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Autore: KiarettaScrittrice92    25/03/2018    2 recensioni
Juliette e Arno sono i due portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero. Lei è una nobildonna di buone origini, lui il capitano dei moschettieri del re.
Durante la loro battaglia contro Comt Ténèbre e l'imminente rivoluzione francese, scopriranno il loro folle e passionale amore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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genitori
15 - 16 Luglio 1791

Juliette respirava affannosamente da ormai parecchio tempo, sentiva il suo cuore martellarle nel petto e il sudore che ormai le appiccicava la vestaglia bianca al corpo; e infine c’era il dolore: anzi più che un vero proprio dolore era una fastidiosa sensazione alla pancia, pancia che adesso dimostrava già nove mesi di gravidanza.
«Abbiamo finito Juliette. – le disse con voce affannata, ma allo stesso tempo tranquilla e rassicurante il ragazzo – Ora riposati qualche minuto, prima dell’ultimo sforzo, va bene?» lei gli rispose con un semplice cenno di testa, tentando di controllare il respiro e trovare un ritmo più regolare.
Come aveva preannunciato Michelle, quelle tre ore erano state veramente faticose. Non aveva perso i sensi, per fortuna, ma più di una volta aveva chiesto di fermarsi per qualche secondo perché le vertigini e i giramenti di testa l’avevano sorpresa all’improvviso.
Il giovane custode uscì dalla stanza matrimoniale, incrociando subito Arno che, nervoso e agitato, faceva avanti e indietro davanti alla porta.
«Allora?» domandò, i suoi occhi chiari, iniettati di ansia.
«Sta bene, è solo un po’ stanca. Puoi andare da lei se vuoi, tra dieci minuti riprendiamo.» gli rispose subito lui con un sorriso.
Poco prima del rito i due coniugi Pierre l’avevano praticamente costretto a dar loro del tu, dicendo che alla fine dei conti, nonostante la differenza di età e, forse, di ceto sociale, stavano tutti e tre combattendo lo stesso nemico ed ed erano alleati.
«Grazie mille, Michelle.» rispose l’uomo tirando un sospiro di sollievo.
«Di nulla... – rispose nuovamente lui e quando il suo interlocutore si apprestò ad aprire la porta egli continuò, bloccandolo su quel gesto – Ah, Arno... Sapresti indicarmi la camera da bagno?»
«Certo, alla fine di questo corridoio, sulla destra.» gli rispose lui, dopodiché entrò nella camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Appena entrato la vide lì: sdraiata su quello che da ormai una quindicina di giorni era diventato il loro letto matrimoniale, in quella residenza a Senlis. Era molto diversa rispetto a qualche ora prima, quando lei e il ragazzo si erano rintanati lì dentro; nonostante il suo respiro ormai regolare e il suo dolce sorriso nel vederlo, la stanchezza si leggeva chiaramente in lei: nella carnagione pallida, nel sudore che le bagnava alcune ciocche di capelli che le si erano appiccicate in fronte, ma la cosa che più attirò l’attenzione del capitano, era quel pancione pronunciato che faceva intendere che loro figlio, grazie al rito, era cresciuto in poche ore ed era pronto per venire al mondo.
«Credo di non avere un bell’aspetto...» scherzò la donna, rimanendo nella sua posizione mezza distesa. Lui si avvicinò, per poi sedersi sul letto, proprio al suo fianco.
«Tu sei sempre meravigliosa, mon amour.» le sorrise, spostandole una ciocca castana dalla fronte e baciandole il punto che aveva appena scoperto, dopodiché allungò una mano e accarezzò con estrema dolcezza il pancione della donna.
«Sai dovremmo dargli un nome… Insomma avevamo detto che ci avremmo pensato, ma visto che i tempi si sono velocizzati… Non possiamo di certo far nascere nostro figlio senza un nome.»
L’uomo storse la bocca pensieroso, continuando ad accarezzare il grembo della moglie.
«Voglio un nome semplice e allo stesso tempo importante, un nome che, pure nelle generazioni future, verrà ricordato e usato.» disse ad alta voce.
