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Autore: Mary Rosemary    21/03/2018    4 recensioni
Musa avrebbe veramente voluto dormire fino a tardi, quel giorno: Ostara, aveva sentito si chiamasse così, non era mai stata festeggiata su Melody per via delle sue tradizioni; pertanto la fata della musica non aveva la minima intenzione di raggiungere le altre fate di Alfea in una festività della quale non sapeva assolutamente niente, né ne condivideva lo spirito.
Si sarebbe volentieri presa il tempo necessario per destarsi dal sonno in tutta tranquillità, se non fosse stata buttata giù dal letto da delle grida a massimo volume, provenienti dalla stanza vicino alla sua.
Soffocarsi con il proprio cuscino per tornare nel mondo dei sogni era stato pressoché inutile: così si era trovata ad osservare il cumulo di vestiti davanti al semiaperto armadio di Bloom, ascoltandone il tono agitato con il quale urlava ad intervalli regolari qualcosa simile ad “Oh mio Dio!” – un modo di dire probabilmente terrestre, in quanto non l'avesse mai sentito in vita sua.
“Bloom, cosa diamine...”
Sentendosi chiamare, lei si girò con gli occhi sbarrati, colmi di una strana forma di paura, fra le mani la sua gonna blu a balze.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Trix, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Wheel of the Year'
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Ostara






Quella sera era stata la più mite di tutta una settimana, il Sole marzolino aveva cominciato a scendere alle sei ed aveva lasciato dietro di sé una tiepida brezza, che accarezzava dolcemente le finestre di Alfea.
Gli sbuffi che si introducevano delicatamente, dove trovavano uno spazio sufficiente, trasportavano all'interno della scuola l'aroma degli alberi in fiore e l'esplosione di vita così tipica di Ostara.
Il solstizio di primavera, infatti, non aveva mai mancato l'occasione di stupire chi, con particolare sensibilità, si apprestava ad udire le melodie di pace cantate dalla natura alla sua massima salute. Quando era calata la notte e le stelle avevano fatto la propria comparsa, il tepore se n'era andato, seppur non completamente, trovando rifugio nel cuore delle sale del castello.
I petali che vi si erano introdotti spazzavano appena il lucido pavimento della sala da ballo, ove i festeggiamenti si erano protratti fino al tramonto: gli addobbi puramente floreali ondeggiavano ancora, i tavoli coperti da uno spesso tessuto di rose si perdevano lentamente nell'oscurità che le lanterne, pendenti dal soffitto, non erano in grado di illuminare.
Le stanze deserte, ma in grado di ospitare la profonda e piacevole atmosfera della festività, erano loro stesse calde e rassicuranti; e niente avrebbe potuto disturbare l'immobilità del momento.
Niente, ma non nessuno.
Nella notte e nel buio, infatti, non tutti riposavano aspettando lo splendido indomani: nel muoversi piano non produceva alcun rumore, attraversando il breve corridoio di uno degli alloggi. La mano leggermente tesa abbassò la maniglia di una delle grandi e ben decorate porte, non uno scatto del meccanismo né un qualsiasi cigolio.
Ai suoi occhi non ci era voluto molto per abituarsi a riconoscere i dettagli nell'oscurità, seppur avesse bisogno di molto di più: data la numerosa presenza di vasi doveva preoccuparsi principalmente di non urtarne alcuno, per evitare di disturbare il sonno delle fate presenti.
A quel punto non sarebbe riuscita a trovare ciò che era suo di diritto e riappropriarsene. Due corpi dormienti, avvolti nelle coperte, non davano alcun segno di starsi destando dalla propria condizione. I respiri appesantiti le assicuravano di avere parecchio tempo per agire: non importava, gliene bastava poco.
Non c'era alcun margine d'errore in ciò che aveva programmato e nessuna variazione avrebbe potuto portare la sua strategia alla rovina; nell'avvicinarsi alla portafinestra la sua sagoma si fece leggermente più chiara, staccandosi per contrasto dal nero degli angoli della stanza. Gli addobbi floreali in ogni dove splendevano anche nell'oscurità.
Pensò che per esser stati sistemati dalle fate si armonizzavano molto meglio di quanto si fosse aspettata. Restava il fatto che la maggior parte di loro non sapesse come si festeggiava Ostara: spesso e volentieri le fate facevano l'errore di confonderla e contaminarla con le usanze della terrestre Pasqua.
Le uova avevano invaso i saloni nei quali aveva dato un'occhiata prima di giungere alla propria destinazione: uova portate dagli Specialisti, come in ogni festa di benvenuto, oppure dipinte con cangianti colori dalla magia bianca delle allieve.
Erano riposte con cura in delle ceste, i contenuti celati da gusci ricchi di decorazioni; sarebbero state aperte all'indomani, con ogni probabilità. Era certa non dipendesse dai colori, ma vederle le aveva fatto nascere una sincera espressione disgustata sul volto.
Ad Alfea sanno di certo come uccidere le tradizioni altrui.
Avrebbe voluto che tale considerazione fosse passata in secondo piano, ma non poteva farci molto se nella sua crescita le tradizioni erano state piuttosto importanti: non era quindi in grado di lasciar correre un affronto simile.
Ogni azione ha le proprie conseguenze.
Il suo obiettivo principale, in ogni caso, rimaneva un altro; e non produsse alcun suono nemmeno nell'avvicinarsi ad uno dei due corpi.
Non aveva bisogno di una particolare luce nel cogliere con lo sguardo ciò che cercava: quei capelli rossi li avrebbe riconosciuti in qualsiasi circostanza. Qualche secondo in più e sarebbe sparita con ciò per cui aveva rischiato tanto.


