Il Suv si fermò sull’acciottolato e rimasero per un momento
stupiti a riflettere.
“Forse” Gwen fu la prima a parlare “dovremmo dividerci. Io ed
Owen possiamo andare alla stazione di polizia, ho ancora qualche amico felice
di rivedere una ex collega li, Owen recupererà i corpi e li porteremo all’Hub.”
poi voltandosi verso i sedili posteriori dove Ianto controllava su un visore la
mappa del cimitero e Julian con le mani dietro la testa osservava oziosamente
l’esterno, “Voi due potreste controllare il magazzino.”
Ianto annuì. La struttura del cimitero non sembrava in alcun
modo predeterminata, nessuna forma particolare, nessun disegno da satellite.
Forse quella rischiava di rivelarsi solo un vicolo cieco o forse il luogo in
cui quella follia era cominciata. Con la coda dell’occhio vide Gwen porgere
qualcosa a Julian e sollevò lo sguardo incuriosito. Era una pistola automatica,
proprio del genere che Jack si era sempre rifiutato di affidargli.
“Non si sa mai..” strizzò l’occhio Gwen.
Julian esitò, per gli stessi motivi che avevano fatto
indurire lo sguardo di Ianto. Non era certo timore delle armi il suo, quanto la
consapevolezza che quella era una chiara trasgressione degli ordini, una
tentazione fin troppo forte per il suo sangue ribelle.
“Su, prendila.” ripeté Gwen e non dovette più insistere.
Julian prese l’arma e la ficcò dentro lo zaino.
Poi cercò lo sguardo di Ianto, colse al volo i suoi pensieri e rispose
con un sorriso da furfante.
“Vogliamo farci attendere sulla scena? Jack attende il suo
resoconto..”
Soltanto lui sentì nel proprio auricolare una voce roca
commentare. “Attendo....”
L'auto ripartì, sollevando una nuvola di polvere bianca dal
terreno ghiaioso.
Ianto alzò gli occhi al cielo.
Era una giornata insolitamente calda e afosa per quel
periodo dell'anno. Nuvole grigie restavano appese all'orizzonte, senza
decidersi a portare un po'di pioggia. Anzi, la loro presenza gravava come una cappa
soffocante, rendendo difficile perfino respirare.
Il ragazzo si allentò il nodo della cravatta con le dita,
mentre si avviava nuovamente attraverso l'arcata d'ingresso, come in una sorta
di deja-vu.
Raggiunsero facilmente il magazzino, che recava i segni
evidenti del recente incendio.
Julian calpestò un cartone fradicio, quasi sfatto in
poltiglia dalla solerzia dei pompieri.
Fece appena in tempo a fare un passo che da un cespuglio poco lontano schizzò
fuori un gatto, che sparì veloce come un ombra passandogli tra i piedi.
Lo scozzese sorrise, dopo la sorpresa iniziale.
"Se ci fosse stata Gwen probabilmente avrebbe sparato
prima di rendersi conto di cosa fosse" osservò Ianto con la sua solita
aria compita.
Ci fu un breve scambio di silenziosi sorrisi.
Il magazzino non rivelò nulla di utile. Il fuoco e l'acqua
usata per spegnerlo avevano lasciato ben poco da esaminare.
"Non sapevo ci fosse il Luna Park in città"
Julian, intento a studiare le pareti annerite, rivolse a
Ianto un'occhiata interrogativa.
In tutta risposta l'altro sventolò un foglio bruciacchiato e
macchiato in più punti, stampato a caratteri colorati.
"Puzza di pesce..." aggiunse Ianto con una
smorfia, "probabilmente è stato usato per avvolgere del cibo."
Julian alzò le spalle.
"Credi sia rilevante per le indagini?"
Ianto fece un piccolo sorriso.
"No... non so... mi sono sempre piaciute le giostre."
“Secondo me questo è un indizio di vitale importanza.” Lo
corresse Julian. “Serve una buona dose di follia per dar fuoco al conforto
della vecchiaia e poi rompersi la testa contro un muro.
