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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    30/03/2018    1 recensioni
Helena Montgomery non ricorda nulla del suo passato.
Semplicemente, un giorno di mezza estate, si risvegliò, sola e abbandonata, in un campo di grano presso la città di Los Angeles.
A quel tempo, lei non sapeva, non poteva sapere.
Non ricordava nulla, né della sua identità, come l'amata figlia di Regina della Foresta Incantata, né di come fosse giunta in quel mondo, messa in salvo per sfuggire alle ire di Lui.
Costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, capisce in fretta di essere, in qualche modo, "diversa".
Abbandonata la sua famiglia adottiva, inizia a viaggiare, alla ricerca di sé stessa.
E' solo quando, anni e anni dopo, Emma Swan giunge a Storybrooke che, finalmente, i suoi ricordi tornano.
Ora, non deve far altro che ricongiungersi alla madre.
Ma gli anni sono passati, riuscirà a ricondurre la donna sulla via della luce?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 21
Una bambina strana
 

Quando la piccola Helena Montgomery si era risvegliata, quasi vent’anni prima, nel bel mezzo di un campo di grano nella periferia di Los Angeles, non ricordava praticamente nulla del suo passato.
Semplicemente, quegli smeraldi che erano i suoi occhi si erano aperti, osservando stupiti quel mondo pieno di sole e calore, quel mondo di cui, tuttavia, non sembrava conservare alcuna memoria.
Aveva camminato, la piccola Helena, aveva camminato per ore lungo l’autostrada che conduceva fin quasi alla città, mentre i piedi scalzi si riempivano lentamente di vesciche e lividi arrossati e le gambe iniziavano a cederle per lo sforzo.
Faceva caldo, quel giorno.
Tanto, troppo caldo, al punto che si sentiva il corpo bollente e le gambe molli, mentre la gola ardeva a causa della sete e della fatica.
Finalmente, poi, una voce.
Una voce sconosciuta, estranea (ma d’altronde, cosa non lo era in quel momento?), l’aveva guidata in un’auto e da lì fino alla prima Centrale di Polizia.
Le avevano fatto domande, molte domande, ma a nessuna di esse era riuscita a dare risposta. Si limitava a osservare priva di emozioni quel continuo altalenarsi di persone, di adulti in cerca di informazioni o indizi su chi fosse realmente e perché si trovasse sola in un luogo così insolito. Ma lei non sapeva nulla e non poteva fare altro che osservarli, impaurita e spaesata, fino a quando quelli, preoccupati, non decisero di farle fare alcuni esami presso l’ospedale più vicino.
I medici, dopo essersi consultati a lungo, conclusero che probabilmente la bambina aveva subito una brutta caduta, a seguito della quale aveva perso tutte le sue memorie su chi fosse realmente.
I Servizi Sociali, a quel punto, non poterono fare altro che affidarla alle cure dell’Orfanotrofio Pascal, situato proprio nel centro di Los Angeles, nel mentre cercavano maggiori informazioni su chi fosse quella misteriosa bambina e da dove venisse.
Venne accolta da una vecchia suora, dal sorriso dolce e gentile, di nome Adele, anche se a dire il vero presso l’Orfanotrofio tutti tendevano a chiamarla semplicemente Mama, perché quello era, alla fin fine.
In quel posto cupo e silenzioso, la donna, che vi aveva lavorato per praticamente metà della propria vita, era la sola che fungesse da fonte di calore e amore per i bambini che, come anime sperdute e alla deriva, affluivano regolarmente tra quelle mura altrimenti fredde.
Ed era stata proprio lei ad accogliere Helena, prendendola immediatamente sotto la propria ala e assicurandosi che le venisse assegnata una stanza tutta sua in cui poter stare in pace.
Perché, quando l’aveva vista arrivare, sola a spaurita, di fronte ai cancelli dell’Orfanotrofio, la donna aveva capito subito quanto la bambina fosse in qualche modo diversa, particolare.
Ovviamente, di bambini li ce n’erano decisamente molti. Tuttavia, per quanto le loro storie fossero spesso tristi, costeggiate da una serie infinita di abbandoni, delusioni e sofferenze, nessuno di loro aveva idea di cosa passasse la giovane.
Dopotutto, almeno loro, una storia, ce l’avevano. Sapevano chi erano, conoscevano il proprio passato e sapevano cosa aspettarsi dal proprio futuro. Stringevano amicizie tra loro, litigavano e giocavano, come tutti i bambini della loro età.