Bloom si svegliò di soprassalto, ansimando pesantemente contro la fresca aria del mattino. Il sole non era ancora sorto, ma qualche fioco bagliore riusciva già a delineare le pareti e le numerose piante che la sera prima, lei e la sua compagna di stanza, avevano sistemato con cura.
L'ambiente era lo stesso che aveva visto sul retro delle proprie palpebre, seppur meno cupo e spaventoso: le ci volle qualche minuto per riordinare le informazioni che ricordava a proposito dell'incubo che l'aveva destata così d'improvviso, imperlandole la fronte con qualche goccia di freddo sudore. Era stato talmente realistico da farla preoccupare di portarsi una mano tremante al petto, per controllare che il famigliare calore che la pervadeva fosse ancora presente e non le fosse stato sottratto.
I polpastrelli ebbero un brivido nel poggiarsi delicatamente sullo sterno, ma nel sentire la forza della Fiamma del Drago si distesero leggermente, allentando anche la più minima pressione. Verso sinistra, i battiti del cuore cominciavano a farsi meno martellanti, segno che ormai anche il suo corpo aveva deciso di imporsi un contegno.
Nella camera, ovviamente non considerando sé stessa e Flora, non c'era nessuno, né vi era alcuna traccia della presenza di qualcun altro durante il suo sonno.
Neanche sforzando i suoi celesti occhi ad osservare gli angoli ancora bui sarebbe riuscita a delineare una figura estranea: la quiete e l'ordine, del resto, erano prove schiaccianti del fatto che la sua mente le stesse semplicemente giocando un brutto scherzo.
Eppure l'immagine dello snello corpo di Icy che si chinava sul suo, completamente immobilizzato dalla propria mente, sembrava fin troppo tangibile e reale. L'aveva scrutata con i suoi gelidi occhi azzurri ed aveva mosso una sola mano verso il suo petto: un'elegante boccetta in cristallo aveva cominciato a risplendere nella notte, mentre il dolore si impossessava delle membra della fulva, senza che lei potesse in alcun modo reagire.
L'attimo le aveva riportato a galla ricordi che aveva preferito soffocare, immagini che richiamavano alla mente l'oscura voragine che aveva dilaniato il proprio salotto a Gardenia, quella sera.
Nel prendere il primo passo sulla soglia di casa, si era resa conto che finché ci fosse stata lei nessuno dei suoi cari ci avrebbe rimesso la vita; ma non avrebbe mai dimenticato il forte odore di morte che aveva sentito sulla propria pelle.
Come non sarebbe riuscita a togliersi dalla testa il pungente freddo che l'aveva avvolta dopo aver perso – per sempre, credeva lei – il suo prezioso potere del quale aveva appena scoperto il valore. L'immagine di Mike e Vanessa, riversi a terra sul pavimento ormai ricostruito, era stata la prima cosa che era stata in grado di mettere a fuoco; la voce di Stella, così distante, aveva colmato in parte il vuoto che aveva preso il posto del calore, ma non si era rivelata sufficiente a sollevarle il morale.
Era stata una stupida a pensare che tale decisione non avrebbe avuto alcuna ripercussione sulla Dimensione Magica: tuttavia, trovava inutile piangere sul latte versato. Aveva affrontato e risolto la situazione, una volta ripreso un briciolo di controllo sulla propria vita.
Date le circostanze abbastanza pacifiche, non capiva ancora il motivo per il quale la notte di un giorno così lontano da quello, tutto ciò aveva deciso di fare il suo ritorno.
Si stiracchiò leggermente e si levò dal letto, più per scacciare i propri dannosi pensieri che per il desiderio di voler lasciare le coperte: se ne fosse stata in grado, sarebbe tornata volentieri a dormire, ma in condizioni simili non ci sarebbe riuscita.
In tutta Alfea regnava il silenzio più totale durante le prime ore del mattino, e l'alba di Ostara non faceva eccezione: anche uscendo in terrazza non si poteva scorgere alcuna luce provenire dalle tante finestre che si affacciavano sul cortile. Il sole cominciava a proiettare l'ombra delle montagne sulle morbide e bianche nuvole che occupavano, qua e là, il cielo.
Nel vederle, nel tracciare il loro lento e regolare movimento, Bloom trovò la forza per calmarsi e convincersi che non ci fosse nulla di strano nella giornata a venire.
Avrebbe scoperto di starsi sbagliando qualche minuto dopo.
Con l'alba, arrivarono anche le prime grida delle fate che si erano destate presto e, senza fare alcun rumore, si erano introdotte nelle sale decorate per scoprire cosa contenesse il ben decorato uovo che spettava loro. I suoni avevano causato un attimo di sgomento nella fulva, mettendola in allarme solo dopo una ventina di secondi dal loro inizio: le realistiche immagini del proprio sogno potevano non appartenere solamente al suo cervello, seppure la presenza delle Trix nel castello sarebbe stata per loro stesse sconveniente.
In un periodo simile sarebbe stato da stupidi rischiare tanto, soprattutto senza un corposo obiettivo come la Fiamma del Drago: nonostante essa fosse al sicuro, la fata si trovò ad uscire di corsa dalla propria stanza senza fornire informazioni a Flora, che doveva esser stata svegliata dalle numerose urla.
Doveva assolutamente scoprire cosa stesse succedendo ai piani inferiori, in fretta.
Non le servì arrivarci per capirlo: una scutigera delle dimensioni di un cane di piccola taglia si mosse velocemente nella sua direzione, costringendola a scartarla di lato per evitare che le camminasse sulle scarpe. Con un'espressione disgustata la fulva ne seguì il moto lungo il corridoio, osservando i suoi repentini cambi di direzione qualora avesse incontrato un qualsiasi ostacolo: come i propri dubbi su un'eventuale azione delle nemiche erano spariti in pochi minuti, così avevano fatto sentire prepotentemente il proprio peso sulla sua mente.
Il passaggio della bestia l'aveva fatta arrestare a lato del corridoio principale, lasciandola a domandarsi se la cosa più utile da farsi fosse stata proseguire oppure tornare alla sua stanza e scacciare una volta per tutte le numerose questioni che le avevano affollato la testa da qualche secondo.
Scendere non avrebbe confermato ciò che credeva, in quanto anche se le streghe avessero lasciato tracce del loro passaggio, di certo ad un orario simile non le avrebbe trovate in alcuna ala del castello.
L'unico dettaglio a cui poteva aggrapparsi era appeso nel suo armadio: la sua non presenza poteva rivelarle un indizio fondamentale.


