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Autore: syila    11/04/2018    6 recensioni
"... Se vorrai rivedermi dipenderà da te; posso fare molto di più che darti qualche consiglio via E-mail, togliere di torno la concorrenza o rapirti da un corteggiatore molesto. Posso darti lezioni di canto, di portamento e di dizione, posso fare di questa ballerina di fila una etoile di prima grandezza; posso farti innamorare di nuovo di questo mestiere, perché io vedo la passione che hai dentro e che invece tu pensi di avere perso"
Questa storia ha partecipato alla challenge di Halloween (Ripopoliamo i Fandom!) indetta dal gruppo facebook
Il Giardino di Efp e prende spunto da "Il Fantasma dell'Opera"
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Christophe Giacometti, Phichit Chulanont, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Qual fiamma avea nel guardo! 
Gli occhi abbassai per tema ch'ei leggesse 
il mio pensier segreto! 
Oh! s'ei mi sorprendesse... 
brutale come egli è! 

I Pagliacci – Leoncavallo

Qual fiamma avea nel guardo! 

Ci sono giorni in cui si capisce subito che andrà tutto storto; prima ancora di aprire gli occhi e formulare pensieri razionali, una parte del subconscio è lì a sussurrarvi di rimanere a letto, di evitare di affrontare qualcosa di più impegnativo di una sana dormita, perché qualsiasi cosa farete sarà comunque, inevitabilmente un disastro.

Yuuri ebbe una di queste premonizioni svegliandosi la mattina di Venerdì 13 Febbraio.
Di norma la gente di spettacolo è molto superstiziosa; gli abiti viola, le scale, i gatti neri, il sale che si rovescia, gli specchi rotti sono virtualmente altrettante disgrazie, ma il giovane tenore era giapponese e aveva già il suo bagaglio di credenze; il quattro ad esempio era un numero da cui tenersi alla larga, mentre il tredici non gli suggeriva niente di pericoloso, nonostante facesse coppia col Venerdì.
Ebbe modo di ricredersi appena mise piede in cucina: la signora Chulanont aveva bruciato la colazione e fu costretto ad uscire a stomaco vuoto.
Arrivò in ritardo a Teatro a causa di uno sciopero dei mezzi pubblici e il Direttore del Coro ne approfittò per scaricare su di lui le sue tensioni familiari accusandolo davanti agli altri di menefreghismo e negligenza.
Yuuri aveva incassato solo per scoprire che nella sua brasserie preferita avevano finito il sandwich speciale che lui, da buon abitudinario, consumava ogni venerdì a pranzo.
Aveva trascorso il pomeriggio a provare e riprovare lo stesso brano grazie ad un Direttore ancora in lite con la moglie ed era uscito sotto sera con le palle che toccavano terra e il morale ancora più basso.
Nel breve tragitto per arrivare in Rue des Minimes aveva rivalutato la storia della sfortuna e ormai anche lui considerava Venerdì 13 sotto una luce nuova.
Molto sinistra.
Di luce ne trapelava anche dalla mansarda all'ultimo piano, segno che il maestro lo stava già aspettando e dalle sue labbra, insieme ad un sospiro, uscì anche una silenziosa preghiera affinché almeno la lezione serale filasse via senza complicazioni.



