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Autore: Mari Lace    07/04/2018    2 recensioni
[Cross-over DC/Yu-Gi-Oh!]
Dal primo capitolo:
Shinichi si accorse di tremare. Gin. In più, l’uomo che aveva dato l’ordine indossava una maschera con un corvo… Ricordava fin troppo bene le parole sussurrategli da Akemi in punto di morte.
“«Si vestono sempre di nero, come dei corvi…»” (...)
«D’accordo. Ma come troviamo l’obiettivo di quegli uomini? Devi darmi un indizio», disse Conan, una volta ritrovata la lucidità mentale. Il ladro aveva ragione, non era il momento di perdere la calma.
«L’uomo l’ha descritto così: un ragazzo di circa 17 anni, con i capelli neri e le punte viola, ritti a formare quasi una stella. Ha anche una frangia bionda, insomma non passa proprio inosservato. Ha anche detto che sarà quasi sicuramente spaesato, in giro per la città».

[Scritta per "The crossover challenge!" indetta da Elettra.C sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Gin, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Sono a casa di uno sconosciuto che dice di volermi aiutare.

Sto usando il suo computer e apparentemente in questo mondo non esiste Domino City, né tantomeno Duel Monsters.

Anzu era indecisa su quale fosse la parte più surreale della sua situazione.

Da quando aveva conosciuto “l’altro Yugi” aveva vissuto esperienze ben al di fuori dell’ordinario, avrebbe dovuto esserci abituata.

Solo che finché si trattava di anime intrappolate in una telecamera o di persone possedute da uno spirito malvagio, se glielo spiegavano, poteva capire. Stavolta non c’era nessuno a spiegarle niente.

Da quando aveva intravisto Yugi venire ingoiato da un inquietante vortice rossastro e, senza fermarsi a pensare, gli si era tuffata dietro cercando di afferrarlo, si era trovata di fronte a molte domande e nessuna risposta. Avrebbe pensato d’aver viaggiato nel tempo, ma un rapido controllo aveva dimostrata errata quell’ipotesi.

Poi c’era Kaito. Era un ragazzo gentile, o almeno lo sembrava. Qualcosa in lui le diceva che poteva fidarsi, ma alcune esperienze negative con Bakura e Marik l’avevano, suo malgrado, resa più pronta a diffidare, anche contro il suo stesso istinto.

Le era venuto qualche sospetto quando aveva scoperto che anche Kaito stava cercando Yugi (o una persona con il suo stesso aspetto, ma le possibilità che si trattasse di un sosia erano risibili).

O era davvero stata così fortunata da trovare un alleato (Anzu voleva davvero crederlo), o era incappata in uno dei nemici del Faraone. Se non altro, in quest’ultimo caso avrebbe saputo che il ragazzo non era ancora finito nelle loro mani.

Riportò lo sguardo sullo schermo del PC e sospirò. Doveva assolutamente risolvere i suoi dubbi su Kaito. Lui era uscito dicendo di dover controllare una cosa subito dopo averle acceso il computer.

Le aveva anche preparato un panino, in realtà, ma lei non l’aveva toccato. Un po’ perché, per quanto ne sapeva, avrebbe potuto metterci un sonnifero, ma soprattutto perché, nonostante fosse digiuna dalla sera prima, non aveva affatto fame. Le veniva la nausea al solo pensiero di mangiare.

Nell’ultima mezz’ora aveva cercato informazioni sul suo mondo (inutilmente) e su Tokyo, la strana città in cui era finita. Ora digitò, sentendosi vagamente a disagio, un nome: Kuroba Kaito.

¤

«Io gli credo».

«Il tuo parere non conta, pazzo di un ladro» replicò subito Shinichi, osservando l’ultimo arrivato e il sedicente Faraone con palese irritazione.

Già l’aveva tradito Haibara, ci mancava solo che un prestigiatore si pronunciasse sull’esistenza della magia.

Kaito, per tutta risposta, sorrise. «Come spieghi tutta questa situazione altrimenti, detective? Con la sua storia torna tutto. Come ha fatto l’uomo-corvo ad apparire dal nulla, come mai in giro per Tokyo ci sono due ragazzi che parlano giapponese con un accento stranissimo e perché sono così spaesati». (Atem, sentendolo, alzò un sopracciglio). Il ladro prese fiato e continuò. «Mettendo tutto questo da parte, comunque, che la magia esistesse lo sapevo già. E non parlo della mia» spiegò, pensando ad Akako, l’inquietante strega che frequentava la sua stessa classe. Non impazziva all’idea di consultarla, ma forse lei avrebbe saputo dir loro qualcosa di più sull’esistenza di altre dimensioni.

Il diciassettenne rimpicciolito scosse ostinatamente la testa.

