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Autore: Felicity_1993    03/04/2018    0 recensioni
La storia segue una trama alternativa dopo la puntata 3x18 in cui Stiles crede di avere la demenza frontotemporale. In questa realtà alternativa Stiles non è posseduto da un Nogitsune ma è malato.
Fan fiction incentrata su Stiles e Derek.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Derek/Stiles, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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So che il capitolo non è molto lungo ma ho deciso di pubblicare più spesso con capitoli più brevi. Non sono completamente soddisfatta di questo primo capitolo ma cercherò di farmi perdonare nel prossimo!

1. AMNESIA

"Come si manifestano gli attacchi di panico, Stiles?"

"A volte è solo una sensazione, in superficie. Il battito del cuore accelerato, il respiro irregolare... Quando riesco a dormire mi sveglio di notte, all'improvviso. Non riesco a muovermi, sento il cuore pulsare nelle orecchie, mi manca il respiro. Altre volte è paralizzante, come un infarto. Un dolore al centro del petto, come se fossi bloccato sott'acqua e non riuscissi a tornare in superficie."

" E cosa fai quando questo accade?"

" Nulla, aspetto che se ne vada."

 

"Era nella foresta. Si è addentrato per diversi chilometri, ha camminato a piedi nudi. L'ho trovato appoggiato al tronco di un albero, era privo di sensi." spiegò Derek.

Lo sceriffo annuì appena, il suo sguardo era immobile sul figlio, che riposava nel letto d'ospedale.

"Come sapevi dove trovarlo?" domandò senza guardarlo.

Derek alzò le spalle. "Non lo so. È stata una sensazione a portarmi fino alla foresta e poi mi sono aiutato con il fiuto."

In quel momento lo sceriffo si voltò e piegò la testa in un breve cenno.

Derek sapeva che quello era il suo modo per ringraziarlo. Non riusciva a spiegare come fosse riuscito a trovare Stiles ma le parole dette all'uomo erano vere. Aveva avuto una sensazione, come se l'istinto volesse indirizzarlo verso la foresta.

E lo aveva trovato lì, solo, indifeso.

Da licantropo era da sempre abituato a lasciarsi guidare dai propri sensi, ma quella notte era stato diverso, era come se Stiles lo avesse chiamato. Come se volesse essere trovato da lui. Ma Derek tenne quelle considerazioni per sé, non avrebbe saputo spiegarlo.

"È la seconda volta in una settimana." intervenne Melissa, lanciando un'occhiata preoccupata allo sceriffo.

"Lo so. Lo so." ribatté lui. Il suo volto era contornato da profonde occhiaie violacee, sintomo di un sonno interrotto troppo spesso dalle preoccupazioni per la malattia del figlio.

"Mi sono addormentato e qualche minuto dopo se ne era andato. Io... non l'ho sentito." la voce dello sceriffo si incrinó e i suoi occhi si riempiono di lacrime.

"Non è colpa tua. Scott e gli altri fanno del loro meglio, ma siete tutti esausti. Non potete continuare a controllarlo giorno e notte." disse Melissa, appoggiando una mano sulla sua spalla.

"È mio figlio, non so che cosa fare."

"Troveremo una soluzione."

"Ci sono già passato, non c'è nessuna soluzione. È la stessa storia che si ripete. E io non posso fare altro che stare a guardare."

 

Stiles sentiva le tempie pulsare e un ronzio riempirli le orecchie. Si rigiró fra le lenzuola e aprì gli occhi.

Era circondato da pareti bianco Candido e al suo fianco un monitor emetteva un fastidioso rumore a intermittenza.

Sapeva di trovarsi in ospedale, aveva imparato a non sapere mai in che luogo si sarebbe risvegliato. Come ogni volta non ricordava la nottata precedente e le circostanze che lo avevano portato lì, ma sapeva che quegli episodi sarebbero potuti soltanto peggiorare.

