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Autore: Scaramouch_e    11/04/2018    2 recensioni
[aggiornamento del 23.07.2019: questa storia rimarrà incompiuta. Mi sto dedicando ad altro, ma non la voglio cancellare, e o eliminare. Quindi rimarrà qui, senza conclusione. Scusatemi.]
La compagnia è divisa: dopo esser riuscita a salvare Boromir, figlio di Denethor, la giovane Indil parte con Legolas e l'erede di Isildur nella impresa di riuscire a salvare gli hobbit Merry e Pipino catturati dagli hurk e orchetti e quindi destinati a morte sicura, durante la ricerca si imbatteranno in diversi personaggi inaspettati e nella guerra contro Saruman; Frodo e Sam sono partiti verso Mordor con una barca e poco cibo, ma incontreranno qualcuno di inatteso che li aiuterà a superare quest'avventura.
Nuovi personaggi, duelli e guerre terribili, ma anche geste amorose e azioni d'amicizia si avvicenderanno nella seconda parte delle prodezze di Indil e della nuova compagnia dell’anello nella loro lotta contro Sauron e Saruman e nel loro viaggio verso il Monte Fato.
[Boromir x nuovo personaggio + Aralas (Legolas x Aragorn) + altre ship]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aragorn, Boromir, Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn, per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio capitolo...
Buona lettura.
Prologo.

 

“Merry, Merry! Svegliati, Merry! Aiuto il mio amico non si sveglia.” Pipino fece fermare gli orchetti che, per niente delicati, misero a terra i due hobbit.
“Non si sveglia, eh?” domandò un brutto orchetto. Pipino deglutì.
“Per favore, fate qualcosa” implorò lo hobbit.
“Ancora non ho capito perché li dobbiamo portare vivi” disse l’orchetto fissando Pipino con occhi famelici.
“Perché se no il padrone ci fa fuori noi” borbottò un Uruk-hai con disegnato il simbolo della bianca mano in fronte. Avvicinandosi agli hobbit egli si chinò davanti a Merry; senza nessuna delicatezza gli fece alzare la testa e prese una boccetta da un orchetto lì vicino.
Gli orchi e gli Uruk-hai gettarono un’occhiata diffidente al nuovo capo, che fece bere il liquido a Merry.
L’hobbit sputò buona parte del liquido a terra, ma il resto lo ingoiò tutto e gli orchetti cominciarono a ridere a crepapelle sotto gli occhi seri e vigili degli Uruk.
L’Uruk-hai chiuse la boccetta e fissò Merry negli occhi. “Sì, sta bene. Possiamo continuare. Topi di fogna, in marcia!” urlò poi ai sottoposti.
Due orchetti presero gli hobbit sulle spalle e, borbottando, seguirono gli altri.

“Cos’è successo?” chiese Merry, e Pipino si mise a piangere dalla felicità. Il suo amico stava bene.
“Sono felice di sentirti parlare ancora, Merry, non sai quanta preoccupazione mi hai dato” bisbigliò il giovane hobbit. “Comunque ci hanno catturato. E ci stanno portando, penso, a Isengard, da Saruman.”
Merry rabbrividì, il viso pallido e smunto.
“Boromir?” volle sapere e Pipino abbassò il capo. “Non è con noi, è rimasto con Indil” spiegò piano e Merry chiuse gli occhi, pregando che Boromir stesse bene.

 
Altri giorni passarono, e gli infaticabili orchi e Uruk-hai avanzavano come se avessero avuto dietro il loro padrone che li frustava.
Parlavano poco ma, da quello che dicevano, Merry e Pipino avevano compreso che fra Uruk e orchi non scorreva buon sangue, perché i primi si consideravano una razza superiore e volevano comandare gli orchetti, e questi ultimi non ne erano affatto contenti.
Si arrestarono solamente quando videro un’imponente foresta.
“Noi lì non ci entriamo” borbottarono con sdegno gli orchetti guardando gli Uruk-hai, e questi ultimi ringhiarono. “È la via più veloce per Isengard, idioti. Noi ci entriamo, ecco.”
“Noi non prendiamo ordini da Saruman” urlò un orchetto.

