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Autore: __roje    15/03/2018    1 recensioni
Ren Tomomi è popolare, è il capitano della squadra di calcio della Kuromiya e si è fatto un nome. E' conosciuto da tutti, ha degli amici fidati e vive la sua vita scolastica in maniera normale ma un giorno, finito il campionato interscolastico, incontra un ragazzo dal profumo buonissimo e ne diventa ossessionato, Nao, il quale sarà un suo nuovo compagno di classe. Ma la conoscenza tra i due sarà tutt' altro che semplice, proprio perchè Nao disprezza i ragazzi come Ren, essendo lui riservato e secchione, ma dovrà affrontare la tenacia di Ren che le proverà tutte per diventare suo amico.
違い [chigai] significa letteralmente differenze. La storia ruota appunto intorno alla differenze sociali nell'ambito scolastico, ma cosa accade se due mondi diversi, due caratteri all'opposto si incontrano?
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo [9]

Erano trascorsi due mesi e le cose erano cambiate. Ora la Kuromiya non era più conosciuta solamente per le vittorie a livello calcistico e finalmente molti avevano smesso di chiamarmi Fiammata.
Mi presentai semplicemente con Ren, feci la conoscenza di tantissime persone che da quel momento mi chiamarono solamente con il mio nome, tutti ad eccezione di una persona.
Nao in quei due mesi un po' cambiò, durante il primo mese era quasi sempre assente alle mie irruzioni nei vari club. Ero sempre io a dirgli cosa avevo fatto, a mostrargli il progetto di restauro pensato ma ogni volta si mostrava freddo e poco interessato. Dopo qualche settimana però, e dopo le prime voci che giravano riguardo la cosa, sembrò improvvisamente più interessato e non si fece più pregare, cominciò a venire con me nei vari club ad osservare la cosa da vicino. Ne fui contento, iniziò anche a darmi maggiori consigli, molti dei quali seguii alla lettera. Imparai che Nao aveva molto giudizio, era giusto e sapeva sempre come muoversi in ogni occasione anche quando io mi sentivo smarrito.
“Domani arriva l’ordine per il club di danza artistica e poi c’è quello del club di bandiere” lessi dal cellulare mentre Momoka mi aiutava a fare un resoconto su foglio.
“Arriva altro domani?” mi domandò dopo aver riportato tutto.
Scossi la testa contento “Questi dovrebbero essere le ultime cose che abbiamo comprato. Finalmente abbiamo finito!” esclamai stiracchiandomi, ero felicissimo.
“Ehi, ti ho detto mille volte di non portare qui le tue cose” mi rimproverò Nao vedendo che avevo depositato in un angolo dell’aula di scienze zaino, giubbino e altri fogli.
Lo guardai ridacchiando “Perdonami ma dovevamo assolutamente finire con queste cose. Da domani tutti i piccoli club saranno a posto, abbiamo finito capisci?!”
“Sono fuori di me dalla felicità... finalmente non vedrò più scatole e pacchi arrivare qui” mostrò la sua espressione più apatica, ma nella sua voce finalmente leggevo anche una nota ironica.
“Senti Nao, io, Take e Yuuki dopo la scuola andiamo a prendere un gelato, perché non ti unisci a noi?” sentivo che quella era la volta buona, percepivo che era dell’umore giusto per accettare.
“No.”
E la mia speranza si spense immediatamente “Perché è sempre no? Siamo amici giusto?” mi alzai dal mio posto e andai vicino a lui afferrandolo per un braccio e stringendolo, sapevo quanto il contatto fisico lo infastidisse ma non mi importava e lo facevo comunque.
“Lasciami zecca! Ti ho già detto no un milione di volte e sei sempre qui stranamente.”
Momoka dal suo posto ridacchiò divertita, un po’ alla volta era diventata più aperta con me e aveva iniziato ad divertirsi quando andavo a trovarla. Non mi aveva più guardato stranita.
Nao si accorse delle risatine della compagna di laboratorio e le lanciò un occhiataccia “Che ridi tu?”
“Lo sai bene che non rinuncerà mai, a questo punto ti direi di accettare e basta.”
Sollevò il sopracciglio sconvolto da quel consiglio. Da parte mia invece accolsi divertito quel consiglio e le feci l’occhiolino.
Momoka era timida, ma era una brava ragazza. Raccolse le sue cose e fece per andarsene ma prima di chiudersi la porta alle sue spalle ci augurò buon divertimento. E Nao era sempre più sconvolto.