Musa avrebbe veramente voluto dormire fino a tardi, quel giorno: Ostara, aveva sentito si chiamasse così, non era mai stata festeggiata su Melody per via delle sue tradizioni; pertanto la fata della musica non aveva la minima intenzione di raggiungere le altre fate di Alfea in una festività della quale non sapeva assolutamente niente, né ne condivideva lo spirito.
Si sarebbe volentieri presa il tempo necessario per destarsi dal sonno in tutta tranquillità, se non fosse stata buttata giù dal letto da delle grida a massimo volume, provenienti dalla stanza vicino alla sua: avrebbe volentieri scaricato la colpa su Stella, se non fosse stata sicura che quest'ultima stesse dormendo e non avesse riconosciuto al volo il timbro della voce che le stava seriamente disturbando i timpani.
Soffocarsi con il proprio cuscino per tornare nel mondo dei sogni era stato pressoché inutile: così si era trovata ad osservare il cumulo di vestiti davanti al semiaperto armadio di Bloom, ascoltandone il tono agitato con il quale urlava ad intervalli regolari qualcosa simile ad
“Oh mio Dio!” – un modo di dire probabilmente terrestre, in quanto non l'avesse mai sentito in vita sua.
Flora,
per sua immensa fortuna, doveva essere uscita da tempo.
I capi volavano al di fuori dell'anta aperta, dalla quale si potevano scorgere un paio di trecce fulve muoversi furiosamente fra gli abiti rimasti illesi, alla ricerca di qualcosa che la fata della musica non era stata in grado di collegare: con ogni probabilità, tuttavia, riguardava l'unico argomento per il quale l'altra aveva perso la testa negli ultimi tempi.
Purtroppo il solo osservare non l'avrebbe portata alla soluzione, né le avrebbe conferito l'onore di far smettere di urlare l'amica; quindi si sporse leggermente, reggendosi all'anta ed osservando la pura distruzione all'interno dell'angusto spazio.

