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Autore: marwari_    24/03/2018    1 recensioni
|Rating Giallo per tematiche conflittuali. Sequel di "Beyond the Pale".|
Prue decide di prendere sotto la propria ala la giovane Paige, con la quale condivide un legame che nemmeno lei è in grado di spiegare.
Ben presto però, si accorgono di stare vivendo qualcosa molto più grande di loro e che, forse, non saranno in grado di affrontare.
{POV: Paige/Prue}
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paige Matthews, Prue Halliwell
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Charmed: Legacy'
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Saga: Charmed: Legacy (Vol. II)
Titolo: The Forbidden Spell
Set: 1992 (pre-serie)
Capitolo: 3. Spirito Familiare
POV: Paige Matthews

 

 

Capitolo 3 – Spirito Familiare

Era passata più di una settimana da quando Prue si era dichiarata sua tutrice e lei si era fortemente impegnata per non deluderla o, peggio, per far saltare la sua copertura.
In pochi giorni si era messa a studiare, studiare veramente, come non aveva mai fatto, da quando si trovava al liceo.

I suoi genitori non avevano più fatto domande da quando, un giovedì sera, aveva annunciato loro di aver preso addirittura una B in un compito di storia.Si stava seriamente impegnando, spinta da quella strana sensazione che le pervadeva il corpo e la accompagnava durante tutta la sua giornata, da mattina fino a sera, come se qualcuno di invisibile la stesse guidando o proteggendo.

A volte si domandava persino se non avesse veramente trovato un angelo custode in quella ragazza del museo. Le dava un senso di tranquillità che non aveva mai provato con nessuno dei suoi amici e che i suoi genitori non erano più in grado di darle, eppure.. lei sì, Prue.

Pensare a lei e alle sue sorelle – seppure lo facesse molto più raramente – le dava sicurezza, le toglieva quel senso di angoscia con il quale aveva imparato a convivere negli ultimi anni, non si sentiva persa, come se si trovasse veramente a casa.

Anche quella notte, non aveva avuto sogni tranquilli e, di nuovo, non riusciva proprio a ricordare nulla. Stava capitando sempre più spesso, ultimamente, e non solo a lei, dal momento che durante una delle sue ultime telefonate serali con Prue, quest’ultima, le aveva confessato i medesimi dubbi.

La conclusione di entrambe fu che era tutta colpa degli ultimi avvenimenti.
In fondo, dopo il giorno del loro primo incontro, erano apparsi strani sogni rivelatori ad entrambe, con strane figure e situazioni terrificanti, come se ora, i loro sogni, fossero stati adibiti solamente alla comunicazione di messaggi rivelatori, conoscitori di un passato temibile che, probabilmente, le rendeva simili.
Non che avessero niente in comune, però, probabilmente, si erano entrambe trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato e il mistero legato a Salem ne aveva approfittato infettando le uniche due persone presenti in quel momento.

Certamente, quelle erano tutte teorie, ma non potevano esserci altre spiegazioni: Paige era lì perché la scuola l’aveva costretta e Prue lavorava per riportare alla vita quegli antichi artefatti.
Forse perché entrambe stavano cercando delle risposte, Salem, Melinda e quel segreto arcano avevano scelto proprio loro due.

O forse no, perché quel libro nella soffitta di Penny Halliwell, era forse il mistero più grande, un genere di mistero che nessuna delle due era ancora in grado di spiegarsi.

 

Infilò la giacca di pelle nera e fece scivolare lo zaino borchiato sulla spalla destra.
Si era presa la briga di pettinarsi, quella mattina, e doveva ammettere che i suoi capelli, nonostante ne continuasse ad odiare colore e forma, avevano assunto una pallida ombra di decenza.

Sospirò, sorpresa di sé stessa, mentre tirava una croce storta sopra il calendario, perché prima del fatidico incontro con le sorelle Halliwell, mai e poi mai si sarebbe alzata così presto di domenica per adempiere ad uno dei suoi doveri scolastici. Era cambiata, in meglio avrebbe potuto dire qualcuno, ma Paige si limitava a stupirsi di sé stessa senza porsi poi troppe domande.

Scese le scale di fretta, assaporando quella nuova energia che le pulsava nelle vene. Forse un’energia comune in tutte le persone che dormivano, di notte, invece che sgattaiolare fuori dalla finestra o semplicemente invece di perdere tempo.

