stanza o cosa ci facesse in convento, ma non era più tempo di convenevoli. Diede una veloce occhiata alla stanza, quella stessa stanza dove era stata frustata a sangue solo poche sere prima e un brivido di paura le percorse la schiena. Lo ricacciò giù, decisa a non farsi sopraffare. "Devo parlare con voi".

"Chi ti dice che io voglia stare a sentirti? Vattene da questo posto Elke, tu... tu devi sparire dalla mia vista. Sei una creatura demoniaca, l'amante di uno stregone, una donna che fino a poche ore fa aveva ferite in tutto il corpo ed ora, dove c'erano tagli e contusioni, c'è una pelle rosea e candida come quella di una bambina. Non so chi tu sia ma voglio che tu te ne vada".

Elke alzò lo sguardo su di lei. Era terrorizzata, per la prima volta da quando conosceva suor Faustine, l'aveva in pugno. Pensò a Mattheus, alla sua bravura a bluffare, alle sue mezze frasi e alle minacce vaghe che sapevano intimorire le persone più che la violenza fine a se stessa. Bastavano poche parole, quelle giuste, per ottenere dalla gente quel che si voleva. Se desiderava ottenere qualcosa da suor Faustine, doveva agire come faceva solitamente Mattheus, con scaltrezza e furbizia. "Andrò via, prima di quanto crediate, se mi darete una mano. Ho ancora alcune cose da fare quì e ho bisogno di voi. Il mio... amante... era contrariato dal fatto che tornassi quì ma gradirebbe enormemente un vostro aiuto che mi permetterebbe di tornare da lui quanto prima".

Suor Faustine rimase in silenzio per lunghi istanti, come ponderando le sue sue parole. Poi annuì, facendole cenno di entrare nella sua stanza. "Ti do cinque minuti, poi voglio che tu sparisca da questa camera, Elke".

"Cinque minuti basteranno".

"E allora avanti, ragazza, parla".

Elke osservò di sfuggita la porta della stanza chiusa alle sue spalle, cercando di scacciare il ricordo delle frustate. Si avvicinò alla sedia davanti alla scrivania, si sedette e poi attese che suor Faustine facesse altrettanto.

"E allora?" - la rimbeccò la suora, appena furono faccia a faccia.

Elke inspirò profondamente, prendendo coraggio. "Sarei volentieri andata via questa notte e vi giuro che sono stata tentata di farlo ma quì ci sono cose che devo portare a termine e poi... non volevo che voi pensaste che fossi scappata. Ho bisogno di rimanere quì ancora per alcuni mesi che mi serviranno per aiutare Helena ad andarsene e a costruirsi una vita fuori da questo convento, con Anna".

"Helena non è in grado di curare sua figlia e di questo ne abbiamo già ampiamente discusso" – obiettò suor Faustine, secca.

Gli occhi di Elke si assottigliarono. "Sì che può farlo, Helena ama la sua bambina e per quanti errori possa aver commesso in passato, mette Anna al primo posto. Aiutatemi ad aiutarla e io me ne andrò quanto prima".

Suor Faustine la squadrò per alcuni istanti, picchiettando l'indice sulla scrivania. "E sia, ascolterò quello che vuoi propormi, coraggio!".

Elke rispose al suo sguardo senza abbassare gli occhi. Suor Faustine era indubbiamente rabbiosa, desiderosa di prenderla a schiaffi per il modo impudente in cui si stava rivolgendo a lei ma era anche spaventata dal ricordo di Mattheus ed era abbastanza certa che non le avrebbe torto un capello. "Resterò quì in convento e lavorerò sodo, senza sottrarmi più ai miei doveri. Sarete autorizzata a rimproverarmi se non dovessi svolgere le mie mansioni al meglio ma NON dovrete più alzare le mani su di me. Ne su nessun'altra! Le cose si possono risolvere anche col dialogo, giusto...?".

Suor Faustine deglutì, davanti alla sua occhiataccia. "Giusto" – rispose, a fatica.

