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Autore: Reginafenice    30/03/2018    1 recensioni
Ho immaginato come, qualche mese dopo la morte di Elizabeth, Ross avrebbe potuto reagire ad un incontro non pianificato con il frutto della suo adulterio, Valentine, e quali sentimenti avrebbe suscitato in lui l’avere a che fare concretamente con quel figlio mai riconosciuto una volta messo finalmente di fronte alla realtà che, per quanto dolorosa, lui non è mai stato in grado di accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Demelza sembrava di essere tornata indietro nel tempo. Gli occhi di Ross l’avevano guardata con la stessa espressione colpevole di quel lontano pomeriggio, quando la rottura dell’ultima speranza di una relazione sincera tra di loro l’aveva portata ad allontanarsi da lui, cedendo al desiderio di provare se l’amore apparentemente semplice e senza segreti di Hugh Armitage sarebbe riuscito a riscaldarla dalla fredda negligenza affettiva a cui Ross l’aveva abituata.

Si arrampicò su per le scale con grande agilità, tanto che Ross fu costretto ad accelerare per tenere il passo. Lo strascico del suo vestito pareva la coda di una volpe che fuggiva da una battuta di caccia, ferita ma ancora impavida e sempre pronta a schivare i colpi del suo inseguitore.

La raggiunse in prossimità della porta della camera da letto che era stata riservata loro per la notte. Uno di fronte all’altra si osservarono in silenzio, entrambi incapaci di trovare le parole giuste per iniziare. Così Ross tentò di accarezzarle il gomito ma Demelza si scostò, rifugiandosi all’interno della stanza.

Continuare a tacere sarebbe stato comunque inutile, pensò Ross. Tanto valeva andare subito al nocciolo della questione, “Ti aspetti che ti dica qualcosa riguardo la lettera che hai trovato nella mia giacca…”

Demelza iniziò a slacciarsi il corpetto con fare nervoso, “Non dovrei?”

Dopo aver chiuso la porta, Ross fece un passo in avanti verso il letto sui cui era seduta. Non poteva biasimare la sua frustrazione, però in cuor suo sentiva di essere innocente, “Non potresti cercare di calmarti un pochino? So che è più forte di te, ma pensa al bambino...”

“Hai ragione. Possiamo affrontare la questione anche con la calma.” Convenne lei.

“D’accordo allora…” Ross spostò una sedia dal secretaire e vi si sedette in modo che Demelza potesse guardarlo negli occhi. Non sapendo cosa dire, alla fine scelse la via più facile e appropriata per esordire.

“Sono stato uno stupido. Se puoi perdonami, ma sappi che ho agito con le migliori intenzioni.”

Demelza inarcò un sopracciglio, “Non l’hai ancora letta. Mi domando come mai…”

“Non lo so nemmeno io… temo che mi faccia paura sapere cosa c’è scritto e riaprire alcune ferite del passato che potrebbero farti ancora del male. Non ti ho coinvolta in questa storia proprio perché non volevo che ti turbassi di nuovo per colpa di Elizabeth.”

Demelza lo guardò con occhi lucidi ma fermi, “E’ un po’ egoistico da parte tua, non trovi? Pretendere sempre di sapere cosa io possa pensare e sentirti libero di decidere per me, come se fosse scontato che io debba soffrire ogni volta che pronunci il nome di Elizabeth. Non ti è mai passato per il cervello che potessi essere tu il più sensibile dei due a certi argomenti?” Si alzò per sfilarsi la gonna, si sciolse i capelli e infine si mise addosso una vestaglia per poter continuare a parlare con lui in tutta comodità. Dapprima Ross si pose sulla difensiva contro quelle che il suo orgoglio aveva percepito come delle semplicistiche illazioni, ma poi gli bastò concentrarcisi su con maggiore umiltà per accorgersi che forse Demelza aveva ragione.

