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Autore: PattyOnTheRollercoaster    01/07/2009    1 recensioni
Ellen ha perso la memoria e ora vive a Daret. Quando due sconosciuti si presentano nella città lei ha un flashback. Siccome nulla la può convincere a restare a Daret, città devastata e che verrà presto invasa dagli Urgali, li segue. Così Brom ed Eragon si ritrovano appresso questa ragazza, dalla memoria perduta e dalle straordinarie capacità nell'arte della spada. Grazie al suo viaggio Ellen scoprirà il suo passato, legato con un filo sottile, ma indistruttibile, a quello di Eragon e Brom.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato Presente & Futuro'
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Capitolo quindici: Le origini ritrovate

Era da qualche giorno che stavano ad Ellesmera, e stavano capitando cose davvero strane. Da quando era arrivata, Ellen si sentiva molto rinvigorita. Forse era il clima di pace in cui gli elfi vivevano a renderla così forte, quel senso di libertà che non aveva assaporato in nessun’altro posto. Da due giorni ogni mattina si allenava in un’arena costruita dagli elfi appositamente per chi voleva diventare più abile nell’arte della spada. Il primo giorno combatté contro un elfo relativamente abile. Forse, a pensarci era uno dei più deboli, ma sconfisse Ellen in poco tempo. Si misurò con lui diverse volte ma vinse solo tre volte. Nonostante tutto l’elfo si congratulò con lei perché era davvero molto forte e abile. Ellen sentiva che le sue parole erano vere, anche se non erano pronunciate nell’antica lingua. Da quando era arrivata in quella città il suo corpo era più agile e veloce. Cercò di parlarne con Eragon, ma aveva appena iniziato il suo addestramento e, quando era andata a trovarlo, dormiva della grossa in una bellissima casa su un albero. Decise che lo avrebbe importunato un altro giorno.
Il terzo giorno ad Ellesmera, Ellen e Orik si diedero appuntamento davanti all’arena.
“Orik!” lo chiamò quando lo vide arrivare. Il nano le rivolse un sorriso e si avvicinò. In mano teneva la sua grossa ascia.
“Ciao Ellen. Allora, come va?” chiese. “Ti piace Ellesmera?”.
“Si moltissimo. E’ tutto così arioso, naturale. Mi piace molto”.
Il nano rise. “Ah già, fa sempre questa impressione all’inizio ma, dopo un po’, io comincio a stufarmi della cerimoniosità degli elfi. E, oltretutto, sento la mancanza della carne”.
“Ah b’è! Questo anche io. Oh! Perché mi ci hai fatto pensare? Ora ho voglia di un enorme cinghiale con patate arrosto! Qui ci tengono a lattuga e carote”. Una risata cristallina la fece voltare. “Lifaen” disse una volta riconosciuto l’elfo.
“Vi teniamo a lattuga e carote?” chiese il bellissimo uomo avanzando verso di loro.
“Oh, non volevo certo essere irrispettosa” disse Ellen arrossendo. Poi, velocemente, compì la formula di saluto elfico, che Lifaen ricambiò.
“Non preoccupatevi. Capisco che per gli altri popoli le abitudini elfiche possano risultare strane, ma non uccidiamo animali. Se volete della carne, dovrete andare a caccia per conto vostro fuori da Ellesmera”.
“Oh no, penso che potrò resistere” disse Orik. “In compenso avete dell’ottimo vino”.
“Vino?” chiese Ellen. “Non sapevo che qui coltivaste le piante per fare il vino”.
“A volte nemmeno noi elfi sappiamo resistere ad un buon bicchiere di vino” disse Lifaen sorridendo. “B’è, vogliamo andare? Mi piacerebbe davvero misurarmi con voi signor nano e signorina” disse inchinandosi leggermente a tutti e due.
“Sarà un vero piacere per noi” rispose Orik.
Si incamminarono verso una piattaforma sgombra e Lifaen prese la sua spada. Era un’arma di incredibile fattura: aveva tre pietre verdi incastonate nell’elsa e nella lama scendeva un intricato disegno che si trasformava in rune elfiche sulla punta della spada che recavano una parola ad Ellen sconosciuta. Era riuscita ad imparare la lingua elfica da Eragon ma le sue conoscenze gli permettevano solo di mantenere una normale conversazione.  
