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Autore: Sinkarii Luna Nera    31/03/2018    3 recensioni
Prequel di ''Reflecting Mirrors"
Una Lusan, un Hakaishin e tutto ciò che è avvenuto prima che centinaia di milioni di anni, assieme a centinaia di milioni di situazioni complesse, portassero al presente per come lo conosciamo -nel bene e nel male.
(Ignoro il motivo per cui l'amministrazione si sia divertita a cancellare un'intro che è stata qui per anni, ma non abbia ancora cambiato il mio nick. Misteri della fede.)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Champa, Lord Bills, Nuovo personaggio, Vados, Whis
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Reflecting Mirrors'
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Quando Beerus si era fatto lasciare da Whis davanti alla casa di Anise, la sua mente aveva già prodotto numerosissimi film mentali su quel che sarebbe potuto succedere.
 
Probabilmente un nuovo litigio.
 
Anise non si era fatta viva per tutta la settimana nonostante gli avesse detto “Ti farò sapere quando sarò disposta ad accettare le tue scuse” -e già questo, che un dio dovesse scusarsi e per di più aspettare il permesso di farlo era discutibile-, si era schierata dalla parte di Champa ed era stata perfino a casa sua diversi giorni! Lo aveva lasciato da solo proprio adesso che mancavano pochi giorni al suo ventesimo compleanno, facendogli persino pensare che non si sarebbe presentata.
Proprio lei, la sua Iarim Neiē.
Beerus avrebbe potuto sorvolare sull’assenza di chiunque, ma non sulla sua.
 
Anche quando aveva iniziato a riflettere a mente più fredda -capendo che forse dare dell’ingrata ad Anise e dire a Champa che l’avrebbe preferito morto non erano state delle genialate- la sensazione di essere stato abbandonato dalla “sua” persona non gli aveva mai permesso di scendere completamente a più miti consigli.
Il fatto che lei non l’avesse cercato non aveva fatto che acuire quella sensazione: lui aveva iniziato a sentirne la mancanza già dal giorno dopo, pur essendo ancora arrabbiato, per lei invece non doveva essere stato lo stesso o si sarebbe fatta viva.

 
Beerus trovava lunghi tre giorni senza vederla quando era tutto a posto, dunque era intuibile come si sentisse dopo un distacco lungo quasi una settimana, per di più dopo un simile litigio.
Era principalmente per quel motivo che si era fatto portare lì, perché si era detto “basta”; al diavolo i permessi, al diavolo tutto, era ora di chiudere quella brutta faccenda una volta per tutte e, se lei non voleva parlare, allora l’avrebbe fatto lui!
 
Si era recato da lei con animo battagliero, che tuttavia evaporò all’istante appena Anise aprì la porta e lui poté vederla.

«Cosa ti è successo?!» fu la prima cosa che disse, profondamente allarmato, avvicinandosi a lei con rapidità.

Il prendisole che indossava era storto, come se lo avesse infilato addosso alla bell’e meglio -lei, che era così precisa!- il viso e parte dei capelli erano umidi come se si fosse data una rapida sciacquata al volto per nascondere chissà che cosa e, soprattutto, aveva un’espressione che lui non avrebbe esitato troppo a definire quasi “traumatizzata”.

Mai le aveva visto negli occhi un simile sguardo, mai lo avrebbe voluto vedere: era qualcosa che faceva passare tutto in secondo piano, anche e soprattutto il suo nervosismo e i precedenti dissapori. Non avevano importanza, non con lei così.
 
«Nulla. Perché?»
 
Il tono di voce perfettamente calmo della sua compagna, in netto contrasto con quel che lui aveva davanti agli occhi, non fece altro se non farlo preoccupare ulteriormente. Non aveva idea di cosa le fosse capitato ma qualunque cosa fosse doveva essere stata orribile, e lui non era stato lì per impedirla. Forse avrebbe potuto evitare che le succedesse, se si fosse deciso a muoversi prima invece di rimanere a crogiolarsi nell’orgoglio e nel nervosismo.
Aveva la sensazione che più tempo passava, più lui diventava totalmente incapace di darle la protezione di cui aveva bisogno… ma non erano i suoi sensi di colpa a contare, non in quel momento.

 
«Non dirmi “niente”! Posso avere dei picchi di stupidità, sì, ma solo fino a un certo punto. Cos’è successo? Cosa ti hanno fatto? Chi lo ha fatto?»
 
“Caro Beerus, è ‘successo’ che non sono poi così sterile come credevo, che ‘abbiamo fatto’ sesso una volta di troppo e, ovviamente, i colpevoli di questa cosa siamo solamente noi due. Quindi ora devo abortire, perché io non me la sento di mettere al mondo questa creatura, mentre tu non sei in grado di cambiarti le lenzuola, quindi tantomeno saresti in grado di cambiare un neonato quando si sporca” pensò Anise “No, sul serio, io dovrei davvero dirgli certe cose?”
 