Helena, invece, non aveva nulla di tutto ciò. La sua mente erano una pagina bianca e desolata, il suo cuore un libro ancora da scrivere di cui non sapeva nulla. Osservava quel mondo a lei sconosciuto col terrore di chi si trova solo in terra straniera, aspettandosi pericoli dietro ogni angolo e chiedendosi se realmente quella situazione fosse vera o meno.
Spaventata e incerta, Mama Adele comprese subito che quella bambina necessitava di tutto il suo supporto, persino più degli altri suoi coetanei, che iniziarono presto a vedere la bambina con diffidenza e sospetto.
Dopotutto, era arrivata senza alcun preavviso, guadagnandosi immediatamente l’affetto della loro Mama e sorprendendoli con quella aria di mistero che continuava ad avvolgerla.
Gli istruttori avevano spiegato, più o meno, quali fossero le sue condizioni, chiedendo ai piccoli di non essere troppo invadenti nei suoi confronti e di trattarla con gentilezza e rispetto. Nonostante tutto, però, non potevano non sentirsi minacciati da quella ragazzina senza passato, da quell’estranea che continuava a guardarsi intorno con aria sorpresa. Così diversa, così insolita.
Helena non aveva idea di come ci si dovesse comportare per ottenere delle amicizie. Per essere precisi, non sapeva nemmeno cosa fossero, le amicizie, e si limitava quindi a osservare gli altri bambini nei loro giochi chiedendosi come potesse essere stare in mezzo a loro. Li vedeva sorridere e giocare, tranquilli e spensierati, e cercava di immaginarsi come fosse avere un passato, una storia alle spalle e vivere senza quel vuoto orribile nel cuore.
Spesso sentiva il desiderio di farsi avanti, di unirsi a loro e di cercare di fare delle amicizie, ma ogni volta il peso che le opprimeva il cuore la faceva desistere. Non aveva idea di come avrebbe fatto a ottenere le loro attenzioni, non sapeva come porsi o cosa dire, e per questo non aveva la forza di fare il primo passo.
Passarono alcuni giorni, durante i quali, si sperava, forse i Servizi Sociali sarebbero riusciti a scoprire qualcosa di più sulle sue origini e sulla sua famiglia. Magari riportandola a casa.
Helena stessa aveva sentito dire che le ricerche sul suo passato erano ancora attive, e attendeva con trepidazione il giorno seguente, nella speranza di trovare quelle risposte di cui tanto pareva avere bisogno.
Se avessero trovato la sua famiglia, avrebbe finalmente potuto scoprire quali fossero le sue origini e da dove venisse. Avrebbe avuto una casa, una madre e un padre che si prendessero cura di lei e che l’amassero, degli amici con cui passare dei pomeriggi e una cameretta tutta sua in cui collezionare i propri libri.
Tuttavia, presto le sue speranze dovettero scontrarsi contro la dura realtà, quando i Servizi Sociali comunicarono all’Orfanotrofio che la bambina avrebbe dovuto restare li, in quanto non parevano esserci tracce sul suo passato.
Aveva cercato praticamente ovunque, sperando nella segnalazione di qualche scomparsa e mettendo annunci su internet. Tuttavia, semplicemente, Helena sembrava essere comparsa dal nulla e tutti i tentativi si erano rivelati totalmente vani.
Dopo quella scoperta, la bambina si era, se possibile, ancora più chiusa su sé stessa, arrivando persino a non uscire mai dalla propria camera.
Non parlava praticamente con nessuno, fatta eccezione che con Mama Adele, e spesso si rifiutava persino di mangiare.
E in mezzo a quel dolore e a quella desolazione, solo i libri potevano darle conforto.
Quando era arrivata, a dire il vero, non sapeva nemmeno come si leggesse una storia, ed era stata proprio Mama Adele armandosi di pazienza e buona volontà a insegnarle sia a leggere che a scrivere e donando quindi alla bambina un modo tutto nuovo per fuggire da quel mondo altrimenti freddo e sconosciuto.
Perché si.
Quando leggeva le sue storie, era in quei momenti che, finalmente, la piccola Helena poteva definirsi a casa.
In esse trovava quel mondo che aveva sempre sognato di vedere. Un mondo in cui tutto è possibile e in cui anche una bambina come lei avrebbe potuto avere un futuro. Un mondo che le sembrava così famigliare da essere quasi parte di lei, al punto che, spesso, sognava di esserne parte.
Un mondo che, come scoprì più avanti, avrebbe potuto rendere reale facendo affidamento solo a delle semplici parole d’inchiostro.
 
