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Autore: KiarettaScrittrice92    08/04/2018    1 recensioni
Juliette e Arno sono i due portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero. Lei è una nobildonna di buone origini, lui il capitano dei moschettieri del re.
Durante la loro battaglia contro Comt Ténèbre e l'imminente rivoluzione francese, scopriranno il loro folle e passionale amore.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Plagg, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Makohon Saga'
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La fine
17 Luglio 1791

Juliette aveva sentito il generale sibilare quell’ultima frase, allo stesso modo in cui aveva pronunciato il commento un mese prima, in modo che lo sentisse solo lei; questa volta però l’avevano udito distintamente tutti e tre gli eroi. Lo sguardo ambrato della giovane si assottigliò, mentre dentro di lei la rabbia e la voglia di giustizia cominciava a ribollire come non mai. 
Forse avrebbe dovuto ringraziare quell’uomo, senza il suo attacco e il suo potere lei non sarebbe mai diventata l’eroina che era in quel momento, non sarebbe mai diventata Coccinelle e non avrebbe mai conosciuto Chat Noir; allo stesso tempo però non poteva perdonare ciò che aveva fatto alla sua amata Parigi. Era colpa sua se quell’insulsa rivoluzione aveva preso una piega così drastica e irrecuperabile, lui aveva animato di rabbia e odio gli animi delle persone, giorno dopo giorno, facendo cadere la capitale francese sempre più in basso nel baratro della rivolta. Come se non bastasse, non poteva perdonare che, per colpa sua, nel secondo giorno più bello della sua vita, si era dovuta allontanare da suo figlio, appena messo al mondo.
«Queue Rouge, occupati dei soldati attorno e stai attento. Chat, io e te penseremo a La Fayette.» disse decisa, con una voce abbastanza alta da far capire al generale che non stava affatto scherzando. Nemmeno l’uomo però  sembrava intimorito e anzi, sguainò tranquillamente la spada con un ampio sorriso.
Fu Chat Noir il primo ad attaccare: con un grido di rabbia, probabilmente la stessa che muoveva Coccinelle, si lanciò su di lui, incrociando il suo bastone contro la lama del nemico. L’eroina gli fu subito dietro e lanciò il suo yo-yo nella loro direzione, ma il generale lo evitò facilmente.
«Non potete comprendere quanto mi irriti e allo stesso tempo mi renda soddisfatto, vedere i miei amati Miraculous, utilizzati in questo modo.» fece l’uomo con un ghigno, parando un altro colpo di Chat Noir e contrattaccando con un fendente che l’eroe gatto evitò velocemente senza, quindi, essere colpito.
«Makohon esci dal corpo di La Fayette, hai già fatto abbastanza danno così.» lo minacciò Coccinelle, tentando di bloccarlo con la sua arma, ma anche quell’attaccò si rivelò inutile perché il resistente cavo dello yo-yo si attorcigliò attorno alla persona sbagliata, ossia un soldato alle spella del generale, che liberò subito dopo.
«Guardatevi... Avete un potere immenso nelle vostre mani, un energia unica nel suo genere e non siete capaci di usarla.» li prese nuovamente in giro.
«Ti prego Coccinelle, dimmi che lo possiamo uccidere!» sibilò tra i denti l’eroe felino.
«Chat Noir, concentrati! Sai bene, cosa dobbiamo fare. – lo rimproverò l’altra, per poi evocare il suo potere – Lucky Charm!» tra le mani le cadde un fioretto, molto simile a quello che Arno usava quando non aveva l’aspetto da eroe di Parigi.
Alzò lo sguardo verso di lui che, dopo aver preso un grosso respiro, come nel tentativo di ricaricarsi di calma, si era di nuovo lanciato verso il generale, questa volta riuscendolo a colpire all’addome con il suo bastone. La Fayette sicuramente sentì il colpo, perché indietreggiò di qualche passo, portandosi la mano sinistra, quella che non teneva la spada, sul punto colpito, massaggiandosi la parte indolenzita.
L’eroe in nero però non si fermò solo a quel colpo e, subito dopo, tentò un nuovo fendente con la sua arma, cercando di prenderlo alla spalla destra. Il suo avversario, questa volta, riuscì a parare il colpo, alzando il braccio e intercettando il bastone con la sua spada.
«Chat Noir!» gridò a quel punto, lanciandogli l’oggetto fortunato, lui lo afferrò per poi rivolgersi proprio a lei.
«Ce la fai a purificarlo?» domandò, mentre continuava a intrattenersi in quel duello mortale con il generale.
«Credo di sì, non ti preoccupare.» lo rassicurò lei, per poi chiudere gli occhi.
Non era una mossa saggia non osservare ciò che la circondava, soprattutto in un momento critico come quello, ma sapeva che qualsiasi cosa sarebbe successa Chat Noir e Queue Rouge l’avrebbero protetta. Lei in quel momento doveva solo trovare la concentrazione necessaria per espellere completamente lo spirito di Makohon dal corpo del generale La Fayette: cosa affatto facile, soprattutto nel momento in cui lei si sentiva ancora mostruosamente debilitata dal rito e dal parto, avvenuti solo un giorno prima.
Trovò la forza e la volontà di farlo per tutto ciò che, qualche minuto prima, le aveva scatenato la rabbia e la grinta, tirando fuori il suo lato da guerriera, quello che Tikki elogiava tanto. Lo doveva fare per Parigi, per rivederla finalmente bella e prospera come quando era bambina, lo doveva fare per Arno e Rafael, per il futuro che avrebbe costruito insieme a loro.
Riaprì gli occhi, pronta a fare quell’ultimo sforzo e decretare finalmente la fine di quell’assurda battaglia durata ormai tre anni. Il suo yo-yo si illuminò di una luce rossa, intensa e vivida; a quel punto fece i passi che le mancavano per accorciare le distanze tra lei e i due che si stavano ancora scontrando. 
La sua arma si aprì, come quando faceva sempre per purificare una vittima di quello stesso spirito maligno che ora stavano combattendo nel pieno delle sue forze, emanando una luce quasi abbagliante, che per un attimo attirò coloro che circondavano quella zona dello scontro di Champs de Mars.
Compresero subito che, questa volta, stavano facendo la cosa giusta. Dal corpo del generale La Fayette fuoriuscì un fumo nero, diverso dalla solita aura viola che caratterizzava i soldatini di Comt Ténèbre e la nebbia che ricopriva solitamente il cielo e che in quel momento, pian piano, si stava diradando.
Il generale, sopraffatto da quel potere cadde in ginocchio, domandandosi quante altre volte avrebbe dovuto subire una sconfitta del genere prima di poter riottenere ciò che era suo. Possibile che quei maledetti portatori non avessero compreso che lui era una spirito e che era immortale?
Sentiva la rabbia ribollirgli in corpo: non avrebbe permesso loro di vincere in quel modo, non così facilmente. Strinse convulsamente l’elsa della sua spada nel pugno destro e tentò di rialzarsi, o meglio, di rialzare quel corpo che ormai era quasi del tutto fuori dal suo controllo, mentre il suo spirito stava uscendo.
«Non morirò così!» gridò, dopodiché allungò la mano che impugnava l’arma e affondò il suo ultimo colpo.
Prima di abbandonare completamente quel corpo riuscì a mostrare un ghigno soddisfatto nell’osservare la spada che affondava facilmente la carne, mentre la sua vittima faceva una smorfia tra lo stupore e il dolore.

  
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