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Autore: tixit    24/03/2018    11 recensioni
Dopo lo strappo Oscar decide di prendersi dei giorni per sé.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non ti bagnerai due volte nello stesso fiume.

Impacchettò uno zaino con le provviste senza degnare l'uomo di uno sguardo.

“Perdonami, ti prego.”

“L'ho fatto. Se lo avesse fatto un altro quello che hai cercato di fare a me gli avrei sparato.”

“Oscar, ti scongiuro.”

“Nelle palle.”

Passò per le cucine sotto gli sguardi meravigliati delle ragazzine che stavano spennando i polli e che si appiattirono mute contro il tavolo per lasciarla passare.

“Non succederà mai più.”

“Questo lo davo per scontato.” disse freddamente, imboccando l'uscita della servitù.


Prese per un tratto la strada per la Normandia, poi tagliò per i campi e si infilò per i boschi lungo l'Epte, senza fretta, fino a che l’acqua da verde non divenne grigia.
Solo allora si accorse del brontolio dello stomaco.

Smontò, alleggerì il cavallo, accarezzandogli il muso, lo condusse ad abbeverarsi, poi si sedette sotto un albero. Estrasse dalla bisaccia un pezzetto di formaggio e lo sbocconcellò lavandone via il sapore con l'acqua della sua fiaschetta d'argento.
Ma non le riuscì di lavare via un altro sapore, più amaro e più persistente.

Si raggomitolò nel suo mantello e si addormentò di colpo, incurante della bellezza delle stelle.


L’incubo, sempre lo stesso, la fece svegliare di colpo, con il respiro affannoso: sentiva ancora le mani di lui che le stringevano i polsi, mentre lei si dibatteva impotente. I capelli erano incollati alla fronte per via del sudore - meccanicamente li ravviò.
Come ormai accadeva ogni volta, non le riuscì di riaddormentarsi fino a che non arrivò la luce - il luccichio dell'acqua sul fiume le piacque più di un'alba a Versailles.

Camminò senza meta seguendo il fiume, tenendo César per le briglie e godendo del frusciare dei suoi passi sull'erba e dell'indolenzimento dei muscoli, poi scorse una casupola e vi si diresse con passi decisi.


Stava raccogliendo ramoscelli secchi per il fuoco, quando si levò un vento feroce e gonfio di pioggia, che tagliava la pelle. Lo scroscio la sorprese a metà strada.

Quando aprì la porta lo trovò accoccolato sui talloni che stava alimentando il fuoco, la giacca abbandonata su una sedia, i capelli ondulati lunghi oltre le spalle. Aveva ucciso un coniglio.

Incerta rimase sulla soglia, l’acqua che le batteva spietata sulle spalle.

"Non state lì sulla porta, farete entrare la pioggia," le disse, "venite dentro, la tisana è quasi pronta."

Gli porse la bisaccia e lui osservò critico quello che aveva raccolto - erbe e piante che sapeva commestibili - poi l'uomo iniziò a preparare una pentola e lei lo lasciò fare - sembrava pratico.

"Cucinare è roba da donne." lo sfotté.

Lui non disse nulla, versò la tisana in due ciotole sbeccate e bevve senza fretta. Lei lo imitò, assaporando il calore che le scaldava le dita intirizzite e la dolcezza che le scaldava il cuore riportandole dei ricordi d'infanzia. Suoi e di qualcun altro che non c’era ed era molto meglio non ci fosse.

"Perché?" chiese.

"Vi eravate dimenticata l'aspetto burocratico."

"Presumevo che avreste provveduto in autonomia."

"Presumevate un po' troppo."

Non parlarono per il resto del giorno. Lui si era accomodato vicino alla finestra e si era messo a leggere, l'odore dello stufato era piacevole e il silenzio non era opprimente.


A cena glielo chiese “Cosa sto facendo? Secondo l’aspetto burocratico, intendo… giusto per sapere.”

“Stamperie clandestine.”

“Sembra noioso.”

“Al contrario.”

Lei alzò un sopracciglio, ma non replicò. Si sistemò nel giaciglio vicino al fuoco e si addormentò pesantemente. Nel cuore della notte si svegliò - aveva sognato di André, di quando le aveva stretto i polsi tra le mani e l’aveva crocifissa sul letto, schiacciandola con il suo peso, intrappolandole il respiro sotto la sua bocca.

Girodel la guardò perplesso.

“Mi ero dimenticata di dirvi che lo stufato era buono.” bofonchiò lei in imbarazzo.

Lui le versò una ciotola di tisana e lei bevve avidamente - non le aveva creduto, ma non avrebbe chiesto, quanto a lei gli era grata, ma non glielo avrebbe detto. Si limitò a sfiorargli le mani mentre gli restituiva la ciotola.

Il mattino dopo non lo trovò, ma non se ne curò affatto.


Quando lo vide tornare aveva in mano dei fiori che sistemò in una vecchia brocca.

