Ulna assorbì il suo sguardo di carne con
tranquillità. Non sembrava si trattenesse o che lo facesse
per compassione. Infrangendo le leggi inalterabili della repulsione si
avvicinò ad Edison, e per la prima volta nella sua vita
qualcuno lo accarezzò.
Ed si sentiva sospeso in un mondo nuovo, imprevisto. Un terreno sacro
pronto a spezzarsi al primo sospiro. La sua pelle martoriata dalle
operazioni gli stava regalando sensazioni nuove, era come rinscere a
nuova coscienza, una nuova innocenza con cui osservare il mondo.
Era così vulnerabile, sentì quasi dolore quando
lei iniziò a spogliarlo, facendo scivolare via la tuta da
lavoro come una crisalide. Sotto, i solchi lucidi delle cicatrici, la
plastica e le viti, accarezzate da una mano nuova e curiosa. Una mano
inesperta, che imparava cose nuove centimetro dopo centimetro.
Era come gettarsi nell'abisso, entrambi con la paura di ciò
che sarebbe stato, di cosa avrebbero trovato nel fondo, oltre le
tenebre. Edison l'abbracciò, sperando di non essere troppo
freddo, lei lo accolse tra i suoi seni. Negli elettrodi,
nello scambio di potenze,
oltre il canto
dello spettro sismico dell' Idrogeno,
Al limitare dell'antimateria,
spense i suoi occhi artificiali e nell'oscurità la vide.
Senza colori, senza forme, ma presente. Si distesero sul tavolo di
legno, con il ronzio incessante dei motori elettrici.
La ragazza ondeggiava in nuovo oceano...stelle d'argento brillavano
intermittenti, rami di zinco avvolti in diodi di carbonio, capillari di
rame nascosti tra i capelli. La sua pelle non era fredda, l'alluminio
si univa alle ossa come un gioiello d'avorio e argento.
Nel volto senza labbra la scoprì la lingua morbida, viva.
Edison la sorreggeva senza peso, scivolando lungo le sue gambe.
Ulna era vergine.
Sentì la paura della ragazza, ma lei lo tratteneva. - Ti
prego, voglio che sia tu...-Io? - Sì, ho deciso così...-
- Perchè io...?-
- Perchè sei l'unica persona che non vorrei mai perdere...-Il
suo sangue era di un rosso violento, scivolò sul tavolo
ancora macchiato di olio.
Sentì il suo universo di lampi statici e bagliori azzurri,
di fulmini e linee di codice, e non seppe distinguere se fu per averlo
toccato o per l'emozione che stava provando che sentiva l'atmosfera
satura di elettroni; si compenetrarono, unirono i loro mondi sotto
l'eco di un nuovo miracolo.
Poi Ed si sdraiò accanto a lei nel letto, nudi, Adamo ed Eva
di un dio folle e perverso.
- Signor Edison... -
- ...Ulna...-
- Sai non credevo che...-
- ..che potessi "farlo?" -
- Sì... -
- E' una di quelle parti che si possono sostituire più
facilmente. -
- Davvero?! -
Risero - Sì, anzi basta andare da un qualsiasi chiurgo
plastico! Gli porti il metro e lui te lo modella in laboratorio! -
- Oddio...e poi? -
- Poi scegli gli optional! Bitorzoluto, curvo, gobbo...ad alta
vibrazione, a stantuffo, liscio o ruvido...-
- E tu che hai scelto? -
- Nulla, non ci sono mai andato! -
- No?! -
- No, non ne ho avuto bisogno. O credi che forse dovrei? -
- Bè Signor Edison, non credo che per adesso ci siano
problemi...assolutamente. -
- Sai Ulna...vorrei che tu stessi con me...per più di una
giornata...-
- Certo...che scemo che sei... -
- Perchè? - Ma Ulna si era addormentata. Così Ed
spense le luci e si abbandonò a sè stesso.
Ci fu uno schianto e le lenti brancolarono nella messa a fuoco,
qualcosa stava avvenendo nella stanza. Forse stava sognando.
No, stava succedendo qualcosa, l'orecchio registrava delle voci che non
riconosceva.
Vide le divise dei benedettini all'interno della stanza, in casa sua. -
Non potete entrare qui! NON POTETE! -
E Ulna dov'era? Non era accanto a lui, non c'era. - ULNA DOVE SEI!?
Bastardi figli di puttana, se solo avete PENSATO di farle del male...
io vi vi...-
- No, lei non c'entra nulla...anche se si accoppia con i Mostri...- Era
il tizio del dito. Se lo era già rimpiazzato, una bella
protesi indistinguibile da un dito vero. Niente punti di sutura,
nessuna infezione.
- ED! - La ragazza si divincolava dietro un armadio in cravatta. - ED
SPACCAGLI IL CULO! -
Il dito ferito la guardò con calma - Certo troia, potrebbe
strapparci il cuore a tutti noi...se avesse ricaricato le batterie,
vero Mostro? -
Era vero, il sistema era in riserva, non aveva forze per poter
contrastare tutta quella gente. Magari uno o due, ma non tutti.