«Nessuno mi ha fatto nulla, è solo che non sto molto bene. Poi forse anche lo stress… per la nostra situazione» aggiunse la ragazza, rientrando in casa assieme a lui «Anche quello non mi ha giovato. Ho cercato di contattarti due giorni fa, Whis però ha detto che stavi facendo il bagno e-»
 
«Cosa?! Hai cercato di contattarmi?» si stupì Beerus «Whis non mi ha detto nulla del genere!»
 
Oltre all’angoscia e a un panico che non era ancora andato via completamente, ora si stava formando dentro di lei un denso grumo di rabbia, freddo e duro come se le fosse comparso un proiettile di hrat’san nello stomaco.
Anise sapeva benissimo che Whis era contro quella relazione e lo era sempre stato, ma si era definitivamente rotta le scatole di quei sabotaggi. Prima li aveva portati al centro di Ulthmeer nella speranza che succedesse qualcosa di analogo a ciò che poi era accaduto, adesso si era “dimenticato” di riferire a Beerus che lei lo aveva cercato…
 
 
 
“Lei dovrà mitigare le intemperanze e i momenti di ribellione di Beerus, spingendolo a fare quel che ho detto prima: svolgere il suo dovere di Hakaishin, allenarsi e anche studiare. Io a quel punto non intralcerò la vostra relazione…”
 
 
 
Whis aveva detto così e lei era stata di parola: aveva cercato di spingere Beerus a svolgere il suo dovere nel modo corretto, lo aveva spinto a dare il massimo durante gli addestramenti anche ripetendogli spesso quanto fosse fiera di lui e della forza che stava acquisendo e, per quanto concerneva lo studio, era riuscita a fargli capire da un pezzo quelle benedette funzioni lineari.
Whis invece non aveva fatto altro che remare loro contro. Non direttamente magari, ma agendo in maniera indiretta aveva creato diversi problemi.
Era ora di risolvere la questione con qualunque mezzo, di fare in modo che quell’angelo la facesse finita, perché non intendeva più sopportare cose del genere. Lei e Beerus avevano già abbastanza problemi senza che si mettesse in mezzo anche Whis.
 
«Avrei dovuto aspettarmelo» disse piano Anise «Se ne sarà “dimenticato”, immagino. Per quel che gli pare ha la memoria molto corta, il nostro Whis».
 
«Credi che l’abbia fatto di proposito?»
 
«Certo che l’ha fatto di proposito, mi sembra abbastanza ovvio. Ora però non diamo inizio a una discussione anche su questo, perché non è proprio giornata».
 
Dopo quell’affermazione della Lusan seguirono diversi istanti di silenzio.
 
«Anise, stavo pensando… questo è uno dei tuoi “momenti strani”? Quelli di cui mi avevi parlato?»
 
La risposta sincera da dare a Beerus sarebbe stata “no e sì”: “no” perché il suo attuale stato d’animo aveva delle ragioni del tutto fondate e non aveva mai avuto un crollo così prima d’ora, “sì” perché ora che stava passando iniziava a sentirsi più o meno come in uno dei suddetti “momenti strani”. Anise però non aveva proprio le forze per riuscire a spiegare a Beerus qualcosa che nemmeno lei capiva appieno. «Sì, in pratica sì».
 
Se Anise avesse indossato un altro vestito, se fosse stata notte invece che giorno e non avesse avuto un bambino in grembo, avrebbe pensato di essere tornata indietro nel tempo di un paio d’anni: Beerus, senza dire una parola, l’aveva appena abbracciata come aveva fatto la sera in cui lei gli aveva parlato del proprio passato, la stessa in cui si erano dati il primo bacio e si erano messi insieme. Perfino il luogo era esattamente lo stesso.
 
Lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, perché era veramente il colmo: da tempo lui si stava comportando come uno schizzato, mentre ora che un suo comportamento scorretto le avrebbe “facilitato” le cose - perché nascondere un segreto a un fidanzato che non si comportava bene sarebbe stato leggermente più “semplice”- eccolo lì, pronto a fare l’innamorato premuroso che baciava, coccolava e si occupava della sua compagna… e lei in teoria avrebbe dovuto perfino rallegrarsene.
Il tempismo di Beerus era a dir poco orrendo.
 
«Non volevo che andasse a finire com’è andata a finire, non volevo darti dell’ingrata, non volevo “attaccarti” per colpa di un videogame, ma soprattutto non avrei mai voluto vederti in questo modo per colpa del nostro litigio» disse Beerus, visibilmente dispiaciuto.
 
«Apprezzo le tue parole» fu la risposta quasi meccanica della lince, che non riuscì a ricambiare l’abbraccio; un po’ in virtù del tempismo orrendo e un po’perché, come una rondine non faceva primavera, un momento di dolcezza non significava un ritorno alla normalità.
 
Seppure un po’ferito dall’immobilità di Anise, Beerus in quel momento non sarebbe riuscito a rimproverarle alcunché, motivo per cui la lasciò andare e le prese il viso tra le mani. «Ce l’hai ancora con me?»
 