Bloom, cosa diamine...”
Sentendosi chiamare, lei si girò con gli occhi sbarrati, colmi di una strana forma di paura, fra le mani la sua gonna blu a balze. Musa inarcò un sopracciglio nel guardarla, quasi pentendosi di aver palesato la sua presenza.

Oh mio Dio, Musa. Icy è stata qui, ti giuro, ho le prove.” le rispose tutto ad un fiato, gettando di lato il sopracitato tessuto: nella foga della ricerca, però, aveva dimenticato il fatto che le sue compagne, per sua volontà, non potessero sapere nulla a proposito del pregiato vestito nero che aveva sottratto dalla casa delle streghe quasi due mesi prima.
Aveva un bisogno assoluto di risposte, pertanto era riuscita a mantenere il segreto così a lungo e a condurre le proprie ricerche senza destare alcun sospetto, secondo il suo punto di vista.
Ed in pochi attimi era riuscita a mandare tutto all'aria senza essere giunta ad una qualsiasi risposta.

E le prove sarebbero?” fece l'asiatica dopo un sospiro: al momento non aveva affatto l'intenzione di sentir parlare della strega dei ghiacci per l'ennesima volta.
Ma nel non udire Bloom cominciare a parlare a ruota senza darle il tempo di rispondere, si stupì abbastanza da fissarla con la bocca dischiusa: alla sua domanda si era morsa il labbro ed aveva distolto lo sguardo con fare leggermente colpevole, nel suo singolare modo di rivelare qualcosa a lei tenuto nascosto per troppo tempo.
La sua ricerca frenetica si era arrestata in quel momento, entrambe le fate erano immobili: se una stava cercando il contatto visivo per trovarvici delle risposte, l'altra lo stava volutamente evitando.

La prova, non le prove.”
Una voce alle spalle di Musa sbloccò la situazione di stallo che andava costruendosi fra lei e la fulva: Tecna, già vestita, fece il suo ingresso nella stanza, compiendo lunghi passi per evitare di calpestare gli abiti sparsi sul pavimento.

