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Autore: Signorina Granger    16/03/2018    11 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
[Prequel di “Magisterium”]
Hogwarts, 1933: prima di Harry Potter, dei Malandrini, di Tom Riddle, quando Albus Silente non era ancora Preside e il nome di Grindelwad spopolava in Europa, disseminando terrore.
Quando Charlotte Selwyn, Regan Carsen e William Cavendish invece che insegnanti erano solo tre studenti come tanti altri, alle prese con studio, amicizie e non, obblighi e soprattutto demoni da affrontare.
[Per leggere e/o partecipare non è necessario aver letto “Magisterium”]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Capitolo 17: Corvonero – Serpeverde 
 
Domenica 2 Marzo



“È molto semplice: se oggi perdiamo, dovremo nasconderci per la vergogna fino alla fine dell’anno. Ergo, la sconfitta non è ammissibile.”
“Effettivamente sarebbe una bella figuraccia…”

Gabriel annuì alle parole di Sean, parlando con tono grave prima di bere un sorso di caffè mentre Jack, seduto accanto a lui, non sembrava prestare particolare attenzione alla loro conversazione e teneva gli occhi fissi sul tavolo dei Corvonero per poi spostare di tanto in tanto lo sguardo sulla soglia della Sala Grande gremita di studenti.

“Jackie, stai cercando Evangeline?”
“Mi ha promesso che sarebbe venuta alla partita, anche se non le piace il Quidditch… un motivo in più per non perdere, anche se giochiamo contro la sua Casa.”

Jack aggrottò leggermente la fronte, continuando a cercare Evangeline con lo sguardo anche se di lei e di Aurora ancora non c’era traccia.

Regan invece spostò la sua attenzione sul tavolo dei Grifondoro, rivolgendo un caldo sorriso in direzione di Stephanie mentre Gabriel faceva altrettanto con Elena, che stava chiacchierando amabilmente con Axel.

“Gabri, hai detto alla tua fin troppo spigliata fidanzata di cercare di non dipingerci troppo negativamente facendo la cronaca?”
“Sì, ma non so a quanto sia servito, ad Elena piace fare quello che vuole…”
“Beh, speriamo sia più clemente dell’altra volta. Scusate, vado a salutare Evie prima della partita.”

Jack sorrise quando vide finalmente Evangeline entrare nella Sala Grande insieme ad Aurora, fermandosi quando lo vide alzarsi e dirigersi verso di lei. Sean lo seguì con lo sguardo, guardando la bionda sorridere all’amico e aspettarlo mentre Aurora, dopo avergli rivolto un cenno, si allontanava verso il tavolo della sua Casa, limitandosi a rivolgere un’occhiata cupa nella sua direzione prima di prendere posto accanto a sua sorella.

Sean abbassò lo sguardo sul suo piatto ormai quasi del tutto vuoto, sbuffando sommessamente e ripensando a ciò che gli aveva detto Charlotte un paio di settimane prima a proposito della ragazza.

Charlotte gli si era avvicinata, sedendo accanto a lui nella Sala Grande senza dire una parola, limitandosi a sorridergli leggermente. Sean aveva così alzato lo sguardo su di lei, distogliendolo momentaneamente dai compiti di Aritmanzia, per rivolgerle un’occhiata leggermente confusa quando la sorella sembrò spazientirsi:

“Embhè?!”
“Embhè cosa?!”
“Embhè cosa è successo tra te e Aurora!”
“Non sono affari tuoi, Charlie.”
“Certo che lo sono, tu sei mio fratello e lei è mia amica, quindi ficco il naso quanto mi pare e piace… Allora? Ti ha detto qualcosa?”

Charlotte tornò a sorridere, gli occhi verdi quasi luccicanti mentre agguantava il libro del fratello e lo attirava verso di sè, sottraendolo dalla sua presa e facendolo sbuffare di conseguenza, riprendendoselo con stizza:

“Cosa avrebbe dovuto dirmi?!”
“Non ti viene in mente niente, Seannie?”

