È una malattia, la mia. Non guarirò mai.
Continuo a piangere per te, di tanto in tanto, mi amor.
Mi porto dietro ancora la tristezza di quel giorno in cui partisti. Mi sembrava di essere davanti ad il vuoto. Volevo la mia fine, ma avevo Coco da crescere.
Non so cosa avrei fatto senza di lei. Tu eri la felicità per me. E chissà quante volte te l’avrò cantato, con questa canzone. E dopo tanti anni, te lo canto ancora. Non mi stanco mai.
È una malattia, la mia. Una malattia d’amore. La peggiore che c’è.
Quella che ti fa dimenticare i peggiori torti subiti e piangere invece che arrabbiarti.
Quella che ti fa piangere se il tuo amore ti chiede scusa, pur dopo tanta sofferenza.
Quindi volevi tornare da me, Hector?
Tu, da me, insieme, con Coco.
Quanto sarebbe stata più felice la mia vita con te, sarebbe stata troppo felice. Per questo non era possibile. Non è terrena cosa, la perfezione. Ma qui, forse, ce lo potremo permettere.
Se riesco a dare a Miguel questa dannata foto. Ma quel pallone gonfiato non molla.
Lasciami cantare ancora una volta
“No dejare´ de quererte /Non smetterò di amarti”
Lasciamelo dire ancora, al mi amor. E invece no, deve cantare lui. Tiè, ti pesto il piede.
Finalmente corro da te con la foto, e ti abbraccio.
No, tanta felicità non era cosa terrena.
Non ho davvero mai smesso di amarti, come dice la canzone.
“Mi ero dimenticata cosa si provasse” dico, tra l’imbarazzo.
Intendo ovviamente a cantare, non ad abbracciarti. Non lo potrei mai dimenticare.
“Tu..ci sai ancora fare” mi dici.
Mi sei mancato anche tu, Hector.