Elke proseguì. "Darete ad Helena i miei stessi turni, lavoreremo insieme ed insieme avremo i nostri orari di riposo. Anna dovrà stabilmente vivere con sua madre quando non lavorerà e da oggi non verrà più allontanata da lei per la notte. Helena deve imparare a leggere e scrivere per trovare un buon lavoro fuori di quì, un lavoro che le permetterebbe una vita dignitosa e la possibilità di mantenere sua figlia e quindi ho bisogno di carta, penna, inchiostro e qualche libro semplice per introdurla alla lettura".

Suor Faustine spalancò gli occhi inorridita. "Leggere e scrivere? E' peccato!".

"Anche voi sapete leggere e scrivere".

"Io leggo le Sacre Scritture!" - urlò suor Faustine, rossa in viso. "Tu... sei albina, l'amante di un uomo che usa la magia e a quanto pare sai pure leggere e scrivere. Sei legata al male, indissolubilmente!".

Elke scosse la testa, decisa a non soccombere. Suor Faustine era vicina ad esplodere e se non stava attenta, se dava segni di cedimento, rischiava di farsi schiacciare da lei. "Io sono solo una donna nata coi capelli così, senza un motivo particolare. E amo un uomo che è vero, sa usare la magia, ma non la usa per far del male ma per aiutare le persone. La magia non è malvagia e voi non dovreste temerla ma solo conoscerla. Una volta, tre anni fa, quell'uomo che tanto vi terrorizza mi ha detto che la gente non teme il male ma tutto quello che non capisce e ora che vi ho davanti e vedo la vostra reazione, mi accorgo che aveva ragione. Non esiste al mondo nessuno che si sia prodigato per gli altri come quell'uomo. E io sono orgogliosa e fiera di amarlo e voi non mi convincerete del contrario".

Suor Faustine deglutì, come colpita da quelle parole. "Lui... ha detto che può sapere tutto di me... Che vede ogni cosa che faccio... E' vero?".

Elke sostenne il suo sguardo con fermezza. "Certo" – disse in tono tanto sicuro da crederci quasi essa stessa a quella bugia. Era quello in cui sperava, che ci avesse creduto davvero a quelle minacce che Mattheus le aveva rivolto in un momento di autentica rabbia. A quanto sembrava, lo sregone era stato sufficentemente convincente.

"Se... se io ti aiuto, lui lo saprà, vero? E ne sarà felice, giusto?".

"Giusto. Mi preoccuperò io stessa di dire quanto siete stata caritatevole, nel caso gli sfuggisse qualcosa".

Suor Faustine si lasciò cadere sulla sedia, vinta. "E sia, se me lo garantisci, avrai quello che chiedi per Helena. Quindi, sai leggere e scrivere?".

Elke annuì. "Sì, e anche fare di conto. Spesso, quando pulivo la vostra biblioteca, mi sono soffermata a leggere alcuni libri, se devo essere sincera. E in genere ho cercato di farlo ogni volta che ne ho avuto l'occasione".

Suor Faustine annuì, guardandola incuriosita. Non sembrava più rabbiosa ma solo molto stupita da quella loro conversazione. Mai, in tre anni, avevano davvero parlato loro due ed era come se la vedesse per la prima volta. "Hai altre richieste?".

"Sì. Quando Helena sarà pronta, vorrei che le trovaste un posto dove stare e lavorare fuori di quì, in modo da poter iniziare una vita autonoma con Anna. Sono sicura che, con le vostre conoscenze, non sarà un problema".

"Suppongo di no".