Sean non rispose, limitandosi a ricambiare lo sguardo della sorella con la fronte aggrottata finchè Charlotte, resasi conto della sua perplessità, non sospirò, guardandolo con rassegnazione:

“E dire che ti reputavo brillante… Sean, mi stai davvero dicendo che non ti sei mai reso conto di piacerle?!”
“Come prego?”
“Per l’amor del cielo, pensavo lo sapessi, lo sanno tutti!”
“Questo non… non è vero, sarà il tuo ennesimo viaggio mentale. Perché pensi che lo immaginassi se non ne ho mai fatto cenno?”

“Beh, pensavo che fossi modesto! O che non volessi metterla in imbarazzo…. Ma davvero sei sorpreso? No, te lo chiedo perché ieri stavo andando alla Torre Sud e ho sentito Sir Cadogan raccontarlo al suo pony.”
“Te lo ha detto lei?”
“No, non ce n’è bisogno. Non dovresti sorprenderti Seannie, piaci ad un sacco di ragazze… in effetti, mi spieghi come sia possibile che da qualche tempo non ti interessi nessuna? Perché avere Aurora come cognata mi farebbe davvero molto piacere.”
“Ma se sei la prima ad aver stroncato sul nascere qualunque mio interesse in passato!”
“Solo perché quelle che ti piacevano erano delle oche senza senso dell’umorismo o un briciolo di apertura mentale… ma Aurora mi piace moltissimo, ovviamente. E piace molto anche a te.”

“Certo, ma non so se…”
“Beh, prova a rifletterci su, fratellone. Ah, se non ci fosse la tua splendida sorellina… ora, mentre rimugini sui tuoi sentimenti, mi aiuti con i compiti di Trasfigurazione?”


Da quella sera, subito dopo la gita, praticamente lui e Aurora non si erano più rivolti la parola, e lui ne era stato quasi felice, non sapendo proprio come comportarsi con lei… maledisse mentalmente sua sorella per averglielo detto, forse sarebbe stato meglio restare all’oscuro, ma per quanto ci avesse provato sapeva per esperienza che non riusciva a restare arrabbiato con lei per più di due ore. 
Nemmeno Aurora, tuttavia, era andata a cercarlo, non si era mai seduta accanto a lui durante le lezioni, cosa che aveva insospettito Charlotte – come l’avesse scoperto visto che non erano nella stessa classe, non lo sapeva –, che due giorni prima gli si era parata davanti con le mani sui fianchi e lo sguardo minaccioso, chiedendogli se avesse detto qualcosa di poco carino alla loro amica.

E quando le aveva detto che no, anzi, non si parlavano da San Valentino, lei aveva sospirato e gli aveva gentilmente consigliato di tirare fuori gli attributi e un altro paio di cose che, essendo un ragazzo educato, non avrebbe ripetuto.


“È successo qualcosa tra te e Aurora? È strano non vedervi interagire nemmeno lontanamente.”
La voce di Gabriel lo riportò alla realtà e Sean si affrettò a distogliere lo sguardo dal tavolo dei Corvonero, scuotendo il capo e schiarendosi la voce prima di affrettarsi a negare, come se volesse chiudere rapidamente il discorso:

“No, non è successo niente.”

Né Gabriel né Regan aggiunsero altro, ma si scambiarono un’occhiata incerta mentre, qualche metro più in là, Jack parlava con Evangeline:

“Allora verrai alla partita?”
“Te l’ho promesso, quindi certo che sì.”
“Mi fa piacere.”

Jack sorrise, una mano stretta su quella molto più pallida e più piccola della ragazza che però si strinse nelle spalle, laconica:

“Ma non tiferò per te, mi dispiace, sono pur sempre una Corvonero... non fare quella faccia, la Casa prima di tutto.”
Jack smise immediatamente di sorridere, osservando la ragazza con cipiglio torvo prima di sospirare, roteando gli occhi verdissimi:

“D’accordo, lasciamo perdere… mi daresti almeno un bacio per augurarmi buona fortuna?”
“E far vedere a tutta la scuola che fraternizzo con il nemico? No, mi dispiace. Buona fortuna, Jack.”

Evangeline sorrise, quasi divertita, lasciando scivolare la mano dalla presa del ragazzo prima di girare sui tacchi e allontanarsi, raggiungendo Aurora al loto tavolo e lasciandolo a bocca asciutta e visibilmente scontento:

“Come sarebbe?!”
“Povero Jackie, Evie ti fa penare?”

