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Autore: DarkRose86    01/07/2009    3 recensioni
Ricordo poco di mia madre.
La gente non fa che dirmi che è morta a causa mia, ma io non voglio crederci.
Non posso crederci, perché la mamma ogni notte viene a farmi visita.
Lei mi vuole bene.
V° classificata al Contest "Ninna Nanna... e Horror", indetto da Princess of the Rose
Genere: Malinconico, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sabaku no Gaara
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction classificatasi V° al Contest "Ninna Nanna e... Horror" , indetto da Princess of the Rose sul Forum di EFP.

Ricordo poco di mia madre.
La gente non fa che dirmi che è morta a causa mia, ma io non voglio crederci.
Non posso crederci, perché la mamma ogni notte viene a farmi visita. Lei mi vuole bene. ”

La Sedia a Dondolo ~

Un ragazzo dai capelli rossi si rigira nel letto alla ricerca di una posizione vagamente comoda, ma anche disteso riesce a sentire la testa che pesa, è insopportabile; gli fa male da giorni, e l'aspirina non serve a niente. Da quando i suoi due fratelli sono stati adottati e lui è rimasto da solo in quella grande casa, le sue condizioni sono visibilmente peggiorate; ha poco da mangiare, ed è costretto a guadagnarsi il pane con la fatica. Lavora in una fabbrica ed ogni sera torna stanco e debilitato, ma nonostante ciò resiste. Gaara è forte. E' forte perché qualcuno gli sta vicino e non lo abbandona mai.
Decide di alzarsi, tanto non riesce a dormire; si guarda allo specchio, gli occhi color dell'acquamarina sono spenti e le loro sfumature stonano col rosso vivo della sua chioma arruffata. Sbadiglia, mentre allunga un braccio verso il comodino polveroso. Sopra vi sono un bicchiere vuoto, una vecchia abat-jour ed un orsacchiotto oramai consumato dall'usura del tempo; è quello l'obiettivo del giovane, lo prende fra le mani e lo osserva, quasi come lo venerasse. In fondo, gli fa compagnia in quella stanza buia. Solo le tende lasciano filtrare un po' di luce, provocata dai fari delle auto che sfrecciano veloci. Disegnano inquietanti figure sul muro d'un azzurro ormai sbiadito.
Il ragazzo, d'improvviso, sente una voce; ma essa non lo spaventa, perché lui la conosce bene. E' dolce, e canta una canzone.

Esce dalla stanza lentamente, contando i propri passi; chissà quante volte lei ha calpestato quello stesso suolo fatto di gelide mattonelle. Appesa al muro in corridoio v'è una sua foto, ed ogni volta che la vede ne rimane affascinato; quel sorriso è abbagliante, tanto che pare fin troppo bello per essere appartenuto ad una creatura mortale.
Scende le scale appoggiandosi al corrimano, scuotendo il capo come a voler scacciare il dolore lancinante che lo sta lacerando. Non può, non deve mostrarsi a lei così sofferente, altrimenti ella ci rimarrà male.

Non accende la luce, ma s'accontenta di quella fioca proveniente dal camino che aveva accesso qualche ora prima; poi l'aveva fissato a lungo, pensando a quanto una fiamma che arde somiglia alla vita degli esseri umani. Prima o poi è destinata a consumarsi; presto o tardi, è quello il suo destino. Di fronte ad esso una vecchia sedia a dondolo si muove piano piano, ed una figura dai tratti gentili vi siede sopra. Accanto c'è una culla, quella in cui da piccolo veniva adagiato quando non aveva voglia di dormire nel lettone coi genitori.
Ciao, mamma. ” sussurra nell'oscurità, facendo un cenno con la mano.
E lei lo guarda sorridendo, continuando a cantare.

Riposa bel bambino che la mamma,
ti canta piano piano qui vicina.

La ninna nanna ch'ella intonava gentile, riesce a ricordarla perfettamente; essa penetrava nelle sue orecchie di bimbo innocente, e lo cullava fin quando il sonno non arrivava, fin quando Morfeo non lo accoglieva nel suo morbido abbraccio.

Già muore nel camin la rossa fiamma,
bambino dormi fino alla mattina.

La legna nel camino si è oramai consumata, e il fuoco sta per spegnersi; lascerà di nuovo spazio al gelo dell'inverno, ma non sarà un problema. Non lo sarà, perché lui non è solo.
Lei non parla d'altro, se non di quel bambino tanto bello che è stato strappato dalle sue braccia troppo presto. In quel maledetto giorno d'autunno un'auto pirata stava per recidere la sua giovane rosa, quando lei gli si gettò incontro spingendolo via. Dopo, Gaara aveva visto solo rosso. Il rosso dei suoi capelli, del sangue di sua madre, della croce dipinta su quel grosso mezzo chiamato ambulanza; quello che ti porta in un Inferno dal quale qualcuno esce vivo, e qualcun altro no.
Osserva la fiamma che si affievolisce, che si muove ancora un poco, un ultimo alito di vita; poi il buio.
Anch'essa è morta, come lei.

Ninna-o, ninna-o
ninna-o, ninna-o...