Prima l’elfo si batté con Orik. Il nano era sicuramente un maestro nell’usare l’ascia, ma non riusciva ad essere agile quanto un elfo. Tuttavia riuscì ad assestare alcuni colpi significativi. Quando Lifaen riuscì a disarmarlo sorrise e, riprendendo fiato, scese dalla piattaforma. “Meglio che io vada a dissetarmi. Quest’elfo ha prosciugato tutte le mie energie!”.
Ellen salì sulla piattaforma un po’ titubante. “Cosa c’è che ti rende così insicura, signorina?” le chiese gentilmente Lifaen.
“Puoi chiamarmi Ellen” disse le ragazza. “Comunque pensavo che, sai, hai già combattuto con Orik, che non è da sottovalutare … non preferiresti riposare almeno un po’?”.
“Noi elfi siamo diversi da voi umani. Sai che ti dico? Ti cedo il primo colpo” disse mettendosi in posizione di difesa.
“Il primo colpo è sempre quello più avventato” ribatté Ellen. “Meglio aspettare e vedere come andranno le cose”, e prese a sua volta posizione.
“Ben detto Ellen, battiti con onore”.
Cominciarono all’improvviso un’intricata danza, fatta di balzi e di lame stridenti. Dopo appena una quindicina di minuti Ellen cominciò ad indietreggiare di fronte ai colpi dell’elfo, che arrivavano inaspettati e forti. Parò un fendente proveniente da destra e subito se ne ritrovò un altro arrivare da sinistra. Non fece in tempo a spostarsi o a spostare la spada, che sentì qualcosa di freddo vicino al ginocchio. Tutti e due si fermarono, anche Lifaen respirava più pesantemente, anche se di poco.
“Scusami” disse inginocchiandosi per controllare la ferita di Ellen. Non era una ferita grave, e colava una sottilissima goccia di sangue, ma Lifaen gliela guarì con la magia.
“Grazie” disse Ellen riconoscente, “Non ce n’era bisogno. Sarebbe guarita da sola fra un paio di giorni”.
“Non vorrei che poi andassi a dire in giro che noi elfi feriamo i nostri ospiti”. Lifaen sorrise, alzandosi. “Cosa penserebbe di noi tutta Alagaesia?” disse poi portandosi teatralmente una mano alla fronte. Ellen rise e si spostò ai margini della piattaforma siccome altri elfi volevano esercitarsi.
“Dov’è finito Orik?” si chiese Ellen ad alta voce.
“Fra poco dovrebbe tornare. C’è un piccolo ruscello qui vicino, abbiamo appositamente messo qui l’arena”.
“Davvero? Voglio vederlo. Dove si trova?”.
“Ti ci porto io, vieni” disse l’elfo conducendola intorno alle varie piattaforme da combattimento. “Allora, che ne pensi di Ellesmera?”.
“Ellesmera? E’ molto bella, mi piace com’è fatta la città. In confronto a quelle umane o a quelle dei nani sembra che qui regni la pace per sempre” rispose le ragazza guardandosi intorno.
“E’ merito di Islanzadi se c’è la pace”.
“E’ vero. Mi sembra una regina davvero eccellente, anche se come persona potrebbe non essere lo stesso”.
“Non hai paura di dire nulla, vero Ellen?” le chiese Lifaen.
“Oh no! Ogni cosa che dico sembra così spiacevole” disse la ragazza sconfortata. “Mi servirebbero alcune lezioni per capire bene come comportarmi con voi, senza mentirvi e senza offendervi”.
“Non ti preoccupare per quello che dici. Qui rispettiamo le opinioni altrui, anche se ci danno fastidio. Certo, evita di parlare così direttamente alla regina. Ti do un consiglio: impara la lingua elfica. Con quella non puoi mentire, ricordatelo”.
“Hai ragione. Però devi ammettere che ci sono dei trucchi da usare per dire qualcosa e intenderne un’altra. Non è così?”.
