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Autore: Elena 1990    01/04/2018    1 recensioni
La storia mai narrata del terribile imperatore dello spazio.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Il tempo passato su Plant fu per me simile a quello dei sogni: confondi le ore con i giorni, i giorni con le ore, come se il tempo avanzasse in maniere diverse a seconda del luogo.
Quando tornai, mi sembrava passato pochissimo tempo ed al tempo stesso un'eternità. Portavo con me il peso dei giorni passati, eppure mi sembrava di essere partito ieri.
Non potevo crederci, quando mi dissero di essere stato via un anno e quattro mesi.
Avevo provato a catalogare quell'eternità su Plant e credevo fossero due settimane, tre al massimo.
Che caspita era successo nel frattempo? Neve? Cooler? Mio padre?
Oh, mio padre mi avrebbe ammazzato.
Allo spazioporto la rividi e fui felice che almeno riguardo lei era tutto come prima.
Mi abbracciò, la strinsi, la baciai, la accarezzai. Mi sentivo le lacrime agli occhi, non credevo a ciò che stava accadendo.
Lei mi guardò preoccupata. Mi disse di sedermi e si allontanò per prendere dell'acqua e del cibo di cui, secondo lei, avevo bisogno.
Mentre la attendevo da solo, vidi giungere due guardie reali. Mi prelevarono. Praticamente fu un arresto senza l'uso delle manette. Mi rattristai per Neve ma non potei far altro che seguirli.
Quando arrivammo a palazzo, albeggiava. La lunga notte era appena finita. Non era la stessa in cui ero partito ovviamente. La nostra Lunga Notte è lunga, ma non così lunga.
Mi condussero nella sala del trono e si congedarono lasciandomi solo con mio padre.
E Cooler.
Non so di preciso cosa mi passò per la mente, ma quando vidi mio fratello seduto comodo al suo solito posto, scattai come una molla.
-- Io ti ammazzo!-- urlai scagliandomi contro di lui.
Preso alla sprovvista lui sgranò gli occhi, si alzò e schizzò via.
-- Dove vai? Vieni qui!-- urlai e lo rincorsi per tutta la sala lanciando colpi dell'aura ed imprecando come un pazzo.
-- Guardiee! Guardiee!-- strillò Cooler.
-- Non fate un passo o farete la sua fine!-- ordinai ai piantoni. -- E piantala di scappare! Se ti muovi non riesco a colpirti!-- sbraitai.
Le guardie si osservarono indecise.
-- Guardie!-- urlò Cold. -- Prendete mio figlio! No non lui, idioti! Il minore!
Le guardie mi trattennero mentre lanciavo a Cooler tutti gli improperi che avevo imparato dai saiyan.
-- Una passeggiata diceva lui!-- ridacchiai. -- Una passeggiata! Aspetta che venga lì, e sai dove ti ficco la tua--
-- BASTA!-- tuonò nostro padre. Si avvicinò a me con passo veloce e mentre le guardie mi tenevano, mi mollò un ceffone tale che lo schiocco risuonò nella sala.
-- Da chi ho dovuto sapere che ti eri mischiato alla feccia saiyan?-- mormorò con lo sguardo colmo di rabbia, stringendo a pugno la mano con cui mi aveva appena schiaffeggiato. -- Dal loro re! Che ha lodato le tue capacità!-- sbraitò sarcastico. -- Mio figlio! Che si fa trattare come un mercenario qualunque! Che divide camere e pasti con quei maiali!
Arrivò un altro ceffone e d'istinto sputai a terra del sangue che mi colava dal labbro spaccato.
Quel gesto fece infuriare mio padre. E questa volta fu un pugno nello stomaco.
Le gambe mi cedettero ma le guardie mi tennero in piedi.
-- Hai perfino la puzza di quei saiyan addosso.-- sibilò mio padre mentre tossivo. Si rivolse alle guardie. -- Toglietemelo dalla vista. Forse un po' di tempo nelle segrete servirà a farlo riflettere.

Dormivo contro la parete di pietra, seduto a terra e ai ceppi, con le catene ai polsi e alle caviglie.
La cella era fredda ma non era comunque peggiore di quel che avevo passato.
Mi svegliò il rumore del chiavistello.
Guardai verso l'entrata e sfoderai la mia espressione più sdegnata, distogliendo lo sguardo.
-- Freezer
-- Vattene.
Cooler avanzò. -- Lascia almeno che--
-- Vattene via non voglio parlare con te.
