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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    22/03/2018    1 recensioni
Helena Montgomery non ricorda nulla del suo passato.
Semplicemente, un giorno di mezza estate, si risvegliò, sola e abbandonata, in un campo di grano presso la città di Los Angeles.
A quel tempo, lei non sapeva, non poteva sapere.
Non ricordava nulla, né della sua identità, come l'amata figlia di Regina della Foresta Incantata, né di come fosse giunta in quel mondo, messa in salvo per sfuggire alle ire di Lui.
Costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, capisce in fretta di essere, in qualche modo, "diversa".
Abbandonata la sua famiglia adottiva, inizia a viaggiare, alla ricerca di sé stessa.
E' solo quando, anni e anni dopo, Emma Swan giunge a Storybrooke che, finalmente, i suoi ricordi tornano.
Ora, non deve far altro che ricongiungersi alla madre.
Ma gli anni sono passati, riuscirà a ricondurre la donna sulla via della luce?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18
Famiglie spezzate
 

Il Cappellaio sospirò, richiudendosi la porta di casa alle spalle prima di depositare il suo amato cilindro all’appendiabiti.
Lo sfiorò appena, con affetto, ripensando a tutti i cosiddetti “affari” portati a termine assieme, prima di sussurrare in un soffio: “Visto mio vecchio amico? Abbiamo fatto proprio un ottimo lavoro. Sai … non è male … agire senza pensare sempre a me stesso. Forse … forse potrei persino abituarmici, che dici?”
Ovviamente, quello se ne stette ostinatamente zitto, ma al suo proprietario andava bene così. Sapeva che tutti, in giro, lo consideravano un po’ pazzo ma, come diceva sempre: pazzio ci è chi ha veramente capito tutto dalla vita. Come lui, per esempio.
Sghignazzò, divertito, prima di guardarsi attorno.
Ormai, essendo notte fonda, l’ampia magione in cui lui e la sua famiglia abitavano era quasi completamente avvolta nelle tenebre.
La servitù doveva essere andata a dormire da un pezzo, all’interno del piano interamente riservato loro dall’animo sempre gentile di sua moglie. A dire il vero, non è che gli piacesse così tanto l’idea di spendere i propri soldi nel vitto e nell’alloggio di semplici servitori, ma Priscilla non aveva voluto sentir ragioni.
D’altronde, però, non poteva certo sorprendersi. Prima di sposarsi, lei stessa era stata la figlia di un servitore, e quindi aveva sempre avuto un certo occhio di riguardo nei confronti dei loro dipendenti.
Visto che però la donna sapeva amministrare magnificamente quelle questioni casalinghe che a lui invece facevano girare la testa, non si faceva problemi ad assecondare le poche richieste che gli faceva ogni tanto.
Sorrise, avviandosi verso la stanza matrimoniale da cui, stranamente, proveniva ancora un alone di luce soffusa.
“Amore?”, chiese, avvicinandosi tranquillamente alla porta. Forse si era addormentata con la candela accesa … in quel caso sarebbe stato davvero molto divertente giocarle uno scherzetto, magari facendola cadere dal letto dalla paura.
“Sono a casa.”, disse ancora, dolcemente, prima di spingere il battente.
Si bloccò, osservando interdetto l’ampio letto a baldacchino, totalmente vuoto. Le coperte erano sfatte, mentre voltandosi poté notare le soffici poltrone foderate in seta rossa completamente capovolte. Cocci di ceramica e oggetti infranti ricoprivano il terreno, mentre scie di sangue lasciavano trasparire quella che doveva essere stata una lotta furiosa e disperata.
Poco lontano, laddove le pesanti tende rosse erano cadute a terra, poté notare sotto di esse un lieve rigonfiamento.
Una figura immobile giaceva sotto quelle coltri.
