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Autore: Roiben    18/03/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Venticinque


La delusione e la rabbia che sente in quel momento offuscano ogni altra percezione. Forse è questo il motivo per il quale non avverte per tempo l’appressarsi di una presenza estranea, anzi due. Nel momento in cui se ne rende conto è ormai tardi per correre ai ripari e rimane solo il tempo di prendersi mentalmente a calci e di sfoderare una parte del potere nuovamente acquisito in quegli ultimi giorni agitati.


Eccoli di nuovo: sono comparsi davanti ai suoi occhi sgranati esattamente come era accaduto giorni addietro su quella nuvola grigia in mezzo all’oceano. La differenza è che questa volta sembrano avere parecchia fretta e nessuno dei due si perde in convenevoli. A sorpresa, è Mot ad aprire le ostilità; la sua maschera di tranquilla noia è ora visibilmente incrinata e Pitch può chiaramente notare, questa volta, tutto il suo nervosismo ed è perfino in grado di avvertirne la paura. Peccato non avere a disposizione il tempo sufficiente a sfruttarla e ad assimilarne almeno una piccola parte, avrebbe certamente fatto un gran comodo in quel contesto, ma tant’è, ora ha ben altro a cui pensare, per esempio a come evitare di venire spazzato via dai poteri oscuri del dio dell’oltretomba.


Si scansa con rapidità, e il colpo lanciato da Mot, invece di ridurlo a brandelli, crea una voragine nelle mura dell’edificio perdendosi all’esterno senza altre conseguenze. Nessuno di loro trova il tempo di perdersi in chiacchiere; Pitch raggiunge il soffitto con un balzo, richiama a sé la concentrazione necessaria per fondersi con le poche ombre presenti e scivola lesto il più lontano possibile, poi torna alla sua forma umana e scaglia con forza un’onda di sabbia nera che manca Mot di poco ma travolge Ba’al al suo posto, spedendolo a incrinare un altro muro della fabbrica di giocattoli di North. L’edificio trema un lungo istante, poi ritrova stabilità. Mot ha già contrattaccato, ignorando le bestemmie del fratello e bloccando momentaneamente Pitch in una nera bolla fuori dallo spazio e dal tempo. Per sua disgrazia nota che la sua offensiva ha funzionato solo in parte; all’interno della bolla, sabbia oscura vortica con sempre maggior velocità, incrinando la superficie lucente del suo piccolo buco nero.


«Fratello, che stai facendo?» ringhia Mot, occupato a mantenere in piedi la propria creazione. «Vuoi darti una mossa, prima che qui salti tutto per aria?» esclama allarmato e con evidente affanno.


Qualcosa di dorato brilla nell’oscurità fitta della bolla, poi un tuono sconquassa l’edificio e l’esplosione che segue sventra definitivamente quell’ala del palazzo, spedendo in orbita Ba’al e alcuni sfortunati yeti che passavano per caso da quelle parti. Mot è in qualche modo riuscito a farsi scudo e a scampare all’urto, così con gli ultimi rimasugli di lucidità intercetta Pitch nel vuoto momentaneamente formatosi e lo trascina con sé di peso, scaraventandolo negli abissi neri del suo bel mondo oscuro.


*


Un colpo sperimentale alla barriera di buia energia, che ha come unica conseguenza di farlo incespicare all’indietro, gli suggerisce di risparmiare le forze per un momento più opportuno, quindi si limita a fissare lo sguardo sulla scura figura dall’altro lato del campo di forza.


«Sei molto più potente di quanto fossi durante il nostro precedente incontro, spaventapasseri» constata Mot, osservandolo con fastidiosa attenzione.


Gli occhi di Pitch scintillano di rabbia mal trattenuta. Rimane in silenzio, però, senza mai distogliere lo sguardo e attendendo il suo momento. Quando ha ripreso i sensi, in seguito al brusco atterraggio in quel mondo, si è reso presto conto di essere solo in quel luogo, eccettuato il suo creatore Mot. Si è chiesto che fine abbia fatto il fratello; non crede affatto alla possibilità di essersi liberato di lui così facilmente, eppure non è ancora tornato e Mot sembra nervoso e inquieto per quell’assenza.


«Che cosa sei, tu?» chiede d’un tratto Mot, facendo vagare gli occhi sulla sua figura affilata.


Pitch fa un passo indietro, allontanandosi dalla barriera, e piega leggermente il capo in muta sorpresa. «Credevo lo sapessi già» obbietta perplesso.


«Conosco il modo in cui ti chiamano gli esseri umani, ma non è questo ciò che sei» replica Mot con tono pacato.


Sembra abbia ritrovato buona parte del suo equilibrio e della sua irritante compostezza, riflette Pitch, pensieroso. «Il prodotto della possessione di creature oscure di molteplice e differente natura ma con obbiettivi comuni» si risolve a spiegare, non trovando motivo per evitare la domanda. Si agita però, innervosito all’occhiata improvvisamente interessata di Mot.


«Non uno spirito, né un demone e neppure un dio. Forse una creatura magica, ma non comune come le ninfe, i satiri o i coboldi» soppesa.


Pitch arriccia il naso, profondamente disgustato da quel paragone ignobile. «Non offendere, dio. Potresti avere a pentirtene, un giorno» lo avverte con un sibilo alterato.


