Ringraziamenti: Ringrazio tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn, per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio capitolo...
Buona lettura.
“Merry,
Merry! Svegliati, Merry! Aiuto il mio amico non si sveglia.”
Pipino fece
fermare gli orchetti che, per niente delicati, misero a terra i due
hobbit.
“Non si
sveglia, eh?” domandò un brutto orchetto. Pipino
deglutì.
“Per
favore, fate qualcosa” implorò lo hobbit.
“Ancora non ho capito perché li dobbiamo portare
vivi” disse l’orchetto fissando
Pipino con occhi famelici.
“Perché
se no il padrone ci fa fuori noi” borbottò un
Uruk-hai con disegnato il simbolo
della bianca mano in fronte. Avvicinandosi agli hobbit egli si
chinò davanti a
Merry; senza nessuna delicatezza gli fece alzare la testa e prese una
boccetta
da un orchetto lì vicino.
Gli orchi
e gli Uruk-hai gettarono un’occhiata diffidente al nuovo
capo, che fece bere il
liquido a Merry.
L’hobbit
sputò buona parte del liquido a terra, ma il resto lo
ingoiò tutto e gli
orchetti cominciarono a ridere a crepapelle sotto gli occhi seri e
vigili degli
Uruk.
L’Uruk-hai
chiuse la boccetta e fissò Merry negli occhi.
“Sì, sta bene. Possiamo
continuare. Topi di fogna, in marcia!” urlò poi ai
sottoposti.
Due
orchetti presero gli hobbit sulle spalle e, borbottando, seguirono gli
altri.
“Cos’è
successo?” chiese Merry, e Pipino si mise a piangere dalla
felicità. Il suo
amico stava bene.
“Sono
felice di sentirti parlare ancora, Merry, non sai quanta preoccupazione
mi hai
dato” bisbigliò il giovane hobbit.
“Comunque ci hanno catturato. E ci stanno
portando, penso, a Isengard, da Saruman.”
Merry
rabbrividì, il viso pallido e smunto.
“Boromir?”
volle sapere e Pipino abbassò il capo. “Non
è con noi, è rimasto con Indil”
spiegò piano e Merry chiuse gli occhi, pregando che Boromir
stesse bene.
Altri
giorni passarono, e gli infaticabili orchi e Uruk-hai avanzavano come
se
avessero avuto dietro il loro padrone che li frustava.
Parlavano
poco ma, da quello che dicevano, Merry e Pipino avevano compreso che
fra Uruk e
orchi non scorreva buon sangue, perché i primi si
consideravano una razza
superiore e volevano comandare gli orchetti, e questi ultimi non ne
erano
affatto contenti.
Si
arrestarono solamente quando videro un’imponente foresta.
“Noi lì
non ci entriamo” borbottarono con sdegno gli orchetti
guardando gli Uruk-hai, e
questi ultimi ringhiarono. “È la via
più veloce per Isengard, idioti. Noi ci
entriamo, ecco.”
“Noi non
prendiamo ordini da Saruman” urlò un orchetto.
L’Uruk,
sotto lo sguardo disgustato degli hobbit, gli staccò la
testa con un colpo
della sua rozza scimitarra.
“Siamo tutti sotto ai suoi ordini. E voi altri
volevate carne? Eccola!” urlò.
Ci fu
un vero e proprio macello mentre gli Uruk e gli stessi orchetti
banchettavano
con il corpo del loro compagno sconfitto.
I due
hobbit guardarono quel massacro troppo spaventati per fare niente.
Mentre
Uruk e orchetti finivano il pasto, si sentirono in lontananza canti e
un corno
da guerra. Gli orchetti si spaventarono e gli stessi Uruk furono troppo
impauriti per fare qualcosa. Rimasero a farsi massacrare dai cavalieri
umani.
Durante la confusione della battaglia, Merry e Pipino erano riusciti a lacerare la corda che li legava con un coltello caduto; quindi Pipino aveva lasciato il coltello sul terreno.
