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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    15/03/2018    1 recensioni
Helena Montgomery non ricorda nulla del suo passato.
Semplicemente, un giorno di mezza estate, si risvegliò, sola e abbandonata, in un campo di grano presso la città di Los Angeles.
A quel tempo, lei non sapeva, non poteva sapere.
Non ricordava nulla, né della sua identità, come l'amata figlia di Regina della Foresta Incantata, né di come fosse giunta in quel mondo, messa in salvo per sfuggire alle ire di Lui.
Costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, capisce in fretta di essere, in qualche modo, "diversa".
Abbandonata la sua famiglia adottiva, inizia a viaggiare, alla ricerca di sé stessa.
E' solo quando, anni e anni dopo, Emma Swan giunge a Storybrooke che, finalmente, i suoi ricordi tornano.
Ora, non deve far altro che ricongiungersi alla madre.
Ma gli anni sono passati, riuscirà a ricondurre la donna sulla via della luce?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17
Sfidare l’oscurità
 

Tremotino non riusciva a crederci.
Osservò in preda all’ira la stanza principale del Palazzo Oscuro, il SUO palazzo, ridotta praticamente a un ammasso di macerie informi e ancora fumanti a causa dell’incendio scatenato da quella mocciosa che, gli doleva ammetterlo, lui stesso aveva creato.
Lo scontro con la Chimera si era rivelato a dir poco catastrofico, per quell’ala del palazzo. Laddove la belva aveva fatto irruzione nella stanza, gli ampi portoni in pregiatissimo legno di quercia rossa erano stati completamente ridotti in briciole, mentre le pareti erano distrutte e bruciate in più punti.
Come se non bastasse, nella sua corsa alle spalle delle due intruse, la bestia aveva rovinato irreparabilmente un gran numero di arazzi e statue di pregio, per non parlare dei segni d’artigli che spiccavano ovunque.
Un disastro, ecco cos’era quello.
E tutto a causa di un paio di mocciose da quattro soldi e di un cosetto verde che se ne andava in giro a sparare consigli non richiesti alle persone.
Il solo pensiero di quanta fatica aveva fatto per tirare su quel posto, solo per vederlo distrutto in quel modo a dir poco INAUDITO, lo faceva andare letteralmente in bestia, al punto che non poté più contenersi.
Con un grido disumano, evocò una sfera di fuoco nero, lanciandola furioso contro una delle pareti e riducendola in cenere.
Come aveva potuto farsi giocare in quel modo?
Strinse i denti, cercando di ripristinare il proprio contegno.
Quindi si diresse a passi decisi verso l’anta dell’armadio sopraelevato. La sfiorò appena, e come obbedendo a un silenzioso comando quella si aprì, rivelando l’impressionante collezione di manufatti magici contenuta al suo interno.
Ignorò completamente la schiera di fiale e amuleti vari, tendendo quindi con decisione la mano sul fondo del mobile, alla ricerca di una falla nella superficie apparentemente liscia del legno.
Quando la trovò, sorrise appena, rivelando una fessura nascosta dalla quale estrasse, silenziosamente, il pugnale.
Bene … almeno, la Chimera aveva fatto il suo dovere, e nessuno era riuscito a impadronirsene.
Non poteva nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se un estraneo ne fosse entrato in possesso. Molto probabilmente, sarebbe stato costretto a dire addio per sempre al suo proposito di ricongiungersi con suo figlio, Baelfire, e poco importava se fosse finito in schiavitù o ucciso. In qualsiasi caso, non avrebbe avuto più alcun modo per ritrovarlo e, a quel punto, semplicemente la sua vita già abbastanza misera di suo avrebbe smesso di avere un senso.