L’Uruk, sotto lo sguardo disgustato degli hobbit, gli staccò la testa con un colpo della sua rozza scimitarra. 
“Siamo tutti sotto ai suoi ordini. E voi altri volevate carne? Eccola!” urlò.
Ci fu un vero e proprio macello mentre gli Uruk e gli stessi orchetti banchettavano con il corpo del loro compagno sconfitto.
I due hobbit guardarono quel massacro troppo spaventati per fare niente.
Mentre Uruk e orchetti finivano il pasto, si sentirono in lontananza canti e un corno da guerra. Gli orchetti si spaventarono e gli stessi Uruk furono troppo impauriti per fare qualcosa. Rimasero a farsi massacrare dai cavalieri umani.

 
Durante la confusione della battaglia, Merry e Pipino erano riusciti a lacerare la corda che li legava con un coltello caduto; quindi Pipino aveva lasciato il coltello sul terreno.
“Così li aiuteremo a trovarci!” aveva bisbigliato a uno stupito Merry, che aveva sorriso. “Mentre eri svenuto ho pure buttato a terra la foglia di Lorien che ci ha regalato Dama Galadriel, come indizio.” Il sorriso di Merry si era ampliato. “Geniale!” aveva sussurrato lo hobbit e poi Pipino aveva preso Merry per mano e insieme si erano inoltrati nella foresta alle loro spalle.
“Ce l’abbiamo fatta, Merry” rise Pipino, asciugandosi la fronte con la mano.
Un orchetto scampato al massacro, però, si affacciò anche lui nella foresta. La sua brutta faccia si illuminò quando vide gli hobbit.
“Eccovi. Venite qui, amici miei, andremo a Isengard insieme. Oppure prima vi mangerò” disse parlando in un modo gutturale che niente aveva di umano.
Merry e Pipino erano bloccati dalla paura, ma un grande ramo li prese e li sollevò. Urlarono quando si resero conto di cosa li aveva afferrati. Un albero: un albero con la bocca e gli occhi.
“Burarum! Che ci fanno questi tre orchetti, qui?” domandò l’albero.
“Messere, noi non siamo orchi, siamo hobbit” disse Merry con voce un po’ insicura nonostante avesse riconosciuto quell’essere.
I Brandibuck si tramandavano storie circa alberi parlanti, chiamati ent, ma lui mai si sarebbe aspettato di vederne uno.
“Burarum. Hobbit? Cosa sono gli hobbit? E quello a terra cos’è?” domandò l’albero, fissando l’orchetto che tentava di ripararsi contro una roccia.
“Noi hobbit siamo esseri semplici, che amano la natura. E quello laggiù, invece, è un orchetto” rispose coraggiosamente Merry. 
L’ent uccise l’orchetto schiacciandolo con il piede, e Merry guardò quella morte con in viso una sorta di ghigno di vittoria, mentre Pipino si copriva gli occhi con le mani.
“Ora vi porto dallo stregone. Burarum.”
“Chi? No messere, per favore” pregò Merry, ma era troppo tardi.
In pochi passi i due hobbit si trovarono davanti a uno stregone vestito di bianco.

 

***

“La foresta di Fangorn, ancora non ci posso credere che si siano inoltrati qui. Dicono leggende che ci sono cose vive e che queste cose non siano umane” borbottò inquieto Boromir mettendo piede, per la prima volta, in quella foresta impenetrabile.
“Si chiamano ent! E sono alberi” spiegò felice Legolas mentre respirava l’odore di alberi e di bosco verde tanto amato dagli elfi. Anche la sorella era felice e lo si vedeva dal sorriso che aveva sulle labbra.
Camminavano a piedi tenendo i cavalli per le redini. “Sono alberi parlanti, sono esseri antichi. Se non hai niente contro di loro, non ti faranno niente” spiegò l’elfa.
“E noi non abbiamo nulla contro di loro” confermò Aragorn che, come pure Boromir, sembrava inquieto ad attraversare quella foresta millenaria.