Elke sorrise, finalmente più serena. "Ho solo un'ultima richiesta da farvi ed è per me. Entro la fine della primavera partirò per raggiungere il mio uomo e per viaggiare più velocemente, avrei bisogno di un cavallo. Potreste procurarmene uno per quando partirò? Va bene anche un cavallo anziano, lento, non chiedo nulla di troppo costoso, solo un qualcosa che mi aiuti ad andarmene prima. Dopo tutto, credo che questo sia un desiderio anche vostro. Sparirò velocemente dalla vostra vita, per sempre". Viaggiare a cavallo le avrebbe fatto guadagnare tempo e soprattutto, se ne avesse avuto uno, Mattheus avrebbe smesso di tormentare Falko e Drago per trasportare l'acqua dal lago a Pennes. Avrebbe fatto volentieri la strada a piedi, come sempre, ma aveva fatto una promessa e aveva poco tempo per mantenerla ed inoltre, un cavallo a loro due sarebbe servito.

"E sia, avrai il tuo cavallo".

Non si dissero altro, la conversazione fra loro morì così. Elke sapeva che non le avrebbe più torto un solo capello ed era consapevole che avrebbe potuto vivere una vita relativamente tranquilla nei mesi che si sarebbe trattenuta a Bozen. Si ripromise però di mantenere la parola data, di ubbidire, di lavorare come le veniva richiesto senza cercare di scappare, in fondo era giusto che anche lei, come suor Faustine, tenesse fede alle promesse fatte quella sera.

Stancamente, attraverso i corridoi e le scalinate del convento ormai deserti, si trascinò fino alla soffitta, sedendosi sul davanzale a guardare la città dall'alto. Aveva bisogno di stare sola e in silenzio per qualche minuto e quello era il posto ideale per farlo. Si strinse nello scialle nero che teneva sulle spalle, faceva dannatamente freddo e la città sotto di lei era avvolta da una coltre di gelo e neve. Si sentiva orgogliosa di se stessa, come se per la prima volta avesse raggiunto qualcosa da sola, contando unicamente sulle sue forze e sulla sua intelligenza. Avrebbe potuto farsi aiutare da Mattheus, avrebbe avuto meno paura ad averlo a fianco, ma era felice che non ci fosse stato. Era la sua battaglia quella e doveva vincerla da sola. Mattheus l'aveva capito e per questo non aveva insistito e l'aveva lasciata andare senza fare troppe storie e di questo gli sarebbe stata grata in eterno. Aveva mantenuto fermezza e coraggio e si era rapportata con suor Faustine a sguardo alto, come gli aveva intimato di fare lui.

Il pensiero dello stregone, ormai sulla via di ritorno verso Pennes, le fece venire un crampo allo stomaco ma fece di tutto per ignorarlo. Gli mancava da morire, gli mancava il suono della sua voce, il modo in cui la guardava, il calore delle sue labbra e la dolcezza delle carezze sul suo corpo. Nessuno l'aveva mai toccata, accarezzata come aveva fatto lui... Avevano fatto l'amore e ora che sapeva cosa si provava, le sembrava di impazzire all'idea che per lunghi mesi non si sarebbero rivisti. Sorrise, pensando al modo bizzarro in cui le aveva chiesto di sposarlo e a quel ricordo tutte le sue paure sul loro matrimonio svanirono. Si erano conosciuti, persi e ritrovati in un mondo vasto ed immenso, erano come calamite e niente avrebbe potuto dividerli. La primavera sarebbe arrivata presto e lo avrebbe riabbracciato per non lasciarlo mai più, doveva solo essere paziente.

Cullata da questo pensiero, si riavviò verso la sua camera. Era ormai tardi e il giorno dopo avrebbe dovuto lavorare, era ora di dormire.

Quando rientrò, si stupì di vedere Helena ancora sveglia, a gambe incrociate, seduta sul letto. Davanti a se aveva una pila di carta e sul comodino una boccetta d'inchiostro, una penna e dei vecchi libri. Appena la vide, la fulminò con lo sguardo. "Elke, ti odio!".

La ragazza rise, a quanto sembrava suor Faustine era stata solerte a soddisfare le sue richieste. "Oh, lo so! Ma tanto studieremo insieme lo stesso".

Helena scosse la testa mentre la piccola Anna, al suo fianco, toccava con le mani i fogli. "Come hai fatto? Voglio dire, come puoi esserne uscita viva con suor Faustine, ottenendo quel che volevi?".