Vagliata ogni possibilità, aveva finito per scartarle tutte. Una piccolissima parte del suo cervello iniziava a considerare l’ipotesi che la teoria della scienziata fosse corretta, ma tutto il resto di lui si rifiutava di accettarlo. Era in crisi.

Aveva provato qualcosa di simile solo quando un calciatore che ammirava tantissimo aveva commesso un omicidio, e nonostante tutti gli indizi portassero a lui, l’irrazionalità l’aveva dominato e si era appigliato a spiegazioni improbabili, teorie degne di Kogoro.

Stavolta però non era un problema di sentimenti.

La magia andava contro ogni sua convinzione. Era una spiegazione che poteva accettare uno come Misao Yamamura, l’incapace detective di Gunma. Non lui.

«Due?»

La voce di Atem interruppe il filo dei suoi pensieri. Si stava rivolgendo a Kaito. «Hai detto due ragazzi? Hai trovato qualcun altro come me?» l’incalzò, alzandosi anche. Sembrava incapace di restare fermo, dopo quella rivelazione.

Un’altra improbabile ipotesi si formò nella testa del detective del liceo. Possibile che quel ragazzo fosse un agente dell’organizzazione? Magari sospettavano di lui, e lo stavano usando come esca per farlo venire allo scoperto.

Gli ci volle poco per eliminare anche quel pensiero, e scosse la testa sconfortato. Una strategia così elaborata non aveva senso, se avessero avuto sospetti su di lui l’avrebbero prelevato e basta – senza contare che Haibara sembrava essere a suo agio. Non si fidava del tutto dell’estraneo, ma neanche avvertiva la sensazione di terrore puro che provava in presenza di uno dell’Organizzazione.

«Sì, due» confermò Kaito. «Prima di venire qui ho incontrato una ragazza che parla come te. Si chiama Anzu». La reazione del ragazzo confermava l’idea che si era fatto della situazione. Ora doveva solo convincere il piccolo, diffidente detective a collaborare. Sembrava avere serie difficoltà ad accettare tutte quelle informazioni.

Sul volto del Faraone si dipinse il sollievo. «Dov’è lei ora?»

«Al sicuro, a casa mia. Ha girato tutto il giorno per cercarti, le serviva un po’ di riposo ma non voleva saperne. Per convincerla a fermarsi le ho proposto di usare il mio computer per raccogliere informazioni».

Atem annuì. Almeno Anzu era al sicuro. Aveva un brutto presentimento riguardo a Yugi, però.

«Hai detto che torna tutto, ma non è così. Non mi spiego perché sono stato separato dal mio amico. Io non dovrei neanche avere un corpo, attualmente».

Shinichi era seriamente stufo di sentire tutte quelle sciocchezze. Tutto quel che diceva il ragazzo straniero era assurdo quanto la sua capigliatura, tutto totalmente illogico.

«Smettetela» ordinò, incapace di trattenersi oltre. Si voltò verso Atem. «Basta con queste assurdità. Dimmi come hai fatto a sapere che lui stava arrivando». Indirizzò un’occhiataccia a Kaito. «Vi eravate messi d’accordo? C’era un orario prestabilito? Come--»

Kaito lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla. «Calma, detective, calma. So che sembra tutto assurdo, ma non puoi chiudere gli occhi per questo. Cos’è, comunque, questa storia di cui parli?»

Atem non batté ciglio di fronte alle accuse del finto bambino. Vedeva che era chiaramente in conflitto, anche se non ne capiva del tutto il perché, ma non poteva permettersi di preoccuparsene.

«L’ho sentito arrivare. Capisco che tu non mi creda, ma non posso perdere altro tempo» spiegò brevemente. Si rivolse a Kaito. «Portami da Anzu, per favore». Sarebbe voluto andare direttamente da Yugi, ma non aveva idea di dove fosse. Sperava che l’amica avesse scoperto qualcosa.

Il ladro del chiaro di luna guardò prima Conan, ancora chiaramente combattuto, poi di nuovo Atem. Annuì. «È meglio se rimani qui, però. Andrò a prenderla» decise.

Sulla porta di casa, esitò un momento. «Detective, cerca di schiarirti le idee mentre sono fuori. Avremo bisogno anche del tuo cervello».

¤

Anzu si prese la testa fra le mani, le faceva male. Aveva recepito troppe informazioni troppo rapidamente. Chiuse la pagina internet e si stese un secondo sul letto.

Un secondo solo… nelle sue intenzioni.

Si svegliò un paio d’ore dopo. Si tirò su a fatica, si sentiva la testa pesante. Si stropicciò gli occhi per uscire definitivamente dal dormiveglia. Per poco non le venne un infarto, trovandosi Kaito davanti.

Seduto su una sedia con le braccia poggiate sullo schienale, il ragazzo l’osservava incuriosito.

«Dormito bene, principessa?»

«…che ore sono?» mormorò lei, ancora un po’ confusa.