E non poteva assolutamente permettersi una cosa del genere.
Strinse i denti, avviandosi deciso attraverso i corridoi, fino alla zona da cui poteva percepire ancora nitidamente una magia estranea.
Osservò impassibile le macerie sparse a terra, oltre che la fessura venuta a crearsi nel soffitto a causa del crollo, quindi sfiorò silenziosamente i frammenti di legno e mattoni, chiudendo gli occhi.
Le tracce magiche che impregnavano quel luogo, residuo dell’incantesimo lanciato dalla bambina, erano ancora abbastanza forti e bastarono a confermare il suo sospetto. Era stata proprio la mocciosa, quell’Helena, a introdursi nella sua dimora, cercando di prendere il pugnale per mettere fine alla sua vita.
Non dovette sforzarsi molto per comprenderne il motivo.
La bambina era sveglia, lui stesso aveva avuto modo di rendersene conto, e quindi non si sarebbe stupito nel sapere che aveva scoperto del suo rapporto con la madre. E di come quello stesso rapporto stesse facendo cadere lentamente Regina nel baratro dell’oscurità.
Conoscendola, doveva essere stato proprio il desiderio di salvare la madre a spingerla ad agire contro di lui, senza curarsi dei pericoli che avrebbe potuto correre o delle possibili conseguenze.
Si morse il labbro, furioso.
Era solo una bambina, certo, ma sapeva molto bene quanto una volontà tanto forte avrebbe comunque potuto rappresentare un problema. Almeno in futuro. E non poteva permettersi di fallire, non ora che era a un passo dalla soluzione dei suoi problemi.
Non gli rimaneva, quindi, che una sola alternativa.
Doveva sbarazzarsene, in un modo o nell’altro, e assicurarsi che non gli mettesse più i bastoni tra le ruote. Avesse anche dovuto significare strapparle il cuore con le sue stesse mani … doveva ucciderla.
Sospirò appena, affranto.
E si che, quando aveva deciso di investire su quell’accordo con la madre, non si sarebbe mai potuto aspettare un risvolto del genere.
Ovviamente, SAPEVA che il frutto di quell’incantesimo sarebbe stato almeno mille volte più potente di Regina, così come SAPEVA che la piccola che ne sarebbe nata sarebbe stata un vera e propri Figlia della Magia: un’arma potentissima che almeno inizialmente aveva contato di utilizzare per i propri scopi.
Tuttavia, non si sarebbe mai aspettato che, col tempo, quella mocciosa sviluppasse un’indole tanto ribelle e audace, al punto da sfidare la sua stessa autorità per proteggere la madre. E poco importava che il suo fosse coraggio o semplice stupidità, perché da qualsiasi punto di vista la si guardasse Helena non si sarebbe fermata di fronte a nulla pur di mettere fine alla sua influenza sulla madre.
E un nemico disposto a sacrificare tutto per il proprio obiettivo è mille volte peggio di uno dieci volte più potente, ma senza una valida ragione per cui combattere.
Lui stesso era diventato ciò che era ora, il Signore Oscuro, col solo scopo di ottenere un potere sufficiente a proteggere suo figlio. Garantendo loro un futuro migliore e una vita felice e priva di preoccupazioni.
Sapeva quindi molto bene quanto, lasciandola in vita, avrebbe rischiato, ed era disposto a tutto pur di impedirle di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote.
 