“Uno specchio” lo corresse Ianto. Julian bofonchiò come se
non vedesse questa grande differenza.
“Non so” riprese Ianto dubbioso. “Forse dovremmo cercare
ancora qui..” disse girandosi attorno, scostando alcune pietre con il piede per
mettere in mostra nuovi volantini del Luna Park. Julian lo osservava con le
braccia conserte appoggiato al muro.
Poi entrambi sentirono la voce musicale di Jack nelle loro
teste:
“Ianto, Julian, mi sembra una bellissima idea. Ci vediamo al
Luna Park.”
Paradossalmente per raggiungere Jack Julian e Ianto non
dovettero far altro che tornare verso la base.
Infatti il Luna Park sorgeva non lontano da Roald Dahl Plass, in un fondo industriale
che si affacciava sulla baia di Cardiff.
Dal momento che Owen e Gwen avevano portato via il Suv, i
due dovettero prendere un taxi.
Avvenimento questo che diede a Julian Vallantine la
possibilità di essere illuminato sulla situazione politica inglese dall'eloquio
poco forbito e molto gallese di un tassista a dir poco iracondo.
Quando scesero nei pressi del Luna Park, il giovane scozzese
aveva quasi le lacrime agli occhi, e fu così che Jack se lo vide venire
incontro, affiancato dal sempre ieratico, seppur sorridente, Ianto.
Per un singolo istante sul volto del Capitano si dipinse
un'espressione compiaciuta, alla vista dei due uomini. Così diversi, tra loro,
eppure così assolutamente gradevoli! Julian aveva adottato un look moderno e
vagamente trasandato che, complici i lunghi capelli sempre legati in una
morbida coda sulla nuca, gli conferiva un'aria dannatamente sexi.
Impeccabile nel suo completo antracite, la cravatta solo un
po'lasca intorno al collo, Ianto non avrebbe sfigurato ad una cerimonia di inizio
corsi a Oxford, sia come giovane docente, sia come studente.
Ma non era il momento, e non era il luogo, e il Capitano dovette reprimere
l'impulso di dimenticare, per un pomeriggio i suoi innumerevoli doveri, per
dedicarsi solo ed esclusivamente al piacere...
"Non siamo un po'troppo grandi per le giostre, Capitano?" domandò
Julian, che tuttavia stava già sbirciando con palese curiosità in direzione
delle strutture variopinte. In realtà si trattava di un piccolo Luna Park che,
alla luce del mattino, appariva quanto mai deserto e squallido. Le attrazioni,
tutte chiuse, avevano conosciuto tempi migliori, le facciate dipinte coperte da
uno strato di polvere e salsedine.
Le cabine di controllo, le biglietterie, tutto vuoto. Nella
pista degli autoscontri le macchine erano abbandonate a casaccio sulla pista
come se fosse stata semplicemente tolta l’elettricità nel mezzo della corsa.
“Bizzarramente macabro questo posto, sembra abbandonato.”
commentò Julian guardando gli altri incuriosito “Forse quei volantini erano
vecchi”.
“Oh, no.” Ianto stava controllando il suo palmare “E’
arrivato in città lunedì scorso, semplicemente questi posti sembrano sempre
macabri ed abbandonati di giorno. E’ come un palcoscenico, prendono vita di
notte, con le persone, le luci e la musica.”
“Come sei romantico, Ianto Jones” osservò Jack, inarcando le
sopracciglia.
Nell’aria aleggiava un vago sentore di popcorn e quello più
dolciastro delle ciambelle. Poi da qualche parte un violino prese a suonare una
vecchia melodia. (un canone inverso in realtà) Sembrava familiare, ma nessuno
dei tre riuscì a riconoscerla.
Jack Harkness si infilò le mani in tasca spostando indietro
le falde del cappotto ed annusando il piacere di una esperienza imprevista alle
porte.
“Beh, signori miei, questo mi sembra un invito in piena
regola, che ne dite?” disse facendo
strada.