“Helena legge sempre.”, fece il bambino, osservando divertito la figura minuta che, al riparo sotto le fronde del faggio che troneggiava nel cortile dell’Orfanotrofio, non staccava un istante gli occhi dal libro che aveva in grembo.
Abbeil, un giovane ragazzino di poco più grande di Helena, era un tipetto decisamente vivace, dalla riccioluta e sbarazzina chioma color dell’oro, che sin dall’inizio non aveva visto esattamente di buon occhio la nuova arrivata.
Di fianco a lui Johan, di tre anni più piccolo, sorrise appena: “Non prenderla in giro, Ad. Lo sanno tutti che le femmine non sanno giocare a pallone.”
Gli altri sghignazzarono, mentre il biondino si avvicinava a passo deciso alla bambina, che alzò lo sguardo sorpresa.
Solitamente, gli altri ragazzini si guardavano bene dall’avvicinarlesi, evitando in tutti i modi possibili di rivolgerle anche solo la parola.
Tuttavia, evidentemente quel giorno Abbeil doveva sentirsi parecchio spavaldo, perché si chinò su di lei, afferrando rapido il libro per poi osservarlo, divertito.
Inclinò il capo, dicendo: “Uffa … che noia. Questo coso non ha nemmeno le figure! Cosa lo leggi a fare?”, chiese, mentre quella si alzava di scatto, protestando: “Ridammelo, è mio! Me lo ha regalato Mama!”
Quello fece una smorfia, lanciandolo divertito a Johan, che lo prese al volo, ribattendo: “Certo. E perché mai Adele dovrebbe farti un regalo?”, chiese, affrettandosi a passarlo a Seth, un bambino dal lungo naso da rapace e gli allegri occhietti grigi.
“Tanto fino a poche settimane fa tu non sapevi nemmeno leggere!”, fece quello, ridendo divertito, “Chi non sa leggere?”
Helena, furiosa, cercò invano di riprenderlo, ma il libro volò nuovamente tra le mani di Abbeil, che lo alzò divertito sopra la sua testa, godendosi i vani tentativi della bambina di riprenderlo.
“Smettila … è mio. Non puoi prenderlo!”, fece lei, mentre quello rideva, divertito.
“Certamente, Principessina. Vieni a prendertelo”, detto ciò scagliò il libro a terra, direttamente in una pozza di fango.
La bambina osservò sconvolta la scena, mentre quello sorrideva appena.
Non fece tuttavia in tempo a reagire, che la piccola, rossa e livida di rabbia, gli si scagliò contro, spingendolo a terra prima di salirgli a cavalcioni e iniziare a picchiarlo con forza.
Quello cercò invano di difendersi, mentre gli altri bambini iniziavano a gridare spaventati, facendo accorrere immediatamente un gruppo di suore che si affrettarono a staccare la bambina dal biondino, che nel frattempo aveva iniziato a piangere disperato.
Helena, furiosa, cercò inutilmente di divincolarsi, quando l’ombra severa della Madre Superiora non entrò nel suo campo visivo, congelandola sul posto.
Sorella Elia era, senza ombra di dubbio, una delle donne più fredde e intransigenti che si potessero incontrare. E sebbene la bambina non fosse li che da poche settimane, aveva compreso molto presto quanto poco fosse prudente scatenare le sue ire, specialmente se non si voleva finire senza cena o chiusi nelle proprie camera fino al giorno seguente.
La donna, impassibile, osservò la scena, mentre gli occhi freddi come il ghiaccio si posavano su Helena che, contrita, abbassò lo sguardo.
Quindi chiese: “Posso sapere cosa è successo qui?”, fece, osservando silenziosa la scena.
Subito, Abbeil si affrettò a farsi avanti, singhiozzando appena: “Signorina Elia … Helena mi ha colpito!”
Offesa e arrabbiata, la piccola alzò lo sguardo, ribattendo: “Ha iniziato lui! Ha preso il mio libro e lo ha buttato nel fango, lui e i suoi amici.”
Lo sguardo della donna la zittì, mentre controllava in silenzio il volto del bambino, su cui spiccava un labbro spaccato e dal cui naso iniziavano già a gocciolare alcune gocce di sangue.
Si voltò nuovamente verso Helena, prima di scandire: “Va immediatamente nella tua stanza. Stasera salterai la cena.”
Furiosa, la piccola non poté fare altro che abbassare il capo e fare come le era stato ordinato.
 