«Ero pronta ad accettare le tue scuse già due giorni fa, quindi no. È solo…» fece spallucce «È solo un momento. Passerà».
 
Per una bizzarra ironia della sorte si era trovata a pronunciare parole quasi identiche a quelle di Beerus, probabilmente con uno stato d’animo simile a quello del suo compagno quando le aveva dette.
Con la differenza che lei intendeva fare qualcosa di concreto per risolvere il problema più grosso, naturalmente.
 
«Comunque non ho mentito, oltre a una giornata di “umore strano” ho anche qualche problema a livello fisico. Non è qualcosa di grave né è costante, ci sono dei momenti in cui sto benissimo e dei momenti in cui sto un po’meno bene, ma è un po’fastidioso… e un po’ “da donne”» aggiunse, conscia che così facendo sarebbe stato difficile che Beerus facesse ulteriori domande: tutto grazie al “trauma da spiegazione precisa del mestruo”. Non avrebbe mai creduto che un giorno le avrebbe fatto comodo.
 
Beerus le accarezzò i capelli. «Non ci voleva proprio».
 
«No, infatti. Se non dovessi stare meglio magari potrei andare da un qualche medico di qualche posto».
 
«Macché medico, c’è Whis» ribatté il dio, proprio come Anise aveva immaginato «Avrà l’occasione di rendersi utile, una volta tanto! Dopo essersi dimenticato -o “dimenticato”- di riferirmi che mi avevi cercato, il minimo che possa fare è darti un po’di sollievo dai tuoi problemi da donne. Farà meglio a curarti personalmente, in fretta e bene, altrimenti!...»
 
«Possiamo parlargliene quando si farà di nuovo vivo. In questo preciso momento non ho fastidi, dunque preferisco evitare di vederlo prima del dovuto, se posso» disse Anise, che doveva rimuginare ancora un po’su come muoversi «Per che ora avete concordato?»
 
«Per stasera».
 
«Questo significa che abbiamo modo di parlare un pochino».
 
«Sei sicura di essere nelle condizioni giuste?» le chiese lui, con aria dubbiosa.
 
«Ho detto “parlare”, non “mangiarci la faccia a vicenda”. Per quest’ultima cosa non è giornata, ma col parlare non ho problemi. Anche a me dispiace per com’è finita la scorsa settimana, sai che odio litigare con te».
 
«Lo odiamo in due».
 
«Però…»
 
«Ecco, lo temevo» borbottò Beerus.
 
«Quel che hai detto a Champa è stato bruttissimo, ci è rimasto davvero molto male».
 
Sentir parlare del gemello fece innalzare nuovamente il livello di nervosismo dell’Hakaishin, che non aveva la minima voglia di pensare al suo gemello. «E tu lo sai bene, dal momento che sei stata a casa sua tutti questi giorni. A far cosa non si sa».
 
Silenzio di tomba.
 
«Chiudiamola» disse Anise, dopo un po’.
 
«Sei tu che hai tirato fuori questa faccenda, io-»
 
«Non la faccenda, la nostra relazione. Chiudiamola».
 
Era stata una doccia fredda vera e propria per Beerus, come si evinceva dalla sua espressione attonita. «C-cosa?...»
 
«Non riusciamo a parlare, quasi volta che stiamo insieme finiamo a litigare per delle stupidaggini e quando io ti faccio notare degli errori tu fai insinuazioni nemmeno troppo velate sul fatto che io possa aver fatto chissà che con tuo fratello -perché “a far cosa non si sa” voleva dire questo-, segno evidente che ormai ti fidi ben poco della sottoscritta. Se le cose stanno così non capisco perché dovremmo restare ancora insieme».
 
«Come puoi dire una cosa del genere?! COME?!» gridò il dio, ancora più incredulo «Non puoi parlare sul serio! Cosa vorrebbe dire questo?! Che non… tu non… insomma, tu non provi più niente?!»
 
Stavano insieme da più di due anni, di per sé non era un periodo di tempo eccessivamente lungo; eppure, da “tipico” ragazzo che stava vivendo la sua primissima relazione -per di più estremamente seria- non riusciva a immaginare di trascorrere la vita senza quella persona.
Non riusciva a concepire l’idea di non poterla più avere vicino, come non riusciva neppure a sostenere il pensiero di un simile “vuoto”. L’unico pensiero che aveva in testa era quello di non volerla perdere per nessunissima ragione, anche se avevano difficoltà a comunicare, anche se litigavano, anche se… tutto.
 
«Quello che provo non c’entr-»
 
«Sì che c’entra, invece!» la interruppe lui «Come puoi dire che non c’entra?!»
 
«Lo dico perché è la verità. Quel che proviamo uno per l’altra ha una certa importanza, ma da solo non basta».
 
«Sì che basta! Non-»
 
«Tu e io ci amiamo, sbaglio? Eppure guarda come siamo ridotti… noi due! Noi, che stavamo talmente bene da pensare di passare la vita intera insieme! Come fai a dire che basta, Beerus?»
 