Sentì un braccio stringere il suo e una risatina gli suggerì che sua cugina gli era comparsa accanto senza dover nemmeno avere il bisogno di voltarsi. 
Jack abbassò lo sguardo per incontrare gli occhi azzurri di Denebola, che gli stava sorridendo con aria divertita, per poi parlare con tono leggermente seccato:

“Ti diverte, Denny?”
“Oh, sì, molto, finalmente il mio adorato Jack si è innamorato! E poi Evangeline mi piace molto, quindi non potrei essere più felice. Sai, mi ha rammaricato molto non avere una macchina fotografica sottomano per immortalare il vostro romantico bacio ad Hogsmeade e mandare la foto a zia Lena.”

Denebola rise ma il cugino non la imitò, sfoggiando invece una smorfia e ringraziando mentalmente che la ragazza non possedesse una macchina fotografica e appuntandosi di non regalargliene mai una.


*


“Mi raccomando, cercate di vincere. Non amerò il Quidditch, ma l’idea di essere ultimi in classifica e di perdere proprio contro la Casa di mio fratello non mi piace per nulla, non voglio sopportarli darsi arie per il resto dell’anno! Specie quel pallone gonfiato di Cavendish, non posso permettere che vinca contro di noi in veste di Capitano, me lo rinfaccerebbe fino al Diploma!”

“Grazie Charlotte, sei di grande aiuto.” Hector annuò, massaggiando distrattamente la schiena di Adela con una mano mentre la ragazza sospirava, leggermente pallida in volto.

“Oh, andiamo, ormai dovreste essere abituati, non è certo la prima partita. Tranquilla Adela, andrà tutto bene… e se Cavendish osa lanciarti contro un Bolide prima lo prendo, poi lo affatturo e infine lo getto nelle segrete!”
“Lui già ci vive nei sotterranei, Charlie…”
“Ah, è vero. Beh, l’ambiente gli si addice... lui e la sua stupita faccia da schiaffi.”

“Una faccia attraente, se dovessimo essere onesti.”
“Beh, alla prossima frecciatina potrei prendere in seria considerazione l’idea di cambiargli i preziosi connotati a suon di ceffoni… io lo ripeto da anni, ci sarà pur un motivo se è amico di Heslop.”

Charlotte storse il naso, ben lieta di poter finalmente palesare apertamente il suo disprezzo mentre un sorriso appena percettibile incurvava le labbra di Hector, quasi conferendogli un’espressione soddisfatta che non sfuggì all’amica:

“Non guardarmi a mo’ di rimprovero, Adela, anche Hector la pensa così, solo che è troppo gentile ed educato per dirlo ad alta voce… quanto a te, Aurora, guardiamo la partita insieme? Non posso mancare, devo tifare per Adela e Thor.” 

“Va bene.” Aurora annuì e l’amica le rivolse un’occhiata di sbieco, tentata di chiederle se non fosse successo qualcosa tra lei e il fratello visto che a stento si parlavano e lei non era andata a salutarlo per fargli gli auguri come da manuale.

“Beh, noi faremmo meglio ad andare… ci vediamo dopo.”
Adela si alzò con un debole sospiro, un’espressione quasi tetra sul volto mentre Charlotte, al contrario, le sorrise calorosamente:
“Buona fortuna! Com’è che oggi hanno tutti delle facce da funerale?! Aurora, mi spieghi perché tu e mio fratello non vi rivolgete la parola da due settimane, in pratica? Sei arrabbiata con lui?”

“No… lo sai perché. Sono solo stanca, credo. Gli voglio bene e so che me ne vuole anche lui, certo, ma non allo stesso modo.”
“Abbi pazienza, è intelligente ma pur sempre di sesso maschile, non si può pretendere molto… sai, credo che tu abbia sempre dato per scontato che Sean non potrà mai vederti in modo diverso dalla sua migliore amica, quindi non hai mai fatto niente per fargli capire esplicitamente quello che provi per lui, e da bravo somaro lui non l’ha mai capito. Ma qualcosa mi dice che sta cominciando a collegare i pezzi… staremo a vedere.”

“Charlie, che cosa hai fatto?”  Aurora sgranò gli occhi, rivolgendo all’amica un’occhiata sinceramente preoccupata mentre la compagna di Casa, sorridendo con aria divertita, si alzava e la prendeva sottobraccio, invitandola ad imitarla:

“Io? Mi occupo degli ottusi imbranati a cui voglio bene, come al solito.”