-- Allora ascolta.
-- Non voglio ascoltare. Solo la tua presenza mi manda in bestia.
-- Forse ti serve altro tempo.
-- Quel che mi serve, è che tu chiuda quella fogna e che mi lasci dormire in pace.
Rimasi di nuovo solo. Di nuovo mi assopii, avvolgendomi con la coda.
Passai lì il giorno seguente e quello dopo. Poi quello dopo e quello dopo ancora.
La sera del quinto giorno, udii di nuovo il chiavistello.
Questa volta era mio padre.
Mi fissò.
Sostenni il suo sguardo.
-- Perché mi hai mentito? Se volevi scendere in battaglia bastava chiedermelo.
-- Non volevo un trattamento di favore.
-- Perché no? Tu sei un principe.
-- I principi non imparano!-- sibilai. -- Sono andato lì perché volevo migliorare, non per pavoneggiarmi come un nobile.
-- Potevi morire. Potevo perdere un figlio. Sai cosa significa?
Abbassai lo sguardo.
-- Uno del popolo che sfida Cooler. Un frammento della comune plebaglia che avrebbe potuto diventare re. Tutto questo a causa tua.
Non risposi.
-- Questa volta mi sono trattenuto. Ma se scopro che mi hai di nuovo mentito non sarò più così clemente.-- fece un cenno alle guardie. -- Sciogliete i ceppi e portatelo nelle sue stanze.
Le guardie obbedirono e mi sollevarono. -- Lo scontro nell'arena con tuo fratello è fra due settimane. Mi aspetto che tu sia in piena forma.-- disse.
Quando toccai il letto mi sembrò di sprofondare. Era così morbido. Troppo morbido. Non aveva niente del freddo metallo, della nuda pietra, non mi grattava e pizzicava la schiena come le grezze brande che avevo occupato fino a quel momento.
Mi girai, mi rigirai e intanto le ore passavano.
Alla fine gettai via le coperte, mi alzai e mi misi a camminare per la stanza, riflettendo in silenzio, beandomi della quiete notturna.
Quanto silenzio. Troppo silenzio.
Mossi la coda e continuai a gironzolare cercando di farmi venire sonno. Mi fermai a guardare un quadro alla parete, un mio ritratto, dove apparivo fiero e regale come un principe. Lo osservai con attenzione, poi abbassai lo sguardo sul grande specchio sottostante.
La vicinanza non era un caso.
Lo specchio era lì perché io potessi ogni volta ammirarmi e ritrovarmi nell'immagine del quadro.
Ma questa volta, l'immagine non era la stessa. Ero dimagrito in maniera spaventosa, potevo vedere le costole occhieggiare sotto la pelle e sentirmi con le mani le ossa delle anche. I muscoli erano più evidenti, le braccia e le gambe più forti, la coda un fascio di nervi pronti a frustare.
Ero sporco. Con un sacco di vecchi lividi e ferite che si andavano rimarginando. E lo sguardo. Forse era la differenza più evidente.
Quello nel quadro e quello nello specchio sembravano due individui diversi.
Smisi di rimirarmi e uscii dalla stanza.
Era molto tardi e nei corridoi non si vedeva nessuno. Di sicuro mio padre e Cooler dormivano e tutta la servitù sbrigava le ultime cose prima di coricarsi.
Scesi nelle cucine dove sapevo ne avrei trovati ancora svegli. Preparavano già gli assortimenti e l'argenteria per la colazione.
Appena entrai si fermarono e si inchinarono.
-- Sire cosa desiderate?
-- Voglio fare un bagno. Fate scaldare l'acqua e portate la tinozza nella mia stanza.
-- Sì signore. Desiderate altro?
-- Sistemate la tinozza sul balcone. Voglio fare un bagno al chiaro di luna.-- feci per andare ma mi fermai. -- Ah e fate sparire quel grosso ritratto dalla mia stanza. Da oggi terrò solo lo specchio.
-- Sarà fatto signore.
In breve tempo ero nella tinozza, nell'acqua bollente, in mezzo al balcone della mia camera con le due lune a farmi da sfondo e il vento gelido a sferzarmi le guance.
Fu meraviglioso, al punto che mi addormentai lì dentro.
Quando mi svegliai, l'acqua era fredda ma non gelata.
Vidi il lontano sole spuntare dall'orizzonte e tingere il ghiaccio di rosa e oro.
Sorrisi.
Era bello essere a casa.
  
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