Helena osservava in silenzio il libro di fronte a lei, ormai quasi completamente rovinato. Solo poche pagine erano sopravvissute al fango, che ormai si era quasi completamente incrostato formando uno spesso strato scuro sulla copertina, citante un dorato titolo: Jack e la Pianta di Fagioli.
Sospirò appena, riaprendolo e tornando alla pagina in cui era rimasta.
Una lacrima cadde su di essa, mentre iniziava a singhiozzare, disperata. Quello era il primo libro che le aveva regalato Mama Adele, il suo tesoro più prezioso: lo aveva letto così tante volte da perderne quasi il conto e vi era incredibilmente legata, perché riguardava una delle poche persone in quel posto che l’amassero e la capissero realmente.
Si morse il labbro, tornando alla pagina.
Solo alcune parole parevano ancora leggibili, al che sorrise, leggendole in un sussurro lieve: “Ed ecco. Nella tavola imbastita di tutto punto, una bellissima arpa dorata. Scolpita su di essa, vi era una donna dai tratti gentili, le cui dita lievi ne sfioravano le corde in una dolce melodia che scaldava il cuore anche dei malvagi.”
Sorrise appena, cercando d’immaginarsi come dovesse essere.
Una tavola colma di ogni genere di prelibatezza: stufati fumanti, pasticci di carne e di pesce, maiale al latte e anatra all’arancia, oltre che ogni tipo di formaggio o bevanda. E ancora dolci, torte ricche di melassa e pasticcini, bignè e focacce calde e fumanti, appena sfornate, oppure …
Un lieve scintillio.
Helena aprì nuovamente gli occhi, incontrando le iridi dorate di una bellissima fanciulla. Attaccata a un’arpa. Su un tavolo ricolmo di ogni genere di prelibatezza, proprio come all’interno del suo libro.
La creatura, o qualunque cosa fosse, inclinò appena lo sguardo, sorridendo lievemente: “Buongiorno. Cosa vuole che vi suoni oggi, mia signora?”
La bambina osservò basita l’arpa, un magnifico esempio di oreficeria, dai raffinati fregi raffiguranti rampicanti traboccanti di bacche scure e succose. La cassa di risonanza, su cui poggiava la spalla della fanciulla dorata, era indissolubilmente legata al corpo della stessa, in una fusione perfetta da cui le mani di lei corsero leggere sulle corde. Anch’esse in oro zecchino.
Immediatamente, una dolce melodia invase la stanza, un suono dai tratti così leggeri e gentili che alla bambina parve persino fosse in grado di riscaldare quelle mura fredde e cupe.
L’odore dello stufato e dell’arrosto le invase le narici, mentre sorrideva divertita, osservando assorta fuori dalla finestra.
Forse, dopotutto, non era stata una poi così brutta giornata.




Note dell'Autrice:
Eccomi di nuovo.
Ebbene, qui proseguiamo, poco per volta, coi flashback sul passato di Helena. Abbiamo visto il suo arrivo presso l'Orfanotrofio e, prossimamente, vedremo anche alcuni dettagli del suo passato che spiegheranno meglio il motivo per cui ha deciso di iniziare a viaggiare.
Comunque sia, presto la parte dedicata ai flashback terminerà e mi concentrerò totalmente sulla vicenda principale. Per ora spero che questa prima vera e propria dimostrazione del potere di Helena abbia saputo soddisfarvi, anche se col proseguire della storia la vedremo utilizzare la Voce sempre più spesso.
Ancora grazie a tutti i miei recensori e lettori, non so cosa farei senza di voi!
Proseguo col prossimo capitolo.

Teoth

 
   
 
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