Certamente non era stata lei a non voler più parlare della morte di Julia, ad allontanare dalla sua mente il processo nel quale avrebbe potuto subire una condanna a morte, lasciando sua moglie vedova e incinta di un bambino a cui provvedere senza nemmeno l’ombra di un quattrino e a rinnegare a se stesso la notte in cui aveva ceduto alla sua lunga “devozione" per Elizabeth, finendo per incrinare irrimediabilmente le fondamenta su cui si basava il suo matrimonio. Per non parlare poi di Valentine e della sua presunta paternità, del tradimento di Demelza con Hugh Armitage e di quanto avesse sbagliato a non dare ascolto ai segnali che anticipavano ciò che inevitabilmente sarebbe successo tra di loro, senza sforzarsi nemmeno di vedere al di là della sua arroganza.

Si alzò e vagò per la stanza, sentendosi addosso lo sguardo impaziente di Demelza. A un certo punto tornò a sedersi, “E va bene, ammetto di essere stato ingiusto con te. Se ti fa piacere, riconosco anche di essere leggermente incline alla permalosità.”

Demelza abbozzò un sorriso, ma non disse nulla. Aspettò che Ross continuasse.

“Quindi perdonami per averti tenuta all’oscuro del mio incontro di questa mattina con Geoffrey Charles, per averti nascosto la lettera che lui mi ha dato e se puoi perdona anche la mia eccessiva suscettibilità a certi argomenti, come li chiami tu…”

“Se ti riferisci a Valentine, credo che tu stia facendo enormi progressi. Anche se ancora non ti senti pronto a includerlo nella tua vita, in qualsiasi ruolo tu deciderai di considerarlo nel futuro, sappi che ti stimo lo stesso per come ti sei comportato con lui. Mi aspettavo di peggio, a dire la verità!”

Ross si strinse nelle spalle, “Onestamente, me lo aspettavo anch’io. Ma non stavo pensando solo a lui…”

Demelza restò in apnea per un istante, convinta che Ross avesse finalmente deciso di abbandonare ogni riserva e confessarle la verità su ciò che la morte di Elizabeth avesse significato per lui. Si preparò a sentirgli dire tutte le parole che da mesi si ripeteva in testa, meravigliandosi di come neanche l’opzione più negativa potesse spaventarla.

“Armitage…”

Quel nome produsse su di lei un effetto del tutto inaspettato, proprio perché mai avrebbe immaginato di sentirlo pronunciare da Ross in maniera così improvvisa e diretta, o meglio perché aveva sempre sperato che potesse non accadere mai. Ecco, in questo senso avrebbe potuto comprendere più facilmente quanto fosse difficile per Ross rivangare il suo rapporto tormentato con Elizabeth, tradurre in parole i sentimenti che per anni aveva cercato di sopprimere con la speranza che con il tempo questi avrebbero potuto assumere sfumature così vaghe da consentirgli di dimenticarsi di essi e ricominciare da capo, attribuirsi la responsabilità dei propri errori e rifondare il suo matrimonio sulla promessa di aver imparato che il suo posto non sarebbe mai potuto essere da nessun’ altra parte.

“Adesso che sia lui che Elizabeth non ci sono più mi sembra di aver vissuto in un sogno. Siamo rimasti soltanto noi due e i nostri ricordi, Demelza. Ma cosa potrebbe ferirci di più del reciproco ricordo di avere sbagliato l’uno nei confronti dell’altra?”

Demelza lo raggiunse e si sedette sulle sue ginocchia, poi lo abbracciò con tenerezza, affondando il viso nel suo collo. Lui la allontanò per poterla vedere meglio negli occhi e, nel suo sguardo, trovò tutto il calore e la comprensione di cui aveva bisogno per comunicarle la verità.

“Quando torneremo a Nampara, ti prometto che leggerò quella lettera.”

Demelza scosse la testa contro il suo petto, “Le promesse non mi bastano più, Ross...”

“Lo so. E’ per questo che ti prego di ascoltarmi attentamente, perché preferirei evitare di ripetere questo discorso nel futuro…” Si sistemò sul letto e la pregò di unirsi a lui.

Demelza si accorse che l’espressione dei suoi occhi era cambiata. Ora la vulnerabilità sembrava aver preso il posto dell’orgoglio, in una lotta interiore che aveva visto il sacrificio per la libertà vincere sulla debolezza del diniego e della paura di essere felice.

