A Demelza sembrava di essere tornata
indietro nel tempo. Gli
occhi di Ross l’avevano guardata con la stessa espressione
colpevole di quel
lontano pomeriggio, quando la rottura dell’ultima speranza di
una relazione
sincera tra di loro l’aveva portata ad allontanarsi da lui,
cedendo al desiderio
di provare se l’amore apparentemente semplice e senza segreti
di Hugh Armitage sarebbe
riuscito a riscaldarla dalla fredda negligenza affettiva a cui Ross
l’aveva abituata.
Si arrampicò su per le
scale con grande agilità, tanto che
Ross fu costretto ad accelerare per tenere il passo. Lo strascico del
suo
vestito pareva la coda di una volpe che fuggiva da una battuta di
caccia,
ferita ma ancora impavida e sempre pronta a schivare i colpi del suo
inseguitore.
La raggiunse in prossimità
della porta della camera da letto
che era stata riservata loro per la notte. Uno di fronte
all’altra si
osservarono in silenzio, entrambi incapaci di trovare le parole giuste
per
iniziare. Così Ross tentò di accarezzarle il
gomito ma Demelza si scostò,
rifugiandosi all’interno della stanza.
Continuare a tacere sarebbe stato
comunque inutile, pensò
Ross. Tanto valeva andare subito al nocciolo della questione,
“Ti aspetti che
ti dica qualcosa riguardo la lettera che hai trovato nella mia
giacca…”
Demelza iniziò a
slacciarsi il corpetto con fare nervoso,
“Non dovrei?”
Dopo aver chiuso la porta, Ross fece
un passo in avanti verso
il letto sui cui era seduta. Non poteva biasimare la sua frustrazione,
però in
cuor suo sentiva di essere innocente, “Non potresti cercare
di calmarti un
pochino? So che è più forte di te, ma pensa al
bambino...”
“Hai ragione. Possiamo
affrontare la questione anche con la calma.”
Convenne lei.
“D’accordo
allora…” Ross spostò una sedia dal
secretaire e
vi si sedette in modo che Demelza potesse guardarlo negli occhi. Non
sapendo cosa
dire, alla fine scelse la via più facile e appropriata per
esordire.
“Sono stato uno stupido. Se
puoi perdonami, ma sappi che ho
agito con le migliori intenzioni.”
Demelza inarcò un
sopracciglio, “Non l’hai ancora letta. Mi
domando come mai…”
“Non lo so nemmeno
io… temo che mi faccia paura sapere cosa
c’è scritto e riaprire alcune ferite del passato
che potrebbero farti ancora del
male. Non ti ho coinvolta in questa storia proprio perché
non volevo che ti
turbassi di nuovo per colpa di Elizabeth.”
Demelza lo guardò con
occhi lucidi ma fermi, “E’ un po’
egoistico da parte tua, non trovi? Pretendere sempre di sapere cosa io
possa
pensare e sentirti libero di decidere per me, come se fosse scontato
che io
debba soffrire ogni volta che pronunci il nome di Elizabeth. Non ti
è mai
passato per il cervello che potessi essere tu il più
sensibile dei due a certi
argomenti?” Si alzò per sfilarsi la gonna, si
sciolse i capelli e infine si
mise addosso una vestaglia per poter continuare a parlare con lui in
tutta
comodità. Dapprima Ross si pose sulla difensiva contro
quelle che il suo
orgoglio aveva percepito come delle semplicistiche illazioni, ma poi
gli bastò
concentrarcisi su con maggiore umiltà per accorgersi che
forse Demelza aveva
ragione.
Certamente non era stata lei a non
voler più parlare della
morte di Julia, ad allontanare dalla sua mente il processo nel quale
avrebbe
potuto subire una condanna a morte, lasciando sua moglie vedova e
incinta di un
bambino a cui provvedere senza nemmeno l’ombra di un
quattrino e a rinnegare a
se stesso la notte in cui aveva ceduto alla sua lunga
“devozione" per
Elizabeth, finendo per incrinare irrimediabilmente le fondamenta su cui
si
basava il suo matrimonio. Per non parlare poi di Valentine e della sua
presunta
paternità, del tradimento di Demelza con Hugh Armitage e di
quanto avesse
sbagliato a non dare ascolto ai segnali che anticipavano ciò
che
inevitabilmente sarebbe successo tra di loro, senza sforzarsi nemmeno
di vedere
al di là della sua arroganza.
