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Autore: Aysa R Snow    03/04/2018    0 recensioni
Non tutti abbiamo la fortuna, di trovare la persona giusta, e non perderla.
Tutti abbiamo perso, c'è chi perde qualcosa, chi perde qualcuno.
Lei, ha perso la sfida più importante della sua vita: non perdere la sua persona giusta.
Ma se invece, la sfida più importante della sua vita, fosse riuscire a vincere il dolore che ormai è diventato un peso troppo ingombrante?
Questa è la storia di Arianna, o come lei ama farsi chiamare, Aria.
Perché lei è così.
Leggera e pura come l'aria che respiri in alta montagna.
Questa, non è una classica e semplice storia d'amore.
Questa, è una battaglia.
Da una parte c'è l'amore, dall'altra la vita.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La rabbia è non solo inevitabile, è necessaria. La sua assenza indica indifferenza, la più disastrosa delle mancanze umane.
-Arthur Ponsoby

Al suono della campanella mi precipito fuori.

Non so cosa fare, la mia mente sembra essersi messa in moto, inizio a ricordare vari eventi.

Rivedo me e Davide camminare tranquilli per i corridoi. 
Il cuore inizia a martellarmi nel petto, senza sosta.

Sento la testa andare per conto suo, quasi mi manca la terra sotto i piedi.

Mi appoggio al muro con la schiena per sostenermi.

Provo a fare dei respiri profondi ma la situazione non cambia.

Corro, tenendo gli occhi chiusi.

Mi scontro contro qualcuno, ma non mi fermo.

Come un film proiettato a forza nella mia mente rivivo tutti i miei momenti con Davide.

Percorro la breve scalinata che porta al secondo piano due gradini alla volta.

Improvvisamente non sento più le lacrime premere per uscire.

Vedo dei ragazzi venire verso di me e allora mi nascondo all'interno del laboratorio.

Mi appiattisco contro la parete stringendo forte i pugni.

Le ampolle vuote, microscopi e libri di testo sono impilati su alcuni banchi.

Sento la rabbia montarmi nel petto, stringermi la gola in una morsa e rendermi completamente cieca.

Inizio a contare i secondi.

Uno, due, tre, quattro.

No, non funzionerà.

Mi guardo intorno, respirando a fatica.

"Concentrati, Aria!" Sibilo a denti stretti.

Inizio a contare le mattonelle.

Perdo più volte il conto, ma faccio finta di niente e vado avanti.

Le mattonelle terminano e la rabbia ritorna a sopraffarmi.

Batto ritmicamente la nuca contro il muro stringendo gli occhi quasi senza rendermene conto.

Non e giusto, non è così che doveva andare.

Tutte le speranze, i sogni, i desideri, le promesse.

Tutto scomparso, è scomparso tutto.

Come se nessuna speranza fosse mai stata immaginata.

Come se nessun sogno fosse mai stato segretamente curato.

Come se nessun desiderio fosse mai stato sussurrato ad un palmo di cuore.

Come se nessuna promessa avesse mai risollevato un'anima.

Davvero è così che finisce? Realmente non resta che una promessa che cade al suolo volteggiando come una fragile foglia in autunno?

Con un gesto carico di rabbia spazzo via i libri dalla cattedra.

Delle lacrime bagnano il mio viso mentre scaravento tutte le ampolle in ogni angolo della stanza.

Urlo, crollando al suolo.

Dalla mia bocca fuoriesce un urlo strozzato accompagnato da alcuni singhiozzi. 
Stringo gli occhi e mi rialzo, premendo i palmi contro il pavimento.

Ignoro le schegge di vetro che mi lacerano la pelle.

Urlo, sperando che qualcuno mi senta e che mi porti via.

Non m'importa delle conseguenze.

Non conta quanto male fa la gola ad ogni urlo.

Non conta quanto dolore mi provocano i ricordi, o la solitudine che in questo momento mi fa sentire come una piccola barca nell'oceano in tempesta.

La cosa che davvero mi toglie il fiato, che mi rende impotente, è la consapevolezza.

Esco a testa bassa, utilizzo l'uscita di emergenza, recupero il mazzo di chiavi nascosto sotto la palma, esco e corro a perdi fiato.

La consapevolezza mi urla in faccia quanto sia assurdo sperare di poter rivedere ancora una volta il suo viso.

Di poter tornare indietro.

Tutto ciò è insopportabile.

Ogni angolo in questa città sembra essere impregnato di ricordi.

Non posso restare.

Non ce la faccio.

"Sicura di volerlo fare?" annuisco, sistemandomi lo zaino in spalla.

"Ne ho bisogno." una voce metallica annuncia l'ultima chiamata per il mio volo.

Mia madre mi stringe forte contro il suo petto affondando il viso nei miei capelli.

"Andrà meglio, te lo prometto." sorrido godendomi ancora un po' il nostro caldo abbraccio.

Mia madre mi lascia andare a malincuore. 
Attraverso la folla e salgo sull'aero che mi porterà da mio padre, in Germania.

Per quanto io abbia lottato contro tutto e tutti per evitare di finire a vivere con mio padre, oggi mi ritrovo a vedere in lui l'unica possibilità che ho per prendermi una pausa da tutto ciò che è successo.

La scuola, il sempre più evidente distacco che c'è tra i miei e Davide.

Sì, Davide.

Colui a cui ho voluto bene fin da subito. 
Colui che mi ha portata in Norvegia. 
Colui che invece di regalare rose regala margherite. 
Lo stesso ragazzo che mi ha portata da Starbucks senza portarsi dietro un centesimo. 
Lo stesso ragazzo innamorato delle stelle, e della vita. 
Quello stesso ragazzo che anche se per poco, ho sentito di amare come mai avrei pensato di poter amare. 
E ancora, colui che non accenna lasciar spazio ad altri pensieri al di fuori di sé nella mia testa.

Ho bisogno di lasciar andare tutto. 
Anche solo per un giorno, ma devo farlo.

Ne ho bisogno. 

 
   
 
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