Dopo essere finalmente tornati al Castello, sia Helena che Biancaneve dovettero subire non poche domande dalla madre che, a seguito dello spiacevole incidente con la Chimera, voleva ora sapere per quale motivo esattamente avessero deciso di uscire dal Castello senza dirle nulla.
Le due sorelle furono quindi costrette a inventarsi una scusa abbastanza credibile e fu quindi sotto lo sguardo severo della madre che le raccontarono, sebbene non senza un certo senso di colpa, di come avessero voluto uscire per una cavalcata. Addussero come scusa il fatto che, ormai, era divenuto quasi impossibile per entrambe l’uscire senza una scorta a proteggerle. Cosa che, solitamente, impediva loro di lanciarsi liberamente al galoppo, assaporando il piacere di una bella cavalcata per il regno senza nessuno a rallentarle.
La donna, inizialmente scettica, alla fine parve abbastanza convinta della spiegazione e le liquidò senza dire altro.
Cosa che, purtroppo, fece preoccupare non poco la piccola Helena.
Normalmente, si sarebbe aspettata quanto meno una bella ramanzina, forse persino una punizione. E il fatto che, dopo la sfuriata con la Chimera, la madre si fosse rinchiusa in una gabbia di gelida indifferenza fu per lei il castigo peggiore che avrebbe potuto immaginarsi.
Ovviamente, Regina era ben consapevole dei pensieri della figlia, e proprio per questo voleva farle comprendere a fondo quanto quell’atteggiamento a dir poco irresponsabile l’avesse fatta arrabbiare.
Fu quindi con silenziosa pazienza che, nelle settimane seguenti, la madre si guardò bene dal rivolgere la parola alla figlia, evitandola ogni volta che lei veniva a cercarla e limitandosi a farle percepire la propria presenza attraverso la Chimera che, ormai, la seguiva ovunque come un’ombra.
La creatura, ormai battezzata col nome di Melissa, non smetteva nemmeno per un istante di fare la guardia alla bambina, che vi si affezionò veramente moltissimo, così come Biancaneve stessa. Sebbene, a dire il vero, alla maggiore ci fosse voluto un po’ più di tempo per accettare la presenza del felino/capra/rettile nella loro singolare famiglia.
E poco tempo dopo, proprio come aveva immaginato, fu Helena stessa a venire a cercarla nelle sue stanze.
L’atteggiamento assunto dalla madre l’aveva fatta riflettere molto sulle sue azioni, facendola sentire sempre più in colpa e facendole comprendere quanto dolore avesse arrecato alla madre spaventandola in quel modo.
Accadde quindi una sera che, timidamente, la bambina fece capolino dalla porta delle stanze materne, osservando la madre che, silenziosamente, osservava assorta il melo dal bancone di fronte alla stanza.
Strisciando i piedi con aria colpevole, si avvicinò quindi alla donna che si voltò, osservandola interrogativa.
La bambina abbassò lo sguardo, prima di balbettare, contrita: “Scusa … mi dispiace per quello che è successo nel bosco. Io … noi … non volevamo farti preoccupare così tanto, davvero. Però …”, grossi lacrimoni iniziarono a solcarle le guance, mentre le iridi smeraldine cercavano quelle della madre, “… ti prego, torna con me! Sono giorni che non parli. Sei arrabbiata, vero? È tutta colpa mia … i-io non volevo farti male, ma ti prego. Torna a essere come prima!”
Regina sorrise appena, mentre la bambina continuava a singhiozzare sommessamente.
Annuì, soddisfatta, contenta che, alla fine, avesse compreso il proprio errore.
Sospirò appena, facendo un passo avanti e avvolgendola tra le proprie braccia. Helena, dapprima visibilmente sorpresa, non ci mise molto per ricambiarla, stringendosi con forza alla madre e affondando il volto nei boccoli scuri di lei.
Regina le massaggiò il capo, consolandola in silenzio, quindi disse: “Tranquilla piccola mia. Non sono arrabbiata, non più almeno. Volevo solo che capissi quanto mi hai fatta stare in pensiero.”, sorrise, scostandosi appena per pulire con un dito le lacrime della bambina, che annuì con forza. La donna sorrise, inclinando il capo: “Allora … che ne dici di andare al villaggio? Potremmo visitare il mercato, e forse potrei anche prenderti una sella nuova … ti va?”
Immediatamente, gli occhi di Helena si illuminarono mentre, incapace di contenere la gioia, si gettava ridendo tra le braccia della madre.
 