«Paige, sei tu?» la voce di sua madre giunse squillante alle sue orecchie.
Anche lei sembrava stupefatta all’idea di vedere la figlia sveglia di domenica mattina, tanto da spegnere il rubinetto per avvicinarsi al corridoio ed assistere all’evento in prima persona.

«Buongiorno.» disse la ragazza con voce cantilenante, cercando di rimanere indifferente al sorriso incredulo che le aveva rivolto sua madre. Erano tutte piccole ed innocue vittorie che intendeva godersi, prima fra tutte stupire e sorprendere – in positivo – i suoi.

«Buongiorno anche a te.» la donna la seguì in cucina, osservandola attentamente mentre infilava la testa nel frigorifero, riemergendo poco dopo con il cartone del latte in mano. «Cos’hai da fare, oggi? Ti vedo particolarmente attiva.» chiese con genuino interesse, tornando ai fornelli per controllare una pentola borbottante.

«Devo incontrare Prue al museo. Ha detto che aveva una cosa da farmi vedere.» rispose con sincerità la ragazza. Non aveva motivo per mentire, ma aveva il dovere di omettere qualche dettaglio circa gli ultimi manufatti che aveva restaurato; non tanto l’origine, ma il loro significato, strettamente legato a quello che stava succedendo. Prue aveva addirittura parlato di una vera triquetra…

«Paige? Mi ascolti?» la donna si avvicinò alla figlia, sventolandole la mano davanti al viso «Pronto?»

«Dicevi?» Paige scosse la testa, trangugiando quasi metà bicchiere in una volta sola. Poteva sentire il profumo di rosmarino che impregnava le dita di sua madre.

«Tornerai per pranzo?» domandò, sospirando appena. Evidentemente glielo aveva chiesto poco prima senza ottenere risposta.

«Non lo so.» rispose la ragazza confusa. In realtà non aveva chiesto nulla a Prue, le aveva semplicemente detto di sì quando quest’ultima le aveva chiesto di trovarsi al museo.

«Dobbiamo andare dai tuoi zii questo pomeriggio.» le ricordò «Almeno fai in modo di tornare a casa per le cinque, va bene?»

«Promesso.» Paige annuì. Normalmente non avrebbe creduto al suo giuramento, perché sicuramente lei avrebbe fatto tardi, eppure, nell’ultimo periodo, ogni volta che prometteva qualcosa, faceva di tutto per mantenere la parola e i suoi avevano cominciato a far maggiore affidamento su di lei. Era un gran cambiamento.

Si accorse di essersi estraniata per la seconda volta solamente quando il campanello suonò due volte. Suo padre aveva un modo inconfondibile per farsi riconoscere.
Infatti, dopo pochi istanti, sentì la porta d’ingresso aprirsi, suo padre salutare ed emergere sulla soglia della cucina dopo pochi minuti.

«Buongiorno.» lo salutò calorosamente Paige, andandogli incontro.

«Ferma! L’ho appena lavata quella maglia.» la riprese sua madre, poco prima che potesse abbracciare l’uomo.

Paige squadrò la giacca da lavoro del padre e dovette ammettere che fosse più sporca del solito. Aveva cenere anche sulla faccia.

«Hai spento un incendio stanotte?» gli chiese la moglie preoccupata.

«Solo uno? Purtroppo sembra esserci un pazzo piromane che appicca fuochi al Golden Gate Park e a Twin Peaks. Lo diranno al notiziario.»

«E l’avete preso?» chiese ancora

«Purtroppo no. I fuochi compaiono all’improvviso, ma nessuno avvista mai la persona che li appicca.» sospirò pesantemente l’uomo. «Stasera non sono di turno, quindi spero che i miei colleghi lo trovino, anche se sembra sparire nel nulla ogni volta.»

«Mh.» mugugnò la madre, scrollando appena le spalle. «Vai a riposare, ti chiamo quando è pronto il pranzo.»

«Non posso, devo tornare in caserma.» disse risoluto, soffocando a stento uno sbadiglio.

«E perché sei tornato a casa?»

L’uomo si limitò a sorridere, eludendo la domanda e rivolgendosi direttamente a Paige.

«Vieni qui.» la esortò.