Ah, buongiorno anche a te, Tec.” l'accolse l'asiatica, accompagnando il saluto con un fiacco cenno della mano: la fata della Fiamma del Drago restò in silenzio ed a testa bassa, comprendendo di non esser stata abbastanza attenta da non farsi cogliere in flagrante dalla zenithiana.
La tua ricerca non è passata del tutto inosservata – rivolse il suo sguardo a Bloom, dopo aver lanciato una veloce occhiata verso Musa in risposta al suo saluto – ed ho avuto modo di analizzare io stessa la prova che ti sei portata dietro dalla nostra ultima missione. Un capo antico, di fattura whisperiana: non ne avevo mai visto uno da vicino e non avrei voluto vederlo affatto nel nostro appartamento.”
Di Whisperia? Allora non ero totalmente fuori strada!” il colore riacquistato dalla diretta interessata svanì subito quando due paia di iridi si erano puntate su di lei con uno sguardo di rimprovero.
Comunque, a parte la mia ricerca… E' sparito. Non è più da nessuna parte e no, non l'ho spostato io senza ricordarmi dove l'ho messo. Qualcuno per forza deve averlo preso e quel qualcuno è sicuramente Icy.” la frase non avrebbe risolto la situazione in cui si era cacciata per aver parlato troppo, ma aveva la necessità di ottenere qualche risposta, che fosse un insulto da parte della fata della musica, oppure un ragionamento atto a distruggere la sua ipotesi: avrebbe sperato, in ogni caso, in una conferma.
Aveva fatto più buchi nell'acqua che altro, svolgendo tutto in gran segreto. Aveva identificato il tipo di tessuto, il tipo di capo generalmente usato dalle vedove, ma non era mai riuscita a scoprirne né la provenienza né il senso che aveva spinto la strega ad indossarlo la sera di Samhain.
Per spiegare l'ormai ultima domanda rimasta, avrebbe dovuto cercare molto più in profondità.
Nel concentrarsi pienamente sulla propria ricerca, Bloom aveva quasi completamente dimenticato ciò che aveva visto nell'ora precedente; tuttavia, non sarebbe riuscita ad aggirare l'argomento a lungo, in quanto una colonna di fumo aveva cominciato a levarsi, corposa, dalla sala da pranzo.
Forse era giunto il momento di condividere la sua scoperta con le altre.

Ragazze...” biascicò, mentre Tecna stava per proporle il proprio punto di vista sulla questione: la fata non apprezzava particolarmente l'essere interrotta, ma seguendo l'indice dell'amica capì che si era pronunciata per un motivo più che valido.
Oh cazzo – con gli occhi sgranati, Musa si lasciò andare a qualche imprecazione, indietreggiando verso la porta – Potevi dircelo prima che stava succedendo qualche casino di sotto!”
Beh… Mi è proprio scappato di mente, scusate.”
Lo sguardo che le rivolse l'asiatica, nel varcare in fretta e furia la porta, non prometteva nulla di buono: in attimi simili, la fulva malediceva la sua abitudine di non pensare alle conseguenze prima di compiere una qualsiasi azione.
L'addobbata sala di Alfea, ora avvolta nelle fiamme, ne era una lampante dimostrazione.