"Ho solo chiesto con gentilezza" – rispose, strizzandole un occhio. Si sedette sul letto accanto all'amica e prese fra le mani un libro, sfogliandolo distrattamente. "Dai Helena, impegnati, io ho poco tempo. Lo fai per te stessa e per Anna, ricordatelo. Da oggi lei sarà sempre con te, non te la porteranno più via, ma tu devi mettercela tutta se vuoi essere una brava madre e garantirle un futuro. Suor Faustine ha molti dubbi a riguardo, su di te, dimostrale che si sbaglia".

Helena sbuffò, punta sul vivo. "Te lo ripeto, ti odio! Sarà una tortura, già lo immagino. A quest'ora potresti essere col tuo uomo, a divertirti e a fare cose... piacevoli... e invece hai scelto di star quì a tormentare me!".

Elke rise. "Basta borbottare e ringrazia il cielo di avere me come maestra. Mattheus, come insegnante, è stato molto più severo ed intransigente di quanto lo potrò essere io".

Helena la guardò e poi posò gli occhi sulla figlia. Le accarezzò i riccioli biondi, stringendola a se. "Se una disgraziata come me potrà fare qualcosa di buono nella vita e fare in modo che sua figlia sia orgogliosa di lei, lo dovrò solo a te, suppongo. Coraggio, proviamoci allora! Magari un giorno sarò abbastanza brava da poter insegnare qualcosa io stessa ad Anna".

Elke annuì. "Certo, puoi giurarci". I prossimi mesi sarebbero stati intensi ed interessanti per entrambe ma sapeva che avevano imboccato entrambe la strada giusta.


...


Prima di tornare a Pennes aveva deciso di fare una sosta al lago di Valdurna: non aveva più alcuna scorta d'acqua e le ultime ampolle in suo possesso le aveva date ad Elke prima di partire e quindi, in caso di necessità, non aveva nulla da vendere.

La neve era alta, fresca, gli arrivava alle ginocchia, tanto che quando scese dalla carrozza, per un attimo ebbe l'istinto di risalire e di farsi portare comodamente fino a Pennes, fregandosene del lago. Ma alla fine la ragione l'ebbe vinta sulla pigrizia e stancamente, contro voglia, aveva pagato il cocchiere e si era diretto a piedi al lago, portando sulle spalle la sua sacca da viaggio con le ampolle vuote da riempire.

Si sentiva strano, sospeso, come se quello che stava vivendo fosse un periodo interlocutorio fra quello che era stato il suo passato e quello che sarebbe stato il suo futuro. Elke gli mancava terribilmente e non smetteva di interrogarsi su come avrebbe fatto a resistere per tutti quei mesi senza di lei, su come impiegare quel tempo che lo separava dalla donna che amava. Ne era innamorato da tanto ma fino alla notte di Natale non se ne era mai reso conto pienamente. Ora era diverso, ora lei era la sua realtà e non poterla avere vicina lo faceva impazzire. Sapeva di aver scelto per il giusto permettendole di rimanere a Bozen, si fidava di lei ed era sicuro che se la sarebbe cavata egregiamente e che avrebbe trovato da sola la serenità che cercava, però si sentiva lo stesso solo, come non gli era mai capitato in vita sua.

Doveva trovare un modo per impiegare il tempo e ricominciare a svolgere la sua attività era un buon mezzo per farlo.

Si chinò davanti allo specchio d'acqua, tirando fuori dalla sacca le ampolle di vetro vuote. La riva era completamente gelata e per rompere il ghiaccio prese una pietra, cominciando a picchiare energicamente sulla lastra bianca. Per quanto stesse congelando, trovava quell'attività e quel silenzio piacevoli, rilassanti. Fino a che...

"Ciao Mattheus, sei tornato!".

Alzò gli occhi al cielo, la pace era finita. "Jutta...". La fatina gli volò attorno al viso, ferendogli gli occhi con la luce delle sue ali.

"Come va?" - chiese lei, allegra ed incurante delle sue occhiataccie.

