Fanfiction classificatasi V° al Contest "Ninna Nanna e... Horror" , indetto da Princess of the Rose sul Forum di EFP.
“ Ricordo poco
di
mia madre.
La
gente non fa che dirmi che è morta a causa mia, ma io non
voglio crederci.
Non posso crederci,
perché la mamma ogni notte viene a farmi visita. Lei
mi
vuole bene. ”
La Sedia a Dondolo ~
Un
ragazzo dai capelli rossi si
rigira nel letto alla ricerca di una posizione vagamente comoda, ma
anche disteso riesce a sentire la testa che pesa, è
insopportabile; gli fa male da giorni, e l'aspirina non serve a
niente. Da quando i suoi due fratelli sono stati adottati e lui
è
rimasto da solo in quella grande casa, le sue condizioni sono
visibilmente peggiorate; ha poco da mangiare, ed è costretto
a
guadagnarsi il pane con la fatica. Lavora in una fabbrica ed ogni
sera torna stanco e debilitato, ma nonostante ciò resiste.
Gaara è forte. E' forte perché qualcuno gli sta
vicino
e non lo abbandona mai.
Decide
di alzarsi, tanto non
riesce a dormire; si guarda allo specchio, gli occhi color
dell'acquamarina sono spenti e le loro sfumature stonano col rosso
vivo della sua chioma arruffata. Sbadiglia, mentre allunga un braccio
verso il comodino polveroso. Sopra vi sono un bicchiere vuoto, una
vecchia abat-jour ed un orsacchiotto oramai consumato dall'usura del
tempo; è quello l'obiettivo del giovane, lo prende fra le
mani
e lo osserva, quasi come lo venerasse. In fondo, gli fa compagnia in
quella stanza buia. Solo le tende lasciano filtrare un po' di luce,
provocata dai fari delle auto che sfrecciano veloci. Disegnano
inquietanti figure sul muro d'un azzurro ormai sbiadito.
Il
ragazzo, d'improvviso, sente
una voce; ma essa non lo spaventa, perché lui la conosce
bene.
E' dolce, e canta una canzone.
Esce
dalla stanza lentamente, contando i propri passi; chissà
quante volte lei ha calpestato quello stesso suolo
fatto di
gelide mattonelle. Appesa al muro in corridoio v'è una sua
foto, ed ogni volta che la vede ne rimane affascinato; quel sorriso
è
abbagliante, tanto che pare fin troppo bello per essere appartenuto
ad una creatura mortale.
Scende
le scale appoggiandosi al corrimano, scuotendo il capo come a voler
scacciare il dolore lancinante che lo sta lacerando. Non
può,
non deve mostrarsi a lei così
sofferente, altrimenti
ella ci rimarrà male.
Non
accende la luce, ma
s'accontenta di quella fioca proveniente dal camino che aveva accesso
qualche ora prima; poi l'aveva fissato a lungo, pensando a quanto una
fiamma che arde somiglia alla vita degli esseri umani. Prima o poi
è
destinata a consumarsi; presto o tardi, è quello il suo
destino. Di fronte ad esso una vecchia sedia a dondolo si muove piano
piano, ed una figura dai tratti gentili vi siede sopra. Accanto
c'è
una culla, quella in cui da piccolo veniva adagiato quando non aveva
voglia di dormire nel lettone coi genitori.
“
Ciao,
mamma. ” sussurra nell'oscurità, facendo un cenno
con la
mano.
E lei lo
guarda sorridendo,
continuando a cantare.
Riposa
bel bambino che la mamma,
ti
canta piano piano qui vicina.
La ninna nanna ch'ella intonava gentile, riesce a ricordarla perfettamente; essa penetrava nelle sue orecchie di bimbo innocente, e lo cullava fin quando il sonno non arrivava, fin quando Morfeo non lo accoglieva nel suo morbido abbraccio.
Già
muore nel camin la rossa
fiamma,
bambino
dormi fino alla mattina.
La legna
nel camino si è
oramai consumata, e il fuoco sta per spegnersi; lascerà di
nuovo spazio al gelo dell'inverno, ma non sarà un problema.
Non lo sarà, perché lui non è solo.
Lei
non parla d'altro, se non di quel bambino tanto bello che è
stato strappato dalle sue braccia troppo presto. In quel maledetto
giorno d'autunno un'auto pirata stava per recidere la sua giovane
rosa, quando lei gli si gettò incontro spingendolo via.
Dopo,
Gaara aveva visto solo rosso. Il rosso dei suoi
capelli, del
sangue di sua madre, della croce dipinta su quel grosso mezzo
chiamato ambulanza; quello che ti porta in un Inferno dal quale
qualcuno esce vivo, e qualcun altro no.
Osserva
la fiamma che si
affievolisce, che si muove ancora un poco, un ultimo alito di vita;
poi il buio.
Anch'essa
è morta, come lei.
Ninna-o,
ninna-o
ninna-o,
ninna-o...
Si
sforza di sorridere un poco, ma
non ci riesce. Pero' non importa, perché lei lo capisce. Lo
guarda con occhi colmi d'amore, mentre lo invita a serrare le
palpebre fino alla mattina dopo. Fino ad un altro maledettissimo
sorgere del sole.
Vorrebbe
restare così per
sempre, steso su quel divano ad ascoltare il rumore provocato dalla
sedia di legno che dondola piano; lo rilassa, lo fa sentire a casa.