«Io non ho cambiato idea, penso tuttora di voler passare la vita insieme, anche se siamo messi così. Continuerei a pensarlo anche se fossimo messi peggio, a dirla tutta» aggiunse «Eri seria quando dicevi di chiudere? Tu credi davvero che divisi staremmo meglio? Perché io invece non lo credo affatto e- no, non interrompermi, per me è già molto difficile fare discorsi di questo genere» la bloccò, vedendo che stava per dire qualcosa «Dovresti sapere come sono fatto. Anise, io sono convinto che lasciarci sia l’alternativa peggiore tra tutte, quindi non intendo chiudere. Non mi passa neppure per l’anticamera del cervello, né dovrebbe passarci a te, se davvero quel che senti non è cambiato. Finché siamo insieme c’è sempre la possibilità di lasciarci alle spalle tutto questo macello, prima o poi».
 
“Come no! Poi le città smetteranno di farsi la guerra, Whis diventerà una persona decente, Calida lascerà il suo ruolo di Ulthmeer a-ghekavary per andare a fare la ballerina in un locale notturno e si farà vivo il vero Coniglio Assassino di Caerbannomeer alla testa di un’armata di conigli carnivori che andrà a conquistare tutta la valle” pensò la Lusan, trattenendo una risata amara come veleno.
 
Non riusciva a credere alle parole di Beerus -soprattutto in previsione di quel che stava per fare a sua insaputa-  però non riusciva neppure a smettere di sperare in un miracolo che salvasse la sua relazione con la persona che amava più di chiunque altra.
Doveva ancora capire da dov’era venuta l’idea di proporre di troncare la loro storia, da dove aveva trovato il coraggio, sapendo benissimo che sperava nelle stesse cose in cui sperava Beerus e che per lei sarebbe stata dura esattamente quanto lo sarebbe stata per lui.

Era complicato.
Molto complicato.

 
«Sì. Prima o poi» ripeté Anise, senza particolari inflessioni «Tu comunque devi scusarti con Champa o perlomeno fargli presente che non lo preferiresti morto, perché non sei una persona tanto orribile da desiderare veramente una cosa simile. In tal caso potremmo definire risolto almeno questo aspetto dei nostri problemi attuali».
 
«Tanto il giorno del mio compleanno verrà sicuramente in casa mia a seccarmi, gli dirò due parole in quel frangente» sbuffò Beerus, dopo un attimo di esitazione dovuto al cambio d’argomento improvviso.
 
«Beerus, Champa non verrà al tuo compleanno. Probabilmente non lo farà nemmeno l’anno prossimo o quello successivo, né quello dopo ancora. Tu forse non lo hai capito, ma quest’anno sei andato molto vicino a rischiare di festeggiarlo da solo con Whis» disse Anise «Io mi sono fatta viva perché sei il mio compagno e non volevo aggiungere ulteriore acredine o motivi di divisione tra noi due, Champa però rimane fermo sulla sua posizione».
 
«Quindi non verrà?»
 
«No».
 
Rimasero in silenzio per un paio di minuti, mentre Beerus, perso in pensieri indistinti e sensazioni che neppure lui capiva appieno riguardo la “defezione” di Champa, fissava un punto indefinito della parete opposta.
 
«Tanto avrò con me la sola persona di cui mi importi davvero, se Champabomba Cannoniere non si presenterà, beh, fatti suoi» concluse l’Hakaishin, atono.
 
«Quel giorno chiamalo almeno per fargli gli auguri, sarebbe un minimo segno di distensione».
 
«È lui quello che non vuole venire al mio compleanno per colpa di una litigata» ribatté Beerus «Come se pugni e litigi fossero una novità!»
 
«Sai benissimo che non è stata una litigata normale, se poi vogliamo continuare a prenderci in giro è un altro discorso. Il giorno del vostro compleanno lo chiameremo».
 
«Non ti prometto nulla» borbottò il dio «Cambiamo discorso. Ora come ti senti?»
 
«Un po’meglio di come mi sentivo quando sei arrivato. Credo che entro domani sarò del tutto a posto» disse Anise «O almeno lo spero. Già ti avviso che quasi sicuramente Calida si farà vedere già domattina…»
 
«Lei cosa c’entra?!» scattò subito Beerus, già prontissimo a sospettare che in realtà la vera ragione di quei malesseri di Anise fosse proprio Calida.
 
«È andata via prima che arrivassi tu e ha assistito al “momento strano”» spiegò Anise «Ha fatto quel che ha potuto per darmi una mano, voleva perfino restare qui, se non lo ha fatto è perché io le ho detto che avrei fatto una dormita e l’ho convinta a tornare in città».
 
«Hm» si limitò a dire Beerus, per nulla desideroso di dare inizio all’ennesima discussione «Anche io però voglio restare nelle vicinanze. Voglio sincerarmi personalmente delle tue condizioni».
 
«Nelle vicinanze?»
 
«Non sono sicuro che tu voglia dormire con me» mugugnò lui, sostenuto «Ripeto: solo dormire. Anche perché, al di là del resto, non sei perfettamente in salute».
 
