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Autore: Signorina Granger    03/04/2018    4 recensioni
[Jude Verräter x Isabelle Van Acker]
“Jude, non voglio limitarti o essere un peso.” Isabelle prese il bambino dalle braccia del marito, accarezzandogli distrattamente i lisci capelli castani mentre teneva gli occhi fissi su Jude, che però le rivolse un sorriso rassicurante, sfiorandole una spalla:
“Non sarai mai un peso. Te l’ho già detto, sono felice se so che tu stai bene.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Night School '
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Nda: I paragrafi seguono un ordine cronologico, ma si collocano in momenti diversi e anche piuttosto distanti tra loro, partendo dalla prima OS della raccolta “Jude & Isabelle” fino a dopo rispetto alla quarta.

 
You are my happiness


Jude, dopo aver ripulito il piatto, fece per lasciare il tovagliolo sul tavolo e alzarsi, ma Isabelle – che gli era arrivata alle spalle senza che lui l’avesse minimamente sentita – non sembrò dello stesso avviso e gli servì senza tante cerimonie un’altra generosa dose di purè.

“Ehm… Veramente, sarei a post-“
“Sei troppo magro. Devi mangiare. Potrei sollevarti, volendo.”
“Non credo proprio, sono alto venti cm più di te.”
“Questi sono solo dettagli. Mangia.”

Il tono della ragazza fu così perentorio da togliergli ogni voglia di replicare, limitandosi ad annuire mestamente prima di riprendere la forchetta in mano. Isabelle lo guardò brevemente prima di sorridere e annuire con fare soddisfatto, girando suo tacchi per rimettere la terrina a posto.


*


“Oggi sono andato a prendere il vestito con Steb.”
Jude stava leggendo il giornale quando parlò, tenendolo pigramente con una mano mentre stringeva il manico della tazza piena di caffè nell’altra, portandosela alla labbra mentre la fidanzata, seduta di fronte a lui, parve illuminarsi alle sue parole:

“Davvero?! Com’è?”

“Non te lo dico.”
“Dai, sono curiosa!”

“Tu mi diresti com’è il tuo?”
“Beh, no, ma io sono la sposa, è diverso! Non puoi tenermi sulle spine fino al matrimonio, mancano settimane!”

Isabelle sbuffò, guardandolo con aria implorante mentre Jude invece sorrideva, quasi divertito, scuotendo leggermente il capo e ripiegando il numero della Gazzetta del Profeta per lasciarlo sul tavolo, davanti a sè:

“Scusa, dovrai aspettare.”
“Va bene, spero solo che tu e Steb abbiate scelto con un po’ di gusto… non è bianco, vero?!”
“Mh, forse.”
“Non ci provare neanche, il bianco sarà il mio colore, quel giorno!”
“Sei solo invidiosa, perché sta bene anche al sottoscritto.”

“Ci siamo già vestiti abbinati una volta Jude, proprio di quel colore. Non fu una bella serata.”

Il sorriso si smorzò sulle labbra di Jude, che dal tono della fidanzata e dal suo sguardo cupo intuì che il momento di scherzare era finito. Appoggiò la tazza sul piattino e le sorrise, facendole cenno di avvicinarsi. 
La guardò alzarsi e fare il giro del tavolo senza dire niente, facendola sedere sulle sue ginocchia e mettendole un braccio intorno alla vita prima di sorriderle, accarezzandole I capelli castani:

“Hai ragione, scusa. Non mi vestirò di bianco, te l’assicuro…”
“Ok.”
“Eri bellissima, comunque, con quel vestito. Non credo di avertelo detto, quella sera.”

“Ma se una volta, poco tempo dopo, mi hai apostrofata come “orribile” e mi hai consigliato di andare in giro con un sacco in testa!”
“Davvero? Probabilmente era per mascherare quanto mi piacessi.”

“Che idiota.”