Non era in grado di comprendere appieno il motivo per il quale si fosse diretta nuovamente in tale luogo, dati i precedenti trascorsi. Era estremamente rischioso, ne era ben conscia, ma la necessità di una situazione simile era cresciuta facendosi forte, forse più forte del suo stesso buonsenso che, normalmente, usava prevalere.
Era entrata a testa bassa, la mente alleggerita dalla appena fastidiosa sensazione di deja-vu: effettivamente non era una stranezza, in quanto l'intera atmosfera risultasse molto simile alla sua versione autunnale, di parecchi mesi prima.
Non si sarebbe affatto stupita se ogni avvenimento avesse seguito lo stesso filo conduttore di Mabon; ma si era ritrovata a sperare che ciò non fosse in procinto di accadere.
Nella posizione in cui si trovava non poteva permettersi di essere individuata, mancava poco al raggiungimento dell'obiettivo: nell'agire nell'ombra, lei e le sue sorelle, avevano risparmiato energia e tempo, cose che la foga di dare una lezione alle fatine non avrebbe mai portato. Nonostante qualche dubbio, così tipico del suo essere, era arrivata perfino a credere che fosse la volta buona, la volta che non avrebbe portato un inesorabile fallimento.
La prima volta, del resto, ci erano andate spaventosamente vicine: allearsi con altri non aveva fatto altro che peggiorare la loro condizione e, data l'ennesima conclusione in una vittoria per le fate, un ritorno ad agire per conto loro non si sarebbe fatto attendere.
Ordinò lo stesso infuso di tale giorno, tenendo il cucchiaino con la punta delle dita nel mescolare in senso orario: chiunque avrebbe potuto trovare strano il fatto di voler riprodurre esattamente ogni azione, ma al momento non le importava delle opinioni altrui. Non sarebbero di certo state significative nel momento in cui la missione sarebbe stata compiuta.
Tutto ciò per cui aveva lavorato avrebbe dato i suoi frutti, ogni sforzo sarebbe giunto al termine: per riportare ogni cosa allo splendore di un tempo, si diceva; ripetere un lontano passato che stava sfuggendo alle sue memorie, facendosi sempre più sfocato ed indistinguibile; recuperare ciò che in altro modo non sarebbe riuscita a ricordare, prima della sua definitiva scomparsa.
Quando anche l'ultima immagine della propria infanzia sul pianeta natale si fosse consumata, allora non avrebbe avuto alcun senso continuare ad inseguire il potere; quando i ricordi di liete giornate nella pace di Whisperia fossero stati totalmente dimenticati, procedere a ritroso avrebbe perso il suo significato, non lasciandole altra scelta che proseguire nella costruzione della propria vita.
Come sarebbe stata, si era trovata spesso a riflettervici.
Diversa, sicuramente, avrebbe differito da ciò che aveva conosciuto finora, o almeno avrebbe voluto lo facesse: vivere da latitante non giovava né alla sua salute mentale, né a quella delle sorelle, anche se era risultata un'opzione di gran lunga migliore rispetto ad un prolungato soggiorno a Roccaluce. Non si era sentita di biasimare la scelta della sorella maggiore a proposito, non avevano avuto a disposizione molte alternative.
Dalla sera nella quale la Griffin aveva annunciato la loro espulsione da Torrenuvola sapeva che non ci sarebbe stata possibilità di ritorno e l'aveva accettato come lecita conseguenza di ciò che stavano per realizzare.
Ora non ne era più certa.
Avendo l'opportunità di ripercorrere i propri passi, non avrebbe affermato con sicurezza di voler prendere la stessa via: conosceva la difficoltà del percorso e l'aveva affrontata con fermezza e determinazione, ma nel lungo tempo compreso in quasi cinque anni tutto si era fatto abbastanza insostenibile.
Necessitava del successo, questa volta: avrebbe alleggerito la tensione creatasi fra lei e le sorelle, avrebbe migliorato ogni situazione nella quale si sarebbero trovate. Non avrebbe pensato a cosa ne avrebbe seguito, il sapore della vittoria sarebbe bastato a farla sentire nuovamente viva.
Nell'alzare la tazza per prendere un sorso di tè, levando quindi lo sguardo, notò l'assenza di qualsiasi individuo ad occupare il bancone: l'unica differenza con Mabon doveva essere quindi quella.
Alla sensazione di quiete che aveva calmato le acque nella sua mente si contrappose un lieve senso di rammarico; nel riporre la tazza sul piattino, Darcy ammise a sé stessa che, molto probabilmente, avrebbe voluto cambiare ogni dettaglio, tranne la mancante figura di Riven intenta a darle le spalle.
Non era ancora conscia del fatto che, con la primavera, i loro ruoli si erano momentaneamente invertiti: l'avrebbe scoperto troppo tardi.


Dov'eri.”
Stormy sbuffò al tono della sorella maggiore e buttò disordinatamente le scarpe accanto alla porta d'entrata. Aveva sperato di rientrare prima di lei, ma evidentemente la fortuna non era mai stata dalla sua parte.

Non rompere, sono solo andata a vedere la cazzo di viverna che sta facendo arrosto la scuola delle fatine. Ti direi che hai esagerato, ma lo spettacolo è fottutamente stupendo.”
Icy ignorò il commento, come se non conoscesse ciò di cui la sorella stesse parlando, appoggiando le labbra sul bocchino d'avorio ed accendendo la sigaretta all'estremità di esso. Non necessitava di ulteriori distrazioni nel momento in cui avrebbe dovuto tenere una concentrazione pressoché perfetta, rivolta al piano che aveva ideato.
Nessun errore era permesso.