«Per me non ci sono problemi, possiamo condividere il letto».
 
Beerus annuì. «Bene».
 
«Bene. Ti va un infuso?»
 
«Per una volta posso farlo io» si offrì l’Hakaishin «So dove sono le miscele e per mettere a bollire dell’acqua non serve essere dei geni».
 
«Preparare un infuso non costa fatica».
 
«Lo so ma preferirei che tu stessi a del tutto a riposo, per oggi» ribatté il giovane.
 
«Qualcuno però dovrà occuparsi della cena, dopo».
 
«Whis ha sempre del cibo con sé, ci arrangeremo con quello. Non dovrai preoccuparti di niente, Anise».
 
«D’accordo» cedette la lince, e capendo che in alcun caso lui avrebbe cambiato idea si sedette su un divanetto «Ti ringrazio».
 
«Sei la mia Iarim Neiē, occuparmi di te quando ne hai bisogno è mio dovere e soprattutto mia precisa volontà. Ho quasi una settimana da recuperare».
 
«Non preoccuparti».
 
«Invece mi preoccupo. Se si tratta di te non posso farne a meno, indipendentemente da tutto» replicò Beerus «Faccio l’infuso».
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 

“Stavo per dimenticarmene: Anise ha detto di avere avuto qualche piccolo fastidio a livello fisico oggi, ‘cose da donne’, non ho approfondito. Questa sera sembra essere stata bene…”

“È così, non ho avuto fastidi”.

“Ma nel caso in futuro debba avere di nuovo problemi pretendo che te ne occupi tu personalmente al massimo delle tue capacità, Whis. Ci siamo capiti?”

 

 
 
Quando Beerus gli aveva detto quelle cose subito dopo cena, Whis non si era stupito poi così tanto: le altre due volte in cui Anise aveva avuto il ciclo -“cose da donne”, solo di quello poteva trattarsi- era stato piuttosto doloroso, seppur molto breve, dunque era perfettamente plausibile che avesse avuto dei fastidi.
Eppure eccolo lì, alle una di notte, ancora sveglio e intento ad ascoltare l’orologio che scandiva i secondi con un leggero ticchettio, incapace di lasciarsi andare a un sonno che sarebbe servito più che altro a far passare le ore con maggior rapidità.
Non si era neppure cambiato d’abito, limitandosi a togliere le scarpe e a lasciare l’aureola fluttuare accanto al letto.
 
“C’è qualcosa che non va. Non so cosa sia, ma ho questo presentimento”.
 
Cercò di fare mente locale, eppure non riuscì a identificare quale potesse essere la causa di tanta inquietudine, uno stato d’animo che normalmente non gli apparteneva affatto. La sua era una razza di creature in cui “sentire” era un po’inibito -e diventava ancor più inibito con il passare dei secoli- e, dunque, poco abituata al turbamento.
 
“Anche se a dire il vero sono oltre due anni che mi sento molto meno tranquillo del dovuto” sospirò.
 
Era passato del tempo, eppure Whis si scopriva a maledirsi ancora per aver abbandonato Beerus nella foresta.
Probabilmente non avrebbe mai smesso di farlo.

 
Due leggeri colpi contro la porta interruppero il suo flusso di pensieri, lasciandogliene in mente uno soltanto: “Ecco, avevo ragione”.
 
«Whis?...»
 
Aveva immaginato che non si trattasse di Beerus appena aveva sentito bussare.
Per qualche istante fu terribilmente tentato di fingere di dormire e lasciare chiusa quella porta, tuttavia si rassegnò presto al fatto che non poteva permetterselo. Se Anise lo stava cercando a quell’ora, una volta certa che Lord Beerus dormisse profondamente, doveva essere per qualcosa che avrebbe fatto meglio a non ignorare.

«Avanti».

 
La porta si aprì, e Anise entrò rapidamente nella stanza. «Non chiedermi perché ma immaginavo che fossi sveglio».
 
«E lei non mi chieda perché, ma immaginavo che sarebbe successo “qualcosa”» replicò lui.
 
«A dir la verità il “qualcosa” è già successo da qualche mese» disse Anise «Ho voluto nascondere la testa sotto la sabbia, ho voluto crogiolarmi nelle mie speranze e convinzioni, ho voluto chiudere gli occhi dinanzi all’ovvietà… ormai però non posso più farlo».
 
«Capisco, capisco. Si è resa conto che la sua relazione con Lord Beerus ormai è giunta al capolinea» annuì l’angelo, con un’espressione di dispiacere alquanto falsa «Immagino sia dura da accettare».
 
«Sono incinta».
 
«Ohohohohoh! Non è uno scherzo che possa funzionare, Lady Anise, sappiamo tutti che lei non può restare incinta» minimizzò Whis.
 
«Preferirei anch’io che fosse uno scherzo, peccato che invece non lo sia affatto. Aspetto un figlio da Beerus» scandì la Lusan, con espressione funerea «E sebbene non ritenessi che potesse esistere un momento giusto per una mia gravidanza, quello attuale è il più sbagliato in cui poteva capitare una cosa simile».
 