Ianto era un passo dietro di lui, gli occhi un po’
sull’inseparabile palmare, un po’ sulle giostre attorno a loro cercando di
orientarsi. “C’e’ qualcosa di strano qui…”
“Ma non mi dire… “ commentò Julian, ma venne ignorato dagli
altri due.
“Vedo le onde di diffusione di una frattura nella Fessura,
ma è come se fossero interrotte, asimmetriche… tagliate.” Ianto continuava a consultare il suo strumento non
comprendendone ne letture.
Per nulla impressionato Julian continuava a riempirsi gli
occhi di particolari, ogni tanto si fermava a curiosare ed in effetti Ianto si
chiese come doveva apparirgli quella vista senza aver mai conosciuto la vera
natura di quel luogo. Quale che fosse poi la vera natura.
“Quindi Capitano, la gente paga per essere spaventata?”
chiese infine.
“Visto il lavoro che facciamo non possiamo giudicarli se
anche loro vanno a caccia di un po’ di brivido non trovi?”
“Film, salti nel buio.. l’uomo si nutre di emozioni quanto
si nutre di cibo e acqua” meditava Ianto ad alta voce, cercando qualcosa che
evidentemente non riusciva a mettere a fuoco. Julian non sapendo cosa altro
fare si mise ad imitarlo cercando non sapeva bene cosa. Tutto li sembrava
surreale, forse avrebbe dovuto dar la caccia alla normalità.
“Capitano…” chiamò ad un certo punto Ianto indicando un
edificio a due piani dalla facciata a forma di castello.
Ma Jack era sparito.
Ripresero a vagare per il luna park, Ianto più inquieto,
ora, sebbene non lo desse a vedere, gli occhi chiari che si muovevano senza
sosta nella speranza di scorgere la figura famigliare di Jack, l'ondeggiare
delle falde del suo cappotto militare. Improvvisamente, stupidamente, tutta
l'inquietudine della notte trascorsa gli era ripiombata addosso, e gli
artigliava le membra, gli ottenebrava la mente, insinuandosi subdolamente e
suggerendogli pensieri gravidi di morte e terrore.
Avevano seguito la musica, senza consultarsi, mossi da un comune, tacito
accordo, e la musica li aveva condotti davanti a un'attrazione coperta da un
pesante tendaggio blu notte e argento, prima di tacere all'improvviso.
"Che cos'è?" sussurrò Julian, e nel momento stesso
in cui pronunciava quelle parole si domandò perchè lo facesse a voce così
bassa...
"Sembra una specie di padiglione..." rispose
Ianto, pensieroso. "Forse la tenda d una cartomante, o..."
La voce gli si spezzò in gola in un grido rauco. Julian accorse al suo fianco
allarmato.
Mentre parlava, Ianto aveva sollevato un lembo della tenda e si era trovato di
fronte qualcuno che, dall'interno, stava facendo lo stesso.
O così gli era parso...
"E'un labirinto di specchi!" disse Julian,
sorridendo meravigliato.
E sollevò di nuovo il tendaggio, per rivelare un pallido
Ianto Jones che fissava la propria immagine, qualche passo indietro.
Julian si sarebbe messo a ridere per esorcizzare quel clima
spettrale che era caduto su di loro, ma voltandosi verso Ianto e vedendo il suo
sguardo sbarrato comprese che qualcosa non andava nell’amico. Si voltò,
controllò nuovamente lo specchio per trovare il motivo di tanto allarme, ma
poté solo aggrottare la fronte incapace di comprendere.
Ianto non si mosse nemmeno quando lo scozzese lasciò cadere
il telo e tornarono soli. Per un motivo del tutto irrazionale che non poteva
spiegare all’amico, a quella vista si era sentito stringere il cuore in un
pugno come se ogni sua paura, ogni suo incubo, fossero nuovamente esplosi oltre
la linea del reale. Le labbra strette in una fessura, Ianto sentiva il cuore
correre all’impazzata e dovette ritrovare il controllo del proprio respiro
prima di poter nuovamente parlare. Disse solo, a fil di voce: “Dobbiamo trovare
Jack.”