«Che ne dici di Lucille se sarà femmina?» propose la donna.
«Perfetto…» sussurrò con un sorriso.
«Ora tocca a te scegliere quello da maschio.» lo incoraggiò lei.
Lui rimase qualche secondo a pensare, scrutando con attenzione la pancia della moglie, mentre la sua mano, ormai quasi in un movimento automatico e involontario, continuava a dargli altrettante attenzioni.
«Che ne dici di Rafael?» domandò poi, alzando di nuovo lo sguardo sul viso della moglie e incrociando i suoi occhi castani, lei sorrise di rimando facendo un cenno con la testa.
Proprio in quell’istante entrò Michelle, seguito dalle due domestiche.
«Forza Juliette, abbiamo l’ultimo sforzo!» la incoraggiò il ragazzo.
«Sarebbe l’ultimo sforzo se poi, oggi stesso non dovessimo ripartire per Parigi e combattere Comt Ténèbre, lasciando nostro figlio qui.» disse Arno, quasi con tono ironico e allo stesso tempo nervoso, alzandosi dal letto. A quel punto la madre si accostò a lui, con un mesto sorriso, ma completamente sincero.
«Andrà tutto bene Arno, vedrai. – lo rassicurò – E ora esci, non puoi stare qui!» continuò, cambiando tono di voce e prendendolo un po’ in giro, mentre lo spintonava verso la porta che era rimasta aperta.
«Ho capito, ho capito, esco…» disse quasi scocciato l’uomo, per poi farlo davvero e chiudersi la porta alle spalle.
Fu quasi un’altra buona mezz’ora: Arno guardava ogni cinque minuti l’orologio che aveva nel taschino, nella speranza che tutto andasse per il meglio. Ogni tanto sentiva un urlo più forte della moglie, nell’atto del travaglio.
Poi all’improvviso, finalmente, sentì una voce diversa: un vagito leggero e subito dopo un pianto disperato, di una vocetta stridula. Senza nemmeno chiedere il permesso, spalancò la porta, trovandosi davanti la scena.
Juliette ansimava affannata, ma con il sorriso stampato in volto e finalmente serena, incrociando subito il suo sguardo, mentre Michelle e Marie tentavano di risistemare la stanza.
Spostò lo sguardo su sua madre, aveva in braccio uno scricciolo, completamente nudo e paonazzo, avvolto in un’asciugamano bianca, con cui la donna cercava di togliergli il liquido amniotico. 
Iniziò a sentire il cuore martellargli in petto furioso, mentre si avvicinava, notando subito il sesso del suo piccolo erede.
«Vuoi tenerlo in braccio tu?» domandò Francine porgendogli l’asciugamano con il bambino. Lui allora allungò le braccia e quando quella piccola creatura fu finalmente tra di esse, se la portò al petto, facendola improvvisamente smettere di piangere.
«Gli piaci…» disse divertita Juliette, guardando la scena. Lui sorrise, intenerito da quelle parole e dal bambino che teneva tra le braccia.
Plagg uscì dalla tasca interna della sua giacca, cominciando a svolazzare di fronte al viso del piccolo, attirandone la sua completa attenzione.
«Ha i tuoi occhi, Arno! – esclamò il piccolo gatto nero e l’uomo sorrise – Come sta Tikki?» domandò subito dopo, rivolgendosi al custode.
«Come avevo previsto, dopo lo sforzo è stata risucchiata dagli orecchini senza trasformare Juliette, ma credo che per quando saremo a Parigi sarà pronta.» lo rassicurò il ragazzo.
«Quando partiamo?» chiese a quel punto la donna.
«Visto che è già mezzanotte passata, direi che potete riposarvi tranquillamente fino alle cinque o sei di questa mattina, partiremo per le sette.» a quell’ultima affermazione uscirono tutti dalla camera, lasciando coniugi e figlio da soli.
«Benvenuto al mondo, Rafael.» disse finalmente Arno, avvicinandosi al piccolo e lasciandogli un bacio sulla fronte.

  
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