“E’ vero” gli concesse Lifaen.
“Quindi, si può dire, che anche gli elfi mentono, in un certo senso”.
“Penso proprio di si”. Erano giunti vicino ad un minuscolo ruscello che sgorgava dal profondo degli alberi, passava vicino a loro e poi si inoltrava di nuovo nel bosco.
“Wow … sembra che abbia derivato il suo corso apposta per voi” disse sorridendo a Lifaen.
“Infatti è così” disse l’elfo rispondendo al sorriso. “Noi elfi cantiamo agli alberi e agli animali, e a volte anche a noi stessi per poter modificare alcune cose. Così costruiamo le nostre case e i nostri oggetti di uso quotidiano, cantando ad un albero di modificarsi e di prendere una certa forma”.
“Davvero? Sembra bellissimo”.
Dopo che entrambi ebbero constatato che Orik non c’era e si furono dissetati sedettero vicino al ruscello.
“Dimmi Ellen, cosa ti fa pensare che la regina Islanzadi sia così una cattiva persona?”.
Ellen rispose subito, senza pensarci due volte. “B’è, non so cosa sia successo fra lei e Arya, ma io credo che qualsiasi cosa i figli scelgano di fare i genitori debbano sostenerli, non condannarli”.
“Anche se le loro scelte sono sbagliate?” chiese astutamente Lifaen.
“Hem … no, però non credo che ci si debba comportare come ha fatto Islanzadi. Da quel che ne ho capito sia lei che Arya hanno sofferto molto, stando separate … Islanzadi poteva fare in modo che questo non accadesse, poteva consigliare Arya di non compiere decisioni avventate, ma non doveva rinnegarla così. Non conosco Arya da molto, ma credo che il comportamento di Islanzadi non abbia fatto altro che convincerla ancora di più a partire”.
“Dei discorsi impegnativi per una ragazza come te. Chi ti ha insegnato a ragionare così?”.
“Non lo so … i miei genitori forse. Loro mi hanno sempre sostenuto in tutte le mie scelte”.
“Anche quando hai deciso di partire con Eragon Ammazzaspettri?”.
“No …  loro … sono morti prima che potessero conoscere la mia decisione”.
“Mi dispiace …”.
“Non importa, non lo sapevi” disse Ellen giocherellando con la catenina che aveva al collo.
“Posso vederla? E’ molto bella” disse Lifaen tendendo la mano per prendere la catenina.
“Oh certo”. Ellen se la tolse e  gliela diede.
L’elfo la osservò rigirandosela fra le mani, poi l’aprì. Rimase per un secondo immobile, il suo sguardo tradiva irrequietezza e sorpresa. Toccò la scritta all’interno del ciondolo a bocca aperta.
“Dove l’hai presa?” chiese guardando Ellen stupita.
“Non lo so … ce l’ho sempre avuta” disse incerta Ellen notando il cambiamento nell’umore dell’elfo. “I miei genitori mi hanno detto che c’e l’avevo da quando mi hanno trovata nel villaggio”.
“Tu … non erano i tuoi veri genitori?”.
“No, ma non importa, è come se …”. Venne interrotta dall’elfo che si alzò e la prese per un braccio, sollevandola senza sforzo.
“Vieni con me” disse prendendola per mano e cominciando a correre.
“Cosa c’è?!” chiese Ellen preoccupata cercando di correre il più velocemente possibile. Nonostante questo l’elfo la superava e le tirava il braccio molto forte. “Possiamo rallentare?!” chiese dopo un po’. Lifaen si fermò e sorrise.
“Non credo che possiamo concederci questo lusso”. Si abbassò leggermente e prese Ellen in braccio. “Tranquilla, così faremo più veloci”. La ragazza non fiatò, non del tutto certa di quel che stava succedendo. Lifaen riuscì ad arrivare velocemente di fronte al palazzo di Islanzadi, una costruzione fatta di alberi di pino molto ravvicinati a formare un muro, lì lasciò andare la ragazza. “Tutto bene?”.
