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Autore: Cauchemar    01/07/2009    1 recensioni
Frutto di una nuova collaborazione con la sempre prodiga Arghenta ^o^ I found an island in your arms Country in your eyes Arms that chain us Eyes that lie Break on through to the other side Break on through to the other side...
Genere: Drammatico, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Suv si fermò sull’acciottolato e rimasero per un momento stupiti a riflettere

Il Suv si fermò sull’acciottolato e rimasero per un momento stupiti a riflettere.

“Forse” Gwen fu la prima a parlare “dovremmo dividerci. Io ed Owen possiamo andare alla stazione di polizia, ho ancora qualche amico felice di rivedere una ex collega li, Owen recupererà i corpi e li porteremo all’Hub.” poi voltandosi verso i sedili posteriori dove Ianto controllava su un visore la mappa del cimitero e Julian con le mani dietro la testa osservava oziosamente l’esterno, “Voi due potreste controllare il magazzino.”

Ianto annuì. La struttura del cimitero non sembrava in alcun modo predeterminata, nessuna forma particolare, nessun disegno da satellite. Forse quella rischiava di rivelarsi solo un vicolo cieco o forse il luogo in cui quella follia era cominciata. Con la coda dell’occhio vide Gwen porgere qualcosa a Julian e sollevò lo sguardo incuriosito. Era una pistola automatica, proprio del genere che Jack si era sempre rifiutato di affidargli.

“Non si sa mai..” strizzò l’occhio Gwen.

Julian esitò, per gli stessi motivi che avevano fatto indurire lo sguardo di Ianto. Non era certo timore delle armi il suo, quanto la consapevolezza che quella era una chiara trasgressione degli ordini, una tentazione fin troppo forte per il suo sangue ribelle.

“Su, prendila.” ripeté Gwen e non dovette più insistere. Julian prese l’arma e la ficcò dentro lo zaino.  Poi cercò lo sguardo di Ianto, colse al volo i suoi pensieri e rispose con un sorriso da furfante.

“Vogliamo farci attendere sulla scena? Jack attende il suo resoconto..”

Soltanto lui sentì nel proprio auricolare una voce roca commentare. “Attendo....”

 

L'auto ripartì, sollevando una nuvola di polvere bianca dal terreno ghiaioso.

Ianto alzò gli occhi al cielo.

Era una giornata insolitamente calda e afosa per quel periodo dell'anno. Nuvole grigie restavano appese all'orizzonte, senza decidersi a portare un po'di pioggia. Anzi, la loro presenza gravava come una cappa soffocante, rendendo difficile perfino respirare.

Il ragazzo si allentò il nodo della cravatta con le dita, mentre si avviava nuovamente attraverso l'arcata d'ingresso, come in una sorta di deja-vu.

Raggiunsero facilmente il magazzino, che recava i segni evidenti del recente incendio.

Julian calpestò un cartone fradicio, quasi sfatto in poltiglia dalla solerzia dei pompieri.
Fece appena in tempo a fare un passo che da un cespuglio poco lontano schizzò fuori un gatto, che sparì veloce come un ombra passandogli tra i piedi.

Lo scozzese sorrise, dopo la sorpresa iniziale.

"Se ci fosse stata Gwen probabilmente avrebbe sparato prima di rendersi conto di cosa fosse" osservò Ianto con la sua solita aria compita.

Ci fu un breve scambio di silenziosi sorrisi.

Il magazzino non rivelò nulla di utile. Il fuoco e l'acqua usata per spegnerlo avevano lasciato ben poco da esaminare.

"Non sapevo ci fosse il Luna Park in città"

Julian, intento a studiare le pareti annerite, rivolse a Ianto un'occhiata interrogativa.

In tutta risposta l'altro sventolò un foglio bruciacchiato e macchiato in più punti, stampato a caratteri colorati.

"Puzza di pesce..." aggiunse Ianto con una smorfia, "probabilmente è stato usato per avvolgere del cibo."
Julian alzò le spalle.

"Credi sia rilevante per le indagini?"

Ianto fece un piccolo sorriso.


"No... non so... mi sono sempre piaciute le giostre."

