Anime & Manga > Yuri on Ice
Segui la storia  |       
Autore: CHAOSevangeline    28/03/2018    3 recensioni
{ Viktuuri | AU }
In un tempo lontano, un tempo in cui ancora le leggende erano credute vere da tutti, esistevano delle creature speciali la cui pelle riluceva e il cui corpo era circondato da un’aura luminosa.
Esse erano le costellazioni, abitanti del firmamento. Degli esseri senza età e senza tempo dall’origine incerta.
Uno di questi abitanti della volta celeste era conosciuto per la propria bellezza: i suoi capelli corvini e il suo volto latteo mozzavano il fiato a chiunque lo guardasse. I suoi occhi a mandorla portavano a fremere persino il cuore più forte.
Un sorriso e uno sguardo erano sufficienti a stregare.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
II. Eroe
 
“Ma se c’era chi sospirava per l’emozione alla sua vista, c’era anche chi digrignava i denti per l’invidia.
L’Eroe per antonomasia, l’unico nella vasta landa del cielo, privo di rivali in alcun campo, era stato superato.
Con il cuore colmo d’odio maledì la splendida costellazione: « Nessuno mai si innamorerà di te, nessuno noterà più la tua luce e la tua bellezza. Passerai inosservato agli occhi di tutti, meno a quelli di chi porta il tuo marchio sulla pelle dalla nascita. Ma bada bene, non riuscirai mai a tornare sulla terra finché un nato sotto il tuo segno sarà in vita. »”
 


Essere invisibile sarebbe stato ambrosia, per Yuri.
La sua condanna lo vedeva costretto a sopportare gli sguardi d’odio da parte degli altri, le parole solenni con cui si era espresso quel suo crudele simile che ancora rimbombavano come un monito anche dopo molti secoli. Perché sì, più che con l’indifferenza Yuri era stato punito con il disprezzo delle persone; lo guardavano passare e lo odiavano, odiavano il suo grigiore, la sua pelle mortalmente pallida, il volto smunto e gli occhi spenti.
Lo odiavano per ciò che non era, lo allontanavano come un malato da isolare per non vederne i sintomi: se non c’è non esiste, dovevano pensare tutti, se non lo vediamo non c’è verso che qualcosa di simile capiti a noi.
Oh, se solo si fossero resi conto di quanto già fossero grigi e spenti nel trattarlo in tal modo.
Eppure Yuri viveva una contraddizione, l’eterna dicotomia di amare le persone almeno tanto quanto loro lo ferivano. Gli piaceva osservarle, vederle sorridere tra una commissione e l’altra.
Il mercato era il luogo ideale per studiare la dedizione alla famiglia delle donne, l’impegno dei mercanti a guadagnarsi la giornata trascorsa dietro uno dei banconi delle ghermite strade del centro città.
Era il luogo ideale per vivere la vita. Yuri lo amava.
Pensò a Phichit.
« Perché devi sempre farti del male, Yuri? » gli aveva chiesto una volta. « Se sai che ti feriranno allora resta qui, non essere masochista. Non ti farà stare bene scendere sulla terra, rinuncia del tutto. »
Sarebbe stato complicato spiegare. Sarebbe stato complicato spiegare il proprio essere in contraddizione così come l’odiarsi per questo stesso motivo.
« La verità è che mi fa stare bene, Phichit. »
Phichit capiva solo perché era lui, il migliore amico di Yuri, ma capiva a modo proprio; non riusciva ad afferrare ogni sfaccettatura e Yuri era complicato, ma non credergli era privo di senso: forse non sapeva sempre cosa fosse meglio per sé o spiegarlo nel modo migliore ma, con i sentimenti, Yuri era sempre stato il più bravo.
Con un pesante cappuccio calcato sul volto e una mantella avvolta intorno al corpo Yuri non doveva avere paura: poteva sfilare tra le persone come un passante qualsiasi, come un umano. Li osservava quasi come un estraneo fa con degli attori di teatro; l’unica differenza era la sua vicinanza, l’essere immerso nella loro vita. Dava l’illusione di avere più cose in comune con loro di quante davvero ce ne fossero.
Yuri amava le persone quanto amava stare solo.
Rifletteva sulla gente quando era solo e rifletteva sulla solitudine quando era in compagnia.
Passo dopo passo sfuggì alla presa della folla. Le persone intorno a lui erano diminuite e l’attenzione di Yuri tornò a prendere un respiro, privata dell’eccessivo numero di stimoli.
In fondo alla strada la sua attenzione venne catturata.
C’era una stalla dalla cui staccionata sbucava il muso di un puledro di colore bianco.
Non aveva potuto fare a meno di avvicinarglisi.
Yuri si guardò intorno.
