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Autore: crizio20    26/03/2018    2 recensioni
“Tu cosa fai?”
“Cosa vuoi dire?”
“Resti o cosa?”
“Io…” Era a pezzi “Si… si, io resto, Ron, avevamo detto che saremmo andati con Harry, che l’avremmo aiutato…”
“Capito. Scegli lui”.
“Ron, no… ti prego… torna indietro, torna indietro...”
Racconto della fuga di Ron dal trio e di altri momenti mancanti ma importanti del settimo libro e della seconda guerra magica.
Genere: Angst, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Esercito di Silente, Il trio protagonista, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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“Tu cosa fai?”
“Cosa vuoi dire?”
“Resti o cosa?”
“Io…” Era a pezzi “Si… si, io resto, Ron, avevamo detto che saremmo andati con Harry, che l’avremmo aiutato…”
“Capito. Scegli lui”.
“Ron, no… ti prego… torna indietro, torna indietro...”

 

 
Non ricordò di essersi mai smaterializzato tanto velocemente. Maledisse quelle famose 3D del signor “Twycross”, soltanto ora, in bilico tra la rabbia e la pazzia capì che ogni regola, ogni lezione, ogni ricordo della vecchia Hogwarts non era altro che una finzione. Una finzione come la sua grande amicizia con il prescelto, il ragazzo che è sopravvissuto. Non sapeva dove volesse andare, non sapeva cosa avrebbe fatto nel futuro avvenire, sapeva soltanto di dover sparire per sempre e di non voler rivedere mai più Harry James Potter. Fu così che corse lontano dagli incantesimi protettivi lanciati di Hermione e si smaterializzò il più lontano possibile.

Non fece in tempo ad aprire gli occhi, che il suo corpo pesante si scagliò violentemente contro il suolo, rotolando brutalmente. Era ferito, dolorante e sanguinava, probabilmente si era anche spaccato. Ma non gli importava, voleva soltanto continuare ad allontanarsi. Si rialzò immediatamente e continuò a correre, come se non si fosse mai fermato.
Ogni falcata era accompagnata da imprecazioni e brutti pensieri. Inizialmente erano rivolti tutti al suo ex amico, per averlo fatto passare in secondo piano per anni, per averlo nascosto nell’ombra della sua fama, per essersi avvicinato a sua sorella, per aver coinvolto e abusato della generosità dei Weasley in tutti quei sette anni.

E poi pensò alla Granger, non ricordava quanto fosse soddisfacente detestarla, c’erano migliaia di difetti da poterle rimproverare. E poi criticò mentalmente sua sorella Ginny, come poteva essere tanto ceca? Il ragazzo che amava non era altro che un’imbecille ossessionato dalla gloria.
“No non è colpa tua Ginny..” Sussurrò il rosso cercando di mantenere alto a sé stesso l’onore dei Weasley.
“No non è colpa tua. È colpa di questo mondo. È colpa di Voldemort. Se solo 16 anni fa non fosse stato così ingenuo da attaccare un neonato questa società non sarebbe cresciuta a pane e leggende su Harry Potter. Tutti, dal primo all’ultimo sono stati illusi da un finto eroe. Silente, la McGranitt, la gazzetta del profeta, la nostra famiglia, sono stati tutti accecati da false speranze.
Moriremo tutti per la barba di merlino. Moriremo tutti solo perché siamo così stupidi da affidare le nostre vite nella bacchetta di un mago dalle discrete capacità. No non posso permetterlo, devo aprire gli occhi alla gente.
Non può finire così.

Svegliatevi gente, svegliatevi, avete capito? Dovete svegliarvi tutti, tutti!!”

Era convinto di aver urlato con tutte le sue forze, la gola bruciava e il fiato ansimava come una lunga corsa. Soltanto dopo pochi minuti di agonia si accorse di aver solo pensato quelle parole. E anche se avesse urlato nessuno lo avrebbe sentito. Nessuno lo avrebbe sentito perché nessuno era nei paraggi, ma la realtà è che nessuno stava mai a sentirlo. Era solo. Era sempre stato solo.