Invece, dopo due ore di correzioni, riprese e puntigliose sottolineature su questioni marginali di un brano del Don Giovanni di Mozart che gli aveva assegnato la volta precedente, si poteva dare per assodato che Yuuri fosse ormai a livello di guardia.
“No”
“Come prego?” le dita di Victor si staccarono dalla tastiera del pianoforte interrompendo l'attacco di Deh, vieni alla finestra e la maschera bianca si rivolse al suo allievo; nell'ombra gli occhi azzurri lasciavano trapelare una certa sorpresa.
“Ho detto di no, non riprenderò quell'aria stasera, ne domani o dopodomani, perché non c'è più niente da rifinire!”
“Pensi di saperne più del tuo maestro?”
“Ne so abbastanza da ritenere che lei attende l'ora della lezione per rifarsi con me di una giornata noiosa in cui ha ciondolato tutto il giorno per casa...”
“Diamine...” mormorò l'altro, ma fu bruscamente zittito da uno Yuuri che aveva rotto gli argini.
“Mentre io mi alzo alle sei, riordino, corro a Teatro dove devo evitare gli appostamenti di Giacometti e le frustrazioni del Direttore del Coro che si sta separando dalla moglie, spesso salto il pranzo e quando esco nel pomeriggio vado in palestra da Minako sensei, che mi massacra ogni volta su postura e portamento, poi se non devo fare la spesa di casa la devo fare per lei, che se ne sta a contemplare le ragnatele sul soffitto...”
“Ci sono delle ragnatele?”
“E infine...” lo interruppe di nuovo ormai fuori controllo “Penso che quella stupida maschera sia solo una scusa per non uscire, non c'è niente che non va nel suo viso, ma avere un babbeo che le fa trovare la pappa pronta è molto più comodo!”
A quel punto Yuuri si fermò; se avesse potuto vedersi avrebbe stentato a riconoscersi: ansante, paonazzo in viso, con le vene del collo gonfie, i pugni serrati e gli occhiali storti.
Tuttavia, lungi dall'incutere timore, il suo aspetto suscitava un sentimento più simile all'indulgenza: un cucciolo arrabbiato che abbaiava furiosamente, ma era incapace di fare del male a qualcuno.
Gli occorse una manciata di istanti per “rientrare nei ranghi” e rendersi conto della mole di ingiurie che aveva appena vomitato addosso al suo maestro a cui si aggiunsero un paio di secondi in cui valutò che forse aveva scelto la persona sbagliata per farlo.
L'eccentrico mascherato non era esattamente un modello di controllo, equilibrio e compassione buddica; provocarlo in quel modo poteva scatenare una reazione uguale e contraria.
Tuttavia, rimase fermo sulle sue posizioni, non arretrò quando l'uomo si alzò in piedi, né accennò a mutare la sua postura aggressiva, allorché Victor si mise di fronte a lui e lo osservò con attenzione, reclinando il capo da una parte e dall'altra.
Era sempre stato così alto o era la sua paranoia ad ingigantirlo?
“Hai avuto una brutta giornata”
“Eh?”
“É stata una brutta giornata. Lo capisco.” ribadì l'altro e gli posò la mano sulla nuca accennando ad una cauta carezza, come se dovesse ammansire il suddetto cucciolo feroce.
Yuuri fu preso alla sprovvista, non si aspettava quel tipo di risposta e, invece di calmarlo, gettò benzina sul fuoco.
“Ah si?” sbraitò “Lo ha capito però ha pensato bene di metterci la sua parte e di esasperarmi ancora di più! N-non poteva farne a meno! No! Certo che no! Perché tanto l'idiota giapponese è troppo educato per ribattere o ribellarsi!”
“Wao...” riuscì a mormorare l'uomo prima di venire nuovamente travolto dal fiume in piena di insulti.
“E le dirò di più! Lei non è l'unico maestro di canto sulla faccia della terra, forse può essere il più bravo, magari quello più economico, di certo è quello più stronzo! Francamente ne ho le palle piene delle sue richieste assurde e dei suoi capricci da prima attrice; se vuole un massaggio assuma una fisioterapista e se vuole una cena giapponese chiami uno chef a domicilio! Sono certo che apprezzeranno molto più di me l'avere a che fare con un figlio di buona donna, paranoide, fuori di testa, che si crede cazzuto e romantico solo perché indossa una maschera! Glielo dico io cosa sembra!”
“Un coglione?”
“Ci stavo arrivando! Non si permetta di rubarmi le battute!”
A quel punto Yuuri aveva finito la scorta d'ossigeno e dovette mettere un freno allo sproloquio per respirare.
E al di là del respiro affannoso del giovane tenore in casa non si sentiva volare una mosca; perfino in strada lo scarso traffico della stretta viuzza sembrava scomparso.
Anche il suo maestro era rimasto come paralizzato con la mano protesa verso il capo dell'allievo, che pian piano ritirò fino a lasciarla cadere lungo il fianco.
“È vero, ti ho provocato. Ho voluto tirare troppo la corda e mi dispiace. Lo faccio ad ogni lezione da quasi due mesi perché spero di sapere cosa pensi di me... Tuttavia... Wow... Sentirselo dire in questi termini è dura. Ma lo ammetto: me lo sono meritato. Come posso rimediare?”
“M-magari potrebbe cominciare offrendomi un tè”
Yuuri si ascoltò e si sorprese di aver trovato una replica così pronta.
Gli aveva davvero chiesto un tè quando la cosa più sensata da fare era scappare da lì e non tornare più?
“È un buon inizio” convenne annuendo il suo maestro con un tono sollevato, quasi avesse temuto che il giapponese mettesse in pratica quel proposito che aveva solo immaginato.