“Si, ma cosa c’è?”. Lifaen al posto di rispondergli le ridiede la collanina.
“Dai questo a Islanzadi quando la vedrai”. Bussò alla porta del palazzo ed entrò, seguito da Ellen. Davanti a loro si presentò un paggio elegantemente vestito. “Vorremmo vedere la regina Islanzadi, è di vitale importanza”.
“Mi dispiace molto, ma in questo momento la regina è impegnata”. A quella risposta Lifaen chiuse gli occhi e sospirò, si avvicinò all’elfo e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Il paggio si portò una mano alla bocca, stupito, e scappò via.
“Ma cosa succede?” chiese Ellen. “C’entra per questo questa? Cos’è?” chiese Ellen guardando la catenina che teneva ancora in mano.
“Vieni pure” disse il paggio rientrando nella stanza. Ellen rivolse a Lifaen un occhiata preoccupata, ma l’elfo le sorrise e la spinse delicatamente verso il paggio. Questo la guidò in una stanza molto piccola, dove le regina stava seduta su un alto scranno, poi se ne andò.
Ellen guardò Islanzadi e fece per prima il saluto come le aveva insegnato Arya. La regina ricambiò. “Mi hanno detto di mostrarle questa” disse avvicinandosi e dandole la collana. La regina la osservò stupita per qualche secondo.
“Tu …”. Si alzò e corse incontro ad Ellen abbracciandola e stringendola forte a sé.
“Regina …” disse Ellen turbata.
“Figlia mia, sei tornata finalmente!”.

Silenzio.
Silenzio.
Non c’era nient’altro che silenzio, ora. Ellen non sentiva nemmeno il lieve fruscio che facevano le foglie mosse dal vento. La regina Islanzadi la stringeva forte. Ellen restava immobile.
“C-come?” chiese dopo un po’. "Non ... hm ...". La regina la lasciò andare e Ellen si accorse che piangeva. Islanzadi si asciugò le lacrime e fece una risata simile ad un singulto.
“Vieni qui, siediti assieme a me” disse trascinandola verso l’enorme scranno, sedendosi e schiacciandosi da un lato, in modo da fare spazio anche a lei. Ellen non si sentiva proprio in vena di stare lì con lei da sola, ma si trovò costretta a sedersi. “Oh Ellen! Sono così felice di ritrovarti”.
“Perdonami se te lo chiedo, ma … com’è possibile questo?” chiese la ragazza confusa.
“Io e tuo padre ci conoscevamo da molto tempo e, per un po’, siamo anche stati innamorati, ma tutti e due avevamo degli impegni e non potevamo permetterci una relazione, in più non eravamo proprio fatti l’uno per l’altra”.
“Ma … ma chi è mio padre?” chiese Ellen con voce tremante, anche se sapeva già la risposta.
Islanzadi sospirò. “E’ Brom” disse sorridendo. Ellen annuì, deglutendo a fatica un grosso groppo che le si era formato in gola, e cercando di fare come se fosse tutto naturale. Se lo aspettava, non poteva dimenticare il ricordo di quell’uomo che le sorrideva da bambina. Aveva gli stessi occhi di Brom, si era detta la prima volta che l’aveva incontrato. Ora sapeva che era lui. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Questo, ovviamente, spiegava molto cose. La sua attitudine per il combattimento, la sua resistenza superiore a quella degli altri, la sua agilità.
Con lo sguardo appannato la ragazza fece la domanda fondamentale: “Ma … perché mi avete abbandonata?”.