“Sei riuscito a corrompere anche lei maledetto...” cercò ancora di scollarmi di dosso.
“Ti preego!”
Sospirò sconfitto toccandosi la fronte con una mano, “Se vengo con te mi lascerai in pace almeno per un giorno?”
“Promesso!”
Mi fissò negli occhi “Non ti credo più..”
Tirai fuori una linguaccia, ormai sapeva bene che non lo avrei mai lasciato in pace ma stranamente non ritirò il suo si e mi disse di aspettare all’ingresso. Era la prima volta che mi diceva di aspettarlo, la mia felicità era tale che me ne andai saltellando per i corridoi come un bambino felice, sentivo che andava tutto alla grande.
Fu però quando arrivai all’ingresso, tra le varie file di scarpiere che sentii un lamento provenire da qualcuno che stava piangendo. Cercai la provenienza di quel pianto e quando trovai la fonte di quel lamento riconobbi la sagoma di Kaito Omura, il ragazzo paffuto del club di scacchi che se ne stava rannicchiato a terra, i vestiti fuori posto, la pancia un po’ esposta e i capelli pieni di gesso.
Teneva la testa contro le ginocchia, nascondeva il viso ma sentivo chiaramente che piangeva. Senza pensarci mi avvicinai e dolcemente lo sfiorai. Kaito impaurito, forse, scattò come un giocattolo a molla mostrandomi il suo viso paffuto ricoperto di lividi e arrossato dal pianto. La vista di ciò mi sconvolse al punto che sentii una strana rabbia ribollirmi dentro.
Kaito mi fissò e quando si accorse che ero io si lasciò andare in un pianto liberatorio.
“Chi ti ha fatto questo?” domandai asciugandogli le lacrime. Il povero ragazzo tra un lamento e l’altro non seppe che dire, lo incitai dicendogli di stare tranquillo. “Kaito coraggio, chi è stato?!” ero furioso.
“E’ i-inutile qui non cambierà mai nulla... chi è come me subirà sempre questo...”
In quel preciso momento il mio occhio cadde oltre le porte della scuola e vidi in lontananza un gruppetto di ragazzi. Indossavano la nostra stessa divisa e portavano sulle spalle i borsoni da palestra ma non era i miei ragazzi. Immediatamente pensai che fossero stati loro e il mio dubbio fu dissipato quando uno di loro simulò con la mano un pianto, e gli altri risero gridando “Avete visto la sua trippa come ballava mentre cadeva a terra?”
Non ci vidi più. Quella fu una delle pochissime volte in cui persi completamente la mia lucidità. Lasciai Kaito, quest’ultimo non capì il perché fin quando non si accorse dove ero diretto e pietrificato gridò il mio nome più volte ma ormai non sentivo più niente.
Il gruppetto formato da tre ragazzi, grossi e muscolosi se ne stava andando come se nulla fosse. Camminai a falcate e da dietro afferrai per la spalla uno di loro, quest’ultimo fu quasi costretto a girarsi. Nel vedermi restò basito, ma poi abbozzò un sorriso amichevole, così come i suoi due amici.
“Tomomi sei tu, da quando tempo!”
Li conoscevo tutti, erano membri della squadra di basket. Li avevo considerati dei bravi ragazzi, simpatici e ottimi compagni di uscite ma ora davanti agli occhi non avevo altri se non la figura in lacrime del povero Kaito.
“Perchè avete ridotto voi così quel ragazzo nell’ingresso?”
La mia domanda era stupida ma volevo ancora sperare di sbagliarmi. Dentro ero furioso, ma volevo credere che le cose fossero andate diversamente, che qualcun altro di più viscido avesse osato tanto e non quei ragazzi con cui avevo trascorso diversi pomeriggi a giocarci insieme.
I tre guardarono verso l’ingresso, all’inizio furono muti ma poi guardandosi tra di loro scoppiarono a ridere senza però ammettere nulla, tuttavia quel loro comportamento era una valida risposta.
“Come avete potuto, voi siete il doppio di lui..” commentai disgustato.
“Andiamo Ren, scherzavamo! Non si è fatto nulla.”