Il futuro re era chino alla ricerca di impronte; ne aveva trovate molte e parecchio strane. Non erano impronte né di orchetti, né di hobbit.
“Dove saranno andati?” domandò a voce alta Aragorn mentre fissava un’impronta.
“In un luogo sicuro, Aragorn figlio di Arathorn.” Una voce sicura e forte fece voltare i quattro compagni che impugnarono subito le armi: i due elfi l’arco e i due uomini la spada.
Nella luce prodotta da un bastone si vedeva un vecchio con un cappuccio, vestito di bianco.
“È lui” bisbigliò Aragorn. “Non sbagliare, Legolas. Va’.”
L’elfo capì e scagliò una freccia che però il vecchio parò, allora Boromir si gettò contro di lui, la spada in mano, ma il vegliardo la fece cadere.
“Boromir, sono contento di vederti vivo” mormorò lo stregone fissando l’uomo, che subito si inginocchiò riconoscendo chi si celava dietro il fascio di luce.
“Gandalf” bisbigliò e quel sussurro bastò agli amici che subito fecero come il condottiero e si chinarono a terra in segno di reverenza. “State in piedi per favore” pregò il loro vecchio amico, e la luce che lo avvolgeva scomparve.
“Sono Gandalf, ma non lo sono totalmente. Sono anche Saruman, ma come avrebbe dovuto essere” spiegò fissando i quattro compagni.
“Parli per enigmi, amico mio” disse Aragorn fissando il vecchio, che sorrise.
“Ma dimmi degli hobbit? Stanno bene?” domandò preoccupato il re senza corona.
“Gli hobbit hanno risvegliato forze a loro superiori, ma positive, e in questo momento sono con loro. Per loro l’avventura è appena iniziata, così come per noi” spiegò l'istari mettendosi a sedere.

Avevano parlato per parecchio tempo. Gandalf li aveva aggiornati sulla sua lotta contro il Balrog nelle profondità della terra, e loro in cambio avevano raccontato allo stregone della loro battaglia contro gli orchetti e gli uruk, e della loro ricerca disperata dei due hobbit rapiti dal nemico.
“So che Frodo e Sam si sono divisi da voi, ma non vi preoccupate, sono ben guidati anche loro” disse lo stregone bianco, fissando Boromir che abbassò la testa, versando una singola lacrima.

 

***

“Piano, i piccoli hobbit devo fare attenzione, oppure nelle brutte pozzanghere cadranno.” Gollum, quello il nome dell’essere che guidava Sam e Frodo, così si rivolse ai due hobbit che si tenevano per mano per non cadere negli acquitrini.
Frodo gli aveva chiesto una via per essere condotto al Nero Cancello e Gollum, da che lo avevano domato, si era dimostrato esser assai disponibile nei confronti del portatore. Anche troppo, secondo Sam, che non vedeva di buon occhio l’essere infido, in particolare da quando l’aveva scoperto a mangiare pesci vivi con la polpa e il sangue che gli colavano sulle gengive. 
Da quel momento, il povero giardiniere sognava di esser lui il pesce, e non era certo un bello spettacolo.
Rabbrividì tenendo per mano Frodo, il quale pareva più stanco del solito. 
“Cosa sono quelle luci?” domandò a Gollum, giusto per fare conversazione. “Lanterne, sono, lanterne che richiamano i morti e che fanno essssere morti i piccoli poveri hobbit. Proprio non sarebbe bello per nesssssuno se il padrone sprofondasssse negli acquitrini. Una lunga e dolorosssssa battaglia ci fu tempo fa in queste terre” spiegò rapido Gollum, e Sam, che era rimasto ad ascoltare i racconti dell’essere, notò solo in quel momento che il padrone si era allontanato da loro.
“Frodo?” domandò, guardandosi intorno.
Gollum emise un verso strozzato e si arpionò il collo per la paura di aver perso il portatore e l’anello. 