“Sono inutili...” brontolò irritata. “E’ proprio una cosa da donna.”

Lui scosse le spalle.

“Non ve ne importa?” lo incalzò lei.

“No.”

“Perché?”

“Perché io so chi sono.”

“E io?”

“Voi invece siete quella che farà una cosa da uomo. Andatevene a pesca, su!” la sospinse fuori dalla casupola ridendo e ad Oscar scappò un sorriso.
Più tardi lo vide arrivare, appoggiarsi ad un tronco, e leggere - toccò a lei cercare un ramo, rimediare un pezzetto di corda dai recessi della giacca, preparare un’esca con dei fili delle sue spalline. Quando tentò di spronarlo, irritata, lui le fece cenno che era troppo occupato.

“Deve essere proprio interessante quel vostro libro…” lo apostrofò sarcastica.

“Non sapete quanto.”


Mangiarono in silenzio - il pesce era davvero buono - poi lei chiese brusca “Perché sono pericolose le stamperie?”

“Lo sapete.” rispose lui placidamente.

“Ne uccide più la lingua che la spada?” insinuò ironica. “E’ questo?”

“Già”

“E io perché dovrei saperlo?”

“Vi interessa davvero? Delle stamperie?” la interruppe.

Lei annuì, ma con la sensazione che lui non volesse parlare di lei.

“Non sono pettegolezzi,” disse Girodel cautamente, “è un modo di scuotere la fiducia in consuetudini comunemente accettate, delegittimando il massimo esponente sotto il profilo morale e spirituale.”

“Delegittimare una Regina? Ma se non ha potere!”

“Formalmente.”

Oscar non replicò - questa Regina forse non aveva potere, ma aveva un'influenza, lei lo sapeva bene, era come una Regina ed una favorita allo stesso tempo.

“Delegittimare una Regina e delegittimare un Re.” concluse Girodel, rattristato.

“Non lo credo possibile.”

“Qualcuno però lo crede. Peccato che non tenga conto del fatto che tra delegittimare un Re e delegittimare il concetto di Re il passo non è poi così lungo.”

Discussero per un po’, poi Oscar tornò all’attacco: “Perché avete detto che proprio io dovrei saperlo molto bene?”

Girodel si mosse a disagio, poi mormorò “Vi ho riconosciuta al ballo.” Non aggiunse altro.

Oscar lo fissò - e così sapeva. Uccisa a colpi di complimenti da Fersen in abito da sera. Il ramo nel braccio, la volta in cui la Delfina aveva perso il controllo del cavallo, era stato niente al confronto.

“Vi sarò sembrata ridicola…”

“Al contrario.”

Oscar si alzò e si avvicinò alla finestra.

“Mi siete sembrata una persona innamorata.” proseguì lui con voce pacata.

“Ridicola.” sogghignò lei senza guardarlo.

“Non c’è un innamorato che non lo sia.”

Avvertì la presenza dell’uomo alle sue spalle “E’ un coglione...” lo sentì mormorare. “Ma non può farci nulla.”

“Non è per quello.” le sfuggì.

Erano così vicini e lei ebbe il terrore improvviso che lui la sorprendesse con un bacio, ma Girodel si limitò a guardare le stelle.


Quella sera sognò di nuovo di André, era talmente realistico che corse fuori a vomitare, sul retro della casetta. Poi se ne andò in riva al fiume e si sdraiò nell’erba umida a fissare le stelle, trovandole passabilmente graziose ed innegabilmente lontane.

Il passo di Girodel la sorprese. Accettò la ciotola con la tisana con un sorriso che tanto lui non avrebbe visto.

Poi glielo disse. Nei minimi dettagli come se narrasse la storia di un’altra persona.

Quando arrivò al punto in cui aveva deciso di essere un uomo si interruppe per sentirlo ridere, ma Girodel taceva.

“Dite che mi sono sentita delegittimata?” lo punzecchiò sarcastica

“Beh… non credo abbiate mai pensato di essere un uomo.” rispose lui cautamente, “Forse da bambina, ma credo vi piaccia l’idea di vivere come un uomo, sapendo di essere una donna ed anche una molto bella. E che ritenete di esserVi guadagnata la Vostra vita, come persona e come donna, e che pensiate di avere un valore indipendentemente dal sesso. Indipendentemente da ciò che pensa Vostro padre o la società. Lo davate per scontato.
Poi quando Vi siete presentate come donna… Era solo un vestito, in fondo, no?”

Oscar scosse la testa - non poteva capire. Non era stato solo un vestito, era stato un vestito che era rimasto in un cassetto per anni.

Girodel sospirò. “Fersen Vi ha umiliato. Non lo ha fatto apposta, ma non Vi ha riconosciuta e Vi ha fatto capire che non Vi amava, nonostante tutte le Vostre qualità, gli obiettivi raggiunti, la serietà del Vostro impegno... Vi ha fatto sentire ridicola e Vi ha fatto pensare che forse Vostro padre aveva ragione, che dovevate essere un uomo e basta. Lasciar perdere quei desideri che pensate siano solo di una donna. Perché avevate valore solo se fingevate di credere a questa storia dell’essere uomo, se non Vi azzardavate ad essere nulla di più.” poi aggiunse “E’ una idea eh! Io non lo so, non vi conosco abbastanza.”

