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Autore: ciabysan    01/07/2009    1 recensioni
Giappone. Urumi ha 17 anni e si è appena trasferita con la sua famiglia in una nuova casa. Quasi per caso, trova in soffitta una fotografia che ritrae una donna, sul cui retro c'è scritto che lo scatto risale a dieci anni prima. Con l'amica Yumi, Urumi tenterà di scoprire l'identità della donna, che si rivela essere la vittima di un assassinio, di cui non si è ancora trovato il colpevole. Le due ragazze sospettano dei due precedenti padroni di casa, ma la verità è un'altra
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il terrore mi pervardeva come un’ascia trancia un collo terrorizzato

Il terrore mi pervardeva come un’ascia trancia un collo terrorizzato. Tremavo come una foglia. In quell’atmosfera così lugubre esistevo soltanto io. Io con la mia paura. Speravo almeno che fosse così. Mi gettai sulla porta urlando e sbattendo le mani “Shuya! Shuya! Cosa succede?”
Cercai di aprire la porta, pressando sulla maniglia come un tic nervoso. Mentre le urla mi confondevano i pensieri. Sentii improvvisamente dei passi avvicinarsi a me.
Il pavimento scricchiolava. Sentivo come se qualcosa mi venisse da sotto le gambe. Abbassai lo sguardo e vidi una scia di sangue che pian piano mi raggiungeva, cercando di prendermi.
E ben presto paura e terrore mi ripresero, spingendomi in un vortice di urla.

Alla fine, presa dal panico, mentre la macchia si estendeva sempre più, presi il porta ombrelli di fianco alla porta e lo scaraventai sull’uscio con forza, fino a sfondarlo. Raggiunsi il corridoio oscuro, continuando ad urlare il nome di Shuya, ma non rispondeva.

Delle urla mi seguivano “Urumi! Urumi!” ed erano così potenti che sembravano fosse di una donna che cadeva dritta dal cielo. Violenza sonora. Violenza pura. Il grido si sovrapponeva ad un pianto acuto che strappava il cuore. L’urlo era tutto intorno a me, come se mi circondasse e non mi lasciasse scampo.

Intimorita, non persi comunque  l’occasione di scendere velcocemente le scale, con il terroe che mi prendeva con le tenaglie della morte le vene della paura.

“Shuya! Shuya” lo chiamavo a voce alta. L’avrei cercato e una volta trovato saremmo usciti insieme da quella porta, ma non riuscivo a trovarlo. Ogni stanza in cui entravo Shuya non c’era.

Ritornai all’ingresso di fronte alle scale, ormai decisa ad uscire. Poteva darsi che Shuya era uscito dalla paura, spaventato da qualcosa come lo ero io, ma non appena appoggiata la mano sulla maniglia notai che la porta era chiusa a chiave. Sussultai poi, sentendo gracchiare gli scalini, come se qualcuno stesse scendendo a prendermi. Cercai di guardare con la coda dell’occhio quell’ entità, ma riuscii a voltarmi, vedendo chiaramente Kayako Fukamoto in cima alle scale.

Gridai. Era vestita proprio come nella fotografia: abito bianco e maglioncino rosa e mi sorrideva.

Scendeva lentamente le scale, mentre una ferita da sopra la testa cominciava a perdere sangue a fiotti. Sangue che colava sul suo vestito, per terra, sulle gambe. Il suo volto cominciò a diventare completamente rosso. La ragazza poi, sempre continuando a scendere, infilò l’indice sinistro nella ferita, raschiando il cervello a livello sottoepidermide, facendo scorrere altro sangue che le colava sul bordo della mano, formando orchidee sanguignee sul gradino di legno.
Ero spaventata. Scattai di colpo e mi rifugiai in cucina, cercando di aprire la porta sul retro, ma caddi prima ancora di raggiungere la maniglia.
“Urumi!” gridò ancora quella voce che mi attanagliava.
Annaspai e raggiunsi la porta a quattro zampe. Ero così terrorizzata che le gambe non riuscivano a reggermi. Mi voltai sedendomi.

Kayako era all’ingresso della cucina, letteralmente coperta di sangue: dalla testa ai piedi.

Era zitta ma il grido continuava a contorcersi nell’atmosfera.

Cercai di raggiungere la maniglia con la porta, mentre le mie gambe tremavano e il mio guardo rimanevano fissi su quella fantasmessa sanguinaria.
“Urumi!Urumi!” solo allora mi accorsi che quel grido veniva dentro da me.

Non ero io ad urlare. Era qualcosa nel mio corpo a scatenare quell’urlo.
Cominciai ad aver paura di me stessa. All’improvviso uno squarcio tagliò il mio collo e mi sentii morire. Vedevo in modo sfuocato che il sangue copriva il pavimento con schizzi lunghi. Sembravo una fontana vivente. Mi sentivo sempre più fragile, così tanto da non sentirne il dolore.

“Urumi! Urumi! Urumi stai bene?” una voce lontana mi chiamava con amore. Aprii gli occhi.

Ero in cucina ma non c’erano né Kayako né il sangue che perdevo. Davanti ai miei occhi c’era solo Shuya, che mi guardava terrorizzato “Che cosa è successo?”

 

  
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