Paige si mosse circospetta verso suo padre e, solo allora, si accorse che teneva un braccio sotto alla pesante giacca impolverata. Si era forse fatto male?
Seguì con attenzione ogni suo movimento e, quando scostò la pesante stoffa, tutto poteva aspettarsi, tranne vedere il muso di un gatto. Un gattino, per la precisione.

«Questa bestiolina stava per essere travolta da un albero in fiamme. Il mio capo non la vuole in caserma e quindi te l’ho portata.» disse soddisfatto.

Paige si affrettò a prendere il gatto tra le mani, un sorriso felice che le illuminava il volto.

«Posiamo tenerla, vero? Possiamo?» si rendeva conto di stare supplicando sua madre come avrebbe fatto davanti ad un negozio di dolci all’età di quattro anni, ma non le importava. Sapeva della regola che vietava animali domestici in casa, ma davvero non si poteva dire di no ad una creaturina del genere: piccola, bianca e marrone, con due occhi azzurri che sembravano.. quelli di Prue.
Paige allargò il suo sorriso per lo strambo paragone che le era venuto in mente.

«Immagino che non abbia altra scelta.» sospirò sua madre in tono arrendevole. «Ma lo faremo visitare e te ne occuperai tu.» puntò il dito contro Paige con fare autoritario, anche se in quel momento, la ragazza avrebbe comunque detto di sì a tutto, pur di tenersi quel gatto.

«Credo sia una femmina, la porterò dal veterinario domani mattina.» assicurò l’uomo, dandosi una breve sistemata ai capelli con le dita, mentre si guardava allo specchio del corridoio. «Sembra in ottima salute, comunque.»

Paige salutò distrattamente suo padre mentre usciva, troppo presa dalla nuova arrivata che non faceva altro che seguirla per casa.

«Tornerò il prima possibile dal museo e-»

«Non vorrai mica lasciarla da sola a casa, vero?» sua madre fece capolino dalla veranda, una manica della giacca infilata e l’altra a penzoloni lungo il fianco.

Si era dimenticata che stava per uscire, come ogni domenica mattina.

«Prue mi ucciderà.» mormorò tra sé e sé, mentre esortava la gatta ad infilarsi nel suo zaino, cosa che, con grande sorpresa di Paige, fece ben volentieri.

⁓✧⁓

Prima di incontrare Prue, i musei non erano mai stata la sua passione. Non che fosse cambiato molto, eppure il dover incontrare quella ragazza nel suo posto di lavoro, di certo glieli faceva apparire dei luoghi leggermente più piacevoli.

Entrò dall’entrata del personale, quella che le aveva mostrato Prue pochi giorni prima, ed attese che l’amica le aprisse la porta di metallo tramite il maniglione anti-panico interno.

«Devo mostrarti una cosa.» le disse Prue con entusiasmo, non appena la vide.

Non si era nemmeno presa la briga di salutarla, visibilmente impaziente di esibire la sua ultima scoperta. Le aveva raccontato spesso, durante una delle più recenti telefonate serali, di come avesse riportato allo splendore alcuni piccoli manufatti di Salem appartenenti al diciassettesimo secolo e anche di un taccuino, che riportava qualche simbolo strano sulla copertina.

Paige stava bene quando era in sua compagnia. Poteva dimenticarsi tutto. Riusciva addirittura a mettere da parte il suo spirito indisponente che si sarebbe subito lamentato per non essere stata accolta a dovere. Si sentiva diversa, con Prue.

Le piaceva avere qualcosa da fare e da condividere con qualcun altro. Qualcosa di talmente segreto che avevano giurato di non rivelare a nessuno e che le poche persone a conoscenza temevano e preferivano ignorare. Era elettrizzante, unico e poteva sentirne gli effetti sulla propria pelle.

«Ti ricordi ancora quello che ti ho detto riguardo la procedura?» Prue la destò dai suoi pensieri e, quasi con sorpresa, Paige si accorse di trovarsi già nel laboratorio.

«Pennello e molta pazienza?» chiese in una piccola cantilena, sottolineando l’aspetto noioso del rimuovere l’involucro di terra fossilizzata attorno ai preziosi oggetti da esporre.

«Dopo quello.» la mora scosse lievemente la testa, afferrandole il polso per portarla più vicina alla sua postazione «Ricordi che mi fanno trattare solo gli oggetti di poco valore, secondo loro?»

«Sì, anche se non ne vedo il motivo.» rispose l'altra seccata. Proprio non capiva perché i suoi capi – o responsabili, come li chiamava lei – si ostinassero a rifilarle mansioni di poco conto, quando era evidente che Prue potesse occuparsi di ben altro.