"Bene".

"Il viaggio, tutto a posto?".

"Si".

"Com'era Bozen?".

"Bella".

"E i tuoi affari?".

"Benissimo".

"Faceva freddo?".

"Sì".

Jutta si imbronciò, incrociando le braccia al petto. "Mattheus, pensi di riuscire a formulare una frase composta da più parole o hai intenzione di continuare ad esprimerti a monosillabi?".

Lo stregone sospirò, immergendo un'ampolla nell'acqua. "Ho risposto alle tue domande gentilmente, mi pare". In realtà non era seccato e da sempre trovava divertente prenderla in giro e farla arrabbiare.

"Uffa, te ne sei stato tutto solo per settimane a Bozen, a Natale, e non hai niente da dire?".

Riempiendo l'ennesima boccetta d'acqua, Mattheus finalmente si voltò verso di lei. "Il viaggio è andato benissimo, che altro dovrei raccontarti?".

Jutta alzò le spalle. "Non so', ero così preoccupata. Tutto solo, a Bozen, a Natale. Non eri depresso?".

"Affatto".

La fatina sospirò sconsolata. "No, affatto... Certo, avrai passato la notte di Natale tutto solo, a contare la montagna di monete che hai guadagnato, scommetto. E ne sarai anche stato compiaciuto... E a me tutto questo sembra triste".

Mattheus sorrise. "Sbagliato, non ho passato affatto la notte di Natale così, come dici tu".

"E che avresti fatto?".

Lo stregone abbassò lo sguardo fissando l'acqua, cullato dai dolci ricordi con Elke ma comunque deciso a tormentare un po' Jutta. "Ho passato la notte di Natale con una donna fantastica. Ho trovato l'amore della mia vita, a Bozen".

Jutta lo guardò storto, sbuffando. "Sì certo... Smettila di prendermi in giro e...". Si bloccò quasi subito, osservandolo meglio e spalancando gli occhi. "Un momento, ma tu non stai scherzando, stai... stai parlando sul serio". Era esterefatta.

"Mai stato tanto serio come in questo momento".

Jutta gli volò davanti al viso, guardandolo negli occhi. "Non hai pagato una donna per stare con te, vero?" - chiese, deglutendo.

Mattheus scoppiò a ridere. "Ma ti pare? Che ti viene in mente?".

"Tu... e una donna di Bozen? Una donna di città?".

"Non proprio di città...".

Jutta parve delusa. "Sei sicuro? ".

"Sicuro! Che è quella faccia abbacchiata, Jutta? Non eri tu che spingevi perché mi trovassi una fidanzata? Dovresti essere contenta che alla fine ho ceduto all'amore".

La fatina abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro. "Si ma... Una donna di città cos'avrebbe in comune con te? Mattheus, pensaci bene".

"Ci ho pensato più che bene".

"E lei dove sarebbe ora?" - chiese la fata, scettica.

"A Bozen, aveva delle faccende da sbrigare e mi raggiungerà entro l'estate. E ci sposeremo prima del solstizio".

Jutta scosse la testa. "Mattheus, ma sei matto? Una donna che nemmeno conosci, praticamente...Una notte di passione non ti rende intimo di una donna, siete due sconosciuti e...".

"Non lo siamo e sono convinto della mia scelta".

Jutta gli si avvicinò, tirandogli su la manica della camicia, scoprendo il polso dove teneva legato il nastro blu di Elke. "E questo? E lei? Te la sei dimenticata? Perché lo indossi ancora?".

"Perché dovrei toglierlo? E' il mio portafortuna".

"Perché è il regalo di una persona a cui tenevi tanto e di cui ti sei dimenticato. Hai perso le speranze che torni? E' per questo che ti sei avvicinato a un'altra donna?".

Mattheus accarezzò il nastro legato al suo polso, delicatamente. E decise che non aveva più voglia di tormentare Jutta perché in fondo aveva bisogno di parlarne e lei era l'unica a poterlo capire davvero. "Non l'ho dimenticata e non ho perso nemmeno la speranza che torni. Infatti Elke me la sposo".