“Così li aiuteremo a trovarci!” aveva bisbigliato a uno stupito Merry, che aveva sorriso. “Mentre eri svenuto ho pure buttato a terra la foglia di Lorien che ci ha regalato Dama Galadriel, come indizio.” Il sorriso di Merry si era ampliato. “Geniale!” aveva sussurrato lo hobbit e poi Pipino aveva preso Merry per mano e insieme si erano inoltrati nella foresta alle loro spalle.
“Ce l’abbiamo fatta, Merry” rise Pipino, asciugandosi la fronte con la mano.
Un orchetto scampato al massacro, però, si affacciò anche lui nella foresta. La sua brutta faccia si illuminò quando vide gli hobbit.
“Eccovi. Venite qui, amici miei, andremo a Isengard insieme. Oppure prima vi mangerò” disse parlando in un modo gutturale che niente aveva di umano.
Merry e Pipino erano bloccati dalla paura, ma un grande ramo li prese e li sollevò. Urlarono quando si resero conto di cosa li aveva afferrati. Un albero: un albero con la bocca e gli occhi.
“Burarum! Che ci fanno questi tre orchetti, qui?” domandò l’albero.
“Messere, noi non siamo orchi, siamo hobbit” disse Merry con voce un po’ insicura nonostante avesse riconosciuto quell’essere.
I Brandibuck si tramandavano storie circa alberi parlanti, chiamati ent, ma lui mai si sarebbe aspettato di vederne uno.
“Burarum. Hobbit? Cosa sono gli hobbit? E quello a terra cos’è?” domandò l’albero, fissando l’orchetto che tentava di ripararsi contro una roccia.
“Noi hobbit siamo esseri semplici, che amano la natura. E quello laggiù, invece, è un orchetto” rispose coraggiosamente Merry.
L’ent uccise l’orchetto schiacciandolo con il piede, e Merry guardò quella morte con in viso una sorta di ghigno di vittoria, mentre Pipino si copriva gli occhi con le mani.
“Ora vi porto dallo stregone. Burarum.”
“Chi? No messere, per favore” pregò Merry, ma era troppo tardi.
In pochi passi i due hobbit si trovarono davanti a uno stregone vestito di bianco.
***
“La
foresta di Fangorn, ancora non ci posso credere che si siano inoltrati
qui.
Dicono leggende che ci sono cose vive e che queste cose non siano
umane” borbottò
inquieto Boromir mettendo piede, per la prima volta, in quella foresta
impenetrabile.
“Si
chiamano ent! E sono alberi” spiegò felice Legolas
mentre respirava l’odore di
alberi e di bosco verde tanto amato dagli elfi. Anche la sorella era
felice e
lo si vedeva dal sorriso che aveva sulle labbra.
Camminavano
a piedi tenendo i cavalli per le redini. “Sono
alberi parlanti, sono esseri antichi. Se non hai niente contro di loro,
non ti
faranno niente” spiegò l’elfa.
“E noi
non abbiamo nulla contro di loro” confermò Aragorn
che, come pure Boromir,
sembrava inquieto ad attraversare quella foresta millenaria.
Il
futuro re era chino alla ricerca di impronte; ne aveva trovate molte e
parecchio strane. Non erano impronte né di orchetti,
né di hobbit.
“Dove
saranno andati?” domandò a voce alta Aragorn
mentre fissava un’impronta.
“In un
luogo sicuro, Aragorn figlio di Arathorn.” Una voce sicura e
forte fece voltare
i quattro compagni che impugnarono subito le armi: i due elfi
l’arco e i due
uomini la spada.
Nella
luce prodotta da un bastone si vedeva un vecchio con un cappuccio,
vestito di
bianco.
“È
lui” bisbigliò Aragorn. “Non sbagliare,
Legolas. Va’.”
L’elfo
capì e scagliò una freccia che però il
vecchio parò, allora Boromir si gettò
contro di lui, la spada in mano, ma il vegliardo la fece cadere.