Frodo si trovava più in là e fissava incantato le lanterne, e mentre lo faceva pian piano sprofondava giù nelle paludi, ove galleggiavano morti di bell’aspetto e orchetti.
Sam fece uno scatto come mai prima di allora aveva fatto, ma si trovò a corto di fiato: una ragazza aveva appena salvato il padron Frodo dalla morte certa. Era di età indefinita e di una bellezza rude, aveva lunghi capelli rossi e occhi color del mare. 
Fermò l’avanzata di Sam con sguardo feroce, poi si abbassò su Frodo che era mezzo svenuto fra le sue braccia. “Sta bene” disse la donna parlando il linguaggio corrente. “Si deve solo riprendere.”
“Chi sei tu? Come ci hai trovati?” domandò Sam, che era stato ben felice di vedere che Gollum se n’era andato, probabilmente avendo intuito il pericolo.
“Mi chiamo Eliean, giovane hobbit. Vi seguo da quando avete attraversato gli Emyn Muil. Non si vedono hobbit da parecchio tempo in queste terre” rispose lei.
In quel mentre Frodo si riprese:  udì quello che la giovane aveva detto e, aprendo piano gli occhi e sbattendo le lunghe ciglia, la fissò incuriosito.
“Non ho mai sentito parlare di te, e non so se mi devo fidare o meno” disse Sam, parlando anche a nome di Frodo.
“Nemmeno io so se mi devo fidare di voi. So solo che siete hobbit e che in genere siete amanti della natura e disprezzate il pericolo. Che cosa ci fate qui? Perché siete giunti in queste terre?” domandò la donna con voce dura.
Frodo guardò Sam: erano in una terra straniera e la signora, che possedeva delle armi - aveva notato il giovane hobbit – avrebbe potuto ucciderli subito dopo averlo salvato, prendersi l’anello e farci qualsiasi cosa. Non sembrava pericolosa. 
Almeno non per loro.
“Siamo qui per conto di Gandalf, Gandalf il grigio” fu la risposta di Sam, interpretando l’occhiata di Frodo. “Gandalf? Lo stregone?” domandò la donna, e Frodo annuì portando l’attenzione della dama su di lui. 
Ella lo guardò preoccupata, mentre lo hobbit si metteva a sedere e si tastava il petto alla ricerca dell’anello, che per fortuna trovò. Lo strinse con affetto nella mano e tutto questo venne notato dalla donna, che però non disse niente. 

Frodo stava per parlare quando la signora gli impose il silenzio. Lo hobbit ubbidì all’istante mentre, da sotto la tunica, la donna cacciò fuori un coltello che conficcò nel collo di un orchetto. La creatura si accasciò a terra con un lamento; un altro orchetto sbucò fuori come dal nulla e la signora impugnò la spada che aveva posato a terra e lo uccise.
Non si vide più movimento. Tutto quello era durato solo un secondo, ma Frodo inizialmente ebbe paura che lei potesse volerli uccidere.
“Dobbiamo andare, giovani hobbit, abbiamo attirato troppa attenzione. Dove vi stava portando l’essere grigio?” chiese la strana dama riponendo il coltello e la spada.
Solo in quel momento Frodo si accorse che Gollum era scomparso.
“Al nero cancello” bisbigliò con voce soffocata per le emozioni che aveva vissuto. “Andiamo” disse la gentildonna e Sam sorrise, contento di non dover più sopportare la presenza di Gollum.
Il giardiniere si incamminò con decisione seguendo Frodo e la loro, strana, nuova guida.

   
 
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