Si alzò e vagò
per la stanza, sentendosi addosso lo sguardo
impaziente di Demelza. A un certo punto tornò a sedersi,
“E va bene, ammetto di
essere stato ingiusto con te. Se ti fa piacere, riconosco anche di
essere leggermente
incline alla permalosità.”
Demelza abbozzò un
sorriso, ma non disse nulla. Aspettò che
Ross continuasse.
“Quindi perdonami per
averti tenuta all’oscuro del mio
incontro di questa mattina con Geoffrey Charles, per averti nascosto la
lettera
che lui mi ha dato e se puoi perdona anche la mia eccessiva
suscettibilità a
certi argomenti, come li chiami tu…”
“Se ti riferisci a
Valentine, credo che tu stia facendo
enormi progressi. Anche se ancora non ti senti pronto a includerlo
nella tua
vita, in qualsiasi ruolo tu deciderai di considerarlo nel futuro, sappi
che ti
stimo lo stesso per come ti sei comportato con lui. Mi aspettavo di
peggio, a
dire la verità!”
Ross si strinse nelle spalle,
“Onestamente, me lo aspettavo
anch’io. Ma non stavo pensando solo a
lui…”
Demelza restò in apnea per
un istante, convinta che Ross
avesse finalmente deciso di abbandonare ogni riserva e confessarle la
verità su
ciò che la morte di Elizabeth avesse significato per lui. Si
preparò a
sentirgli dire tutte le parole che da mesi si ripeteva in testa,
meravigliandosi di come neanche l’opzione più
negativa potesse spaventarla.
“Armitage…”
Quel nome produsse su di lei un
effetto del tutto
inaspettato, proprio perché mai avrebbe immaginato di
sentirlo pronunciare da
Ross in maniera così improvvisa e diretta, o meglio
perché aveva sempre sperato
che potesse non accadere mai. Ecco, in questo senso avrebbe potuto
comprendere più
facilmente quanto fosse difficile per Ross rivangare il suo rapporto
tormentato
con Elizabeth, tradurre in parole i sentimenti che per anni aveva
cercato di
sopprimere con la speranza che con il tempo questi avrebbero potuto
assumere
sfumature così vaghe da consentirgli di dimenticarsi di essi
e ricominciare da
capo, attribuirsi la responsabilità dei propri errori e
rifondare il suo
matrimonio sulla promessa di aver imparato che il suo posto non sarebbe
mai
potuto essere da nessun’ altra parte.
“Adesso che sia lui che
Elizabeth non ci sono più mi sembra
di aver vissuto in un sogno. Siamo rimasti soltanto noi due e i nostri
ricordi,
Demelza. Ma cosa potrebbe ferirci di più del reciproco
ricordo di avere
sbagliato l’uno nei confronti dell’altra?”
Demelza lo raggiunse e si sedette
sulle sue ginocchia, poi
lo abbracciò con tenerezza, affondando il viso nel suo
collo. Lui la allontanò
per poterla vedere meglio negli occhi e, nel suo sguardo,
trovò tutto il calore e la
comprensione di cui aveva bisogno per comunicarle la verità.
“Quando torneremo a
Nampara, ti prometto che leggerò quella
lettera.”
Demelza scosse la testa contro il suo
petto, “Le promesse
non mi bastano più, Ross...”
“Lo so. E’ per
questo che ti prego di ascoltarmi
attentamente, perché preferirei evitare di ripetere questo
discorso nel futuro…” Si sistemò sul letto e la
pregò di unirsi a lui.
Demelza si accorse che
l’espressione dei suoi occhi era
cambiata. Ora la vulnerabilità sembrava aver preso il posto
dell’orgoglio, in
una lotta interiore che aveva visto il sacrificio per la
libertà vincere sulla
debolezza del diniego e della paura di essere felice.