Una figura esile, i cui capelli color dell’oro facevano capolino, intarsiati di gemme rosso sangue, da sotto le pesanti tende in velluto incredibilmente pregiato.
Il Cappellaio si fermò, mentre una morsa gelida e ferrea gli avvolgeva il cuore, bloccandogli il respiro e i pensieri mentre una sola, ancestrale paura gli invadeva l’animo.
Fece alcuni passi, passi ciondolanti, incerti.
Non voleva … non voleva vedere cosa vi fosse nascosto sotto, anche se ormai la realtà era fin troppo ovvia. Eppure … doveva accertarsene, doveva vederlo coi propri occhi, altrimenti non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Tese la mano, improvvisamente pallida e tremante, e con un sussulto lieve scostò la tenda scoprendo cosa vi era celato all’interno.
Immediatamente, sentì il cuore andare in pezzi, un vuoto primordiale invadergli il petto prosciugandolo di ogni emozione possibile. Solo il dolore, un dolore sordo e implacabile, rimase, a riempire ogni fessura, ogni pensiero. A ricordargli quei momenti che non avrebbero mai vissuto, a rammentargli tutti i progetti e i sogni ormai irraggiungibili, a congelare per sempre quel passato che ormai non era che un ricordo pallido e inutile.
Priscilla, la sua amata, bella e perfetta anche nell’abbraccio gelido della morte, giaceva riversa coi capelli che le avvolgevano il capo. Indossava ancora la vestaglia da notte che lui stesso le aveva donato per il loro matrimonio, mentre il volto era congelato in un’espressione insolitamente serena, per una persona morente.
Osservò le mani della moglie. Le unghie, solitamente curatissime, erano rotte e incrostate di sangue, segno di una lotta fiera e impavida per la vita e propria e di quella del minuscolo fagottino che ancora teneva tra le braccia.
Miracolosamente salva, la piccola Grace si teneva stretta stretta al petto della madre. I grandi occhioni scuri si aprirono appena, osservando in silenzio quell’unico genitore rimastole che, in lacrime, la prese tra le braccia.
La sua Grace, la sua piccola, bellissima bambina … era salva.
Pianse lacrime disperate.
Lacrime di dolore per la morte del suo unico, vero amore. E di sollievo, alla consapevolezze che, almeno, il frutto del loro legame era rimasto intatto. Lacrime di rammarico e pentimento, alla consapevolezza che, se non fosse uscito di casa, forse anche la sua dolce Priscilla sarebbe ancora salva.
Fu proprio la neonata, tuttavia, a mettere a tacere i singhiozzi del padre.
La piccola Grace tese infatti le manine paffute, sfiorando le lacrime del padre e osservandolo in silenzio coi grandi occhi pieni d’intelligenza.
E furono proprio quegli occhi, più di ogni altra cosa al mondo, a dare all’uomo la forza di rialzarsi.
Osservò silenziosamente la donna che amava, mentre un nodo gli bloccava la gola, rendendolo incapace di dire alcunché.
Avrebbe voluto dirle che l’amava, che l’aveva sempre amata. Anche quando, durante il loro primo incontro al mercato, lei gli era venuta addosso versandogli sugli abiti appena comprati un’intera caraffa di latte bollente. Avrebbe voluto dirle che avrebbe protetto la loro bambina, tenendola al sicuro e proteggendola da quella cosa orribile e crudele che era il mondo reale. Avrebbe voluto dirle, infine, che gli dispiaceva, perché era stata colpa sua e di quell’orribile lavoro che eseguiva se era morta in quel modo.
Ma, ormai, a cosa sarebbe servito parlarle?
Lei era andata.
Se fosse in un posto migliore o meno, non gli era dato saperlo.
Fatto stava che, ormai, non avrebbe più potuto ascoltarlo e, quindi, anche avesse trovato la forza per parlare non sarebbe servito a nulla.
Sospirò, alzando lo sguardo al cielo, fuori dalle finestre infrante.
Quella notte, la luna splendeva magnifica. Ma per Priscilla, ormai, non vi sarebbe più stato modo di ammirarla.
 