“No, no. Non abbandonata, figliola” disse Islanzadi accarezzandole la testa con aria triste. “Tu rimanesti qui ad Ellesmera fino all’età di tredici anni appena compiuti. Vivevi qui con me e con gli altri elfi, conoscesti anche Arya. Brom in quel periodo era molto occupato a combattere l’Impero ma ogni volta che poteva veniva a trovarti. Un giorno ti portò fuori Ellesmera per farti visitare la Du Waldenvarden ma vi spingeste troppo in là e veniste attaccati. Erano dei soldati di Galbatorix e, veramente, puntavano ad uccidere Brom. Lui non seppe che fare e scappò insieme a te. Non poteva tornare ad Ellesmera, altrimenti avrebbe mostrato ai soldati la via giusta. Tutto questo mi fu poi raccontato per lettera. Brom mi spiegò che, una volta giunti vicino a Daret, fu catturato, e tu rimanesti ferita. Quando lui scappò non aveva idea di dove cercarti, per di più, era rimasto bloccato nella Valle Palancar. Già gli abitanti di Carvahall si insospettivano quando spariva per poche settimane per venire a trovarti. Quella volta sparì per mesi, e, quando ritornò, gli abitanti della zona gli fecero domande scomode, riguardo a dove era andato e perché. Brom informò alcuni dei Varden che tu ti eri persa, ma nessuno di loro poté ritrovarti …
“Ma ora che sei qui, figlia mia, nessuno ti porterà più via da me”. Ellen rimase stordita di fronte a tutte quelle rivelazioni, ma una cosa gli era chiara. Islanzadi non aveva mai pensato ad andare lei stessa a cercarla. O di mandare qualche elfo, che avrebbe avuto di sicuro più successo dei Varden. Poteva capire Brom che era rimasto bloccato a Carvahall, ma non lei. Islanzadi Regina degli elfi. Sua madre. Non si accorse nemmeno che l’elfa aveva iniziato ancora a parlare.
“ … e potrai venire a vivere qui a palazzo. Ti verranno insegnati l’elfico e le nostre usanze. Potrai cantare di nuovo agli alberi! Da bambina ti piaceva molto!”.
“No, aspetta … io … non so se voglio restare qui a vivere”. Il sorriso di Islanzadi si sciolse. “Io … sono molto felice di aver ritrovato le mie radici, ma tornerò quando la guerra sarà finita. Quando ho combattuto per i Varden ho capito che è questo quel che voglio fare. Quando la guerra sarà finita, tornerò. C’è anche Eragon che si fida di me, io voglio aiutarlo. Nel frattempo imparerò con piacere le usanze e la lingua del mio popolo”. Il viso della regina si indurì.
“Bene. Capisco. Chiederò a qualcuno di farti da insegnante” disse dopo una pausa alzandosi dal trono. Si voltò e sorrise leggermente. “Capisco che tu non ti senta proprio a tuo agio qui, ma lascia almeno che festeggiamo il tuo ritorno” disse con voce appena più dolce.

Ellen era sicura. Islanzadi non era la madre che sperava di avere. Monica era molto meglio, anche se non viveva certo in una reggia e non dava banchetti ogni sera. Seduta affianco ad Eragon, a cui aveva raccontato tutto quel pomeriggio appena lui aveva terminato l’addestramento con Oromis, piluccava qualche patata e qualche vegetale non meglio identificato. Di fronte a lei sedeva Arya, che le lanciava strane occhiate ogni tanto, a capotavola sedeva Islanzadi.
Sembrava che il resto degli elfi l’avesse presa bene, in un certo senso. Tutti erano felici che fosse ritornata, ma nessuno sapeva che non sarebbe rimasta. Peggio, nessuno sapeva che lei non voleva rimanere.





Ecco fatto. Il capitolo tanto atteso ... che cosa ne pensate, ordunque? XD Questo l'ho scritto quando ancora non avevo letto Brisngr, non scrivo nulla perchè magari qualcuno non lo ha letto, ma, insomma, se la mia storia fosse vera, allora sapremmo bene che Brom era stato un uomo promiscuo! XD B'è, probabilmente adesso non viene in mente a nessuno, ma chissà se ricordate la frase di Brom rivolta ad Ellen, in uno dei primi capitoli, quando le dice: "Forse sei per metà un'elfa". XD Bhuahahaha!
KissyKikka: Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Sono curiosa di sentire cosa ne pensi, davvero. B'è si capiva che la chiave di tutto era ad Ellesmera, come hai detto tu stessa, ma dimmi, questo te lo saresti aspettata? Comunque ... grazie della scorsa recensione, spero di rivederti per il commento di questo capitolo. Ciao!
Ciao,
Patty.
   
 
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