Isabelle gli rivolse un’occhiata esasperata che lo fece ridacchiare prima di concentrarsi sul suo caffè, inarcando un sopracciglio:

“Jude, ci hai messo dentro dello scotch?”
“Forse.”
“Ma è pomeriggio! Prima o poi farò sparire quella dannata bottiglia.”
“E io ne comprerò un’altra.”
“Sei impossibile!”
“Pazienza, ormai hai accettato di sposarmi, non hai più scampo.”


*


“Ragazze?”

Jude aveva appena messo piede nel salotto e stava per sfilare il mantello, guardandosi intorno per cercare qualche traccia della moglie o della figlia, quando venne travolto dall’abbraccio di Isabelle, che gli saltò praticamente in braccio gettandogli le braccia al collo. 
Jude l’afferrò prontamente per le gambe, issandosela in vita mentre la moglie lo baciava, sorridendole quando lei si staccò, accarezzandogli i capelli:

“Ciao. Come mai un benvenuto così caloroso?”
“Ho novità! Tra poco saremo in quattro!”

“In quattro?”

Jude sbattè le palpebre, mettendo a posto i pezzi mentre la vocina della figlia giungeva alle sue orecchie e la bambina, sorridendo felice, sgambettava verso di lui con le braccine tese per essere presa in braccio a sua volta:

“Pa!”
“Sei incinta?!”
“Sì! Cos’è questa faccia, ne abbiamo parlato tanto!”

Jude sorrise, rimettendo Isabelle con i piedi per terra prima di baciarla e ignorando brevemente la manina che gli stava tirando i pantaloni. 

“Scusa, mi hai colto di sorpresa… è meraviglioso, Belle. Speriamo solo che questa volta sia un fratellino, vero Trixie? Hai fatto la brava oggi?”
Jude sorrise mentre si chinava per sollevare la figlia, che gli mise le mani sul viso prima di annuire:
“Sì!”
“Ci devo credere? Mamma, ha fatto la brava?”
“Sì, ma ha fatto un po’ di capricci perché voleva il papà, prima…”

“Ma davvero? Anche tu mi sei mancata, cucciola…”

Jude sorrise alla figlia prima di darle un bacio sulla fronte, annunciando che avrebbe giocato un po’ con lei prima di cena. Lasciò la bambina sulla sua copertina e fece per inginocchiarsi accanto a lei, ma si voltò verso la moglie quando si sentì chiamare, guardandola sorridergli con calore:

“E pensare che non eri sicuro di essere fatto per la paternità.”
“Beh… le persone cambiano. Nessuno lo sa meglio di noi.”


*

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Jude era seduto sul letto, un libro in mano, ma alzò lo sguardo quando sentì i passi della moglie e si ritrovò a sorridere subito dopo, guardandola con aria divertita mentre Isabelle, invece, incrociava le braccia al petto e lo fulminava con lo sguardo:

“Eccoti qui… ti sei vestita da Arlecchino, Belle?”
“Non rompere Verräter, nel caso non te ne fossi accorto sono incinta, cosa vuoi che mi metta? Non serve che tu mi prenda in giro perché sono grassa!”

“Non sei grassa, sei bellissima. Stavo scherzando… vieni qui.”

Jude sorrise, facendole cenno di avvicinarsi e guardandola sbuffare mentre obbediva, sedendo accanto a lui e appoggiando la testa sulla sua spalla borbottando sommessamente qualcosa:

“Tra un mese mi dovrai far rotolare fuori di casa…”
Jude roteò gli occhi, appoggiando delicatamente una mano sul suo pancione prima di sorridere:
“Esagerata, non succederà mai. Audrey come sta?”
“Quando si è deciso che la chiameremo così, esattamente?”
“L’ho deciso questa mattina, in effetti.”
“E io non ho voce in capitolo, da conto che sto ingrassando?!”

“Consideralo un risarcimento per tutte le volte in cui mi hai costretto a vedere Sabrina.”
“Beh, infondo è carino. Sicuro di non volerla chiamare Magda?”
“Non dirlo neanche per scherzo.”