Quel giorno il Signore Oscuro era insolitamente di buon umore.
Aveva fatto veramente un ottimo lavoro, mandando quei briganti a radere al suolo la dimora del Cappellaio, privandolo di tutte le sue ricchezze, della servitù e persino della sua bellissima e amatissima moglie.
Gli uomini, accuratamente scelti affinché nessuno potesse nemmeno sognarsi di ricondurre quella SPIACEVOLISSIMA DISGRAZIA a lui, avevano fatto un lavoro veramente impeccabile.
Ovviamente, si disse tra sé e sé, privare quel povero traditore di ogni cosa a lui cara sarebbe stato un gesto decisamente TROPPO magnanimo. No … si era assicurato personalmente che la bambina venisse risparmiata.
D’ora in avanti, il Cappellaio Matto sarebbe vissuto nel terrore, perseguitato dai rimorsi e dalla vergogna, spaurito e distrutto dal pensiero che la stessa sorte sarebbe potuta toccare anche alla figlia.
Una punizione a dir poco perfetta, per chi aveva osato disobbedire ai suoi ordini di uccidere la Principessa.
Non aveva idea di dove fosse stata mandata la mocciosa, ma tutto sommato non poteva ritenersi insoddisfatto: la piccola palla al piede non avrebbe più avuto modo di mettergli i bastoni tra le ruote e, con la messinscena che aveva ideato, Regina sarebbe finalmente appartenuta all’Oscurità.
Perché si.
Col Cappellaio Matto ormai sparito dalla circolazione (probabilmente per proteggere la figlia da altre minacce) non vi era più nessuno che potesse raccontare alla povera madre come si erano svolti realmente i fatti.
Motivo per cui Tremotino ne aveva approfittato immediatamente, ricorrendo a uno dei suoi trucchetti migliori per ricreare un corpo identico a quello della bambina. Ovviamente, brutalmente deturpato dai cosiddetti “lupi”.
Una riproduzione fedelissima e impeccabile, al punto che nemmeno Regina avrebbe potuto notare la differenza.
E, ciliegina sulla torta, anche Biancaneve avrebbe fatto la sua parte.
Affinché la sovrana, infatti, ritornasse sulla via della vendetta, era assolutamente necessario che riprendesse la strada che, con la nascita della figlia, aveva abbandonato. Ossia quella del suo odio per Biancaneve.
Prima, infatti, a dispetto del fastidio che la vista della bambina continuava a suscitarle, il fatto che Helena vi fosse tanto legata le aveva impedito di perpetrare la propria vendetta nei suoi confronti.
Ma per i progetti che aveva in mente Regina doveva riprendere a odiare la figliastra.
Ufficialmente, la morte di Helena era avvenuta infatti a causa di una caduta da cavallo. Il destriero, impaurito dai lupi, si era innervosito e la sella, non fissata adeguatamente, si era slacciata lasciando la piccola in preda alle belve.
Tenendo conto che era sempre la sorella a prepararle la cavalcatura, sarebbe stato inevitabile che la furia di Regina si sarebbe abbattuta proprio su di lei.
Un piano veramente perfetto, non c’era che dire.
 