“Purtroppo conosci
benissimo la storia, ma credimi quando ti
dico che quella notte sono stati i lunghi anni vissuti in assenza di
Elizabeth a
reclamare una vicinanza che credevo mi spettasse di diritto, nonostante
sapessi che la sua non
sarebbe stata una bussola
capace di riportarmi veramente a casa. Quando pensavo a lei, nei
momenti
peggiori di quella guerra maledetta che ci aveva separati, mi illudevo
che il
suo amore mi avrebbe fatto dimenticare il dolore e la nostalgia. Eppure
ogni
volta che provavo ad afferrarla, ogni volta che mi aggrappavo alla
speranza di
sopravvivere soltanto per tornare in Cornovaglia e poterla rivedere,
lei
fuggiva da me, disorientandomi in ogni tentativo di
raggiungerla…Quello
che è successo dopo ne è la prova.”
Si bloccò un istante per
deglutire, combattendo per non
lasciare che l’emozione prendesse il sopravvento. Poi
proseguì, avvicinandosi
alla fronte di Demelza, “Tu,
invece, sei
stata la bufera che mi ha svegliato da quel sogno, l'interprete
perfetto del
mio linguaggio, l'unica presenza che sia mai riuscita ad incastrarsi
nel mio
vuoto. Mi è costato parecchio capire che bisogni effimeri
non possono competere
con necessità vitali, così come la soddisfazione
di un piacere un tempo negato non potrà
mai essere confusa con l'intensità più autentica
del mio amore profondissimo
per te, ma ...”
“Ma sappiamo che ne
è valsa la pena ....”
Ross annuì,
“Chi avrebbe mai detto che quel soldato
fradicio di pioggia, tornato dall’America per riabbracciare
la sua famiglia,
potesse sperare un giorno di trovare il vero amore della sua vita
proprio dopo
aver dovuto dire addio a quello che per anni credeva che lo
fosse?”
“Hai davvero detto addio ad
Elizabeth?” Chiese lei,
sciogliendo nel frattempo il nodo del fazzoletto intorno al suo collo.
“Ho dato per scontato che
lei ci sarebbe sempre stata nella
mia vita, in un modo o nell’altro. Quindi accettare la
realtà e vederla andare
via così presto e così ingiustamente mi fa
soffrire tuttora, non posso negarlo.
Soffro per tutta la bellezza sprecata, per tutto l’amore che
meritava e che non
è mai riuscita ad avere, per i suoi figli e anche per
me…”
Non era ancora riuscito a
dimenticarla, dunque. Forse questo
sfogo rappresentava per Ross una sorta di confessione aperta del suo
amore
verso Elizabeth, l’ammissione di un errore che avrebbe
preferito non fare,
scegliendo di rimanere affianco a lei, ma con cui avrebbe dovuto
convivere per
sempre.
Demelza si sollevò dal
letto, sedendosi sulle ginocchia.
Sembrava che potesse scoppiare a piangere da un momento
all’altro, perciò Ross
iniziò ad accarezzarle la schiena per calmarla.
“Sai Ross, quando sono
tronata a Nampara dopo, beh…dopo
averti tradito con Hugh, non ho mai rimpianto di aver scelto te. Ho
voluto
credere che quei semi che avevo piantato tanto tempo fa nel nostro
giardino
potessero fiorire di nuovo, nonostante non ci fosse proprio nessun
segno di
ripresa a farmi sperare in un miracolo…Ma mi è
bastato guardarti negli occhi
per capire che non mi ero sbagliata, perché forse da ingenua
qual ero e quale
sono ancora adesso ho creduto che anche tu non ti fossi pentito di
essere
rimasto accanto a me.”
“Avrei preferito farmi
ammazzare in guerra, piuttosto che lasciarti per andare a vivere con
Elizabeth.”
“Allora perché
non riesci a superare il fatto di averla
persa?”
“Perché perdere
Elizabeth mi ha fatto capire quanto
insopportabile sarebbe vivere senza di te!”
Si lasciò andare in un
pianto liberatorio proprio davanti
agli occhi di sua moglie, stravolto dalla portata del suo stesso dolore
ma
anche lieto di averle dimostrato con le lacrime quanto
quell’amore
profondissimo che le aveva dichiarato poco prima con le parole avesse
davvero
valore per lui.