*


Isabelle si svegliò in un bagno di sudore, mettendosi a sedere di scatto sul materasso e trattenendo a stento un urlo mentre, tremando, si spostava il più possibile verso la sponda del letto. 
“Belle, cosa…”

La luce della camera si accese e Isabelle chinò il capo, nascondendosi il viso pieno di lacrime tra le mani mentre scuoteva il capo con veemenza, mormorando qualcosa che Jude, mentre la guardava con un misto di preoccupazione e confusione, non capì. 
Non subito almeno.

Poi realizzò che la moglie lo stava implorando, anche se sperò di aver frainteso e che lei non glielo stesse davvero chiedendo.

“Belle…”
“Per favore, dormi di là, devo stare sola. Per favore.”

“Isabelle, non voglio lasciarti da sola…”
Fece per allungare una mano e toccarle una spalla ma lei si scostò, deglutendo a fatica e continuando ad evitare di guardarlo mentre si stringeva le gambe con le braccia tremanti, scuotendo la testa e parlando con voce rotta:

“Ti prego, non riesco a dormire se sei qui. Non sopporto di sentirti respirare.”

Jude esitò, sentendosi raggelare a quelle parole prima di annuire, mormorando un debole assenso prima di prendere il suo cuscino e scivolare fuori dal letto. 

Quando sentì la porta chiudersi Isabelle tirò un debole sospirò di sollievo, lasciandosi ricadere sul materasso e girandosi su un fianco, dando le spalle alla finestra e lasciando la luce accesa, continuando a piangere in silenzio.


Sarebbero dovuti passare quasi quattro mesi prima che Jude rimettesse piede in quella stanza.


*


“Sono andata a fare l’ecografia, stamattina.”

La voce di Isabelle ruppe il silenzio che aleggiava quasi costantemente tra loro da qualche settimana, portandolo a sollevare di scatto lo sguardo sulla moglie. 
Si sentì quasi… ferito, avrebbe voluto saperlo, accompagnarla. Ma lei non glie ne aveva fatto cenno e si trattenne dal chiederle il motivo, schiarendosi la voce prima di parlare:

“Cos’ha detto?”
“Sembra vada tutto bene. È un maschio.”

Isabelle continuò ad evitare di guardarlo, gli occhi fissi sul giornale che teneva in mano, mentre lo stomaco di Jude si contorceva, felice e demoralizzato al tempo stesso.
Quando avevano scoperto di aspettare un terzo figlio non aveva certo immaginato la gravidanza in quel modo… fatta di silenzi e distanze. 

“Sono contento. Tu sei felice?”

Isabelle annuì ma non disse nulla, sfiorandosi distrattamente il ventre ormai arrotondato mentre Jude continuava a guardarla, ripensando alle prime due gravidanze della moglie, fatte di sorrisi, risate, discussioni infinite per i nomi, baci e carezze sul suo pancione. 

Lei non gli aveva nemmeno permesso di toccarle il ventre per sentire il suo bambino. 

E se non fossero riusciti ad amarlo?


*


Quando sentì le urla si mosse d’istinto, alzandosi di scatto dalla sedia e voltandosi verso la soglia della stanza, il cuore in gola. Non erano le figlie, ma Jude.
Esitò, ma poi Isabelle si mosse verso il corridoio, seguendo la direzione della voce del marito e intuendo cosa stesse per trovarsi davanti. 

Una situazione che non era sicura di essere in grado di riuscire a gestire, in quel momento. 


“Vattene, Van Acker…”  
La testa gli doleva paurosamente per lo sforzo di tenerla sollevata e guardarla, parlando a fatica e riconoscendo a stento la sua voce… la guardò, quasi implorante, ma lei scosse il capo, guardandolo con fermezza e preoccupazione:
“Scordatelo. Respira, Jude… va tutto bene.” 
Gli sorrise lievemente e allungò un braccio, sistemandolo dietro la sua schiena per stringere a sé quel ragazzo tremante e così fragile in quel momento.