Strizzó gli occhi, cercando di focalizzare lo sguardo sulla figura che lo fissava dalla parte opposta del letto. Anche la sua vista era calata di parecchio, al punto che era spesso costretto a portare gli occhiali.

"Stiles, ti sei svegliato."

Seguí la voce familiare. Derek era appoggiato a braccia conserte alla parete, in un angolo della stanza.

"Derek."

Stiles tossí, aveva la gola secca. Derek si avvicinò con uno scatto, e come se gli avesse letto nel pensiero gli allungò il bicchiere d’acqua sul comodino.

“Dov’è mio padre?” domandò, bevendo un sorso.

“È stato chiamato per un’emergenza, c’è stato un attacco, ma nulla di cui preoccuparsi.” ribatté lui.

Stiles annuì. “Ho la sensazione di doverti ringraziare. Io… non ricordo nulla di quanto accaduto.”

Derek lo fissò, senza dire una parola.

Stiles aveva sempre creduto che gli occhi dell’uomo fossero freddi e inespressivi, ma più passava del tempo con lui e più aveva imparato che possedeva la capacità di mascherare le proprie emozioni. Spesso si era chiesto quali pensieri attraversassero la sua mente, ma non era mai in grado di capirlo.

“Ho sentito la voce di Scott prima, ma forse era solo un sogno.” disse Stiles corrugando la fronte. Alcune volte aveva difficoltà a distinguere il sogno dalla realtà. Per quanto ne sapeva poteva benissimo trovarsi in una vivida allucinazione proprio in quell’istante.

“Se ne è andato poco prima che ti svegliassi. Sua madre lo ha mandato a casa. Non voleva andarsene, ma gli ho assicurato che sarei rimasto io.” Derek si allontanò di qualche passo e spostò lo sguardo fuori dalla finestra. “Sta per nevicare. Farà freddo fuori.”

Stiles non sapeva perché glielo avesse detto, temeva forse per la sua incolumità? Aveva rischiato la morte per ipotermia la notte precedente, entrambi sapevano che sarebbe potuto accadere di nuovo, e la prossima volta, forse, con un epilogo fatale.

“Mio padre… Sono preoccupato per lui. Dal giorno della diagnosi segue ogni mia mossa, si è già preso troppi permessi al lavoro.” confessò Stiles preoccupato. Alzò la testa dal cuscino e si sollevò, appoggiando la schiena alla testiera del letto. “Non può più continuare in questo modo, a lui serve il lavoro. Le cure sono costose e noi...” Si bloccò, mentre un lieve rossore gli tinse le guance.

Derek sospirò, passandosi una mano tra i capelli corvini. “Non devi pensarci adesso. Lui se la caverà. È un uomo forte. Se la caverà.”

Stiles annuì.

“Mentre dormivi è arrivato il pranzo.” Derek si spostò di qualche passo e afferrò un vassoio appoggiato sul tavolo nella stanza. Lo sistemò sulle gambe di Stiles. Quando il ragazzo lo scoprì un odore nauseabondo si diffuse nell’ambiente.

“Che schifo! Ma che cos’è?” Sollevò con la forchetta una poltiglia dal colore strano, reprimendo un conato di vomito.

“Non ne ho idea e credo proprio che ne approfitterò per andarmene.” ribatté Derek con una smorfia. “Riesco a sentire Scott, sta arrivando.”

Gli diede le spalle e si incamminò verso l’uscita.

“Ehi, Derek… Grazie” sussurrò Stiles.

Derek si voltò. “Non devi ringraziarmi per averti trovato.”

“Non ti sto ringraziando per avermi trovato, ti sto ringraziando per essere rimasto.”

Per la prima volta da quando lo conosceva Derek piegò le labbra in un sorriso sincero. Era appena accennato, ma comunque insolito da scorgere sul suo viso. Eppure Stiles si trovò a pensare che avrebbe dovuto farlo più spesso.

   
 
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