Inaspettatamente Mot sorride, o forse ghigna sarebbe un termine più appropriato, in quel caso. «Se i miei piani, per cause di forza maggiore, non fossero altri, credo sarebbe interessante osservarti più da vicino, chiunque tu sia. Mio malgrado, qualcun altro ti reclama» soffia il dio, scatenando un brivido lungo la spina dorsale di Pitch.


«Qualcun altro?» indaga preoccupato. Socchiude le labbra, colpito dalla consapevolezza, e fissa lo sguardo pieno d’orrore in quello rassegnato del dio. «Il demone» mormora spaventato.


Mot a quelle parole sgrana gli occhi e avanza di un passo. «Sai di lui? Come?» chiede confuso.


Pitch serra le labbra e si rintana meglio che può nell’oscurità, conscio tuttavia dell’inutilità del suo tentativo, vista la natura della creatura che si trova a fronteggiare.


«Come?» insiste Mot, quasi ringhiando di frustrazione per la mancanza di collaborazione di Pitch.


«È importante?» gli rivolta contro lo spirito. «Cambierà le nostre sorti, forse?» lo schernisce cupamente.


Mot ha preso ad andare avanti e indietro di fronte alla barriera, come una fiera in gabbia, anche se in effetti quello in gabbia è Pitch. L’Uomo Nero invece si limita a osservarlo, sentendo la paura dell’altro strisciargli addosso, in alcuni momenti fin quasi a sommergerlo.


«Non c’è un modo» rompe il silenzio Mot. «L’ho cercato, a lungo e invano, ma non l’ho trovato. Quel… quella cosa non ha nulla di umano, nemmeno un’anima né un cuore. E non c’è un modo per fermarlo».


«È stato fatto, però» tenta Pitch, cauto.


Mot si volta di scatto e lo fissa, sgomento e come spiritato. «Oh, sì. Ma dov’è, ora, colui che lo ha fatto?» ringhia furioso. «Scomparso! Totalmente irrintracciabile. Nemmeno della sua stessa famiglia si interessa più» grida frustrato.


E allora Pitch comprende, finalmente. «Era per questo. Questo era il motivo per cui cercavate di attirare la sua attenzione».


Il ghigno disperato di Mot torce dolorosamente qualcosa nel petto di Pitch. «Conosci forse un motivo più valido? Neppure il mio stolto fratello ha creduto a lungo a quella panzana del ritorno in auge, figuriamoci» esclama.


«Forse se aveste tentato di spiegare il problema agli altri…» dubita Pitch.


«Lui lo avrebbe scoperto immediatamente!» grida Mot, ormai fuori di sé e molto lontano dalla sua falsa immagine di placida indifferenza.


Pitch lo fissa a lungo e serra le labbra in una linea dura e sottile. «Qual è la mia parte in questo vostro disegno?».


Mot sospira e si lascia cadere seduto a terra. «Non nostro, ormai. Suo, purtroppo» ammette sconfitto.


«Suo?» rantola, nuovamente spaventato. «Vuoi dire che…» affanna.


«Ho cercato di guadagnare tempo, ma alla fine lui si è stancato di aspettare. Tu sei… il suo nuovo piano, a quanto pare».


*


Presto i guardiani al completo raggiungono l’ala distrutta del palazzo e lì ritrovano Nyx, in compagnia di due degli incubi di Pitch, apparentemente intenta a scrutare nella notte fonda. Nicholas non può fare a meno di guardarsi attorno con aria sconsolata, registrando via via gli ingenti danni alla sua fabbrica; piano, si china a raccogliere i resti di quello che una volta doveva essere un grosso arco lungo, di cui non rimangono che pochi pezzi appena riconoscibili. Dov’è il proprietario di quell’arco? E dell’alabarda spezzata laggiù in fondo? I resti delle armi che appartenevano ai suoi yeti giacciono ora ai suoi piedi, ma degli yeti non v’è più traccia; Nicholas teme che chiunque abbia ridotto il palazzo e le armi in quel modo sia con buona probabilità anche il responsabile della scomparsa degli yeti.


«Chi è stato? Chi ha fatto questo?» domanda con voce dura, rivolto a Nyx. Quando lei si volta finalmente e lo fissa con sguardo un po’ perso, lui arriccia le labbra contrariato e scuote la testa. «Tu lo sai, vero?» l’accusa.


«Dovresti saperlo anche tu, guardiano» replica Nyx con voce spenta. Torna a voltarsi verso l’esterno, al cielo coperto di nubi e chiude gli occhi. «Hanno ucciso i tuoi aiutanti, St. North. Sono venuti per lui, lo hanno preso e nel farlo hanno distrutto parte di questo posto e dei suoi abitanti. Probabilmente neppure se ne sono resi conto» pondera amareggiata. Respira l’aria gelida della notte, stringe le palpebre e serra i pugni. «Come potremo trovarli, se si sono ormai rintanati nel loro mondo? Come riuscirò a ritrovarlo?» bisbiglia con disperazione, senza avere idea di ciò che potrà fare per riaverlo.


Jack guarda a lungo i due incubi che sembrano così persi in mezzo a loro. Epiales e Lumbar ricambiano il suo sguardo di ghiaccio e i dubbi dello spirito dell’inverno trovano una risposta chiara, una che forse avrebbe preferito ignorare. «I due fratelli hanno portato via Pitch» soffia, un po’ sorpreso e costernato. Trattiene bruscamente il fiato al lieve cenno di assenso della dea della notte e, non per la prima volta, si chiede cosa li aspetta in un futuro fin troppo vicino.

  
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