Isabelle si fermò sulla soglia dello studio di Jude, deglutendo mentre i suoi occhi verdi si posavano sul corpo del marito, accasciato sul pavimento e preda dei tremori. Jude si teneva la testa tra le mani e gli occhi aperti a fatica, che si posarono su di lei, erano lucidi e arrossati, carichi di una nota implorante. 

Sapeva cosa fare. Lei gli si sedeva accanto, lo prendeva tra le braccia e lo rassicurava a bassa voce, accarezzandogli i capelli neri finché non si calmava. 
Jude aveva davvero bisogno di lei, in quel momento, lo sapeva, glielo leggeva in faccia… ma non riusciva comunque a muoversi. 

“Io… non… non posso.”
“Ti prego, Isabelle…”


Jude forse avrebbe voluto allontanarsi, dirle di andare via di nuovo… ma proprio non riuscì a muoversi, trattenendosi dall’urlare e mordendosi il labbro tanto forte da farsi lacrimare gli occhi. 
La sua mano era ancora stretta convulsamente su quella più piccola di Isabelle, che dopo qualche istante la fece scivolare dalla sua presa. E Jude si ritrovò a boccheggiare, la vista annebbiata mentre muoveva la mano, cercando la sua di nuovo… se da una parte non voleva che lei lo vedesse in quello stato, dall’altro aveva davvero bisogno di sentirla vicino a lui.
“Va tutto bene Jude… sono qui.”


La voce di Jude, rotta, flebile e così bassa da non somigliare nemmeno alla sua, le procurò una fastidiosa morsa allo stomaco, dicendosi che non poteva voltargli le spalle.
Lo stava trattando malissimo da settimane, anche se non volontariamente… non riusciva a parlargli e faticava a guardarlo negli occhi, ma era suo marito. Il suo Jude.

Così si mosse, raggiungendolo e inginocchiandosi con un po’ di fatica a causa del pancione per prenderlo tra le braccia, guardandolo rilassarsi leggermente e sospirare di sollievo. Nascose il viso nell’incavo del suo collo mentre lei gli accarezzava i capelli, assicurandogli che andava tutto bene.

E nonostante il dolore lancinante alla testa e il tremore fastidioso, Jude in quel momento si sentì bene come non gli succedeva da settimane, da quando la mattina dell’”incidente” di Belle era stato svegliato dalla moglie con un bacio e una carezza sul viso, accompagnati dal suo caldo sorriso mentre si era accoccolata su di lui, mugugnando che non voleva se ne andasse dal letto e che voleva il suo termosifone personale. 

La mano di Jude scivolò quasi senza volerlo sul pancione della moglie, appoggiandola su di esso mentre cercava di respirare normalmente e Isabelle lo stringeva dolcemente, mormorandogli parole dolci all’orecchio. 

“Belle...”

Aveva sempre amato come pronunciava il suo soprannome, con velato accento ma con un’accezione comunque molto dolce. Lo sentì sospirare, con il tempo le sue crisi erano migliorate e non perdeva più i sensi, ma non si mosse, restando ancorato a lei con sollievo, ben lieto di trovarsi al suo posto, ossia tra le sue braccia. 


Gli sorrise e gli sfiorò i capelli neri con le dita, senza distogliere lo sguardo dal suo viso mentre Jude deglutiva a fatica, continuando ad essere in quello strano, assurdo, doloroso limbo.
Da una parte continuava a sentire quelle voci, rivivere i ricordi della sua tremenda infanzia e dell’ultimo, difficile periodo alla Cimmeria… dall’altra era cosciente e vedeva Isabelle, sentendo il suo braccio sorreggerlo. 
Isabelle guardò la mano del ragazzo che tremava paurosamente e la strinse di nuovo, facendolo quasi sospirare di sollievo. 
Jude si mosse leggermente, appoggiandosi a lei e sistemando il capo tremante nell’incavo del suo collo, respirando quel dolce profumo di tulipani mentre lei continuava a parlargli a bassa voce, accarezzandogli i capelli:
“Rilassati Jude… non me ne vado.”