D'ora in poi evita di farti vedere in giro. Le fatine ci stanno ancora cercando.” la ammonì, espirando una consistente nuvola di fumo nella sua direzione; la strega delle tempeste la dissolse pigramente con le mani.
Stai rompendo il cazzo a me, ma intanto io sono tornata. Ti ammazzo se dopo non fai il cazziatone anche a Darcy.” rispose, abbandonandosi sul divano accanto all'albina: nel sentirne le parole, quest'ultima si arrestò con le labbra a pochi centimetri dall'avorio.
Mi stai dicendo che non era con te.”
Non so neanche dove sia andata, se è per questo.”
La riccia non realizzò interamente, prima di osservare la reazione della sorella: nel suo assottigliare gli occhi scorse un accenno, quasi invisibile, di preoccupazione per le sorti della strega dell'oscurità e, di conseguenza, per l'andamento del piano che aveva minuziosamente elaborato. Non avevano in mano nulla di certo e pertanto avrebbero atteso fino al tramonto, ma il brutto presentimento, che aveva percorso la sua mente nell'attimo in cui aveva osservato la strega dei ghiacci riprendere a fumare mal celando le proprie pessimistiche riflessioni, le impediva di stare immobile.
Si torturò appena le mani ed irrigidì i muscoli delle gambe, pronta a levarsi dalla propria posizione.

Non andare. Sarebbe troppo stupido anche per te.” l'anticipò la sorella, rivolgendole un veloce e raggelante sguardo che, straordinariamente, non sortì l'effetto desiderato.
E allora che cazzo devo fare.”
Tornerà. Porta pazienza, per una volta.”
La mancanza di convinzione nel tono, tuttavia, non aiutò affatto Stormy a calmare i propri impulsi.

Merda.” biascicò in risposta, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Non va bene. Non va per niente bene.
Sperò ardentemente che Darcy si fosse sbrigata a tornare, almeno avrebbe potuto sfogare la propria rabbia: contenerla era sempre stato per lei deleterio.
Lo sperò nel profondo per il suo bene; lo sperò superficialmente perché, se nulla fosse cambiato, avrebbe finito per impazzire.
La vendetta, del resto, si era fatta attendere anche troppo.












Avvertenze e condizioni per l'uso:
Questa robaccia è un dolore fisico, dico sul serio.
E' stato parecchio faticoso far uscire una cosa simile, ma almeno sono riuscita a farlo in tempo e spero che almeno ne valga la pena; ci ho lavorato qualcosa tipo quasi due mesi, non sto scherzando, ho stallato di brutto su questa os.
E' venuta più lunga delle altre, suppongo si noti, in quanto le ultime a concludere il cerchio saranno più lunghe per via dei contenuti.
Prima di passare ai ringraziamenti fornisco qualche informazioni: Ostara, spesso coincidente con l'equinozio di primavera, festeggia l'avvento della bella stagione, la fioritura, le giornate più luminose e, sostanzialmente, la primavera in generale che in sé porta il significato di vitalità. Spesso, dal nome, confusa con la odierna e cristiana Pasqua (in inglese Easter ed in tedesco Ostern) per i simili simboli quali le uova ed il coniglio.
Ed ora arriva la parte in cui mi scuso, in quanto nelle note di Imbolc ho dimenticato i ringraziamenti, quindi integro anche qui;
Ringrazio Ghillyam, Applepagly, pappardella e BlackyDragon per aver recensito Yule, siete sempre presenti e la cosa mi fa molto piacere: spero che le storie vi soddisfino come vorreste :)
Ringrazio nuovamente
Applepagly per aver inserito Yule fra le sue storie preferite.
Ora passiamo ad Imbolc;
Ringrazio le onnipresenti
Ghillyam, Applepagly e BlackyDragon per aver espresso le loro opinioni anche su quella storia, sono felice che vi sia piaciuta.
Un bel grazie anche a
Stealthy_step per le sue azioni di stalking verso le storie di questa serie; inoltre, ringrazio vivamente chiunque segua e abbia il tempo di leggere questa storia, sperando che possa piacervi ed allietarvi le giornate.
Tornerò con
Beltane, la penultima storia della serie, il 5 maggio.
Grazie per aver letto questa storia!


Mary

   
 
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