Ogni parte del suo corpo era celata dalla mantella: anche solo le mani, per come le vedevano tutti, sarebbero state un lembo di pelle di troppo, cadaverico, capace di far inorridire.
Ma non c’era nessuno.
Così sollevò il braccio, le dita si tesero e fecero capolino dalla cappa, esitando. Si allungarono e le posò sul muso del cavallo. Quasi sentì una scossa e poi lo sbuffo dell’animale, compiaciuto da quelle attenzioni.
Yuri si sentiva improvvisamente in pace con se stesso, rilassato, connesso a qualcosa che non fossero solo i propri pensieri.
Poi lo sentì. Uno sguardo che scivolava su di sé, sulla propria mano.
Yuri si voltò.
Un ragazzo dai capelli argentati era lì in piedi, a qualche passo da lui. Fissava la sua mano con le labbra schiuse e gli occhi sbarrati.
Quando lo guardò se possibile li spalancò ancor di più.
Non lo guardava come facevano tutti: sembrava stupito, lo sguardo illuminato dalla curiosità.
« La tua pelle… »
Yuri rimase in silenzio, il cuore che doleva nel petto per quanto forte batteva. La mano era ad un soffio dal muso del cavallo, contrariato per l’improvvisa assenza di carezze.
« Brilla… » concluse lo sconosciuto.
Lo vedeva davvero?
Lo vedeva davvero per com’era in realtà?
Yuri sapeva che prima o poi scendere sulla terra non sarebbe stato solo dolore e delusione. Era felice di non aver smesso di esserne convinto, per quanto il tempo lo avesse ferito.
« Sei una stella? »
Quella domanda gli giunse repentina, fulminea di fronte a degli occhi azzurri di bambino. Yuri non sapeva come fronteggiarli: gli leggevano dentro, nell’anima, vedevano anfratti che nemmeno lui si sarebbe sognato di possedere ancora. Ed era buffo sentirsi così di fronte a quel ragazzo, un umano, di secoli più giovane di lui.
Sembrava più grande e nel fisico lo era di certo, più impostato, più solido. Yuri si sentiva piccolo anche per altre ragioni, perché pur avendo visto di lui solo un’innocente sorpresa si sentiva come se con quegli occhi potesse scrutare tutto, come se vedesse più di lui e di qualsiasi altro corpo celeste avesse mai conosciuto.
Sembrava saggio, in qualche modo.
Ancora non gli aveva risposto. Il silenzio aleggiava, sospeso su di loro come un velo mistico da non spostare.
« Una costellazione. »
Aveva ragione di mentire, di negare di fronte all’evidenza? Aveva ragione di negare di fronte alla prima creatura che dopo secoli lo vedeva senza provare disgusto, rabbia o odio nei suoi confronti?
Era tornato a splendere per qualcuno che non fosse se stesso o un suo simile e questo per Yuri voleva dire tutto. Per un astro donare la propria luce voleva dire la vita.
Sentiva mille domande, mille pensieri bloccati in fondo alla gola. A quale avrebbe dovuto dare voce per primo? E soprattutto iniziare a parlare, parlare e parlare, mostrare la propria vera indole curiosa, quella che dimenticava la timidezza, sarebbe stato appropriato? Lui, quello sconosciuto, lo avrebbe apprezzato?
Lui.
Chissà qual era il suo nome.
Avrebbe dovuto chiederglielo subito, non esitare.
Non una parola era uscita dalle labbra di Yuri. Erano sigillate. Sì, ma in un sorriso radioso, in cui l’uomo dai capelli argentati si era perso.
Sembravano degni di un astro i suoi capelli, Yuri lo aveva pensato subito. La sua bellezza era senza eguali e il respiro gli si era mozzato dietro la sicura protezione del suo sorriso; se non è una costellazione deve essere almeno una stella – aveva pensato subito – non ci può essere altra spiegazione.
E invece il suo incarnato pallido ma roseo, le sue iridi di vetro che rilucevano ma solo per l’emozione e le labbra rosse erano quanto di più umano Yuri avesse mai incontrato.
« Perché? »
Yuri credette di non aver udito parte della sua domanda per distrazione.
« Perché ti sei fatto vedere solo ora? »
Avrebbe dovuto chiedergli il suo nome, far sbocciare una conversazione da quella domanda, fargli capire che era lì per lui. Non perché sapeva lo avrebbe incontrato lì e in quel momento, ma perché viveva con il proposito di essere visto ancora da qualcuno che non conosceva.
Il sorriso sulle labbra di Yuri si spense.
« Sei… Dio, lo so chi sei », si frenò l’uomo.
Si sentiva patetico e Yuri con lui. Sapeva cosa gli stava rimproverando: non aveva parlato, non aveva concluso, ma lo sapeva e pensava avesse ragione.