«A me sta bene finché trovo cose del genere.» tagliò corto la più grande, mostrandole un volume di pelle appena rovinato.

«È il taccuino di cui mi hai parlato?» chiese Paige interessata.

«In realtà è un diario.» la corresse l’altra.

Paige la guardò stranita: non erano forse gli oggetti che quelle menti consideravano più preziose? Non era forse un documento autentico che avrebbe potuto dare informazioni circa quel periodo storico, in Massachusetts? Non riusciva a capire.

«L’hai aperto?» chiese Paige, ora decisamente incuriosita.
Come poteva destare tanto interesse da parte sua e così poco da parte dei suoi superiori? Prue doveva per forza aver scoperto qualcosa.

«Non ci riesco.» confessò con un sospiro «È stato rinvenuto con altri strani oggetti in un sito che credono essere una sorta di tumulo. Perciò quelli del museo non lo vogliono.»

«Come non lo vogliono?» Paige stava decisamente incominciando a non capirci niente: aveva sempre pensato che diari e lettere fossero i ritrovamenti più importanti per un ricercatore, eppure i suoi responsabili non sembravano interessati. Forse non era autentico? Prue se ne sarebbe accorta.

«Matthew Tate.» la più grande disse con voce impostata, mentre sfogliava in quaderno scritto fittamente, forse i suoi appunti. «Ti dice qualcosa?» la guardò sottecchi, i suoi occhiali da lettura appoggiati sulla punta del naso.

Paige le restituì lo sguardo, scrollando le spalle.
Sinceramente, oltre la somiglianza con il cognome di suo padre, non notava niente di familiare.

«Non credo di averlo mai sentito.» ammise infine. «Credi che abbia a che fare con noi?»

«Non lo so.» mugugnò l’altra, superandola con sguardo confuso e prendendo a girarle attorno «Devo averlo intravisto in quel libro in soffitta, vicino al nome di Melinda – sai che il tuo zaino si muove?»

Paige fece una smorfia colpevole prima di liberare la gatta nel laboratorio, sotto lo sguardo pietrificato di Prue.

«Non potevo lasciarla a casa.» si giustificò brevemente la ragazza.

«Devi essere impazzita!» Prue lanciò un gridolino di terrore mentre osservava il felino balzare da una scrivania all’altra, sfiorando microscopi e antichi manufatti, senza fortunatamente far cadere niente. «Se il mio responsabile lo scopre..»

«Non hai detto che sarebbe andato a New York per tutta la settimana?» domandò Paige con superoriorità.

«L’ho detto.» dovette ammettere l’altra.

Paige sapeva che non aveva tanti argomenti validi: era domenica, al laboratorio del museo non c’era nessuno e nessuna delle due avrebbe mai avuto la stramba idea di confessare la presenza di un gatto ai suoi capi.

«Mio padre l’ha trovata stanotte. Sono scoppiati altri incendi.» spiegò, lasciandosi cadere su di uno sgabello e prendendo in mano uno dei tanti ciondoli che Prue aveva fatto tornare all’antico splendore. Erano tutti simili tra loro, "trisceli" le aveva chiamate lei, di ferro, di rame e solamente una d’argento che era stata prontamente sequestrata per essere esposta nel museo.

«Ho sentito al notiziario stamattina.» disse concisa Prue «Stavo dicendo,» prese un profondo respiro «che dopo aver ripulito l’oggetto, di solito si fa un calco per poterlo studiare al meglio. E ho scoperto una cosa.»

Paige ripose il simbolo che stringeva tra le mani sul supporto di velluto e si affrettò a seguire l’amica. Era affascinante sentirla raccontare delle sue scoperte, soprattutto da quando aveva scoperto che quell’argomento ammaliava anche lei: streghe, Salem, magia.. era tutto incredibilmente curioso, a maggior ragione dopo aver visto con i propri occhi che il mistero faceva veramente parte del loro mondo ed era incredibilmente reale.

Prue le mostrò il calco che aveva fatto al taccuino. Sembrava un normalissimo corpo cavo, l’esatta copia in negativo di quel piccolo diario.. eppure c’era qualcosa di diverso. Qualcosa in più.

«Vedi?» Prue le afferrò il polso con decisione e, senza farle male, le strinse l’indice della mano destra «Tocca qui, in rilievo.» la istruì.