Il sorriso dell’angelo svanì nel capire che purtroppo Anise stava dicendo sul serio: era incinta, o comunque credeva davvero di esserlo.
Fece comparire il bastone in una mano, aggrappandosi quasi con “disperazione” alla speranza che a essere valida fosse la seconda teoria, ma una volta effettuato un rapido controllo capì che era stata una speranza vana.
 
«Lady Anise… lei doveva essere sterile. Sterile» ripeté, cercando di contenere l’agitazione crescente «Non può essere rimasta incinta, è una cosa impossibile!»
 
«Lo credevo anche io. A quanto pare sbagliavo».
 
Anise incinta del suo Hakaishin.

Non era reale, non doveva esserlo: evidentemente si era addormentato senza rendersene conto e ora stava sognando quella che per lui sarebbe stata una rogna immensa, non c’era altra spiegazione.
O meglio, c’era, ma lui si rifiutava di accettarla. «Questo è un incubo» mormorò.

 
«Sarebbe bello, però purtroppo non è così».
 
L’angelo si passò una mano sul volto. L’imprevedibile era accaduto, dunque non restava altro da fare se non agire di conseguenza. «Lady Anise, spero che abbia conservato sufficiente buonsenso da non pensare di portare avanti la gravidanza e/o di parlare di questo fatto al suo compagno. Lei è già una distrazione sufficiente per Lord Beerus, anzi, oserei dire che da qualche mese a questa parte sia diventata eccessiva. Se ora aggiungessimo un neonato all’equazione farei prima a cercare un candidato per prendere il posto di Lord Beerus, un candidato che al momento non c’è. Non c’è!» ripeté, frustrato.
 
«Io per l’appunto avevo deciso di interrompere la gravidanza e di non informare Beerus. A sentire quel che dici i miei pensieri erano sensati, sebbene sappia che, moralmente parlando, informarlo di quel che sta succedendo e delle mie intenzioni sarebbe la scelta più giusta».
 
«Deve anche rendersi conto del fatto che sarebbe un rischio troppo grande. Lord Beerus non ha mai mostrato velleità paterne, del resto è un bambino egli stesso... ma cosa succederebbe se per disgrazia, una volta messo a conoscenza della presenza di questo figlio in arrivo, decidesse imprevedibilmente di volerlo tenere? No, no: lei deve interrompere la gravidanza come aveva deciso di fare e Lord Beerus non dovrà mai e poi mai venire a conoscenza di tutto ciò» concluse Whis.
 
«Lieta di trovarti d’accordo. A questo punto direi che possiamo procedere».
 
«Cosa intende per “procedere”?»
 
Anise sollevò un sopracciglio. «Credevi che fossi venuta da te solo per annunciare la lieta novella? Non puoi essere così sciocco. Cosa pensi che intenda per “procedere”?» si indicò il ventre «Vorrei che ti occupassi del feto e di rendermi sterile per davvero».
 
«No» disse l’attendente «È indubbio che debba abortire, ma se spera che io mi lasci coinvolgere ulteriormente in questa storia si sbaglia. Utilizzi un qualche veleno, si rechi da un qualche medico, faccia quello che serve ma non venga da me».
 
«Se quello che porto in grembo non fosse figlio di una divinità ti assicuro che lo avrei già fatto, noi Lusan abbiamo un infuso di erbe che serve proprio per cose come questa» ribatté lei «Però questo qui È figlio di un dio. Nessuno mi garantisce che suddetto infuso funzioni, proprio come nessuno mi garantisce che non resisterebbe a un aborto “meccanico” che per un qualche miracolo non mi squarci l’utero. Ora, io immaginavo una risposta del genere a parte tua» ammise Anise «Ed è per questo che oggi ho confessato a Beerus di avere qualche “problema fisico”. Lui ti ha detto di occupartene personalmente al massimo delle tue capacità, se non erro».
 
«Lo ha detto perché non sapeva di quale tipo di problema si trattasse» fu la gelida replica di Whis.
 
«Non lo sapeva e, come tu hai detto molto chiaramente, non dovrà mai saperlo. Sono piuttosto sicura che tu possa eseguire questa operazione in modo rapido e indolore per tutti, incluso il feto stesso. Credo siano ben poche le cose che voi angeli non possiate fare».
 
«Se io mi rifiutassi, lei cosa farebbe?»
 