Ma in un attimo tutto si ruppe: Isabelle si mosse di scatto, scivolando sul pavimento e alzandosi, balbettando delle scuse ma che non poteva, non ci riusciva. 

“Belle, ascoltami, ti prego…”
“Non posso. Scusa.”

E poi Isabelle fece quello che meglio le riusciva quando era in difficoltà: si allontanò.


E forse infondo non voleva che lei se ne andasse, proprio per niente. 



*


Jude sbuffò leggermente, seduto sullo sgabello mentre teneva la bacchetta puntata pigramente contro l’uomo che si stava contorcendo sul pavimento, ignorando le sue urla. Cessò momentaneamente di torturarlo e la sua voce risuonò nell’ampia stanza, quasi annoiata:

“Te lo richiederò di nuovo… Dov’è lei?”
“Io non… non ne ho idea!”
“Non può sparire nel nulla, nemmeno LEI può farlo. Non può non aver lasciato tracce a nessuno, tiene troppo ai suoi contatti e all’impero che ha costruito. Dov’è?!”

“Non lo so.”
“Sai che cosa ha fatto? Sai perché voglio trovarla? Ha fatto violentare mia moglie, da tre uomini. Ed era incinta. Mi ha tolto mia moglie, mi ha tolto tutta la mia vita, e ora deve pagare con la stessa moneta.”
“Tua moglie è morta?”
“No, ma è come se l’avesse uccisa. Non sopporto l’idea che abbia sofferto tanto, non sopporto l’idea che altri uomini l’abbiano toccata, specie contro la sua volontà… è disumanizzante, ti toglie la dignità. E ora lei non mi ama più. Perciò dimmi dov’è, ora.”


*


“Secondo te riuscirò ad amarlo come amo loro?”

Jude, quando ebbe sentito la voce della moglie, impiegò qualche istante per rendersi conto che la donna si era rivolta a lui: ormai, del resto, succedeva alquanto di rado che Isabelle gli parlasse, a meno che non fossero in pubblico.

Stava scrivendo una lettera ad Adrianus, seduto su una delle poltrone sistemate accanto al camino in quel momento acceso, ma alzò lo sguardo per posarlo sulla moglie quando la sentì parlare, trovandola seduta sul divano con gli occhi fissi sul suo pancione mentre lo sfiorava distrattamente con le dita sottili.

Jude esitò, osservandola per un attimo prima di annuire e distogliere lo sguardo:

“Certo. Io gli vorrò bene tanto quanto ne voglio a Trixie e ad Audrey. E anche tu, ne sono certo.”

Isabelle non rispose e Jude intuì che non era molto convinta dalle sue parole, ma preferì non insistere come avrebbe fatto in un altro contesto e si limitò a tornare a concentrarsi sulla lettera che stava scrivendo. Era certo che Isabelle sarebbe rimasta in silenzio, dopotutto nelle ultime settimane quando erano da soli stavano per lo più in silenzio – le volte in cui Isabelle restava nella sua stessa stanza, certo –, ma la strega parlò di nuovo, con un tono così basso che per poco Jude non la sentì:

“Mi dispiace.”


*


“Ho paura che le cose non torneranno mai come prima.”
“Tu vuoi che sia così?”
“Certo che sì. Non riesco a parlargli normalmente, ma non lo voglio perdere… a volte mi comporto come se la presenza mi infastidisse e forse sotto un certo punto di vista è così, ma la verità è che l’idea di perderlo mi spaventa più della sua vicinanza.”