“Secondo me questo è un indizio di vitale importanza.” Lo corresse Julian. “Serve una buona dose di follia per dar fuoco al conforto della vecchiaia e poi rompersi la testa contro un muro.

“Uno specchio” lo corresse Ianto. Julian bofonchiò come se non vedesse questa grande differenza.

“Non so” riprese Ianto dubbioso. “Forse dovremmo cercare ancora qui..” disse girandosi attorno, scostando alcune pietre con il piede per mettere in mostra nuovi volantini del Luna Park. Julian lo osservava con le braccia conserte appoggiato al muro.

Poi entrambi sentirono la voce musicale di Jack nelle loro teste:

“Ianto, Julian, mi sembra una bellissima idea. Ci vediamo al Luna Park.”

 

Paradossalmente per raggiungere Jack Julian e Ianto non dovettero far altro che tornare verso la base.
Infatti il Luna Park sorgeva non lontano da Roald Dahl Plass, in un fondo industriale che si affacciava sulla baia di Cardiff.

Dal momento che Owen e Gwen avevano portato via il Suv, i due dovettero prendere un taxi.

Avvenimento questo che diede a Julian Vallantine la possibilità di essere illuminato sulla situazione politica inglese dall'eloquio poco forbito e molto gallese di un tassista a dir poco iracondo.

Quando scesero nei pressi del Luna Park, il giovane scozzese aveva quasi le lacrime agli occhi, e fu così che Jack se lo vide venire incontro, affiancato dal sempre ieratico, seppur sorridente, Ianto.

Per un singolo istante sul volto del Capitano si dipinse un'espressione compiaciuta, alla vista dei due uomini. Così diversi, tra loro, eppure così assolutamente gradevoli! Julian aveva adottato un look moderno e vagamente trasandato che, complici i lunghi capelli sempre legati in una morbida coda sulla nuca, gli conferiva un'aria dannatamente sexi.

Impeccabile nel suo completo antracite, la cravatta solo un po'lasca intorno al collo, Ianto non avrebbe sfigurato ad una cerimonia di inizio corsi a Oxford, sia come giovane docente, sia come studente.
Ma non era il momento, e non era il luogo, e il Capitano dovette reprimere l'impulso di dimenticare, per un pomeriggio i suoi innumerevoli doveri, per dedicarsi solo ed esclusivamente al piacere...
"Non siamo un po'troppo grandi per le giostre, Capitano?" domandò Julian, che tuttavia stava già sbirciando con palese curiosità in direzione delle strutture variopinte. In realtà si trattava di un piccolo Luna Park che, alla luce del mattino, appariva quanto mai deserto e squallido. Le attrazioni, tutte chiuse, avevano conosciuto tempi migliori, le facciate dipinte coperte da uno strato di polvere e salsedine.

Le cabine di controllo, le biglietterie, tutto vuoto. Nella pista degli autoscontri le macchine erano abbandonate a casaccio sulla pista come se fosse stata semplicemente tolta l’elettricità nel mezzo della corsa.

“Bizzarramente macabro questo posto, sembra abbandonato.” commentò Julian guardando gli altri incuriosito “Forse quei volantini erano vecchi”.

“Oh, no.” Ianto stava controllando il suo palmare “E’ arrivato in città lunedì scorso, semplicemente questi posti sembrano sempre macabri ed abbandonati di giorno. E’ come un palcoscenico, prendono vita di notte, con le persone, le luci e la musica.”

“Come sei romantico, Ianto Jones” osservò Jack, inarcando le sopracciglia.

Nell’aria aleggiava un vago sentore di popcorn e quello più dolciastro delle ciambelle. Poi da qualche parte un violino prese a suonare una vecchia melodia. (un canone inverso in realtà) Sembrava familiare, ma nessuno dei tre riuscì a riconoscerla.

Jack Harkness si infilò le mani in tasca spostando indietro le falde del cappotto ed annusando il piacere di una esperienza imprevista alle porte.

“Beh, signori miei, questo mi sembra un invito in piena regola, che ne dite?”  disse facendo strada.