Continuavano a ridere, a credere che quello che avevano fatto fosse uno scherzo. Tutto ciò era il lato peggiore di quella faccenda, non solo la violenza usata ma il modo leggero che usavano per parlarne. Risata dopo risata, spiegazione su spiegazione e il mio pugno cominciò a serrarsi, il sangue mi ribolliva sempre di più nelle mie vene e tutta la lucidità, o quel poco che ne restava stava svanendo. Senza che se lo aspettassero scattai come un razzo contro uno di loro, il più alto che preso alla sprovvista sgranò gli occhi, e anch’io quando vidi che tra di noi si frappose una terza figura a dividerci. Quest’ultimo mi afferrò per le braccia fermandomi, e quando sollevai il viso per guardare di chi si trattava notai che era Nao, che buio in viso mi guardò senza dire una parola.
I tre, alle sue spalle restarono basiti da tutto ciò ma subito si fecero una grassa risata e andarono via salutandomi come se nulla fosse.
Nao mi lasciò andare, era davanti a me e severo continuò a scrutarmi, sembrava furioso ma lo era verso di me e non ne capii la ragione. Tutto mi sarei aspettato piuttosto che essere guardato in quel modo.
“Nao?”
“Non abbassarti al loro livello.”
Sgranai gli occhi, colpito da tutto ciò e riguardando ciò che avrei fatto mi accorsi che picchiarli non era giusto, che mi sarei messo al loro posto ricambiando violenza con altra violenza senza far capire loro nulla. Io non ero come quei tipi e Nao aveva evitato che facessi uno sbaglio enorme.
“Nao.. io..”
Con la mano indicò alle mie spalle l’edificio “Kaito ha bisogno di aiuto adesso” disse tagliando corto. I suoi occhi neri, nascosti dagli occhiali mi dissero che dovevo smetterla e tornare indietro. Obbedii stranamente, non feci altre domande e tornai da Kaito gettando ancora un occhiata alle mie spalle e Nao era li che mi seguiva sempre cupo, non più arrabbiato ma quasi con un velo di tristezza celato da quella sua maschera di ghiaccio. Non ne capii il motivo, ma sentivo di aver sbagliato.
Tornati entrambi da Kaito, lo trovammo ancora sotto shock e con gli occhi arrossati. Gli chiesi se voleva chiamare qualcuno ma rispose di no, “Ti accompagniamo a casa.”
Kaito scosse la testa “Vi prego no, se i miei mi vedono in questo stato ho finito di vivere!”
“Vieni con me.”
Lo strattonai per un braccio costringendolo a seguirmi e così fece. Lasciammo rapidamente la scuola, mettendo distanza tra noi e quello che era accaduto. Misteriosamente Nao piuttosto che andare via mi seguì anche lui senza dire una parola, lo sguardo celato dai suoi occhiali e la frangia nera. Con la coda dell’occhio lo guardavo chiedendomi il perché di quel suo curioso comportamento.
Kaito non fece domande e ancora scosso si lasciò condurre da me, in pochi minuti giungemmo davanti ad un edificio molto vecchio, una pila di appartamenti in cemento armato e con la rampa di scale esterna.
“Perché siamo venuti qui?” domandò Nao guardando l’edificio decadente.
“Questa è casa mia. Ho pensato che fosse il posto giusto per farlo calmare e dargli un cambio pulito.”
Davanti a quell’idea Nao parve storcere il naso ma non disse altro e ci seguì lungo la rampa di scale. Salimmo al primo piano dove c'erano una serie di porte numerate e al numero 12 c’era casa mia, un monolocale per due persone.
Afferrai le chiavi di casa dallo zaino e aprii rapido la porta, feci accomodare i miei ospiti che un po’ spaesati si ritrovarono davanti un piccolo appartamento buio e poco confortevole.
Invitai entrambi a togliersi veloci le scarpe e che non avevo pantofole per tutti. Il più incuriosito dei due era Nao che si guardava intorno stranamente interessato alla cosa, con gli occhi tastava ogni superficie, ogni centimetro di quel piccolo appartamento.
“Vado a prenderti la mia divisa, puoi mettere quella per nascondere lo sporco della tua.”
Kaito annuì “Grazie Ren, davvero.”
Gli sorrisi, “Se hai sete la cucina e da quella parte, fa come se fossi a casa tua.”
Veloce andai dritto verso la mia stanza minuscola dove non c’era un letto ma giusto lo spazio per un piccolo futon. Nell’angolo invece, c’era una scrivania di legno con sopra libri e una lampada, accanto una libreria dove tenevo varie cose che amavo leggere e in fondo c’era un grosso armadio dove ci tenevo le mie cose: vestiti, coperte, futon e altra roba a caso.