*


“Bene, io vado a prendere posto, dopotutto la partita non può cominciare senza la cronista… buona fortuna.”

Elena si fermò davanti alla ripida rampa di scale in legno che conduceva alla Tribuna d’Onore, dove prendevano posto gli insegnanti, e rivolse un sorriso d’incoraggiamento a Gabriel prima di mettergli le mani sulle spalle e alzarsi in punta di piedi per baciarlo, guadagnandosi un sorriso da parte del ragazzo, che la trattenne tra le sue braccia:

“Grazie. Sottolineerai come io sia indubbiamente il miglior elemento della squadra, vero?”
“Assolutamente no, o mi accuserebbero di essere di parte e non mi farebbero più commentare!”
“Elly tu sei di parte eccome, non ricordi i commenti dell’altra volta?!”

Gabriel inarcò un sopracciglio, guardandola con una punta di esasperazione negli occhi chiari mentre la ragazza si limitava a ridacchiare, asserendo di essersi divertita parecchio a commentare la partita tra Serpeverde e Grifondoro mentre scivolava dalla presa del ragazzo, guardandolo con aria divertita:

“Tranquillo, questa volta potrei essere più gentile, penso. Ora muoviti, non vorrai far tardare tutta la squadra!”
“Sia mai, altrimenti poi gli altri chi li sente… ci vediamo dopo. Cerca di tenere a freno la lingua!”
“Tenterò, ma non ti prometto nulla, mio caro.”


*


“Sei sicura di non voler venire?”
“Sicura, ho di meglio da fare piuttosto che prendere freddo per assistere ad una partita. Voi andate, ci vediamo dopo.”

Jade annuì, parlando con fare sbrigativo mentre rivolgeva un rapido cenno della mano ai suoi due migliori amici, suggerendo ad Iphigenia e ad Andrew di sbrigarsi a lasciare la Sala comune per evitare di perdersi l’inizio della partita.

“D’accordo, se sei sicura… ci vediamo più tardi.”
“Divertitevi, se si può chiamare “divertimento”.”

Jade abbozzò un sorriso mentre guardava i due uscire dalla Sala Comune e Beatrix, seduta ad un paio di metri di distanza con un libro e un rotolo di pergamena davanti, sospirava con aria sollevata:

“Anche tu sei riuscita a scamparla, questa volta?”
“Sì, ho detto ad Iphe e ad Andrew di avere troppo da studiare… insomma, mi prendo avanti con i compiti, perdo una partita dove non gioca nemmeno la mia Casa e dò modo a quei due di passare del tempo da soli, tre piccioni con una fava. Tu invece, hai convinto Katherine di avere la febbre?”

“No, le ho detto chiaro e tondo che questa volta non l’avrei accompagnata. Non l’ha presa benissimo, in effetti…”


*


“È assolutamente inammissibile! Come può non voler passare del tempo con me? Tutti mi vogliono bene!”
“E infatti Beatrix ti adora Kat, solo che non ama il Quiddicth, lo sai…”

“Beh, se mi volesse bene davvero non mi avrebbe lasciato sola con voi! Senza offesa Mark.”
“Scusa, ma non avresti potuto restare al castello anche tu? Le avrebbe fatto piacere la tua compagnia, in ogni caso.”

“Non posso perdere la partita, gioca Gabri!”  Katherine sbuffò, gemendo con aria grave mentre si appoggiava alla ringhiera delle tribune, osservando i giocatori iniziare a sfrecciare lungo il perimetro del campo ovale con aria cupa.

“Oh, giusto, se gioca il tuo amichetto del cuore non puoi proprio mancare…”
“Mark, ti voglio bene, ma dì una parola contro Gabri e ti tengo in panchina alla finale. So che tu e Adrian vi detestate, ma non devi generalizzare tutti i suoi compagni di Casa o di squadra!”

“Hai intenzione di continuare con la minaccia della panchina vino alla fine dell’anno?”
Il cugino le rivolse un’occhiata torva che la Capitana ignorò, limitandosi a sorridergli con fare allegro:

“Certo!” 