«Cos’è?» domandò Paige alquanto sorpresa. Non ricordava di aver visto niente sulla copertina del diario, niente che non fosse la pelle liscia del piatto anteriore, eppure sul calco c’era qualcosa.
Era quello che pensava che fosse?

«Credo proprio di sì.» annunciò appena elettrizzata la mora, mettendo da parte il calco e trascinando la più piccola dall’altra parte del laboratorio.

Paige non sapeva se essere più frastornata dal mistero che aleggiava attorno a quel diario, oppure dal fatto che Prue le avesse praticamente letto nel pensiero, rispondendo ad una domanda che non le aveva posto.

 

«Sicura di poterlo fare?» domandò Paige titubante, con voce bassa anche se non c’era nessuno che potesse udirle.

Prue non rispose, confermando, in parte, le sue paure. Non era certo qualcosa che potevano fare, eppure.. non sembrava nemmeno così sbagliato.
La più grande aprì la teca degli artefatti ultimati e, con un gesto veloce e morbido, afferrò l’unica triquetra d’argento. La più grande e la più luminosa di tutte.

Quando infine si trovarono di fronte al diario, era chiaro che, da quel momento, tutto sarebbe cambiato. Avevano la sensazione di star partecipando ad un gioco più grande di loro, temibile ed al contempo inevitabile.

Prue posò il ciondolo sulla copertina del libro, con mani tremanti. Sembrava una copia simile al libro che le aveva attirate a sé, tutte e quattro, quella sera in soffitta.

Non ci furono luccichii sospetti, strani turbinii di luci. Niente, tranne un lieve scatto.

Paige osservava imbambolata le mani di Prue che, febbrili, rimuovevano il ciondolo argenteo per poter aprire, finalmente, quel diario.. chiuso probabilmente da secoli.

A mia figlia Prudence,
che tu possa rimanere fedele al tuo destino.

Paige osservava stranita mentre la voce sottile dell’amica giungeva alle sue orecchie. In quel libro c’era veramente scritto il suo nome? Che cosa aveva a che fare con Matthew Tate e con un diario di quattrocento anni prima? Dopo tutto quello che avevano visto, non poteva essere solamente una coincidenza.

Quando leggerai queste pagine, probabilmente non ci sarò più. Questo libro è il mio lascito, da tramandare alle future generazioni di streghe.
Se il Libro delle Ombre dovesse mai cadere nelle mani sbagliate, qui troverai le risposte che cerchi. Non avere paura ed insegna alle future streghe l’arte della magia.
Il potere della stirpe delle Warren crescerà sempre più forte fin quando un giorno, il mio potere si dividerà in tre sorelle.
Insieme, proteggeranno innocenti ed estingueranno il male. Saranno conosciute come le prescelte.
Insegui il cerchio dell'unità, perduto da secoli, dove il nostro potere si è fuso con quello più puro ed esse diventeranno invincibili.

Abbi fede, figlia mia, il sacrificio che ognuna di noi dovrà compiere non sarà vano.
Che tu possa essere benedetta.

Melinda Warren 


«Hai detto Melinda?» domandò Paige sconvolta, avvicinandosi a grandi passi verso l’altra e chinandosi sul diario. Doveva vedere con i propri occhi.

«Perchè mai l’aveva Matthew Tate?» Prue corrugò la fronte.

«Chiediti piuttosto come mai questo strano diario apparteneva a Melinda Warren e cita addirittura il libro che tua nonna custodisce in soffitta.»

I grandi occhi azzurri di Prue si fissarono nei suoi. Paige non capiva perché volesse eludere quell’argomento. Era la risposta che cercavano, forse. Non potevano essere tutte coincidenze, Prue doveva rendersene conto per forza.

«Parla di stregoneria.» La più grande mormorò incredula.

«Ed è scritto da Melinda Warren.» Paige deglutì, sospirando appena, la gola terribilmente secca. Un conto era immaginare, come se fosse un gioco, di essere in possesso di super-poteri, credere alla magia e cercare di svelare qualche mistero inspiegabile.. ma ora che era scritto nero su bianco, era diverso. Cambiava tutto.

«Non può essere.» Prue scosse la testa, come per voler negare l'evidenza.
Ma era tardi, per quello, ormai.