Il resto del racconto fu come una liberazione. Quando arrivò al rumore dello strappo sentì sobbalzare Girodel, ma lui non la interruppe.

“E quindi credete anche Voi che una rosa non possa essere un lillà?”

Lo sentì ridere, ma non si offese “Scusatemi, questa è una domanda che dovreste fare a mia madre, è lei l’esperta di fiori della famiglia.”

“Per piacere!” lo trovò irritante, ma non fino in fondo.

“Beh dipende, Vi stava parlando un uomo innamorato e molto disperato. Anche peggio che coglione a dirla tutta. A lui il fatto che Voi Vi sentiate donna da una speranza, anche se remota.”

“Io lo chiedo a Voi, però.”

“Credo che sia vero. Nel senso che siamo come siamo ed è inutile illuderci di essere altro. Più forti, più intelligenti, più buoni o comprensivi, più giusti o generosi.” sospirò, “Con interessi ed inclinazioni diversi da quelle che ci vengono naturali. Più come ci vorrebbero quelli che amiamo o la società o il buonsenso. Alla fine è molto triste pensare che si può essere degni di qualcosa solo a patto di non essere quello che si è.”

“Siete contrario ai cambiamenti?”

“Direi che dipende dal cambiamento.”

Oscar tacque. Poi, irritata aggiunse “Quello che Vi ho detto…”

"Quello che succede qui resta qui.” fu brusco ed Oscar capì di averlo offeso.

Lo sentì allontanarsi e un po’ si sentì sola ed un po’ si sentì sollevata - non era abituata all’intimità.


Nella quiete della notte si ritrovò a piangere - André l’aveva ferita peggio di Fersen.
Fersen, lo poteva capire, ma André? L’aveva sbattuta su quel letto come se lei non contasse nulla e quella camicia strappata per dimostrare cosa? che era una femmina?

E una femmina la si tratta così? La voleva donna per cosa? Per rimetterla al suo posto? Sdraiata sulla schiena, come una prostituta di un bordello di Saint Antoine? Come sua madre, una donna rispettata da tutti ma che dell’essere moglie e madre aveva colto solo quello? Non era riuscita ad amare davvero neanche una di loro sei. E lui questo lo sapeva.

Poi per fortuna si era fermato.

Ma non avrebbe nemmeno dovuto iniziare, pensò furibonda.


Quando rientrò nella casupola lo trovò che stava ravvivando le braci.

Era imbarazzato ed esordì dicendo “Forse sbaglio, forse quello che funziona per me non funziona per Voi…”

Lei lo interruppe con un bacio. Sentì che Girodel tratteneva il fiato per la sorpresa - lui sapeva di pioggia, della verbena della tisana, di menta. Si ritrovò ad accarezzarne il volto, tenendolo delicatamente tra le mani, stupendosi della barba che stava spuntando.
Fu Girodel che si staccò per primo, lo sguardo incerto, sentì che la stava scrutando e lei lo tirò per la manica verso di sé “Non Vi ho dato il permesso di fermarVi, soldato...” disse.

Ci fu un secondo bacio. Poi Girodel le accarezzò una guancia “Non funziona così.” mormorò “Non per quanto mi riguarda. Avete troppe cose per la testa per avere spazio anche per me…”

“Volevo solo…” si interruppe, poi gli prese le mani “Volevo solo vedere come era senza la disperazione e la rabbia e la paura. Volevo che ci fosse almeno un altro bacio da ricordare… non Vi importa, vero?”

Lo sentì ridere, poi lui le accarezzò una mano “Voi proprio non capite, eh?”

Lo guardò incerta, poi lui sorrise, le sfiorò la guancia con un bacio e la attirò contro di sé, nel suo giaciglio. Dormirono e basta.


Sognò André. Di nuovo.
Sognò che si guardavano e che lui si fermava, sognò che le chiedeva scusa, ne vide le lacrime e sognò che lei gli rispondeva che in fondo non era successo niente e che lei non era una rosa e non era un lillà. Lei era Oscar ed era una guerriera.


Il giorno dopo lui la guardò negli occhi e sorrise sollevato.

Si salutarono: lui tornava a Versailles. Lei si prendeva ancora qualche giorno per vagabondare lungo l’Epte.

“Non credo tornerò a Versailles.” gli disse brusca, senza guardarlo.

“Capisco.”

“E’ un cambiamento e immagino che non Vi piaccia.”

“Non mi piace.” era divertito, “Non mi piace affatto, credetemi. Ma è un ottimo cambiamento.”


Quando fu abbastanza lontano lei mormorò “Grazie” - sapeva che non avrebbe sentito, ma sapeva anche che non importava.

   
 
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