*


“Tu gli hai detto COSA?!”
“Abbassa la voce, vuoi che sentano tutti?! Ah no, scusa, lo sanno già tutti, urla pure…”

Charlotte parlò con una nonchalance che non venne affatto condivisa dall’amica, che sospirò e si prese la testa tra le mani, progettando di chiedere asilo ai parenti americani della madre e fuggire negli USA il più rapidamente possibile.
Non poteva essere vero. Non sarebbe più riuscita a guardarlo in faccia, figuriamoci parlargli… come avrebbe fatto a lezione? Alle cene a casa delle rispettive famiglie? Durante i turni di ronda?

“Charlotte, smettila, non lo sanno tutti!”
“Mi permetto di dissentire, lo sa anche la Sir Cadogan.”

Aurora si voltò verso Evangeline di fronte all’intrusione della bionda, che però non sembrò farci caso e continuò a tenere gli occhi fissi sul campo da Quidditch, in particolar modo sul Portiere di Serpeverde.

“Visto? Lo sanno anche i quadri! Questo è illuminante per appurare la gravità dell’ottusità di mio fratello. Non farne una tragedia Aurora, non capisco perché pensi di non potergli piacere, gliene sono piaciute di molto più insulse! Ricordi Clara Flint?”
“Sì, che oca, non la potevo sopportare…”
“Neanche io.”

“In effetti non l’ho più vista, chissà dov’è sparita…”. Aurora aggrottò la fronte prima di voltarsi di scatto verso l’amica, guardando Charlotte toccarsi distrattamente i capelli con leggero sospetto:

“Tu non ne sai niente, giusto Charlie?”
“Umh, potrei averle suggerito di aver sentito mio fratello dire di trovarla grassa…. Non l’ha presa granché bene. Suvvia, neanche a te piaceva, aveva così poco senso dell’umorismo.”
“Vero, ma non avresti dovuto comunque dire quelle cose a Sean! Che vergogna…”

Aurora piegò le labbra in una smorfia, sentendosi sprofondare per l’imbarazzo mentre si passava una mano tra i lunghi capelli scuri e Charlotte sbuffava, liquidando il discorso con un rapido gesto della mano:

“Ma quale vergogna, se non fosse il mio fratellone sarei la prima a sbavare per lui, non sei né la prima né l’ultima, con la differenza che mi piacerebbe avere TE come cognata, non qualche altra oca giuliva senza cervello. E poi dimentichi che i nostri genitori sarebbero oltremodo felicissimi di vedervi insieme, anzi, credo che ci sperino.”
“Sono d’accordo con Charlotte, a me mio cognato non piace granché, sarebbe stato più piacevole se Caroline avesse sposato qualcuno di più divertente…”

“Vi siete messe d’accordo, per caso?”


*


“Burke passa la Pluffa a Greengrass, che supera la metà campo e si avvicina agli anelli dei Corvonero… schiva Grayfall e un Bolide – attento Williams, vuoi uccidermi il fidanzato?! – ma perde la Pluffa, che passa in mano a Denebola Starble. Andiamo Gabriel, puoi fare di meglio!”

Un coro di proteste si sollevò dalle tribune occupate dai Serpeverde mentre Denebola sfrecciava verso gli anelli della squadra avversaria, rivolgendo un sorrisetto in direzione del cugino. 

“Starble lancia la Pluffa… ma non segna, Keegan blocca il tiro! Bravo Jack, non farti mettere sotto da tua cugina! Prof, scusi, che ho detto adesso? Beh, dicevo, Serpeverde ha la Pluffa ed è in testa per 50 a 30, intanto Adela Quested non sembra aver ancora avvistato il Boccino… Riuscirà Serpeverde a vincere almeno una volta quest’anno? Una bellissima domanda… La cui risposta sarà sicuramente NO se Gabriel non la smetterà di toccarsi i capelli invece di darsi da fare!”


Gabriel sbuffò, fulminando la tribuna d’Onore con lo sguardo e ricordando con somma irritazione quando la ragazza gli aveva assicurato che sarebbe stata più gentile mentre qualche metro più in alto Adela sorvolava il campo rabbrividendo dal freddo, cercando uno scintillio dorato e chiedendosi sinceramente perché diamine si fosse unita alla squadra: avrebbe potuto stare in tribuna e fare il tifo insieme a Charlotte, invece no, era lassù a prendere freddo. Perché?!