«E parla di voi,» La più piccola sospirò amaramente «tre sorelle. Lo dice qui.» batte un paio di volte l'indice sulla carta, nel punto in cui l'inchiostro formava la parola. Non poteva nascondere la sua delusione: aveva condiviso così tanto, con Prue, aveva visto così tante cose strane, aveva avuto paura, terribilmente paura, solo per scoprire che tutta quella faccenda non la riguardava nemmeno. Era solamente servita da tramite.

Era stata esclusa ancora una volta.

«Aspetta.» Prue respirava piano, la mente chiaramente in subbuglio.

«Cosa?» Paige rispose con tono seccato.

«La profezia,» riprese l'altra, portando una mano sulla fronte «parla di quattro sorelle, non tre.»

«E dovrebbe farmi stare meglio?» sbottò Paige.

«Non per forza devi interpretarlo nel senso letterale, Paige.» tentò la più grande, sfogliando il suo quaderno degli appunti «Guarda. Molte donne – streghe,» si corresse «di Salem si riferivano ad altre compagne chiamandole "sorelle". Ciò che le accomunava era la magia, non il sangue.»

Paige rilassò il volto, ma il suo cuore prese a battere più velocemente.
«E parla di noi..?» chiese con voce flebile.

«Pensaci.» intimò Prue con tranquillità «Questo laboratorio è il punto zero, ma quando sei venuta a casa mia ed hai incontrato Piper e Phoebe.. è arrivato il grosso.» fece una pausa, un sorriso eccitato che le illuminava il volto «La soffitta, gli incantesimi, il libro. È lo stesso di cui parla Melinda. È il suo lascito.»

«Dobbiamo parlare con le tue sorelle.» Paige mormorò, lei stessa incerta delle sue parole.

«Non capirebbero, non ora.» la mora sospirò gravemente.

«Ma dobbiamo tornare a casa tua e trovare qualcosa riguardo la profezia. Se hai ragione tu, c'è qualcosa che non vogliono che sappiamo.» concluse la più piccola.
Paige osservò attentamente l'amica annuire, assorta, mentre raccoglieva le sue poche cose e buttava tutto nel suo zaino di pelle blu. «Dobbiamo prendere il diario.»

Prue le lanciò uno sguardo gelido. «È proprietà del museo, Paige. È come rubare.» sibilò.

«Lo è anche questa.» disse l'altra, imitando il suo tono mentre le mostrava la triquetra d'argento, stretta tra le sue dita. «Ma ci servono entrambi, non possiamo fare altrimenti.»

«Finiremo nei guai, per colpa tua.» Riboccò la mora, serrando la mascella.

«Io terrò la triquetra e tu porta il diario a casa. Tanto non lo vogliono, giusto? Puoi sempre dire che era per ragioni..» si fermò per pensare ad una parola adatta, piegando le labbra e dondolando la testa mentre soppesava tutti i termini che le venivano in mente «educative?»

«Rischi grosso con quella.» Prue indicò il manufatto d'argento con un cenno del mento.

«Ci penseremo.» Paige scrollò le spalle, mentre pensava a tutte le possibili conseguenze: non era la prima volta che veniva beccata per furto. Certo, in passato se l'era scampata perché aveva rubato cose di poco conto, solo per divertirsi, e forse anche perché suo padre era un vigile del fuoco. Quella era una faccenda più grande: stava letteralmente sottraendo un pezzo dal museo locale, di chissà quale valore storico. Poteva finire al riformatorio.

«Paige?»

«Ci sono.» rabbrividì appena, scacciando quei pensieri dalla testa. «Ci vediamo domani sera?»

«Meglio di no, per ora. Verrò io a casa tua tra qualche giorno.» asserì Prue con un sorriso.
Era decisamente meglio stare lontane per almeno una giornata intera.

Paige sorrise appena mentre faceva scivolare la triquetra su di un pezzo di spago, che poi legò attorno al collo della gatta.



 

Note:

  • I personaggi di Mathew Tate e Prudence sono entrambi legati alla storia di Melinda Warren. Matthew in veste di traditore e Prudence di primogenita di Melinda. Il ruolo di questi personaggi è stato raccontato e specificato all'interno di Beyond the Pale.

  • La profezia alla quale si fa riferimento, non è la stessa del telefilm. Nello specifico, mi riferisco alla profezia riportata da Melinda stessa in Beyond the Pale, capitolo quarto.

   
 
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