Ianto era un passo dietro di lui, gli occhi un po’ sull’inseparabile palmare, un po’ sulle giostre attorno a loro cercando di orientarsi. “C’e’ qualcosa di strano qui…”

“Ma non mi dire… “ commentò Julian, ma venne ignorato dagli altri due.

“Vedo le onde di diffusione di una frattura nella Fessura, ma è come se fossero interrotte, asimmetriche… tagliate.” Ianto continuava   a consultare il suo strumento non comprendendone ne letture.

Per nulla impressionato Julian continuava a riempirsi gli occhi di particolari, ogni tanto si fermava a curiosare ed in effetti Ianto si chiese come doveva apparirgli quella vista senza aver mai conosciuto la vera natura di quel luogo. Quale che fosse poi la vera natura.

“Quindi Capitano, la gente paga per essere spaventata?” chiese infine.

“Visto il lavoro che facciamo non possiamo giudicarli se anche loro vanno a caccia di un po’ di brivido non trovi?”

“Film, salti nel buio.. l’uomo si nutre di emozioni quanto si nutre di cibo e acqua” meditava Ianto ad alta voce, cercando qualcosa che evidentemente non riusciva a mettere a fuoco. Julian non sapendo cosa altro fare si mise ad imitarlo cercando non sapeva bene cosa. Tutto li sembrava surreale, forse avrebbe dovuto dar la caccia alla normalità.

“Capitano…” chiamò ad un certo punto Ianto indicando un edificio a due piani dalla facciata a forma di castello.

Ma Jack era sparito.

 

Ripresero a vagare per il luna park, Ianto più inquieto, ora, sebbene non lo desse a vedere, gli occhi chiari che si muovevano senza sosta nella speranza di scorgere la figura famigliare di Jack, l'ondeggiare delle falde del suo cappotto militare. Improvvisamente, stupidamente, tutta l'inquietudine della notte trascorsa gli era ripiombata addosso, e gli artigliava le membra, gli ottenebrava la mente, insinuandosi subdolamente e suggerendogli pensieri gravidi di morte e terrore.
Avevano seguito la musica, senza consultarsi, mossi da un comune, tacito accordo, e la musica li aveva condotti davanti a un'attrazione coperta da un pesante tendaggio blu notte e argento, prima di tacere all'improvviso.

"Che cos'è?" sussurrò Julian, e nel momento stesso in cui pronunciava quelle parole si domandò perchè lo facesse a voce così bassa...

"Sembra una specie di padiglione..." rispose Ianto, pensieroso. "Forse la tenda d una cartomante, o..."
La voce gli si spezzò in gola in un grido rauco. Julian accorse al suo fianco allarmato.
Mentre parlava, Ianto aveva sollevato un lembo della tenda e si era trovato di fronte qualcuno che, dall'interno, stava facendo lo stesso.

O così gli era parso...

"E'un labirinto di specchi!" disse Julian, sorridendo meravigliato.

 E sollevò di nuovo il tendaggio, per rivelare un pallido Ianto Jones che fissava la propria immagine, qualche passo indietro.

Julian si sarebbe messo a ridere per esorcizzare quel clima spettrale che era caduto su di loro, ma voltandosi verso Ianto e vedendo il suo sguardo sbarrato comprese che qualcosa non andava nell’amico. Si voltò, controllò nuovamente lo specchio per trovare il motivo di tanto allarme, ma poté solo aggrottare la fronte incapace di comprendere.

Ianto non si mosse nemmeno quando lo scozzese lasciò cadere il telo e tornarono soli. Per un motivo del tutto irrazionale che non poteva spiegare all’amico, a quella vista si era sentito stringere il cuore in un pugno come se ogni sua paura, ogni suo incubo, fossero nuovamente esplosi oltre la linea del reale. Le labbra strette in una fessura, Ianto sentiva il cuore correre all’impazzata e dovette ritrovare il controllo del proprio respiro prima di poter nuovamente parlare. Disse solo, a fil di voce: “Dobbiamo trovare Jack.”