“Tutto bene?”

La voce di Hector attirò la sua attenzione, costringendola ad abbassare lo sguardo per poi annuire in direzione del ragazzo, costringendosi a sorridere: in realtà era stanca morta e non si sentiva più le mani, ma non l’avrebbe mai ammesso anche se era sicura che lui lo immaginasse. 
Eppure, voleva davvero vincere: non voleva assolutamente dare a Ronald quella soddisfazione.


*


“Non trovi che Jade sia strana, di recente? È come se volesse liberarsi di noi…”
“Forse vuole solo stare un po’ da sola.”

Andrew si strinse nelle spalle, sforzandosi di parlare con il tono più neutro che gli riuscì e di apparire disinteressato: in realtà l’amica gli aveva detto chiaro e tondo già diversi giorni prima di volerli lasciare da soli, ma non poteva dirlo ad Iphe. 
Iphigenia, seduta accanto a lui, si voltò di scatto, guardandolo con una punta di preoccupazione negli occhi castani:

“Pensi che possa avercela con me per qualcosa? Forse a volte risulto un po’ brusca o disinteressata, anche se non me ne rendo conto…”
“No, certo che no.”  Andrew scosse il capo, rispondendo forse con un po’ troppa fretta e un po’ troppa enfasi, guadagnandosi così un’occhiata incerta da parte della ragazza. Il rosso si sforzò di sorridere, stringendosi nervosamente nelle spalle:

“Insomma, ne dubito. Te lo direbbe in quel caso, e poi voi non litigate mai.”
‘Non mi piace discutere, lo sai.”

Iphigenia tornò a guardare la partita, il braccio ancora stretto intorno al suo, e inclinò la testa per appoggiare distrattamente il capo sulla sua spalla. 
Andrew si irrigidì per un istante, stupito da quel gesto, ma non disse nulla e sorrise un attimo dopo, provando un inconsueto moto di calore considerando le basse temperature a cui era esposto.

“Andrew?”
“Sì?”
Iphigenia indugiò, mordendosi il labbro e ripetendosi di chiedergli delucidazioni a proposito della gita ad Hogsmeade appena passata, quando lui le aveva chiesto di accompagnarlo e si era presentato alla sua porta con un mazzo di fiori in mano. 
Non si chiede ad una signorina un appuntamento senza dei fiori, glie l’aveva sentito dire molte volte da quando lo conosceva, ma mai aveva pensato che un giorno quella frase avrebbe riguardato lei. 

Iphigenia arrossì leggermente, chiedendosi se quello fosse stato un appuntamento vero e proprio ma senza avere il coraggio di chiederlo a lui. Era così abituata a passare tanto tempo insieme a lui da essere ormai piuttosto confusa, non sapendo come interpretare, di preciso, i suoi comportamenti.

“…. Niente, non importa.”


*


“Senza offesa, ma quest’anno vi trovo un po’ fiacchi.”
“Come scusa? Non è assolutamente vero, abbiamo solo avuto… beh, un po’ di sfortuna, tutto qui. Solo perché avete vinto una partita non siete automaticamente i migliori, mia cara.”

“Beh, siamo quelli con il punteggio più alto, però. E se vinceremo contro Tassorosso vinceremo anche la Coppa, ti ricordo.”


Stephanie sfoggiò un lieve sorrisetto, visibilmente soddisfatta mentre Regan invece sbuffava, seguendo la partita con cipiglio torvo:

“Beh, oggi vinceremo, ne sono certo... anche se Sean sembra distratto oggi, non so che cos’abbia.”
“Beh, sei uno de suoi migliori amici, se non lo sai tu…”
“È sempre stato piuttosto riservato, ma stamattina era molto taciturno… ho preferito non indagare, però, non vorrei essere scortese e invadere lo spazio altrui.”

“Posso farti una domanda, Reg?”
“Certo.”  Il ragazzo sorrise, abbassando lo sguardo per incontrare gli occhi chiari della ragazza, che lo stava scrutando con un velo di confusione nello sguardo, come se stesse cercando una risposta ad una domanda particolarmente insidiosa:

“Che cosa ci fai in quella Casa, esattamente?!”


