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Autore: BrokenSmileSmoke    23/03/2018    0 recensioni
Mia moglie ha gravi problemi mentali specialmente nelle giornate in cui piove, io dopo anni di matrimonio sono sfinito fisicamente e mentalmente.
Avevamo un figlio, Jay, che è sparito misteriosamente e nessuno è mai riuscito a trovarlo.
Come se non bastasse strane cose iniziano ad accadere in casa mia, e vengo incolpato di crimini che mai mi sarei permesso di compiere.
O almeno credo.
Ad ogni modo, io sono innocente ma ogni prova è contro di me. Qualcuno sembra mi abbia incastrato e d'un tratto mi si mette contro anche mia moglie.
Sono stanco, sfinito, e mi manca poco per arrivare ad un crollo emotivo.
Chiunque legga questo: credetemi, io non ho fatto nulla.
Non avrei mai massacrato Jay.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Guardai le scarpette che avevo di fronte ed in un baleno riaffiorarono in me i ricordi di Jay, quanto amava quelle scarpe. Non le toglieva mai e piangeva quando dicevamo che per dormire doveva privarsene.
Guardai mia moglie, era ancora lì immobile e le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi.
Un fascio di luce mi fece voltare verso la finestra: a quanto pare aveva già smesso di piovere.
Mi ero preso delle coltellate nella gamba per nulla.
La presi in braccio e la portai con fatica nel letto, non che lei fosse pesante, anzi, era la gamba ad impedirmi i movimenti.
Judy tremava come una foglia.
- Lui ci osserva – sussurrò.
Cercai di non darci troppa importanza, a malincuore dovevo ammettere che quelle erano le parole di una pazza.
Aspettai che si addormentasse e andai in bagno a disinfettare i tagli, bruciavano da morire.
Cercai di unire i tagli con dei cerotti, avevo smesso di recarmi in ospedale da anni, guardai le mie gambe, le cicatrici erano ovunque.
Tornai in camera e senza svegliare mia moglie presi le scarpette dall’armadio e le chiusi in una busta nera.
Mi domandavo come fossero arrivate lì, le avevo lasciate nella soffitta della nostra vecchia casa.
Judy di per se era già ingestibile, il ritorno di qualcosa che apparteneva a Jay avrebbe solo peggiorato le cose.
Guardai il cielo dalla finestra, il sole cocente faceva credere che fosse ancora estate, non c’era traccia di pioggia nell’aria.
Presi la busta con le scarpe e andai in macchina diretto in città.

- Dottore, credo che le crisi di mia moglie stiano aumentando. -
Lo psicologo che seguiva Judy da quando ci eravamo trasferiti mi guardò comprensivo, poi si tolse gli occhiali e mi guardò dritto negli occhi.
- Non possiamo alzare la dose dei tranquillanti, rischierebbe una morte celebrale –
Feci un lungo sospiro, sapevo il motivo di quella frase.
- No, non farò rinchiudere mia moglie in un manicomio –
No, non avrei fatto questo alla mia amata.
Certo, quando pioveva era un problema, come quella mattina, ma non potevo rinchiuderla lì per venti giorni l’anno in cui stava così, ma nelle belle giornate tornava ad essere la mia Judy.
- Steven, ti sto parlando da amico. Lì ci saranno persone in grado di aiutarla, tu hai fatto del tuo meglio -
No, non avrei accettato il suo consiglio.
Lo salutai bruscamente, nonostante lo volessi non riuscivo a far finta di nulla.
Passai davanti ad un raccoglitore di abiti usati e ci buttai dentro le scarpette. Jay era morto, quelle potevano servire a qualcuno meno fortunato.
Tornai a casa che si era fatta ora di pranzo, e l’odore di cucinato mi arrivò alle narici ancor prima di aprire la porta.
Poi, quando entrai, la trovai di fronte a me con addosso il grembiule mentre mi guardava con rabbia.
- Come hai osato? – mi urlò contro ferocemente.
La guardai facendo finta di non capire, era impossibile che ricordasse ciò che era successo, non lo faceva mai.
- Uscire di casa senza dire nulla… Mi hai tradito, eh? Brutto porco! – mi sbraitò contro.
Sospirai sollevato. Era da lei avere costanti crisi di gelosia: a suo modo dimostrava di tenerci.
Le sorrisi dolcemente.
- Cosa stai cucinando? -
Mi fece un sorriso sghembo che mi fece venire la pelle d’oca.
- È una sorpresa – poi notò la mia gamba e la sua espressione mutò immediatamente, sembrò seriamente preoccupata, poi la vidi scivolare contro il muro con le mani che le coprivano il volto – Non possiamo continuare così, Steven, guardati -
Cercai di calmarla, inutilmente.
- Perché non hai seguito il consiglio di Paolo? -
Mi si gelò il sangue nelle vene.
Cercai di far finta di nulla, ma mi fu inutile anche questo.
Notai il suo cambio d’espressione, ed anche la sua volontà nel mantenere la calma, la situazione stava decisamente degenerando.
Mi invitò freddamente a pranzare, ed una volta finito mi diressi in bagno per fare una doccia calda, lasciandola in cucina a lavare le stoviglie.
Mi ritrovai a pensare se veramente il consiglio dello psicologo era utile, e mi sorpresi nel dargli ragione.
Sì, avevo promesso nel giorno del matrimonio di restarle accanto in ricchezza e in povertà, in salute ed in malattia, e anche se per trasferirci ci eravamo ridotti sul lastrico poteva essere che la ragione del suo malessere fossi io, magari la soluzione migliore era affidarla ad uno specialista.
La mia idea si fece più forte nel momento in cui il tocco dell’acqua calda sulle nuove ferite sembrò bruciare come fuoco.
Avevo fatto tutto il possibile, anche cambiando casa, ma l’unica cosa che era cambiata era il saldo del nostro conto in banca, i sintomi di Judy erano solo leggermente diminuiti.
Pensai all’inverno che stava incombendo, se fosse stato come lo scorso sarebbe stato un miracolo che io arrivassi alla primavera vivo.
Mi privai di quella meravigliosa, e allo stesso tempo dolorosa, sensazione dell’acqua calda che scorreva sul mio corpo, ormai mi ero abituato al dolore della ferita.
Uscì dalla doccia indossando un accappatoio, poi aprì l’armadietto dietro lo specchio e presi dei cerotti per coprire la ferita, poi mi affacciai dalla piccola finestra incuriosito dal rumore che proveniva dal giardino.
Spalancai prepotentemente la porta del bagno e corsi, zoppicando ed in accappatoio, in giardino.
Vedevo quella pala che si alzava ed abbassava andando a coprire una buca troppo grande per essere stata fatta da una sola persona in poco tempo.
- Che modi! Non avere rispetto delle cose altrui! – la sentì sussurrare arrabbiata.
- Cos’è successo tesoro? – domandai gentile, io ero in accappatoio e zoppo mentre lei con una pala in mano.
- Steve, se i nostri vicini non la smettono di scavare buche nel nostro giardino chiamerò i carabinieri, qualcuno potrebbe farsi male seriamente, non credi? -
La guardai preoccupato.
Vicino a noi non abitava nessuno, c’era solo un enorme terreno abbandonato da anni.
   
 
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