Per un secondo aveva pensato di trovarsi nella sua solita stanza… poi la realtà le si era presentata con forza davanti agli occhi.

Il ragazzo le porse un involucro. «Ho visto che non hai toccato il panino. Vuoi che dia un morso io, così vedi che non è avvelenato?» propose.

Stava per schernirsi dicendo che non aveva fame, ma lui la bloccò con un cenno.

«Devi mangiare, dobbiamo andare in un posto. C’è una sorpresa» spiegò sorridendo.

«Una sorpresa..?»

«Ti racconto strada facendo», fu l’unica risposta di Kaito. Poi il ragazzo l’afferrò per un braccio e la trascinò fuori casa.

¤

«Se ho ben capito, la tua anima è contenuta in questo… puzzle, giusto? Un oggetto magico del tuo mondo».

«Possiamo dire così», rispose Atem. La storia degli oggetti del millennio era un po’ più complicata di così, ma non era decisamente il momento di soffermarcisi.

Da quando l’altro ragazzo - Kaito - era uscito, la scienziata in miniatura gli si era avvicinata. Gli aveva dato qualcosa da mangiare e ne aveva approfittato per porgli alcune domande.

L’altro “bambino”, invece, era rimasto in disparte.

L’espressione di Ai si fece pensosa. «Potrebbe essere…» sussurrò.

Atem la fissò incuriosito. Non disse niente, invitandola silenziosamente a continuare.

Persino Conan uscì dalla sua trance e si avvicinò per ascoltare la deduzione dell’amica.

«Potrebbe essere», ripeté Ai, stavolta a voce un po’ più alta, «che nel nostro mondo il tuo puzzle non abbia forma. In fondo la sua esistenza è basata sulla magia, e come un certo qualcuno ci insegna, da noi la magia non esiste» fece una pausa, rivolgendo un’occhiata significativa a Conan.

Lui le rispose con uno sguardo confuso. Non capiva dove volesse arrivare.

Il Faraone, invece, iniziava ad intuirlo. «Vuoi dire…»

Ai annuì. «L’oggetto che ti contiene qui è incorporeo, il tuo spirito no. Il puzzle… potresti essere tu stesso», aveva concluso, con la stessa espressione di uno zoologo che si trovi davanti un esemplare in via d’estinzione.

«Ha senso», commentò Atem osservandosi le mani. Ecco perché si era svegliato senza piramide al collo… spiegava anche come potesse avere un corpo pur essendo stato separato da Yugi.

«Ne dubito», commentò Conan. Mosse qualche passo verso il presunto Faraone.

«Non so se posso crederti», disse. «Ma so che l’Organizzazione ti cerca, quali che siano i motivi. Comunque la guardi, ci conviene unire le forze». La sua espressione contrita diceva il contrario, ma Atem apprezzò comunque l’offerta di alleanza.

«Mi aiuterai a trovare Yugi?»

Shinichi prese un bel respiro, poi annuì. Si sedette alla scrivania ed accese il PC. Dovrà pur esserci qualche indizio, se davvero c’è un altro come lui in giro… magari sono gemelli.

Shiho alzò gli occhi al soffitto. Era veramente difficile far cambiare idea a Kudo.

Si sedette sul divano ed accese la televisione. Magari c’era qualche notizia interessante.

¤

«È qui!»

Anzu si fermò un momento per riprendere fiato e studiò la casa di fronte a lei.

Davvero Atem era lì dentro..?

Non aveva scoperto molto su Kaito, se non che suo padre era tragicamente morto otto anni prima. Le bastava; forse era incosciente, ma aveva deciso di fidarsi.

E quella non sembrava una trappola.

Seguì il ragazzo verso la porta di casa, impaziente di rivedere il suo amico.

«Non puoi trattenermi!»

«È chiaramente una trappola! Andrò io!»

«Non se ne parla!»

Prima ancora che Kaito aprisse la porta, ai due ragazzi arrivarono le urla di Conan e Atem.

Anzu riconoscendo la voce di quest’ultimo ebbe un tuffo al cuore. Era davvero lui.

Entrò in casa mentre una bambina – notò con stupore – prendeva la parola:

«Calmatevi entrambi. Non potete semplicemente andare senza un piano, nessuno di voi due» stava dicendo, riservando un’occhiataccia all’altro bambino nella stanza. Anzu capì con stupore che l’altra voce urlante apparteneva proprio a lui.

Atem scosse la testa. «È una cosa che devo fare comunque», disse.

Solo poi si accorse di Anzu, e l’ombra di un sorriso apparve sul suo volto. «Sei salva».

Lei gli andò incontro; quando lo raggiunse loro e i bambini formavano una specie di piccolo cerchio irregolare. Kaito si posizionò al centro.

«Ci siamo persi qualcosa?» domandò, teso ed eccitato al contempo.

Forse il momento di affrontare gli assassini di suo padre era finalmente arrivato.

  
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