Si sforza di sorridere un poco, ma non ci riesce. Pero' non importa, perché lei lo capisce. Lo guarda con occhi colmi d'amore, mentre lo invita a serrare le palpebre fino alla mattina dopo. Fino ad un altro maledettissimo sorgere del sole.
Vorrebbe restare così per sempre, steso su quel divano ad ascoltare il rumore provocato dalla sedia di legno che dondola piano; lo rilassa, lo fa sentire a casa.

Ninna-o, ninna-o
ninna-o, ninna-o...

Non riesce a dormire, vuole godersela ancora un po'. Gli manca, troppo. Tende la mano verso di lei ma ella non si muove, ora sta fissando il buio davanti a sé e il suo tono di voce è divenuto più triste. No, no. Non vuole che pianga; non vuole che soffra. Si alza di scatto e prova a stringerla fra le braccia, ma non si può toccare qualcosa che non esiste. Non è possibile abbracciare un'illusione, per quanto lo si desideri.

Gaara, tua madre è morta a causa tua, anche se tu non lo ricordi! ”
Sei un mostro, quella donna così giovane e bella ha dato la vita pur di salvare un bambino come te; sei strano, sei silenzioso... non piaci a nessuno! ”

Queste le parole di coloro che non sono in grado di comprendere il suo stato d'animo, di coloro che vivono dell'infelicità altrui. A causa loro lui si sente inutile, diverso.
E solo quando lei lo va a trovare si riesce a scorgere sul suo volto stanco ancora un po' di voglia di vivere, di andare avanti.

E mentre tu riposi nel lettino,
insieme all'orsacchiotto preferito...

Stringe spasmodicamente l'orsetto di pezza che tiene in mano, sforzandosi di non piangere, di non deluderla; pensa che oramai, purtroppo, è divenuto troppo alto per riuscire ad usufruire del lettino nel quale da piccolo dormiva sonni tranquilli. Così s'accontenta ancora del divano, guardando gli occhi inumani del suo vecchio compagno di giochi; sono diventati grigi, del color delle nuvole che minacciano tempesta. Pero' nonostante ciò ha il potere di tranquillizzarlo, sebbene egli non abbia più l'età per giocare assieme ad esso.

...nel sogno lui t'aspetta bel bambino,
e vuol giocar con te nell'infinito.

Ultimamente i suoi sogni lo riconducono all'infanzia, non son più gli incubi d'una volta, quelli spaventosi in cui pregava Dio – o chiunque altro fosse in ascolto – di svegliarlo. Pero' lo inquietano comunque, lo sconvolgono con la furia di un ciclone.
Il suo peluche preferito cammina al suo fianco, senza mai abbandonarlo; incredibile che un oggetto inanimato sia così pieno di vita!
Saltella felice su un letto di stelle, giocando con esse, beandosi della loro luminosità. Quanto lo invidia...
Non riesce a sorridere, qualcosa lo opprime. Vuole rivederla, non può stare senza di lei.

Ninna-o, ninna-o,
ninna-o, ninna-o...

Apre gli occhi improvvisamente, respirando affannosamente. Quel rumore lo culla ancora, così come la ninna nanna che pero' è quasi terminata.
No, mamma, no. Continua a cantare. ”
Lei non può rispondere. Vorrebbe perseverare nel suo angelico canto, ma qualcosa la sta chiamando. Il suo tempo è scaduto.

~ ~ ~

Gaara se ne sta sulla sedia a dondolo, a fissare il vuoto; quell'articolo d'arredamento è tutto ciò che gli rimane di lei, assieme ad una foto e ad una ninna nanna anche piuttosto comune.
Tutto si sta consumando, inesorabilmente.
Il vetro che separa la foto appesa al muro dalle intemperie si è rotto, non ricorda nemmeno come.
Molti genitori hanno smesso di cantare dolci nenie ai loro bambini per conciliarne il sonno, troppo occupati fra il lavoro e il traffico.
E quella sedia sta conoscendo la fine di colui che oramai, di giorno, vede solo fantasmi attorno a sé. Ombre minacciose lo torturano, voci stridule penetrano prepotenti nella sua mente facendogli desiderare d'esser sordo. Ma quando arriva la sera...

...rivive.

Per pochi minuti, sì, ma torna in vita.
Per ascoltare quella ninna nanna, e per dirle che presto la raggiungerà. Perché Gaara è forte, ma che senso ha esserlo se non si è capaci di sorridere alla vita e al mondo – crudele, troppo crudele – che ci circonda?

Si dondola un poco, in attesa del momento fatidico. Scaccia gli artigli che tentano di dilaniarlo, le mani sconosciute che provano ad afferrarlo, a portarlo via con sé. Non ha tempo per loro, per quegli spiriti capricciosi che infestano la casa da tempo immemorabile; che hanno atteso il giorno in cui egli è rimasto solo per potersi divertire con quel patetico essere il cui cuore batte ancora.
Per poco ancora.

Riposa bel bambino che la mamma
ti canta piano piano qui vicina...

La lama affonda nella carne, il sangue cola, macchia i suoi vestiti e la vecchia sedia a dondolo.
Non sente dolore.
E' forte.
Una dolce canzone lo culla, mentre pian piano le forze lo abbandonano.
D'ora in poi, riposerà in eterno al suo fianco.

E finalmente potrà dirle quel che in vita non ha mai pronunciato, timoroso di mostrar le proprie debolezze:

Ti voglio bene. ”

Fine ~

  
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