- Che cosa volete figli di puttana? volete ammazzarmi? volete punirmi?
Eccomi, sono qui. Ma non fate male a quella ragazza, lei non c'entra
nulla. Vi prego. -
- E' tardi per pregare, Mostro. E poi non vogliamo ammazzarti, noi non
siamo inquisitori, noi Perdoniamo coloro che non camminano nella Via. -
- Allora cosa...? -
- Vogliamo i tuoi occhi. -
Ladri, ladri sadici e assassini. Edison ebbe un'attimo di esitazione,
forse gli veniva data un'ultima possibilità. - D'accordo, ma
non voglio che Ulna veda. Portatela nell'altra stanza. -
- D'accordo. Forza fate come ha detto, che non si dica che siamo
crudeli.- La ragazza fu trascinata via a forza da due persone grosse il
doppio di lei, poi la porta si chiuse e l'area divenne insonorizzata.
Intorno a lui sguardi eccitati dilatavano gli occhi torcendosi le mani:
il lavoretto che sta per operare il loro capo non sarebbe stato uno
spettacolo per stomaci deboli. La pinza estrattrice fece la sua
comparsa scintillando sotto la luce dei neon. - Bene Mostro, ora...stai
fermo. -
Il sistema mandò messaggi di errore appena la pressione
della morsa si fece più intensa; quando l'innesto
iniziò ad essere strappato via dall'osso la visuale
ondeggiò mandando una pioggia di punti esclamativi
lampeggianti. Le diagnosi di danni irreversibili si alernavano
schizzofreniche su ogni angolo, come quasi implorasse che la torura
avesse fine. Edison urlò fino a schiumare dalla bocca,
dentro il suo cervello gli scricciolii delle placche divelte erano rami
che schiantavano, si aprirono le vecchie terribili ferite delle
asportazioni, lacerando i tessuti rimasti. Dentro la sua mente il
dolore esplodeva in lampi bianchi frantumando la coscienza, e l'unico
appiglio era il pensiero ossessivo, un mantra a cui affidava tutto
sè stesso - Più tempo, più tempo, ho
bisogno di più tempo ancora più tempo. -
Più tempo per sovraccaricare il gel nelle celle
d'alimentazione delle sue batterie, farle bruciare come fosforo.
Brillare come una supernova al magnesio.
- Ecco, abbiamo finito. Ragazzi, date una pulita ai connettori e per
l'amor di Dio, togliete quei brandelli di carne. Mostro, mi senti, ci
sei...?
Il corpo squarciato era immobile come un manichino ma Dito Ferito non
era ancora soddisfatto.
- O signore ma cosa che ti sta uscendo dal viso...- Uno dei suoi
tentò di rispondere - Credo che sia cervello. Non avendo
più la placca frontale...la materia celebrale fuoriesce.
- ...già, dev' essere quello. Ma ...CAZZO! - fu l'unico a
rendersene conto, forse perchè il più sveglio; si
lanciò verso la porta, ma era sbarrata.
il Cuore ,
Su un piedistallo d'avorio
alle porte d'orialco,
Immerso
nel prisma luce.
Nella stanza si diffuse immediatamente il panico, la prima esplosione
mandò in fiamme coloro che avevano intorno in una vampa
azzurra. Il gel aveva preso fuoco come napalm corrodendo i corpi come
divorandoli; l' evaporazione repentina degli oli e delle frizioni lo
accesero d'una luce blu accecante, e mentre camminava il metallo si
fondeva strato dopo strato.
Li prese a sè, nonostante l' orrendo buco sul viso,
strappando la spina dorsale come edere su un albero, svuotando i loro
stomaci sul pavimento. La carne si piegava debole e fragile alla
brutalità delle viti e delle plastiche; le loro ossa si
spezzavano, la loro pelle raggrinziva e si accartocciava come carta.
Il sistema antincendio non riuscì a spengere le fiamme.
- Ed, fammi entrare, ti prego! - Ulna era libera, i benedettini erano
scappati da quell'inferno, sconvolti.
Edison rimase dietro la porta, senza aprire.
Il leader dei corpi spaccati che ricoprivano il pavimento stava
ranicchiato in angolo, rompendosi le mani nella porta blindata.
Edison andava verso di lui, con la maschera in mano; non era
più un uomo, del suo corpo rimaneva il telaio incandescente
avvolto nelle scintille elettriche.
La Sicurezza venne solo quando non ci fu nulla da salvare. Il quartiere
di Hope neppure si accorse delle cicatrice scure che il fuoco aveva
lasciato sulla strada, delle urla della ragazza e delle sue lacrime.
Fernandez frugò tra le macere in cerca di qualcosa da
salvare, ma l'unica cosa che trovò fu la sua maschera.