Mezzora più tardi erano entrambi seduti nel confortevole salottino al primo piano; la luce della piantana liberty creava un'atmosfera soffusa e forse per la prima volta, da quando aveva cominciato a frequentare quella casa e il suo bizzarro proprietario, Yuuri percepiva un clima più tranquillo e rilassato.
Nessuno dei due aveva ancora spiccato parola, fu Victor a rompere il silenzio, sollevando lo sguardo dal liquido dorato che ondeggiava nella tazza, da cui non aveva ancora bevuto.
“Hai ragione”
“Eh?” il giovane lo scrutò da sopra il bordo di porcellana della tazza, si stava godendo il primo vero attimo di calma dal momento in cui aveva messo i piedi giù dal letto e presentì che stava per finire.
“Questa maschera non ha niente di romantico, ed è piuttosto scomoda, nel caso in cui, ad esempio, volessi bere il tè in tua compagnia”
Il suo interlocutore non fiatò, si limitò a fissarlo cercando di nascondere la sua inquietudine.
“Quindi mi domando: cosa ci sarebbe di male se la togliessi adesso?”
“Eh no! A-aspetti un momento!” esclamò Yuuri posando la tazza prima di combinare un disastro “Non è obbligato a farlo! I-io... Ho detto quelle cose senza pensarle davvero!”
“Io sono convinto di si invece. Quando si è in preda alla collera esce il nostro vero Io” rispose l'uomo con calma “Tu sei una di quelle persone che si tengono tutto dentro e invece di esprimere ciò che pensi quando è necessario sopporti e accumuli fino ad esplodere. Non sono arrabbiato con te, lo prendo come un momento liberatorio, violento e tuttavia necessario.”
“I-io avrei solo voluto dirle che non è un problema q-quello che nasconde là sotto” mormorò Yuuri imbarazzato, giocando col bordo del suo maglione, senza guardarlo in viso “E non dovrebbe vergognarsi, almeno non con me”
“Sono sicuro che cambieresti opinione una volta eliminato questo ostacolo”
“No! No!” si affrettò a rassicurarlo “I-insomma se teme una reazione disgustata o inorridita... Si sbaglia”
“Oh, sul serio?”
“S-si” confermò il giovane vagamente preoccupato dal tono ringalluzzito del maestro.
Lui voleva mostrarsi un uomo tutto d'un pezzo, non una mammoletta pavida dall'isterismo facile, ma forse si era impegnato un po' avventatamente in quella dichiarazione.
Si ricordò che tendeva a svenire alla vista del sangue, soprattutto se era il suo e quando per sbaglio capitava su quei programmi TV che trasmettevano documentari su casi clinici estremi cambiava subito canale.
“Forse preferisci lasciare le cose come stanno...”
Le parole di Victor s'insinuarono nei suoi pensieri con invidiabile tempismo.
Gli stavano suggerendo che quella era l'ultima possibilità di continuare vivere nel suo bozzolo di ignavia, dove forse stava un poco stretto, ma che in fondo era così comodo...
A questo punto il suo senso dell'onore ebbe un sussulto.
Che razza di uomo era se non riusciva nemmeno a guardare in faccia il suo maestro di canto? Come avrebbe potuto affrontare le sfide e le difficoltà che la carriera e la vita gli proponevano continuamente?
Doveva abbracciare e seguire il cambiamento ovunque lo avesse portato.
“Io...” iniziò a voce bassa serrando i pugni sulle ginocchia “invece penso che sia venuto il momento di cambiarle le cose”
“Cambieranno per entrambi” ribadì tranquillo l'uomo, alzandosi dalla sua poltroncina per sedersi accanto a lui.