Ci sono persone, al mondo, sulle cui spalle si sono riversate così tali e tante disgrazie che, semplicemente, a un certo punto smettono di piangere.
E il cuore della sovrana, in quel momento, sebbene versasse tante lacrime quant’erano le gocce di pioggia a coprire la città le era impossibile piangere a sua volta. Il cuore, ormai ridotto a una voragine senza fondo, le pareva così pesante da farla sprofondare nel terreno, mentre invano cercava di esternare il proprio dolore.
Eppure, per quanto si sforzasse, consapevole che tenersi quell’uragano di disperazione dentro fosse un errore, proprio non vi riusciva. I suoi occhi, inariditi dal tempo, parevano ormai troppo orgogliosi per versare quelle lacrime che, ormai, aveva esaurito anni e anni prima. Con la morte del suo vero amore.
Era quindi indossando una maschera di gelida perfezione che, apparentemente indifferente, osservava il corpo di Helena.
Della SUA Helena.
La bambina che aveva cresciuto e amato come parte integrante del proprio essere. La luce che aveva illuminato i suoi giorni prima vuoti e privi di significato. La parte ancora umana del suo animo che le aveva sempre impedito di cadere nel baratro dell’oscurità più profonda e terribile.
Avrebbe voluto gridare, distruggere tutto ciò che la circondava, strappare i cuori di tutti i presenti uno dopo l’altro. Avrebbe voluto correre, montare sul proprio stallone per non fare più ritorno, svanendo per sempre dalla faccia di quel mondo corrotto e pieno di dolore. Avrebbe voluto dimenticare tutto, a partire dalla sua storia con Daniel per finire direttamente con quegli ultimi anni con Helena.
Eppure, non poteva farlo.
E non perché non ne avesse voglia.
Semplicemente, non era nella sua indole, né lo sarebbe mai stato, il lasciarsi andare. Gli scatti d’ira non erano il suo forte. Solitamente, prediligeva la vendetta, lenta e inesorabile. Un’intricata sequenza di calcoli perfetti, di progetti che avrebbero impiegato tempo per dare i propri frutti ma che, alla fine, le avrebbero permesso di ottenere quella sensazione di giustizia di cui tanto sentiva il bisogno.
Osservò con la coda dell’occhio Quella Bambina.
Biancaneve singhiozzava, disperata, alle sue spalle osservando con le lacrime agli occhi il corpo cinereo e ormai quasi irriconoscibile della sorella.
Strinse i denti.
Come osava, proprio lei, piangere in quel modo?
Helena la amava, le voleva bene come una sorella e per questo, dopo la nascita della figlia, si era sempre sforzata di tollerare la sua presenza. Eppure, era stata proprio quella mocciosa, ancora una volta, a privarla di tutta la sua gioia.
Insoddisfatta di averle tolto Daniel, ora quella bambina le aveva preso anche la sua unica vera figlia, causandone la morte.
E per questo, a dispetto del legame che prima l’aveva unita a Helena, l’avrebbe distrutta.
Avesse anche dovuto morire nel tentativo, Regina avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di fare a Biancaneve ciò che lei le aveva fatto. Avrebbe distrutto ogni cosa a lei cara, l’avrebbe privata di ogni speranza, di ogni sogno, di ogni futuro, pur di farle assaggiare quel dolore e quella disperazione che lei stessa le aveva causato.
Non le importava delle conseguenze che avrebbe portato quella sua sete di vendetta. Aveva vissuto tutta la propria esistenza in nome dell’amore, e ora che quello le era stato tolto, non le rimaneva che quell’unica ragione di vita.
Per la sua vendetta, avrebbe venduto la propria anima all’oscurità. Avrebbe cancellato per sempre dal proprio cuore ogni traccia di emozione. Avrebbe dimenticato il passato per concentrarsi solo e soltanto sul proprio obiettivo.
Non sarebbe più stata Regina.
Sarebbe stata la Regina Cattiva …




Note dell'Autrice:
Eccomi nuovamente con il nostro aggiornamento settimanale.
Lo so ... sono un po' in ritardo, visto che solitamente pubblico la mattina ma, purtroppo, oggi sono stata abbastanza presa.
Innanzitutto, qualche noticella. Come avrete capito, il titolo si riferisce sia alla famiglia del Cappellaio che a quella di Regina ... qui ho voluto concentrarmi un po' sulla figura di Priscilla, che purtroppo nella serie viene a malapena accennata, e al definitivo decadimento della madre della nostra protagonista nell'oscurità. Ho inserito inoltre alcune semicitazioni: la prima è la frase del Cappellaio, quando dice che matto è chi ha capito realmente tutto dalla vita, che ho ripreso da una famosa citazione del Joker; la seconda è quella sulle lacrime di Regina, quando afferma che i suoi occhi sono troppo orgogliosi per versare altre lacrime, presa invece da Allison di Grey's Anatomy.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Come sempre mille grazie ai miei recensori EragonForever, k_Gio_ e Ghillyam oltre che a tutti i miei lettori.
Passo subito al prossimo capitolo!

Teoth

 
   
 
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