È la dura vita del migliore amico di Harry Potter. Una vita nell’ombra dell’eroe. È la dura vita del più giovane dei Weasley. Una vita da minore, una vita da chi arriva sempre dopo.
Le lacrime percorrevano il suo volto.  Lacrime di rabbia e furore. Questa volta Harry aveva oltrepassato il limite, o così pensò Ron.
Il tormento della mente era così stenuante che ancora non si era reso conto di dove si trovasse.

Si guardò intorno e nonostante la scarsa lucidità riconobbe al volo quei boschi. L’adrenalina l’aveva portato nella foresta di Ashdown. Il destino doveva avere uno strano senso dell’umorismo. Aveva otto anni quando diede da mangiare a Crosta la fede nuziale di mamma, probabilmente l’unico oggetto da 24 carati che un Weasley avesse mai posseduto. Papà aveva risparmiato tutta la vita per quel pegno, eppure non si arrabbiò, ma Ron non si scordò mai la delusione e la tristezza negli occhi del padre. Fu così che in preda al panico rubò un’auto del ministero e scappò via di casa.

I ricordi lo tormentavano ma lui non aveva tempo. Non aveva tempo per i brutti ricordi, per la nostalgia e la malinconia. Ormai doveva concentrarsi. Doveva rimanere lucido per poter impegnare ogni angolo della sua testa ad odiare Harry Potter
Dopo minuti, forse ore di corsa senza sosta un pensiero fugace rallegrò tremendamente il giovane fuggitivo. Dove sarebbe mai potuto andare “il prescelto” senza il suo fido compagno? Cosa avrebbe mai concluso? Si è vero non era abile come Harry o intelligente come Hermione, ma erano un trio inseparabile. Erano sempre uno a fianco all’altro, pronti a difendersi e venire a capo delle situazioni più anguste. No, non sarebbero sopravvissuti senza di lui, erano un trio e necessitavano l’uno della forza e l’amore dell’altro.

Era davvero quella la fine del ragazzo che è sopravvissuto? Senza la sua spalla destra non sarebbe mai arrivato fino in fondo, non avrebbe mai distrutto gli Horcrux, non avrebbe mai trionfato su Voldemort, la battaglia non sarebbe mai finita, Harry Potter morirà.
Fu a quel pensiero che il sangue si gelò e il rosso smise di correre, fermandosi instantaneamente, come colpito dalla peggior maledizione.
Doveva tornare. Doveva assolutamente tornare. Voleva tornare.

Perché finalmente capiva come mai Harry Potter scelse di sedersi vicino a lui quel giorno di 7 anni fa sul treno. Capì come mai era un Grifondoro, capì quanto valesse, non era soltanto il sesto fratello Weasley, non era soltanto il migliore amico di Harry, era uno del trio.
E soltanto il trio poteva mettere la parola fine alla più crudele battaglia dei maghi della storia.
Ma si rese ben presto conto che il destino del mondo magico non era un fardello nemmeno lontanamente avvicinabile al peso del destino dei suoi amici.
 
Cadde sulle ginocchia e riprese un pianto soffocato. Soltanto allora si accorse di aver fatto il peggior sbaglio della sua vita. Voleva tornare indietro e riprendere la caccia agli Horcrux, voleva trovare il creatore di quegli oggetti maledetti e fargliela pagare, ma non poteva, non aveva modo di tornare e non sarebbe mai riuscito a cercare gli Horcrux da solo.
 
Fù probabilmente quella notte che capì quanto quella missione fosse importante. Quanto i suoi amici fossero importanti, non soltanto per le sorti del mondo magico, ma e soprattutto per lui.
 
“Che cosa ho fatto” Iniziò a sussurarre in un lento tremolio
“Che cosa ho fatto”
“Che cosa ho fatto” Continuò ad imprecare senza sosta aumentando sempre di più il tono e il volume.
“Che cosa ho fatto”
“Che cosa diavolo ho fatto!!!”
“Diccelo tu che cosa hai fatto Rosso!”
Urlò una voce gracchiante e tagliente alle sue spalle
 
 
 
 
   
 
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