Ninna-o,
ninna-o
ninna-o,
ninna-o...
Non riesce a dormire, vuole godersela ancora un po'. Gli manca, troppo. Tende la mano verso di lei ma ella non si muove, ora sta fissando il buio davanti a sé e il suo tono di voce è divenuto più triste. No, no. Non vuole che pianga; non vuole che soffra. Si alza di scatto e prova a stringerla fra le braccia, ma non si può toccare qualcosa che non esiste. Non è possibile abbracciare un'illusione, per quanto lo si desideri.
“
Gaara,
tua madre è morta a causa tua, anche se tu non lo ricordi!
”
“
Sei
un mostro, quella donna così giovane e bella ha dato la vita
pur di salvare un bambino come te; sei strano, sei silenzioso... non
piaci a nessuno! ”
Queste
le parole di coloro che non
sono in grado di comprendere il suo stato d'animo, di coloro che
vivono dell'infelicità altrui. A causa loro lui si sente
inutile, diverso.
E solo
quando lei lo va a trovare
si riesce a scorgere sul suo volto stanco ancora un po' di voglia di
vivere, di andare avanti.
E
mentre tu riposi nel lettino,
insieme
all'orsacchiotto preferito...
Stringe spasmodicamente l'orsetto di pezza che tiene in mano, sforzandosi di non piangere, di non deluderla; pensa che oramai, purtroppo, è divenuto troppo alto per riuscire ad usufruire del lettino nel quale da piccolo dormiva sonni tranquilli. Così s'accontenta ancora del divano, guardando gli occhi inumani del suo vecchio compagno di giochi; sono diventati grigi, del color delle nuvole che minacciano tempesta. Pero' nonostante ciò ha il potere di tranquillizzarlo, sebbene egli non abbia più l'età per giocare assieme ad esso.
...nel
sogno lui t'aspetta bel bambino,
e
vuol giocar con te nell'infinito.
Ultimamente
i suoi sogni lo
riconducono all'infanzia, non son più gli incubi d'una
volta,
quelli spaventosi in cui pregava Dio – o chiunque altro fosse
in
ascolto – di svegliarlo. Pero' lo inquietano comunque, lo
sconvolgono con la furia di un ciclone.
Il suo
peluche preferito cammina
al suo fianco, senza mai abbandonarlo; incredibile che un oggetto
inanimato sia così pieno di vita!
Saltella
felice su un letto di
stelle, giocando con esse, beandosi della loro luminosità.
Quanto lo invidia...
Non
riesce a sorridere, qualcosa
lo opprime. Vuole rivederla, non può stare senza di lei.
Ninna-o,
ninna-o,
ninna-o,
ninna-o...
Apre gli
occhi improvvisamente,
respirando affannosamente. Quel rumore lo culla ancora, così
come la ninna nanna che pero' è quasi terminata.
“
No,
mamma, no. Continua a cantare. ”
Lei non
può rispondere.
Vorrebbe perseverare nel suo angelico canto, ma qualcosa la sta
chiamando. Il suo tempo è scaduto.
~ ~ ~
Gaara se
ne sta sulla sedia a
dondolo, a fissare il vuoto; quell'articolo d'arredamento è
tutto ciò che gli rimane di lei, assieme ad una foto e ad
una
ninna nanna anche piuttosto comune.
Tutto si
sta consumando,
inesorabilmente.
Il vetro
che separa la foto appesa
al muro dalle intemperie si è rotto, non ricorda nemmeno
come.
Molti
genitori hanno smesso di
cantare dolci nenie ai loro bambini per conciliarne il sonno, troppo
occupati fra il lavoro e il traffico.
E quella
sedia sta conoscendo la
fine di colui che oramai, di giorno, vede solo fantasmi attorno a
sé.
Ombre minacciose lo torturano, voci stridule penetrano prepotenti
nella sua mente facendogli desiderare d'esser sordo. Ma quando arriva
la sera...
...rivive.
Per
pochi minuti, sì, ma
torna in vita.
Per
ascoltare quella ninna nanna,
e per dirle che presto la raggiungerà. Perché
Gaara è
forte, ma che senso ha esserlo se non si è capaci di
sorridere
alla vita e al mondo – crudele, troppo crudele –
che ci circonda?
Si
dondola un poco, in attesa del momento fatidico. Scaccia gli artigli
che tentano di dilaniarlo, le mani sconosciute che provano ad
afferrarlo, a portarlo via con sé. Non ha tempo per loro,
per
quegli spiriti capricciosi che infestano la casa da tempo
immemorabile; che hanno atteso il giorno in cui egli è
rimasto
solo per potersi divertire con quel patetico
essere il cui cuore batte ancora.
Per
poco ancora.
Riposa
bel bambino che la mamma
ti
canta piano piano qui vicina...
La lama
affonda nella carne, il
sangue cola, macchia i suoi vestiti e la vecchia sedia a dondolo.
Non
sente dolore.
E' forte.
Una
dolce canzone lo culla, mentre
pian piano le forze lo abbandonano.
D'ora in
poi, riposerà in
eterno al suo fianco.
E finalmente potrà dirle quel che in vita non ha mai pronunciato, timoroso di mostrar le proprie debolezze:
“ Ti voglio bene. ”
Fine ~