Isabelle sospirò, osservando la tazza di the che la madre le aveva messo tra le mani con aria cupa mentre Amelie, invece, le sorrise con calore:

“Belle, Jude non si stancherà di aspettarti, se è questo che ti preoccupa. Anche se dovessi trattarlo malissimo resterebbe comunque, ne sono sicura.”
“Tu credi?”
“Assolutamente… e mi stupisce che tu possa pensare il contrario! Insomma, hai un pessimo carattere e lui ti sopporta da tutto questo tempo, povero ragazzo…”
Amelie sospirò con aria grave prima di portarsi la tazza alle labbra, ignorando l’occhiata torva che la figlia le rivolse:
“Grazie mamma.”
“Sì, hai preso da tuo padre.”

*


Chiuse il libro che teneva in mano quando sentì la porta del bagno adiacente alla camera da letto aprirsi, posando lo sguardo sulla moglie. 
Jude piegò le labbra in un sorriso nel rendersi conto che Isabelle indossava un pigiama suo, piuttosto largo per lei sulle spalle e sulle maniche, ma la strega sembrò non farci caso e si avvicinò rapidamente al letto, le braccia strette al petto. 

Il camino era acceso e le fiamme disegnavano arzigogolati ghirigori sulla parete di fronte, sul copriletto imbottito sotto al quale Isabelle s’infilò, rabbrividendo leggermente per il freddo mentre il marito, sorridendo, appoggiava il libro sul comodino e le sorrideva, facendole cenno di avvicinarsi.

Ed ecco che, ancora una volta, arrivava il momento della giornata che si ritrovava ad aspettare con trepidazione ogni giorno: quando lei si rannicchiava tra le sue braccia e lui si sentiva finalmente felice, potendola sfiorare, toccarle i capelli dopo aver passato mesi senza poterlesi avvicinare. Per lo meno adesso gli permetteva di toccarla e gli parlava molto più spesso. 

Isabelle si appoggiò a lui mentre il marito le rimboccava le coperte, assicurandosi che stesse al caldo prima di abbracciarla.
Possibile che fosse dimagrita tanto da quando era incinta? Aveva praticamente smesso di mangiare, da dopo lo stupro… così come lui, in effetti.

“Domani è sabato… vuoi fare qualcosa in particolare? Portare le bambine di qualche parte.”
“Fa freddo… restiamo qui.”

Jude sorrise e annuì, improvvisamente allegro mentre le accarezzava i capelli:

“Ok. Come vuole la mia signora.”
“Smettila…”
“Lo sai, sono sempre al tuo servizio. Mi mancavi, Belle.”


*


Negli ultimi cinque mesi Isabelle aveva iniziato a dormire molto meno, a soffrire praticamente di insonnia, ormai le occhiaie erano diventate quasi permanenti sul suo viso. 
Oltre s far fatica ad addormentarsi, le capitava spesso di svegliarsi più volte nel cuore della notte, magari piangendo o urlando… e dopo una serie di sogni che si ripetevano di continuo, che le facevano rivivere quella sera, Isabelle aveva quasi iniziato a cercare volontariamente di dormire il meno possibile.

Ancora una volta si svegliò molto prima del suono della sveglia, tremando come una foglia e con gli occhi lucidi, oltre che con la sensazione di provare ancora dolore, ma sentì subito dopo le braccia di Jude avvolgerla e attirarla a sè, dandole un bacio sulla testa prima di sussurrare qualcosa:

“Va tutto bene. Sono qui.”

All’improvviso, Isabelle ripensò a tutte le sue crisi. Ripensò alla prima volta in cui aveva visto Jude in quello stato, agonizzante sul pavimento, e gli aveva detto qualcosa di molto simile per tranquillizzarlo.
All’improvviso, quella bisognosa di sentirsi dire che andava tutto bene e che non era sola era diventata lei. 
Sospirò, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa sul suo petto mentre si ripeteva di respirare normalmente e di non pensarci. 

