Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    25/03/2018    2 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Ventisei


Una cupa luce violacea riesce in qualche modo a penetrare la fitta oscurità del dominio di Mot ma, a giudicare dalla reazione sconvolta del padrone di casa, non deve trattarsi di un fatto positivo, e Pitch immagina con fin troppa precisione il motivo di tanta agitazione. Lentamente fa un mezzo giro su sé stesso e osserva, con il fiato sospeso, lo strano bagliore proveniente da quella che sembra la lucida superficie di uno specchio il quale, tuttavia, riflette un mondo differente da quello in cui si trovano ora lui e Mot.


«Che cos’è?» mormora in apprensione.


Volta di poco il capo e sbircia il suo silenzioso interlocutore, trovandolo più pallido del solito e intento a fissare con orrore lo strano riflesso.


«La dimensione in cui è stato relegato il demone» decide infine di rispondere Mot, gettando Pitch nello sconforto più totale.


Dunque è quello? Non immaginava potesse essere tanto vicino. Come riuscirà a sfuggire alla trappola in cui lo hanno condotto, se non è in grado di spostarsi attraverso le ombre e la prigione del demone è a così pochi passi da lui? La risposta è semplice e chiara, così ovvia da dargli la nausea: non ci riuscirà.


Il bagliore oltre lo specchio aumenta gradualmente; si direbbe una sorta di alba aliena, dopo tutto. Pitch assottiglia le labbra in una tirata smorfia di preoccupazione. Non sa ciò che lo attende, e questo più d’ogni altra cosa lo spaventa. Non ha nessuna voglia di essere buttato in una dimensione sconosciuta e dato in pasto a creature ignote; ha già fatto da pasto ad altre creature immonde, in passato, e non gli garba proprio l’idea di replicare l’esperienza. Eppure non vede alcuna via d’uscita dall’attuale situazione in cui è stato trascinato, per quanto duramente ci si stia impegnando. Fa un passo indietro, mentre i suoi occhi attenti scorgono fugaci ombre aggirarsi al di là della barriera che lo separa dall’altro mondo. Oh, detesta sentirsi in trappola, odia non avere il controllo su ciò che gli succede intorno. Ringhia, un suono basso e disperato, e trema lievemente; infine indirizza uno sguardo di allarme e rimprovero a quella maledetta e inutile divinità, ferma alle sue spalle come uno stoccafisso.


Che razza di guaio hai combinato?” esclamano i suoi occhi indignati. “Fai qualche cosa, stupido!” pregano silenziosamente.


Per sua sfortuna Mot, in quel momento, non è in condizioni molto migliori delle sue, tutt’altro in effetti, e risponde alle sue implorazioni con un’occhiata un po’ vacua e rassegnata, mandando in frantumi le sue già esili speranze. Sembra addirittura più terrorizzato di quanto non lo sia Pitch stesso, il che è assurdo, considerato che non è Mot quello che sta per essere risucchiato in una dimensione prigione come dono e riscatto per la liberazione di un demone millenario e, con buona probabilità, anche piuttosto sanguinario. L’ultima occhiata che gli riserva, prima che il cielo oltre lo specchio schiarisca fino ad assumere una delicata sfumatura lillà, è pregna di accusa e disprezzo, e Pitch prova dentro di sé almeno un pizzico di soddisfazione nel vederlo sussultare colto dalla consapevolezza del disastro che sta per abbattersi su tutti loro.


Diamine, alla buon’ora” pensa cinicamente.


Ma infine il tempo per pensare e sfornare recriminazioni si esaurisce e, a stagliarsi contro il cielo estraneo, c’è ora un’imponente figura che Pitch fatica a immaginare come appartenente al famoso demone del quale hanno così a lungo discusso in compagnia dei guardiani. La creatura demoniaca ghigna, evidentemente soddisfatta da ciò che vede, e allunga una mano verso la superficie riflettente. Pitch sgrana gli occhi, sorpreso e costernato nel constatare che, pur trovandosi in un’altra dimensione, il demone è potente a sufficienza da poter agire anche in quel loro mondo oscuro. Attorno a lui la barriera eretta da Mot sfrigola e vacilla, dissolvendosi infine nel nulla come semplice fumo sospinto lontano da un vento impetuoso.


In teoria ora Pitch sarebbe libero di allontanarsi da quel posto, ma in pratica non ne trova il tempo poiché, con un gesto rapido e imperioso, il demone blocca i suoi movimenti e perfino i suoi poteri, trascinandolo con decisione incontro allo specchio. Pitch digrigna i denti, tenta invano di scalciare e scrollarsi di dosso le invisibili catene che lo tengono avvinto e immobile, fa saettare febbrilmente lo sguardo all’intorno nella ricerca di una qualunque via d’uscita che non trova, infine chiude gli occhi e si concentra; non riuscirà mai a raccogliere abbastanza energie per liberarsi dalle costrizioni del demone, ma può utilizzarne una parte per mandare un messaggio all’unico possibile alleato nelle vicinanze, dato che il raggio d’azione del suo potere al momento è irrimediabilmente limitato.


Trovala. Dille ciò che sta accadendo. Portala qui!” ordina imperioso, tremando per lo sforzo di mettere insieme quei pochi pensieri e farli arrivare a destinazione con la forza necessaria.