Julian al suo fianco era sempre più confuso, continuava a cercare un qualsiasi segno reale di quel pericolo che avvertiva lui stesso, ma era come cieco: una insopportabile sensazione di impotenza che  gli era diventata compagna, ma mai tollerata. I suoi compagni erano diventati per lui gli occhi con cui vedere il mondo, seguiva vigile le loro reazioni per capire se una situazione era sottocontrollo o stava sfuggendo loro di mano, se era nella norma o semplicemente aliena. Sentire ora Ianto perdere la sua maschera di distaccato controllo di fronte a qualcosa che nemmeno poteva vedere risvegliava in lui un senso di paura che faceva accelerare il cuore ed acuire i sensi.

Eppure sembrava tutto frutto della loro suggestione.

Fu Ianto a rompere ogni indugio , affrettandosi verso un angolo dove erano stati accatastati  arnesi e  pezzi di ricambio. Afferrò due sbarre e correndo verso l’ingresso della struttura ne lanciò una al compagno. L’idea che Jack fosse entrato senza di loro, senza che lui avesse potuto avvertirlo dell’incubo della notte precedente, gli aveva messo il fuoco nel sangue. Girò una, due volte spostando le cerate per trovare l’ingresso.

“Se qualcuno suonava quel violino è ancora dentro e  noi lo troveremo.” incitava Julian. “E se Jack è dentro lo troveremo prima che gli accada nulla.”

Julian gli aveva scoccato uno sguardo pensieroso. Tendeva a non porsi domande in materia di sentimenti, quello era un ambito che gli si era rivelato ancora più ampio della botanica del XXI secolo, ma in un certo senso era contento di esserci solo lui come testimone di quella situazione. In effetti aveva quasi l’impressione che Ianto in realtà si fosse dimenticato della sua presenza.

“Ianto” azzardò per tranquillizzarlo “Non possiamo sapere se è dentro. Era qui accanto a noi e non può averci preceduto di molto.”

Ma furono parole perse nel vuoto. Ianto aveva appena trovato l’ingresso per la Casa degli Specchi e vi era entrato senza guardarsi indietro. Uno, due passi, il primo vicolo e si fermarono con sei Ianto Jones ad osservarli ed altrettanti giovani scozzesi. Una pioggia di luce polverosa discendeva su di loro, creando un mondo di penombre, di spicchi luminosi ed angoli neri. I due si spostarono d’istinto spalla a spalla. Julian aveva estratto la pistola di Gwen dal suo zaino per tenersi pronto a tutto, ma aveva avuto il buon senso di non sganciare ancora la sicura.

Da qualche parte il violino ritornò a suonare e fu chiaro che stava chiamando proprio loro ma capire da dove provenisse in quel labirinto privo di punti cardinali era praticamente impossibile.
Ianto seguì l’istinto per quel senso di urgenza che non veniva meno e prese la direzione che portava nel cuore del labirinto. Sette Vallantine lo guardarono avviarsi e poi lo seguirono.

Procedettero in quel mondo di prospettive ingannevoli, dove lo spazio perdeva di significato, dilatandosi in un gioco di infiniti passaggi. A Ianto sembrava di poter essere inghiottito da un momento all’altro da quelle gallerie illusorie, afferrato da un altro se stesso. Evitava perfino di guardare la propria immagine riflessa, nel timore di vederla mutare espressione…

“Jack!!” chiamò, incapace di sopportare oltre quel silenzio nel quale s’infrangeva il suo respiro.

Gli parve di cogliere un’ombra blu, e quasi si ruppe il naso lanciandosi in quella direzione, e trovando davanti a sé solo un altro specchio.

“Credo sia meglio uscire, Jones” suggerì Julian, posandogli la mano sulla spalla mentre si massaggiava il volto dolorante, e Ianto non oppose resistenza. Il violino taceva nuovamente.

Non fu facile trovare l’uscita che, come sempre nei labirinti di specchi, era accanto all’ingresso.

“Probabilmente non è mai nemmeno entrato qui” suggerì Julian, incoraggiante.

“Sarà andato altrove ad esplorare, e noi abbiamo solo perso tempo”.

Ianto annuì distrattamente, e nemmeno quando, finalmente, udì la voce di Jack nell’auricolare,  si tranquillizzò del tutto.

 

 

 

 

   
 
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