*


Quando il gufo fin troppo familiare le planò davanti Beatrix si irrigidì, gli occhi azzurri fissi sul rapace che aveva davanti e che la stava fissando di rimando, in attesa.
C’era un particolare sigillo impresso sulla ceralacca che era stata usata per chiudere la busta, ma la ragazza non ebbe alcun bisogno di lanciargli un’occhiata per sapere chi le avesse scritto: quello era, indubbiamente, il gufo di suo padre. Ed era abbastanza raro che le scrivesse, in effetti. 

Improvvisamente la Tassorosso si sentì osservata e ci mise poco a rendersi conto di avere più di qualche paio d’occhi puntato contro: non sembrava essere l’unica ad aver riconosciuto il gufo, a giudicare dal modo in cui sua sorella minore la stava osservando, un sopracciglio inarcato a conferire alla Corvonero un’espressione perplessa.
Beatrix scosse il capo, come a voler dire a Davina di non avere idea del perché il padre le avesse scritto, sentendo chiaramente su di sè anche lo sguardo del fratello maggiore mentre slegava la busta dalla zampa del gufo, che planò via poco dopo… era un orario inconsueto per ricevere posta, quello, e ciò sembro solo alimentare la sua curiosità.

Era piuttosto sicura che anche Adrian si fosse accorto del gufo ma si impose di non alzare lo sguardo in direzione del tavolo dei Serpeverde in preda ai festeggiamenti, ignorando il fratellastro mentre rompeva la ceralacca e apriva la busta, estraendo la lettera e chiedendosi al contempo perché aveva la netta sensazione di sapere su cosa vertesse.


*


“Ehy, eccovi… mi dispiace molto per la partita, ma ci rifaremo l’anno prossimo.”

Charlotte, seduta sul divano con Rami acciambellato sulle ginocchia che si godeva le coccole, rivolse un’occhiata incerta ai suoi migliori amici mentre Adela ed Hector facevano il loro ingresso nella Sala Comune piuttosto silenziosa e intrisa di un’atmosfera cupa, quasi come se l’intera Casa fosse in lutto per qualcosa.
Adela sospirò e si lasciò cadere accanto all’amica mentre anche Thor le raggiungeva, sedendo accanto ad Adela e attirandola a sè con un braccio:

“Stendiamo un velo pietoso, questa è stata una stagione da dimenticare. Mi dispiace, Charlie, sembra che dovrai sopportare l’espressione trionfa di Cavendish prossimamente.”
“Oh, non fa niente, del resto quell’individuo ha un’espressione trionfa sulla faccia perennemente… ma non colpevolizzarti, Adela, sei la Cercatrice e hai una grande responsabilità, certo, ma non è stata colpa tua.”

“Charlotte ha ragione, hai fatto del tuo meglio… non importa.” Hector annuì, chinando leggermente il capo per lasciarle un bacio tra i capelli scuri mentre la ragazza annuiva con scarsa convinzione, sbuffando leggermente:

“Ok, mi sforzerò di darvi retta.”
“Certo che devi darci retta, siamo tra le persone più intelligenti che tu conosca! Oltre ad essere quelli che ti conoscono meglio, qui. Insomma, sono di parte, ma è solo un gioco, la Coppa delle Case è molto più importante… quindi pensiamo a stracciare Serpeverde almeno lì, così potrò calpestare l’espressione trionfa di quel damerino delle mie pantofole! Giusto Rami? Visto, lui è d’accordo con me, bravo zuccherino.”

Charlotte sorrise con affetto al Fennec, accarezzandogli le orecchie mentre Adela, sorridendo appena, si alzava in piedi, guardando l’amica a metà tra il divertito e l’esasperato:

“D’accordo, tu continua pure a parlare con il mio Fennec, io vado a farmi una doccia.”
“Adela, le persone parlano continuamente con i propri animali domestici, io articolo interi discorsi davanti a Daisy fin da quando ho sei anni.”
“Povera Daisy, posso compatirla!”