Cercai nell’armadio la mia divisa di ricambio, era la prima volta che portavo a casa qualcuno che non fosse Take o Yuuki, era una cosa strana e provai felicità a tal pensiero.
“Vivi da solo?”
Preso dai miei pensieri non mi ero reso conto che sulla soglia della mia camera era apparso Nao, incuriosito da quell’ambiente che continuava a studiare con attenzione. Mi voltai di scatto a guardarlo, sorpreso che fosse lui stesso a pormi una domanda.
“No, con mio padre. Ma torna sempre molto tardi quindi sì, posso dire di vivere da solo” ridacchiai.
“Si vede, questa casa è un caos” tagliò corto tornando nell’altra stanza.
Inclinai la testa rassegnato, non mi aspettavo sicuramente altra reazione se non quella. Nao a volte mi sembrava come frenato, non appena iniziava a mostrare un po’ di umanità ecco che tornava ad essere apatico e schivo. A volte non mi sembrava nemmeno umano per le poche emozioni che mostrava, ero arrivato anche a pensare a lui come ad un alieno.
Tornai da loro, che nel frattempo si erano seduti accanto al piccolo tavolino, Nao di fronte a Kaito. Offrii la divisa a quest’ultimo, “Il bagno è da quella parte se vuoi darti una ripulita.”
Kaito accettò l’invito e si recò al bagno con la mia divisa tra le mani.
Senza pensarci a ciò che avevo fatto, mi resi conto di essere rimasto solo con Nao e il viso mi si illuminò. Dal voler semplicemente uscire insieme, ero riuscito invece a portarlo a casa mia.
“Posso offrirti qualcosa? Posso fare del tè se vuoi” dissi andando verso la cucina.
“No, vado a casa.”
Si spense ogni cosa quando Nao si alzò. Afferrò il suo zaino e sembrava seriamente intenzionato ad voler tornare a casa sua. Perché.
“Eh? Ma sei appena arrivato, resta un altro po’”
“Se sono venuto qui è per vedere come stava Kaito, ciò che gli è successo è grave idiota.”
Mi strinsi nelle spalle “Sì lo so.”
“Non mi sembra. Sembri troppo felice di questa storia, sei un idiota per davvero o cosa” e imboccò la strada verso la porta. Quasi senza pensarci mi parai davanti per bloccargli la fuga.
Per quel gesto Nao restò interdetto e mi fissò indispettito.
“Io ero arrabbiato in quel momento...” iniziai a dire con un po’ più di serietà, “se non mi avessi fermato avrei spaccato la faccia a tutti loro, mi hanno fatto incazzare. Ridevano, la prendevano come uno scherzo e non c’ho visto più, ma ferendoli sarei stato al loro stesso livello..”
“Tu sei come loro” sgranai gli occhi davanti alle sue parole, “quelli come te, o come loro credono che il mondo sia un posto fantastico, dove nessuno soffre. Non siete capaci di vedere cosa vi circonda perché guardate solo voi stessi e basta. Anche tutta questa storia dell’aiutare i club in difficoltà, credi sul serio che gli altri siano stupidi? Lo stai facendo per te stesso, per sentirti bene e mettere ancora una volta il tuo nome sull’ennesima coppa, perché solo questo sai fare.”
Corrucciai sempre di più la fronte, sentivo di essere sul punto di piangere ma quelle lacrime non uscirono, “Ti sbagli!”
“Davvero? Mi dispiace ma non puoi farmi cambiare idea su ciò che penso di te. Sono mesi che ti osservo e noto che sei esattamente come appari, un montato che adesso gioca a fare il benefattore” osservò la mia espressione e sempre cupo sospirò seccato “ora con permesso me ne vado” a quel punto non riuscii più a fermarlo, mi passò accanto sfiorando leggermente la mia spalla. La sua scia di profumo era dolce come sempre e preso da quel pensiero idiota non sentii nemmeno la porta chiudersi.
Erano passati più di due mesi da quando avevo rivolto la parola a Nao. Un po’ mi ero voluto illudere che avesse cambiato il suo giudizio nei miei confronti ma in realtà non era così. Dentro di me avevo iniziato a considerarlo come un amico e un briciolo di cambiamento lo avevo visto oppure mi ero voluto illudere? Non ero in grado di fargli dire qualcosa di carino nei miei confronti e in quei lunghi mesi non aveva mai neppure pronunciato il mio nome. Non esistevo affatto per lui.


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