Le costellazioni portano fortuna, è bene si facciano vedere spesso sulla terra.
E lui come un codardo non ci era andato. Come un codardo non si muoveva dalla coperta di velluto blu che era il cielo, perché pensava sulla terra ci fosse solo dolore ad aspettarlo. Era stato dimenticato perché si era lasciato dimenticare e aveva perso il coraggio di splendere.
Forse si faceva troppe colpe. Forse chi l’aveva maledetto era responsabile anche del lento scivolare di Yuri nella disperazione, che l’aveva portato ad ascoltare le parole di Phichit e a non raggiungere la terra anche quando avrebbe potuto, perché non era pronto.
Ciò che Yuri non sapeva era di avere di fronte quello che una volta era stato un bambino pieno di speranza e di sogni, il cui unico desiderio era vedere almeno una stella. E con una costellazione davanti, quel bambino cresciuto di ormai dieci anni non sapeva più che fare se non andarsene.
« Lasciamo perdere », sospirò.
Tutto il coraggio non usato da Yuri, quello rimasto sopito per secoli anche solo per muovere un dito animò il suo braccio. Le dita si chiusero intorno a quello dell’uomo, vi si posarono con una delicatezza tale che un soffio sarebbe stato sufficiente a spazzarle via.
« Mi dispiace », rispose. « Mi dispiace tanto, hai ragione. Sono stato un codardo, ma non ho avuto il coraggio di tornare. Ero stanco di scoprire ancora una volta che nessuno mi voleva qui. Avrei dovuto esserci per… qualsiasi cosa avessi bisogno. »
Di nuovo quel bambino nello sguardo del ragazzo. Gli enormi occhi azzurri spalancati lo guardavano, le ciglia chiare e trasparenti sotto la luce del sole mattutino.
Quelle scuse gli parvero sincere, reali. Viktor realizzò che per anni aveva rimproverato il capro espiatorio più conveniente.
Gli era bastato guardare Yuri per comprenderlo.
« Che cosa ti è successo? » domandò la flebile voce della costellazione.
Esitazione, ecco cosa sentì Viktor. Stava per raccontare la propria vita ad un emerito sconosciuto, per quanto mitico, perché non aveva nemmeno contemplato l’idea di non farlo.
« La mia famiglia è stata distrutta da una malattia. »
E si era ridotto a lavorare per un nobile del posto, a catalogare la sua biblioteca e a trascrivere e copiare manoscritti. Tutto pur di rimanere vicino alle sue stelle, le stesse con cui era tanto arrabbiato. Almeno in quella biblioteca poteva leggere libri, studiare atlanti. Metteva la testa fuori dalla finestra e cercava i bagliori nel cielo che componevano chi gli stava davanti in quell’istante.
Era deluso, ma aveva sempre sperato.
Non poté fare a meno di pensare che quelle dita, ogni falange, ogni giuntura, nel cielo fosse una stella. Invece era lì, di fronte a lui, nella fragilità di un corpo umano.
Chissà se sarebbe stato fragile come un umano nel rendere imbarazzante il momento con un “mi dispiace”. Chissà se…
« Non sei più da solo. »
Viktor venne colpito come da una pugnalata. La sensazione di solitudine di anni parve investirlo nonostante prima non l’avesse mai sentita o voluta sentire. Non credeva ci fosse, tutto qui. Invece Yuri l’aveva vista. Yuri che non lo conosceva, Yuri che era lì di fronte a lui per la prima volta.
La predestinazione esisteva?
Non si era creato imbarazzo, solo una spontanea stranezza.
Lo aveva scalfito ed era il momento giusto.
« Come ti chiami? »
Yuri aveva preso il coraggio per quella domanda. L’aveva trovato in fondo al cuore, forse un po’ negli occhi di quel ragazzo il cui braccio era ancora stretto fra le proprie dita.
« Viktor. »
« Viktor… » lo ripeté, rigirando ogni lettera fra le labbra, pronunciandola piano per assaporarla.
La sentì sulla punta della lingua, mentre parlava.
Un altro sorriso pieno di fiducia e di speranza.
« Cercherò di rimediare. »
La faceva semplice, lui, ma Viktor pensò potesse permetterselo, che avesse ragione.
Quasi scosse la testa per scrostarsi di dosso quelle sensazioni.
« Tu sei Yuri. »
Lo affermò, nessuna domanda: non serviva.
« E tu sei il mio prescelto, Viktor. »
Anni e anni pesi avevano gravato sul cuore di Viktor, pieno d’emozioni, di dolore, di rabbia.
Mai era stato così leggero nel sentirlo colmo di qualcosa di nuovo.
Qualcosa che non faceva paura.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yuri on Ice / Vai alla pagina dell'autore: CHAOSevangeline