Anime & Manga > Vampire Knight
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Autore: Fiamma Drakon    01/07/2009    2 recensioni
Questa è la mia primissima fic su Vampire Knight, perciò chiedo clemenza...
I suoi occhi, benché non potessero sopportare la luce del sole, bramavano un flebile bagliore che potesse mutare, anche solo di poco, lo scenario monotono che era costretto ad osservare ogni volta che il suo sguardo si posava sul nulla che si stagliava davanti a sé.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanabusa Aido
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A life in the Darkness Le tenebre lo circondavano totalmente da troppo tempo ormai.
I suoi occhi, benché non potessero sopportare la luce del sole, bramavano un flebile bagliore che potesse mutare, anche solo di poco, lo scenario monotono che era costretto ad osservare ogni volta che il suo sguardo si posava sul nulla che si stagliava davanti a sé.
I ciuffi di capelli che solitamente coprivano la sua fronte, vi stavano incollati per il sudore e i suoi occhi, bassi, indugiavano nelle tenebre, mentre la sua gola implorava pietà: solo un poco di sangue...
Il collo gli faceva male per le cinghie di cuoio che lo stringevano senza possibilità di scampo e gli stavano segando la pelle: prima o poi, sarebbe morto per soffocamento.
Faceva male, terribilmente male, ma chiunque l’avesse rinchiuso lì non pareva esserne preoccupato.
Cercò, per l’ennesima volta, di muovere appena i polsi, in un labile, disperato tentativo di trovare una posizione che potesse permettere al sangue di circolare nelle vene, ma era tutta fatica sprecata e lo sapeva, ma non voleva darsi per vinto, perché almeno quei gesti, seppur futili, gli confermavano che era ancora vivo.
Stare in quella posizione, penzolante dalla parete, appeso per gli arti, gli mozzava il fiato. Teneva il capo poggiato sul petto e respirava a fatica, sforzandosi di far entrare nei polmoni abbastanza aria, ma quella sistemazione glielo impediva.
Sentiva lungo le caviglie scendere sottili rivoli di quello che, senz’ombra di dubbio, era sangue.
Caldo, delizioso sangue...
Avvertì la sete più intensa di quanto il suo corpo martoriato potesse sopportare, così intensa da sembrare un fuoco vivo nella sua gola e provò l’improvviso impulso di mordersi, il desiderio di bere il proprio sangue.
A che stregua era giunto: non riusciva più neppure a controllare i propri istinti di vampiro.
Desiderare addirittura il proprio sangue pur di scampare alla sete travolgente e priva di pietà che lo stava lentamente consumando minuto dopo minuto.
Alzò appena il capo: avrebbe tanto voluto avere la forza di liberarsi, ma era talmente debilitato da non avere neppure la forza di pensare lucidamente.
Dolore.
L’unica cosa coerente alla quale riusciva a rivolgere i propri pensieri: il terribile dolore che provava sia nel corpo che nella mente.
Perché un essere vivente, umano o vampiro che fosse, doveva patire tutto quell’atroce dolore senza saperne neppure il motivo?
Era raccapricciante, dilaniante, insopportabile.
Era il genere di dolore che spinge i viventi alla follia, alla morte pur di non patire più una tal sofferenza.
Lui cercava con tutto se stesso di sfuggire a quella perdizione della mente, molto più incombente e spaventosa della morte stessa.
Continuare a vivere senza avere più la cognizione di niente, essere solo un guscio vuoto che attende l’oblio eterno era ancora peggio che morire nel corpo.
- Aidooo... -.
Quel femmineo, sussurro dal sapore di scherno nell’oscurità era lo stesso che tante volte aveva udito, ma non aveva la forza per sorprendersi che fosse tornata ancora, per torturarlo, per infierire su di lui come tante altre volte prima di allora.
Le innumerevoli ferite e i lividi che intaccavano la sua pelle e che ancora, durante il sonno, gli bruciavano, mandandogli fitte intermittenti di dolore, erano i segni che gli ricordavano costantemente che si trovava lì solo per soffrire sia nel corpo che nella mente: ogni genere di tortura era lecita in quel luogo d’agonia perpetua.
Lanciò un flebile gemito di dolore e rassegnazione: sperava che almeno fosse un dolore rapido.
- Immagino tu abbia sete... - continuò la voce.
Il ragazzo sentì una mano afferrargli il viso, piantandogli le unghie nella carne, che riprese a sanguinare, portandogli sotto naso l’invitante profumo del suo sangue.
Sentì poi un’unghia tracciargli un taglietto sulla fronte e da questo, Aido avvertì il sangue uscire silenziosamente in dolci fiotti che gli rigarono il viso come lacrime rosse, scendendogli fino alle labbra.
Lo leccò avidamente, mentre in cuor suo non poteva far altro che provare compassione e al contempo disgusto verso il miserabile essere che era divenuto, assetato del suo stesso sangue.
Una risata maliziosa riecheggiò nella stanza.
La mano che gli ghermiva il viso svanì e lui avvertì di nuovo la sensazione di solitudine che lo accompagnava in ogni istante di quegli infiniti giorni di prigionia. 
   
 
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