«Tornerei di sopra nel letto facendo in modo di svegliare Beerus “per sbaglio”, gli direi che non sono stata bene, che sono venuta da te e che non hai fatto granché per aiutarmi. Già questo potrebbe causarti diverse noie con lui, perché se vuoi mantenere il silenzio sulla gravidanza non potresti dirgli il motivo per cui ti sei rifiutato di darmi una mano. Presumo che saresti costretto ad accontentarmi ugualmente, sebbene con un giorno di ritardo. Tuttavia» continuò «Nel caso in cui tu ti intestardisca comunque a non aiutarmi, giuro qui e ora che mi farò portare da Beerus -in un giorno totalmente casuale- dalla mazèra più imbranata di cui abbia sentito parlare, facendo una brutta fine piuttosto ovvia. Beerus a quel punto verrebbe a sapere qual era il “problema” che ti sei rifiutato di risolvere. Sono piuttosto sicura del fatto che non vorrebbe sapere più alcunché di te. Dovresti  rinunciare al tuo promettentissimo allievo e cercare un candidato… che “non c’è, non c’è!”»
 
Anise aveva esposto il tutto con una piattezza tale da far sembrare il tutto un brano da imparare a memoria e poi ripetere. Probabilmente era accaduta proprio una cosa del genere, pensò Whis, mentre si rendeva conto di essere stato preso in contropiede: chissà quante volte si era ripetuta mentalmente quel discorso, talmente tante da far sembrare la propria eventuale morte e quella del feto due cose abbastanza “facili” da sostenere. «Si rende conto del fatto che lei in quest’ultimo caso morirebbe, Lady Anise?»
 
«Ti rendi conto…» sussurrò la Lusan con breve un guizzo di paura e disperazione nello sguardo, entrambe cose che fino a quel momento stava cercando di nascondere «Del fatto che questa gravidanza mi ha mandata nel panico e mi sta facendo uscire di testa al punto che, al momento, della mia stessa vita mi importa relativamente poco?»
 
«Mi faccia capire: ha pensato a tutto quel che mi ha detto pur essendo in condizioni del genere?»
 
Anise annuì. «Per forza».
 
Dopo un attimo di completa immobilità, Whis puntò il bastone contro il ventre di Anise. «Per questa volta ha vinto».
 
«Sto per lasciar morire quello che sarebbe potuto diventare un figlio mio e della persona che amo. Lo sto facendo perché ho paura, perché sento che non sarei in grado di essere il tipo di madre che meriterebbe, perché la sua natura “mista” ha troppe incognite, perché suo padre è troppo immaturo, perché al momento la situazione in generale è pessima e perché la mia relazione sta andando già abbastanza male per aggiungere altre complicazioni. È la “necessaria risoluzione di un problema”, non una vittoria».
 
Whis non fece ulteriori commenti, limitandosi a procedere.

Il tutto si svolse in modo molto rapido e fisicamente indolore: il solo segno visibile dell’azione di Whis fu la vista del ventre un po’ gonfio della ragazza tornare a essere piatto com’era sempre stato, e la sterilizzazione non fu minimamente avvertita dalla giovane, che per tutto il tempo non fece che guardarlo dritto negli occhi.
 
«Ho concluso l’operazione con successo, Lady Anise».
 
La Lusan si limitò ad annuire e si sedette sul letto, in completo silenzio, fissando il pavimento con aria assente.
Whis avrebbe preferito che tornasse immediatamente di sopra, però non se la sentì di turbare quegli istanti di “raccoglimento”. Mancava un po’di empatia ma non era così stupido da non comprendere che la ragazza, dopo aver compiuto quella scelta difficile, potesse aver bisogno di un attimo in cui avere l’impressione che il mondo si fermasse assieme a lei.
 
Passò così qualche minuto, prima che Anise rialzasse la testa.
 
«Ebbene» esordì la Lusan «Credo che a questo punto mi sia rimasto da dire solo un altro paio di cose. La prima è “ti ringrazio sentitamente per la collaborazione”».
 
«A buon rendere».
 
«La seconda è che ho pensato a diversi modi con cui far sì che Beerus venga a conoscenza del fatto che io ho preso la decisione di abortire senza informarlo, e che tu  non solo hai approvato una mia scelta moralmente discutibile, ma mi hai perfino aiutata a metterla in pratica. Ti faccio una domanda del tutto teorica: secondo te quanto sono alte le probabilità che il tuo preziosissimo rapporto maestro/allievo vada in fumo?»
 
Il primo pensiero che attraversò la mente di Whis fu un gigantesco “COSA?
Si era perfino abbassato a darle una mano e ora Anise se ne usciva con un’assurdità simile, senza che lui tra l’altro capisse dove voleva andare a parare! Era proprio il colmo. «Non c’è dubbio che la situazione abbia temporaneamente compromesso le sue facoltà intellettive. Anche lei non avrebbe di che guadagnarci».

 
«Io sono una ragazza giovane, sinceramente terrorizzata da quella gravidanza improvvisa al punto di aver avuto un crollo di nervi pesante come non ne ho mai avuti, in una situazione pessima col suo compagno e senza alcun sostegno. Tu sei un essere vecchio milioni di anni tendente a una calma piatta che sfocia nel menefreghismo. Siamo coinvolti nella stessa cosa, ma i motivi che ti hanno spinto ad agire sono un po’diversi dai miei. Credo che Beerus, dopo il primo momento di rabbia verso entrambi, coglierebbe la differenza».
 