Una sensazione di gelo lo invade improvvisamente e sa che è ormai troppo tardi per un qualunque altro tentativo. Infine la sua coscienza lo abbandona e il suo corpo ricade inerte poco oltre il varco dello specchio.


*


È una creatura decisamente particolare quella che si fa strada attraverso l’impalpabile barriera fra le due dimensioni e, con inusitata grazia, poggia infine sul buio terreno ai suoi piedi. A una prima occhiata non molti penserebbero a lui come a una creatura demoniaca, men che meno una delle più antiche e potenti, visto l’aspetto con il quale si presenta. I suoi occhi, leggermente allungati, hanno l’iride del colore dell’ametista, ma presentano la pupilla verticale tipica dei rettili; i suoi capelli sono lisci, lunghi fino alle natiche e candidi come la neve appena caduta; ha le labbra sottili e pallide, di un tenue lillà, che hanno la tendenza ad arricciarsi in un ghigno malevolo e dalle quali spuntano piccole zanne perlacee e acuminate; la sua pelle dai riflessi vagamente azzurrati, non celata da alcun genere di abito, è costellata da piccole scaglie argentee e resistenti come diamanti; dalle scapole si spalancano due grosse ali bianche e membranose, incrostate qua e là dalle stesse scaglie che ricoprono il resto del corpo, facendole apparire cangianti; le sue orecchie terminano con una piccola punta in cima e fremono di tanto in tanto, attratte dai rumori che solo alcuni dei suoi simili e pochi animali riescono a percepire.


Gli occhi del demone, colmi di stupita malizia, vagano per il mondo oscuro nel quale è tornato libero. Inspira a fondo l’aria pensante del posto e sorride per un fugace momento, ricordando acutamente un bambino di fronte alla vetrina di una pasticceria.


«Questo posto è orrendo, Mot» fa notare con sadico divertimento, spostando brevemente l’attenzione sull’atterrita divinità accucciata a poca distanza da lui. «Dovresti seriamente pensare di dargli una ripulita, di tanto in tanto» suggerisce con disinteresse.


Mot non risponde; si limita a tenere ostinatamente la testa reclinata al suolo e lo sguardo prudentemente basso, impegnandosi a non incontrare mai gli occhi del demone e augurandosi che lo interpreti come un segno di rispetto, anziché di ribrezzo.


Il demone, per quanto strano possa sembrare, riesce evidentemente a distinguere i particolari celati dalla perenne oscurità che permea il mondo di Mot e storcere il naso, per nulla attratto da ciò che vede.


«Ammetto che mi aspettavo un’accoglienza più… come dire, calorosa. Dove hai lasciato il tuo caro fratellino?» chiede, vagamente incuriosito, facendo inconsapevolmente irrigidire Mot, il quale spera vivamente che Ba’al non sia tanto idiota da decidere di presentarsi a casa sua proprio ora che il demone sta testando la libertà appena ritrovata. Fuinur scuote il capo, un po’ contrariato per la desolazione del posto e per l’accoglienza ancora più deprimente. «Sei un pessimo padrone di casa, lasciatelo dire. Ma ti perdono: hai portato a termine l’incarico che ti ho assegnato in modo incredibilmente efficiente, e questo mi dà piacere. Farò in modo di non dimenticarlo e di trovare il giusto premio per i tuoi sforzi» promette.


Mot assume una sfumatura cadaverica e smette di respirare, soppesando l’idea di farla finita seduta stante in modo da risparmiarsi un futuro carico di morte e dolore. Purtroppo dentro di lui è rimasto ancora un poco di senso del dovere e una scomodissima dose di coscienza: lasciare il mondo nelle mani di quell’essere è assolutamente un’opzione da scartare.


Tremando leggermente a causa della tensione, accentua il proprio inchino e, con voce smorzata e un po’ roca, si sforza di replicare alle parole del demone, nel tentativo di compiacerlo. «Ne sarei immensamente onorato, mio signore. Vivo per soddisfare i vostri desideri» mormora rispettoso.


Il demone stira le labbra in un ghigno ferino e le sue mani si serrano strettamente, scricchiolando, forse desiderose di chiudersi attorno a qualcosa di maggiormente appagante della mera aria. «È esattamente ciò che farai, mio caro Mot. Ma non ora; ora voglio godermi il mondo nel quale sono nato e che mi fu strappato millenni or sono. Da troppo tempo, ormai, manco da questi luoghi» soffia, con un lieve moto di reale nostalgia.


Un attimo dopo le sue ali si spalancano e con una vigorosa spinta lo portano velocemente lontano da quel luogo di tenebra e desolazione, fino alla luce del sole che ha quasi dimenticato la sua esistenza.


Mot osserva cauto il rapido allontanarsi del demone e rilascia un tremulo sospiro, spostando lo sguardo allo specchio che ancora riflette il mondo alieno dall’altra parte. Piano, passa le dita di una mano sugli occhi e le fa scorrere fra i capelli, incerto su come agire ma ben conscio di dover fare qualcosa per rimediare al grosso pasticcio di cui si è reso partecipe. Già, ma cosa fare, ora che tutto sembra perduto?


  
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