"Cosa?". Jutta spalancò gli occhi talmente tanto che per un attimo parvero uscire dalle loro orbite. Rimase in silenzio per lunghi istanti, cosa inusuale per lei, a bocca aperta e immobile come un sasso. Poi, a sorpresa, il suo corpo brillò, crebbe ed assunse le sue sembianze umane.

"Jutta?".

"Elke... Hai incontrato Elke? Eri con lei a Bozen?" - sussurrò, quasi a corto di fiato.

"Sì... Già... Ma perché sei diventata umana?". Era sconcertato, non lo faceva quasi mai.

"SIIII". Con un balzo, entusiasta, Jutta gli saltò al collo, abbracciandolo e facendolo cadere a terra. "Elke! Tu ed Elke!".

"Ma finiscila!" - si lamentò lui, cercando di districarsi da quell'abbraccio. "Jutta, sei diventata pazza?".

Incurante, la fata gli diede un bacio sulla guancia. "Non sono pazza, sono felice! Racconta, dai".

"Non c'è niente da raccontare" – borbottò, asciugandosi la guancia. "Ero a Bozen e l'ho incontrata per caso".

Jutta sorrise. "E' incredibile, quasi da non crederci. Una fortuna sfacciata, la tua! Lei come sta, com'è diventata?".

Lo stregone si mise a sedere a terra, allontanando la fata da lui, imbarazzato. Preferiva gestire una Jutta arrabbiata e in vena di paternali, piuttosto che una situazione del genere. Era imbarazzato. "Sta bene ed è diventata una donna molto bella, intelligente, testarda e in gamba. Ti assicuro che rivederla non è stato facile all'inizio, ma poi...". Strinse i pugni, pensando a quanto era stata male la notte di Natale e a come fossero stati vicini dal perdersi per sempre. "Diciamo che, come hai detto tu, siamo stati fortunati".

Jutta si sedette accanto a lui, prendendogli una mano fra le sue. "Ora avrei voglia di farti mille domande ma ti conosco e so che sei riservato e non mi risponderai. Però una cosa posso finalmente chiedertela senza che ti arrabbi?".

"Anche se ti dicessi di no me la chiederesti lo stesso, quindi...".

Jutta ridacchiò. "Possiamo dirlo forte che sei innamorato, Mattheus?".

Lo stregone la guardò di sottecchi, sorridendo. "Possiamo dirlo" – ammise.

Si abbracciarono, stavolta con meno imbarazzo. Jutta gli poggiò la testa sulla spalla, lasciandolo libero di accarezzarle i lunghi capelli biondi. "Sarei così curiosa di sapere come vi siete visti, cosa avete fatto, come avete ceduto l'un l'altra ma non importa, sono cose vostre. Sono solo contenta che sia lei perché sai, al mondo non c'è nessuna donna che sarebbe capace di starti accanto come Elke. Vi completavate e i tuoi occhi brillavano quando la guardavi, quando le parlavi. L'ho notato da subito e non ti era mai successo con nessuno. Lei è quella giusta perché ama i tuoi tanti difetti ancor più dei tuoi pregi. Sono contenta per voi, sarete felici. E sono contenta anche per me, ora che ci penso!".

"E tu che c'entri, scusa?".

Jutta sospirò. "Sarò ben felice di lasciarle il compito di farti da guardiana. Ambisco alla pensione mio caro, sono anni che ti sopporto".

"Spiritosa".

"Tornerà questa estate per davvero? E vi sposerete?".

"Sì". La guardò, per un attimo con serietà, c'erano cose che doveva sapere. "Jutta, io le ho raccontato tutto di me, di te, di Jakob e del lago. Ti spiace che l'abbia fatto?".

"No, hai fatto bene, ora lei è una di noi per davvero".