Julian al suo fianco era sempre più confuso, continuava a
cercare un qualsiasi segno reale di quel pericolo che avvertiva lui stesso, ma
era come cieco: una insopportabile sensazione di impotenza che gli era diventata compagna, ma mai tollerata.
I suoi compagni erano diventati per lui gli occhi con cui vedere il mondo,
seguiva vigile le loro reazioni per capire se una situazione era sottocontrollo
o stava sfuggendo loro di mano, se era nella norma o semplicemente aliena.
Sentire ora Ianto perdere la sua maschera di distaccato controllo di fronte a
qualcosa che nemmeno poteva vedere risvegliava in lui un senso di paura che
faceva accelerare il cuore ed acuire i sensi.
Eppure sembrava tutto frutto della loro suggestione.
Fu Ianto a rompere ogni indugio , affrettandosi verso un
angolo dove erano stati accatastati
arnesi e pezzi di ricambio.
Afferrò due sbarre e correndo verso l’ingresso della struttura ne lanciò una al
compagno. L’idea che Jack fosse entrato senza di loro, senza che lui avesse
potuto avvertirlo dell’incubo della notte precedente, gli aveva messo il fuoco
nel sangue. Girò una, due volte spostando le cerate per trovare l’ingresso.
“Se qualcuno suonava quel violino è ancora dentro e noi lo troveremo.” incitava Julian. “E se
Jack è dentro lo troveremo prima che gli accada nulla.”
Julian gli aveva scoccato uno sguardo pensieroso. Tendeva a
non porsi domande in materia di sentimenti, quello era un ambito che gli si era
rivelato ancora più ampio della botanica del XXI secolo, ma in un certo senso
era contento di esserci solo lui come testimone di quella situazione. In
effetti aveva quasi l’impressione che Ianto in realtà si fosse dimenticato
della sua presenza.
“Ianto” azzardò per tranquillizzarlo “Non possiamo sapere se
è dentro. Era qui accanto a noi e non può averci preceduto di molto.”
Ma furono parole perse nel vuoto. Ianto aveva appena trovato
l’ingresso per
Da qualche parte il violino ritornò a suonare e fu chiaro
che stava chiamando proprio loro ma capire da dove provenisse in quel labirinto
privo di punti cardinali era praticamente impossibile.
Ianto seguì l’istinto per quel senso di urgenza che non veniva meno e prese la
direzione che portava nel cuore del labirinto. Sette Vallantine lo guardarono
avviarsi e poi lo seguirono.
Procedettero in quel mondo di prospettive ingannevoli, dove
lo spazio perdeva di significato, dilatandosi in un gioco di infiniti passaggi.
A Ianto sembrava di poter essere inghiottito da un momento all’altro da quelle
gallerie illusorie, afferrato da un altro se stesso. Evitava perfino di
guardare la propria immagine riflessa, nel timore di vederla mutare espressione…
“Jack!!” chiamò, incapace di sopportare oltre quel silenzio
nel quale s’infrangeva il suo respiro.
Gli parve di cogliere un’ombra blu, e quasi si ruppe il naso
lanciandosi in quella direzione, e trovando davanti a sé solo un altro
specchio.
“Credo sia meglio uscire, Jones” suggerì Julian, posandogli
la mano sulla spalla mentre si massaggiava il volto dolorante, e Ianto non
oppose resistenza. Il violino taceva nuovamente.
Non fu facile trovare l’uscita che, come sempre nei
labirinti di specchi, era accanto all’ingresso.
“Probabilmente non è mai nemmeno entrato qui” suggerì
Julian, incoraggiante.
“Sarà andato altrove ad esplorare, e noi abbiamo solo perso
tempo”.
Ianto annuì distrattamente, e nemmeno quando, finalmente,
udì la voce di Jack nell’auricolare, si
tranquillizzò del tutto.