«E io credo che non avrei mai dovuto accettare di aiutarla. Mi sono fatto prendere alla sprovvista, non pensando che avremmo potuto andare in un pianeta dalla tecnologia estremamente avanzata che avrebbe potuto fare più o meno quello che ho fatto io» ribatté Whis, pronto a battere il bastone a terra per rimandare indietro il tempo «E così faremo. Per fortuna posso rimediare».
 
«Avresti potuto”… due minuti e trentasette secondi fa».
 
Dopo qualche attimo in cui nessuno dei due fece una mossa, l’angelo lasciò svanire il bastone. Sembrava proprio che quella ragazzina di vent’anni -in realtà ventuno, tra pochissimi mesi- fosse riuscita a tendergli una trappola. «Che cosa vuole? Cosa? Vuole che Lord Beerus si distacchi dal sottoscritto e finisca a lasciare tutto in un colpo di testa dei suoi?»
 
«Io voglio solo che tu ci lasci in pace. Ecco cosa».
 
«L’ho fatto» ribatté Whis «Non ho mai-»
 
«Non pretendevo che cercassi di darci una mano, speravo solo in una vera neutralità da parte tua, quella che mi avevi garantito due anni fa durante il nostro primo incontro, invece ti sei sempre aggrappato a qualunque cosa per cercare di farci litigare. Anche in questa occasione, quando ti sei “dimenticato” di dire a Beerus che lo avevo cercato» aggiunse la lince «Cose come questa non dovranno più succedere, perché io e Beerus abbiamo già abbastanza problemi senza che ti ci metta anche tu. Voglio che tu inizi a rispettare sul serio gli accordi presi, come avresti dovuto fare fin da subito. Se avrò anche solo un sospetto fondato del contrario, Beerus verrà a sapere cos’abbiamo fatto, con tutte le conseguenze del caso -qualunque possano essere. Con questo ho finito» concluse Anise, alzandosi dal letto.
 
«Sa una cosa, Lady Anise? Dopo questo capisco ancora meglio il motivo per cui non mi è mai piaciuta».
 
«Sai una cosa, Whis? Dopo questo non mi piaccio più nemmeno io. In mia difesa potrei dire che se tu fossi stato ai patti fin da subito avrei potuto evitare almeno questa specie di ricatto, ma  non mi giustifica -forse solo fino a un certo punto- né mi consola. Solo una domanda: se ti fossi accorto della gravidanza prima di me, cos'avresti fatto?»

«Quel che andava fatto» rispose l'angelo, dopo una minuscola esitazione «Solo che lei non avrebbe potuto ricattarmi, perché non l'avrebbe mai saputo».
 
Anise, sentito ciò, uscì dalla stanza rapidamente come se l’avesse inseguita un qualche demonio, e appena raggiunto il salotto sentì il bisogno di accasciarsi sulla prima poltroncina cui riuscì ad arrivare.

Aveva ancora il cuore in gola, sentiva perfino la testa girare; mentre provava una sensazione di nausea -e un confuso senso di disgusto verso se stessa, verso la vita, l’Universo e tutto quanto- mista a una sensazione di “vuoto” e generale malessere, si chiese che cosa diamine stesse facendo della propria vita.

Aveva fatto delle scelte coscienti ma si rendeva conto fin troppo bene quanto fossero a dir poco discutibili varie di esse. Non avrebbe pianto su un latte che lei stessa aveva versato, ma aveva pieno diritto sia alla consapevolezza di quel che aveva fatto e quel che stava diventando, sia a farsi schifo da sola; Sola, esattamente come sarebbe stata nell’affrontare tutto ciò, ed era giusto così.

Una pessima persona come lei riteneva di essere non meritava il sostegno di chicchessia. Forse non avrebbe meritato nemmeno di stare ancora insieme a Beerus, anche se era proprio pensare al bene della loro relazione che l’aveva portata a ricattare Whis.

 
Si rannicchiò sulla poltrona combattendo l’impulso di tornare a letto almeno per stringersi al suo compagno, per ascoltare i battiti del suo cuore.
Avrebbe dormito -o meglio, ci avrebbe provato- lì, su quella poltrona, nella vana speranza che l’arrivo dell’alba la aiutasse ad accantonare almeno una parte dei suoi pensieri cupi.
 
 
 

 
 
 
 
 
31/3/2018: oggi voi lettori avrete quasi certamente iniziato a detestare Anise :”D
Avrei diverse cose da dire, ma piuttosto che perdermi in chiacchiere preferisco lasciarle dire a voi (:
Solo una cosa: nel prossimo capitolo dovrebbe esserci un salto temporale di diversi mesi. Della relazione di Beerus e Anise nel periodo -lunghetto- che va dall’aborto fino all’inizio del “patatracchete” non c’è moltissimo da dire… motivo per cui conto di non dedicare a esso chissà quanti capitoli.
Ah, vi avviso anche che esiste la possibilità di un ritardo nella pubblicazione del prossimo capitolo: poi magari non succederà, però ho voluto avvertirvi.

 
   
 
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