Mattheus abbassò lo sguardo, pensando a tutta la strada che avevano percorso lui ed Elke e a quanto Jutta avesse ragione, da subito le aveva voluto bene, talmente tanto da prenderla a cuore e da incupirsi al pensiero che le capitasse qualcosa di male. "Sai, la notte di Natale la guardavo dormire e l'unica cosa che riuscivo a pensare era che non avevo mai avuto nulla di tanto prezioso come lei. Che avrei dato via volentieri tutto quello che possedevo per un suo sorriso, per vederla stare bene".

Jutta gli accarezzò i capelli. "Starà bene a prescindere. E tu fa il bravo con lei, mi raccomando!".

Mattheus sbuffò, iniziava il momento della paternale e non aveva voglia di sentirne. "Sono stanco e ho voglia di tornare a casa in fretta. Se mi aiuti a riempire le ampolle, potrò essere a Pennes prima del tramonto" – esclamò, cambiando discorso.

Jutta lo guardò storto, sbuffando vistosamente. "Schiavista!". Ma nonostante tutto lo aiutò.

Arrivò a Pennes che iniziava a nevicare di nuovo e il giorno era in procinto di lasciare la scena alla notte. Si chiese ancora cosa avrebbe fatto in quei mesi senza Elke, come avrebbe riempito il tempo, cosa che una volta avrebbe creduto impossibile pensare perché lui aveva sempre avuto qualcosa da fare! Ma quei pensieri durarono un attimo.

"Mattheus, sei tornato!".

Come due furie, dal fondo della via principale ormai deserta, Falko e Drago gli corsero incontro, rischiando ogni due passi di inciampare nella neve.

"Ragazzi...".

"Sei arrivato giusto a fagiolo!" - esclamò Falko, prendendolo per un braccio.

"Ma che vi prende?".

Senza dargli spiegazioni, i due nani lo trascinarono fino al mulino dove macinavano il grano, accanto alla loro casa. Mattheus diede una rapida occhiata, notando che il tetto era completamente crollato a causa della neve che non era stata rimossa. "Che disastro".

"Aiutaci! Come faremo col grano, col forno, col pane? Le nostre mogli e nostro suocero sono in ansia".

Mattheus sbuffò. "Ragazzi ma... è nevicato molto, possibile che a nessuno sia venuto in mente di alleggerire il tetto e ripulirlo dalla neve?".

"Il tetto è alto, come facciamo?" - sbottò Drago.

Lo stregone lo guardò storto. "Nemmeno io arrivo al tetto, razza di idioti". Si inchinò, prendendo uno sotto braccio da una parte e uno sotto braccio dall'altra. "Ragazzi, vi do una grande notizia, hanno inventato una cosa... si chiama scala..." . Alzò il dito indice ad indicare l'ammasso di macerie crollate. "Serve per salire in alto a lavorare sui tetti ad esempio, ed evitare questa cosa che vi è successa".

"Ahah, spiritoso!". Drago incrociò le dita al petto, sfidandolo con delle occhiatacce. "Devi aiutarci".

"Perché? Non sono mica un muratore, io".

Falko scosse la testa. "Sei il capo villaggio, però! Ed è tuo dovere premurarti che la popolazione di Pennes abbia il pane, giusto? Senza mulino, che si fa?".

"Vi odio". Arrendendosi all'ineluttabilità della cosa, sbuffando, Mattheus si avvicinò ai ruderi, arrampicandocisi sopra ed osservando il danno per vedere quanto ci fosse effettivamente da fare. "Stanotte farò venire gli gnomi, sono valenti ed esperti costruttori, entro domattina sarà come nuovo. Andrò a chiamarli ma voi mi raccomando, acqua in bocca! Non dovrà saperlo nessuno, intesi? Nessuno dovrà vederli, per gli abitanti di Pennes non esistono".

Il viso dei nani si illuminò con un sorriso. "Intesi".

Mattheus li fissò in cagnesco. L'avrebbero fatto impazzire, quei due! E in quel momento si rese conto che il suo timore di non sapere come riempire le giornate era effimero. Oh, non si sarebbe annoiato per niente, accidenti a loro!



  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77