Yuuri non capì il senso di quell'affermazione finché non vide lo vide rimuovere lo schermo bianco dall'espressione neutra ed indecifrabile che aveva imparato a conoscere nelle ultime settimane.
Sulla sua identità aveva ricamato spesso di fantasia partendo dalle poche certezze in suo possesso; aveva un fisico asciutto, ben modellato, quindi era una persona a cui piaceva tenersi in esercizio, o molto attenta alla sua alimentazione.
Eventualità scartata dopo aver scoperto ciò che conteneva la sua dispensa ed avergli portato a casa la prima spesa.
All'eccentrico mascherato piacevano i dolciumi, soprattutto il cioccolato, adorava il burro, le salse e i condimenti piccanti.
Incrociando questi dati con la sua età apparente Yuuri aveva dedotto che il suo maestro possedesse un metabolismo eccezionale.
Aveva anche una certa disponibilità economica; acquistare e ristrutturare una palazzina nel pieno centro di Parigi richiedeva delle notevoli risorse; risorse che peraltro non lesinava quando si trattava di comprare cibo e frivolezze, come il set di pentole e coltelli giapponesi o la raffinata yukata che gli aveva regalato.
Non da ultimo possedeva una bellissima voce e una vasta cultura musicale.
Ma pur tentando di incastrare questi indizi dentro una persona reale al giovane continuava a sfuggire il senso del travestimento.
Se era ricco poteva ricorrere ai più rinomati chirurghi plastici internazionali, i quali avrebbero provveduto a sanare i postumi di una malattia o di un incidente.
Viceversa, se voleva isolarsi, avrebbe potuto ritirarsi su un atollo in Polinesia e vivere il resto della sua vita in un magnifico paradiso tropicale invece di condurre un'esistenza quasi clandestina in una metropoli patinata e frenetica come Parigi.
Talvolta aveva immaginato un volto sotto quella maschera.
Un volto-senza-volto, privo di tratti somatici, come quello di un pupazzo, con un paio di occhi di vetro e una linea sottile al posto delle labbra. Altre volte aveva sognato di togliergli la maschera e di trovarne sotto un'altra e un'altra e un'altra ancora, in un angoscioso gioco di scatole cinesi.
Invece scoprì che ciò che nascondeva andava molto al di là delle sue paure e delle ipotesi più spaventose e bizzarre.
Non solo c'era un volto, ma lui quel volto lo conosceva bene.


Fine Sesta Parte


† La voce della coscienza †

E alla fine com'era prevedibile Yuuri è esploso, uno scoppio devastante che ha travolto e ha lasciato basito anche il nostro eccentrico mascherato, il quale forse capisce che è arrivato il momento di mettere le carte in tavola col giappino rivelandogli finalmente la sua identità.
Alle prime spiegazioni sincere dopo settimane di silenzi e omissioni imbarazzanti segue finalmente il momento che Yuuri ha atteso e paventato dal momento in cui ha conosciuto la misteriosa Chocho san.
Chi c'è dietro la maschera?
Perché Yuuri lo conosce?
Sono domande che troveranno risposta nel prossimo capitolo!
Per ora gustiamoci la riscossa del giappino dopo la sarabanda di pretese e allucinanti richieste da parte del suo bizzoso maestro! :D

Per chi è interessato questo è il brano che da il titolo al capitolo :)
https://www.youtube.com/watch?v=PxlcHEMPxbk



   
 
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