All’improvviso sapeva come si sentiva Jude quando veniva trattato come una bomba ad orologeria sul punto di esplodere… Tutti erano sempre fin troppo gentili e compassionevoli con lei, ma la verità era che aveva superato quella specie di depressione e ora provava solo una forte rabbia. 
Che avrebbe sfogato, prima o poi, ne era certa.


*


“Non ho alcuna intenzione di andarci.”
“Ci dobbiamo andare, lo sai anche tu. È tua nonna, non pensi che nascerebbero dei sospetti se non ci presentassimo al suo funerale?”

Jude sbuffò, seduto sul bordo del letto con le braccia conserte mentre la moglie era seduta davanti a lei davanti alla toeletta, impegnata a pettinarsi i capelli castani.
“Immagino di sì.”
“Esattamente. Senti, resteremo per poco, ok? Ho chiesto a Morgan di tenere le bambine, non voglio che vengano.”

“Non l’avrei permesso comunque. Non l’hanno nemmeno conosciuta, farebbero domande scomode a cui non mi va di rispondere. Per loro Magda Verräter non è mai esistita e voglio che continui ad essere così.”

A quelle parole Isabelle si alzò e lo raggiunse, sedendo accanto a lui e prendendogli le mani tra le sue, inducendolo a guardarla di rimando: Jude incontrò gli occhi verdi della moglie e si rilassò leggermente nel vederla sorridergli, parlando con un tono dolce che di rado le si sentiva usare.

“So che non vorresti andarci, pensi che io lo voglia? Ma abbiamo due figlie piccole e Alastair dovrebbe nascere tra tre settimane… stiamo ricominciando ad essere una famiglia Jude, vuoi finire ad Azkaban per omicidio?”
“No, non quando l’unica che se lo sarebbe meritato era lei. Va bene, ci andremo… un paio d’ore al massimo, però, se restassi di più temo che finirei per fare a pezzi la bara.”

“Ok.”  Isabelle annuì e sorrise, accarezzandogli il braccio mentre si sporgeva verso di lui per dargli un lieve bacio su una guancia, ringraziandolo a bassa voce per aver capito.


*


“Dovrei… stare fuori casa per quattro giorni.”

Jude era seduto davanti al grande tavolo in sala da pranzo mentre Isabelle, in piedi, piegava con cura una pila di vestitini dei figli. La strega si fermò e si voltò verso di lui, esitando prima di parlare e sforzarsi di sorridere:

“Beh, dovresti andare.”
“Non ne sono tanto sicuro, Belle… quattro giorni. Non voglio lasciarvi soli per quattro giorni. Te la senti?”

L’uomo inarcò un sopracciglio, scrutando la moglie con attenzione mentre teneva Alastair in braccio, solleticandogli distrattamente il pancino e facendo ridacchiare il bambino di 4 mesi. 

Belle esitò, non sapendo sinceramente cosa rispondere, e Jude sospirò, scuotendo il capo prima di alzarsi:

“Non vado, non sei pronta.”
“No. Jude, mi hai aspettata abbastanza a lungo, non devi smettere di vivere la tua vita solo perché io ho smesso di vivere la mia. Sto meglio adesso, ok?”

Isabelle sospirò, appoggiando le mani sul tavolo e mordendosi il labbro con irritazione, arrabbiata con se stessa per non riuscire ad essere abbastanza forte, quando sentì una mano di Jude sulla sua spalla. Voltandosi, se lo trovò davanti e lo vide sorriderle con fare rassicurante prima di abbracciarla a baciarla con Alastair ancora in braccio, che rise e scalpitò, guardando la madre e rivolgendole un sorriso sdentato:

“Ciao piccolo… Jude, non voglio limitarti o essere un peso.” Isabelle prese il bambino dalle braccia del marito, accarezzandogli distrattamente i lisci capelli castani mentre teneva gli occhi fissi su Jude, che però le rivolse un sorriso rassicurante, sfiorandole una spalla:
“Non sarai mai un peso. Te l’ho già detto, sono felice se so che tu stai bene.”





   
 
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