“Ehhh … bubu settete!”
La neonata osservò, coi grandi occhioni scuri, il faccione del padre che, tutto sorridente, faceva capolino dalla culla destreggiandosi in una delle sue espressioni comiche migliori.
Lo fissò per qualche istante, mentre l’uomo col cilindro iniziava a esibirsi in un complicato insieme di smorfie e versi strani, nel tentativo di far sorridere la bambina che, dal canto suo, continuava a guardare il padre senza fare una piega.
Affranto, il Cappellaio Matto lasciò andare le braccia sui fianchi, imbronciato, e fu proprio allora che, divertita dall’espressione affranta del padre, la piccola Grace emise un risolino divertito tendendo le manine paffute verso il padre.
Contento per il risultato ottenuto, il Cappellaio osservò con fierezza la moglie che, poco distante, osservava divertita la scena.
Priscilla era una giovane donna veramente molto bella, dal carattere forte e deciso che le permetteva di fiancheggiare senza problemi il marito nei suoi viaggi interdimensionali.
I capelli, color dell’oro, erano identici a quelli della figlia e le ricadevano in morbidi boccoli lungo la vita stretta e minuta. Gli occhi erano due zaffiri coloro del cielo, mentre la carnagione color perla risaltava ulteriormente quella bellezza che pareva contraddistinguerla. Il fisico era esile e magro, ma comunque dotato di una grazia senza pari che aveva letteralmente conquistato, a suo tempo, il cuore giocoso e volubile del marito.
L’uomo sorrise, avvicinandosi alla moglie e scoccandole un bacio divertito sulle labbra: “Visto? Te l’avevo detto che ci sarei riuscito!”, esultò, gongolante di gioia.
Da quando la piccola Grace era nata, la loro vita era cambiata completamente. E non solo per la mole allucinante di pannolini e poppate giornaliere da gestire, ma anche perché, finalmente, il Cappellaio poteva dire di aver ottenuto tutto ciò che la vita poteva offrirgli.
Col loro lavoro, possedevano abbastanza soldi per permettersi una bella tenuta, con tanto di stalle e giardino. Avevano una bella casa, dei servitori laboriosi e fedeli e un patrimonio adeguato a permettere loro una vita priva di preoccupazioni. E poi aveva anche una moglie bellissima e una figlia che pareva il sole in terra.
Cos’altro poteva desiderare dalla vita?
Era tutto perfetto, e quella consapevolezza lo riempiva d’orgoglio e felicità.
Sorrise, cogliendo di sorpresa la moglie e prendendola per la vita, sollevandola in un’ampia giravolta mentre quella rideva divertita.
“Amore! Smettila … dai, devo anche allattare la bambina. Mettimi giù!”, disse, senza tuttavia cercare di ribellarsi.
Sarebbero potuti andare avanti per ore, se un applauso inatteso non fosse giunto proprio in quel momento a infrangere il loro sogno perfetto.
Il Cappellaio si voltò, oscurandosi appena nel notare la figura fin troppo famigliare che, comodamente appoggiata alla culla della SUA Grace, osservava divertita la scena.
Tremotino sorrise, battendo le mani, sorridente: “Ma che bel quadretto! Sono commosso, devo ammetterlo.”, fece, ironico.
Marito e moglie si osservarono per un istante, al che Priscilla si affrettò ad avvicinarsi alla culla, prendendo in braccio la figlia per guardare quindi con diffidenza l’uomo di fronte a lei.
Pochi istanti dopo, anche il Cappellaio le fu di fianco, osservando interrogativo il loro ospite che, come nulla fosse, continuava a sorridere solare.
Comprendendo le sue intenzioni, il marito si voltò a osservare la donna, dicendo: “Torna dentro cara … mi occupo io di lui.”
Priscilla osservò nuovamente l’uomo, prima di annuire in silenzio e rientrare in casa a passo svelto.
“Una donna veramente incantevole, non c’è che dire.”, fece a quel punto il Signore Oscuro, sfiorando appena la culla della bambina, prima di proseguire, “E siete anche riusciti ad avere una magnifica bambina. I miei complimenti, Cappellaio.”
L’altro continuò a fissarlo per qualche istante, inespressivo, prima di dire: “Cosa volete?”
Quello si mise una mano sulla bocca, mimando un’espressione falsamente offesa: “Insomma. Perché quando compaio tutti devono dare sempre per scontato che voglia qualcosa?”
Il Cappellaio rispose, secco: “Forse perché è così che vi comportate di solito?”
Tremotino sorrise, facendo spallucce: “Bene, significa che non dovrò girarci troppo attorno.”, armeggiò per un istante con le tasche della giacca scura, prima di estrarne un ritratto in carboncino, “Riconosci quest’immagine?”, chiese.
L’altro la osservò per un istante, prima di annuire: “E’ la figlia della Regina. E allora?”
“Semplice, mio caro, carissimo vecchio amico.”, proseguì il Signore Oscuro, “Ho un incarico per te. Una questioncina molto delicata, che solo un professionista del tuo calibro potrebbe portare a termine. E si dice in giro che, al giusto prezzo, tu non ti tiri indietro a nulla.”
Il Cappellaio annuì, silenzioso: “Cosa volete che faccia?”
L’altro sorrise, questa volta gli occhi che mandavano lampi: “Semplice … voglio che tu la uccida.”




Note dell'Autrice:
Rieccomi ancora!
Ebbene, in questo flashback abbiamo visto parecchie cose interessanti.
Tanto per iniziare, ho voluto dare un po' di spazio al rapporto madre/figlia tra Regina ed Helena, mostrando l'amore che lei prova nei confronti della figlia e anche il suo approccio nell'educarla. Qui la piccola comprende meglio quanto le sue azioni abbiano fatto preoccupare la madre, ma alla fine si sono ricongiunte. Ho voluto poi presentare si ... anche Priscilla, la moglie del Cappellaio! Purtroppo, nella serie si dice solo che morì a causa del lavoro del marito e io mi sono sempre chiesta per quale motivo esattamente ciò fosse accaduto ... per cui ho pensato bene di spiegarlo in questo racconto, dedicando un po' di spazio anche a questo bellissimo personaggio e alla sua storia perdonale, spero vi piaccia.
Detto questo, come sempre ringrazio tutti i miei recensori e lettori. Per qualsiasi osservazione, lasciate pure qualche recensione così vedrò di rispondere al meglio ai vostri dubbi! Sono aperta a tutto.
Detto questo, ci risentiremo la settimana prossima!

Teoth

 
   
 
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