*


I Sotterranei erano in preda ai festeggiamenti per la vittoria di Serpeverde, ma Sean si era attardato in Sala Grande più del dovuto e stava attraversando il Salone d’Ingresso senza particolare esultanza: era felice che la squadra avesse vinto, certo, arrivare ultimi in classifica al suo ultimo anno di scuola sarebbe stato piuttosto sconfortante, ma non era riuscito a godersi la giornata, non fino in fondo. E pensare che era stata la sua ultima partita a scuola… 

Eppure, continuava a rimuginare su ciò che gli aveva detto la sorella pochi giorni prima e ad Aurora. E all’improvviso molte cose stavano assumendo un senso del tutto nuovo, ai suoi occhi. 

“Aurora?”
All’inizio gli parve di averla immaginata, forse perché stava effettivamente pensando a lei, ma dopo un attimo si convinse di non essersi sbagliato, era proprio Aurora la ragazza dai capelli scuri che stava salendo la scalinata principale, probabilmente per tornare a sua volta nella sua Sala Comune.
La chiamò quasi senza riflettere ma dopo un paio di secondi, quando lei si fermò per voltarsi verso di lui, quasi se ne pentì, fermandosi alla base delle scale. 

“Ciao Sean… complimenti per la vittoria, bella partita.”
“Grazie. Ascolta… potremmo parlare per un minuto?”
“Scusami, ho… dei compiti da finire, e sono stanca. Ci vediamo domani a lezione.”

“Ma…”
“Va’, immagino che ti stiano aspettando per unirti ai festeggiamenti.”

Aurora gli diede di nuovo le spalle e salì frettolosamente i pochi gradini che la separavano dal pianerottolo, sparendo dalla sua visuale un attimo dopo senza dargli il tempo di chiederle nuovamente di aspettare. Per un attimo Sean non si mosse, poi si diresse verso le scale che conducevano ai sotterranei passandosi nervosamente una mano tra i capelli lisci, per niente di ottimo umore nonostante tutti si aspettavano che lo fosse: se c’era una cosa che Sean Selwyn odiava era non sapere cosa fare, e quello era uno di quei rari casi. 

E la colpa era tutta di sua sorella, ovviamente. 


*


“Eccoti! Complimenti di nuovo per la vittoria, sei stato bravissimo.”

Evangeline sorrise mentre si avvicinava Jack, lasciandosi cadere accanto a lui, sul divanetto, mentre il ragazzo sembrava impegnato a rimuginare su qualcosa e le fece scivolare quasi senza riflettere il braccio intorno alle spalle pallide. 
Ad Evangeline il contatto fisico non era mai piaciuto particolarmente, non si era mai sentita del tutto a suo agio ad abbracciare qualcuno, o ad essere abbracciata… persino se si trattava di Aurora, di sua madre o di uno dei suoi fratelli, tendeva ad irrigidirsi leggermente e a staccarsi dopo pochi secondi.
Eppure, quando si trattava di Jack non ci faceva particolarmente caso, lasciando che lui le prendesse la mano o l’abbracciasse, anche se non era comunque mai lei a prendere l’iniziativa.
La prima a farglielo notare era stata Aurora, in effetti, e sul momento si era interrogata a riguardo, ripensando a quando avevano ballato insieme dai Selwyn e lei si era sentita così stranamente a proprio agio. 

“Tutto bene? Dovresti fare i salti di gioia!”
“Sì, certo, sono molto felice… stavo solo pensando ad una cosa.”
“Spero niente di grave.”

La bionda aggrottò la fronte, guardando il ragazzo con leggera confusione mentre Jack, dopo un attimo di esitazione, si voltava verso di lei, schiarendosi la voce prima di parlare:

“In realtà… forse c’è qualcosa che dovrei dirti, Evie, e preferisco farlo subito. Riguarda la mia famiglia.”









…………………………………………………………………..
Angolo Autrice: 

*Irene commossa si asciuga le lacrime con un fazzolettino* Sembra impossibile, ma Serpeverde è riuscita a vincere una partita! A saperlo avrei messo foto di Grant Gustin mesi fa… Menzione speciale per Phebe, che condivide questo supplizio con me da tempi immemori e che mi suggerisce caldamente da mesi di barare e contare “male” i voti pur di far vincere i verde-argento. Ma quando hai Grant Gustin barare non serve, pare.

Cosa ha fatto lo zio di Jack? Sean connetterà i neuroni? E soprattutto, diventeranno gli Iphew canon prima della neanche tanto sicura coalizione? 
A presto mie care, buon weekend!
Signorina Granger 





   
 
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