“Purtroppo conosci benissimo la storia, ma credimi quando ti dico che quella notte sono stati i lunghi anni vissuti in assenza di Elizabeth a reclamare una vicinanza che credevo mi spettasse di diritto, nonostante sapessi che la sua non sarebbe stata una bussola capace di riportarmi veramente a casa. Quando pensavo a lei, nei momenti peggiori di quella guerra maledetta che ci aveva separati, mi illudevo che il suo amore mi avrebbe fatto dimenticare il dolore e la nostalgia. Eppure ogni volta che provavo ad afferrarla, ogni volta che mi aggrappavo alla speranza di sopravvivere soltanto per tornare in Cornovaglia e poterla rivedere, lei fuggiva da me, disorientandomi in ogni tentativo di raggiungerla…Quello che è successo dopo ne è la prova.”

Si bloccò un istante per deglutire, combattendo per non lasciare che l’emozione prendesse il sopravvento. Poi proseguì, avvicinandosi alla fronte di Demelza,  “Tu, invece, sei stata la bufera che mi ha svegliato da quel sogno, l'interprete perfetto del mio linguaggio, l'unica presenza che sia mai riuscita ad incastrarsi nel mio vuoto. Mi è costato parecchio capire che bisogni effimeri non possono competere con necessità vitali, così come la soddisfazione di un piacere un tempo negato non potrà mai essere confusa con l'intensità più autentica del mio amore profondissimo per te, ma ...”

“Ma sappiamo che ne è valsa la pena ....”

Ross annuì, “Chi avrebbe mai detto che quel soldato fradicio di pioggia, tornato dall’America per riabbracciare la sua famiglia, potesse sperare un giorno di trovare il vero amore della sua vita proprio dopo aver dovuto dire addio a quello che per anni credeva che lo fosse?”

“Hai davvero detto addio ad Elizabeth?” Chiese lei, sciogliendo nel frattempo il nodo del fazzoletto intorno al suo collo.

“Ho dato per scontato che lei ci sarebbe sempre stata nella mia vita, in un modo o nell’altro. Quindi accettare la realtà e vederla andare via così presto e così ingiustamente mi fa soffrire tuttora, non posso negarlo. Soffro per tutta la bellezza sprecata, per tutto l’amore che meritava e che non è mai riuscita ad avere, per i suoi figli e anche per me…”

Non era ancora riuscito a dimenticarla, dunque. Forse questo sfogo rappresentava per Ross una sorta di confessione aperta del suo amore verso Elizabeth, l’ammissione di un errore che avrebbe preferito non fare, scegliendo di rimanere affianco a lei, ma con cui avrebbe dovuto convivere per sempre.

Demelza si sollevò dal letto, sedendosi sulle ginocchia. Sembrava che potesse scoppiare a piangere da un momento all’altro, perciò Ross iniziò ad accarezzarle la schiena per calmarla.

“Sai Ross, quando sono tronata a Nampara dopo, beh…dopo averti tradito con Hugh, non ho mai rimpianto di aver scelto te. Ho voluto credere che quei semi che avevo piantato tanto tempo fa nel nostro giardino potessero fiorire di nuovo, nonostante non ci fosse proprio nessun segno di ripresa a farmi sperare in un miracolo…Ma mi è bastato guardarti negli occhi per capire che non mi ero sbagliata, perché forse da ingenua qual ero e quale sono ancora adesso ho creduto che anche tu non ti fossi pentito di essere rimasto accanto a me.”

“Avrei preferito farmi ammazzare in guerra, piuttosto che lasciarti per andare a vivere con Elizabeth.”

“Allora perché non riesci a superare il fatto di averla persa?”

“Perché perdere Elizabeth mi ha fatto capire quanto insopportabile sarebbe vivere senza di te!”

Si lasciò andare in un pianto liberatorio proprio davanti agli occhi di sua moglie, stravolto dalla portata del suo stesso dolore ma anche lieto di averle dimostrato con le lacrime quanto quell’amore profondissimo che le aveva dichiarato poco prima con le parole avesse davvero valore per lui.

   
 
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