“Boromir,
sono contento di vederti vivo” mormorò lo stregone
fissando l’uomo, che subito
si inginocchiò riconoscendo chi si celava dietro il fascio
di luce.
“Gandalf”
bisbigliò e quel sussurro bastò agli amici che
subito fecero come il
condottiero e si chinarono a terra in segno di reverenza.
“State
in piedi per favore” pregò il loro vecchio amico,
e la luce che lo avvolgeva
scomparve.
“Sono
Gandalf, ma non lo sono totalmente. Sono anche Saruman, ma come avrebbe
dovuto
essere” spiegò fissando i quattro compagni.
“Parli
per enigmi, amico mio” disse Aragorn fissando il vecchio, che
sorrise. “Ma
dimmi degli hobbit?
Stanno bene?” domandò preoccupato il re senza corona.
“Gli
hobbit hanno risvegliato forze a loro superiori, ma positive, e in
questo
momento sono con loro. Per loro l’avventura è
appena iniziata, così come per
noi” spiegò l'istari mettendosi a sedere.
Avevano
parlato per parecchio tempo. Gandalf li aveva aggiornati sulla sua
lotta contro
il Balrog nelle profondità della terra, e loro in cambio
avevano raccontato
allo stregone della loro battaglia contro gli orchetti e gli uruk, e
della loro
ricerca disperata dei due hobbit rapiti dal nemico.
“So che Frodo e Sam si sono divisi da voi,
ma non vi preoccupate, sono ben guidati anche loro” disse lo
stregone bianco,
fissando Boromir che abbassò la testa, versando una singola
lacrima.
***
“Piano,
i piccoli hobbit devo fare
attenzione, oppure nelle brutte pozzanghere cadranno.”
Gollum, quello il nome
dell’essere che guidava Sam e Frodo, così si
rivolse ai due hobbit che si
tenevano per mano per non cadere negli acquitrini.
Frodo gli aveva chiesto una via per essere
condotto al Nero Cancello e Gollum, da che lo avevano domato, si era
dimostrato
esser assai disponibile nei confronti del portatore. Anche troppo,
secondo Sam, che non vedeva
di buon occhio l’essere infido, in particolare da quando
l’aveva scoperto a
mangiare pesci vivi con la polpa e il sangue che gli colavano sulle
gengive.
Da
quel momento, il povero giardiniere sognava di esser lui il pesce, e
non era
certo un bello spettacolo.
Rabbrividì tenendo per mano Frodo, il quale
pareva più stanco del solito.
“Cosa sono quelle luci?” domandò a
Gollum, giusto
per fare conversazione. “Lanterne, sono, lanterne che
richiamano i
morti e che fanno essssere morti i piccoli poveri hobbit. Proprio non
sarebbe
bello per nesssssuno se il padrone sprofondasssse negli acquitrini. Una
lunga e
dolorosssssa battaglia ci fu tempo fa in queste terre”
spiegò rapido Gollum, e
Sam, che era rimasto ad ascoltare i racconti dell’essere,
notò solo in quel
momento che il padrone si era allontanato da loro.
“Frodo?” domandò, guardandosi intorno.
Gollum emise un verso strozzato e si
arpionò il collo per la paura di aver perso il portatore e
l’anello.
Frodo
si trovava più in là e fissava
incantato le lanterne, e mentre lo faceva pian piano sprofondava
giù nelle
paludi, ove galleggiavano morti di bell’aspetto e orchetti.
Sam fece uno scatto come mai prima di
allora aveva fatto, ma si trovò a corto di fiato: una
ragazza aveva appena
salvato il padron Frodo dalla morte certa. Era di età
indefinita e di una bellezza
rude, aveva lunghi capelli rossi e occhi color del mare.
Fermò l’avanzata di Sam
con sguardo feroce, poi si abbassò su Frodo che era mezzo
svenuto fra le sue
braccia. “Sta bene” disse la donna parlando il
linguaggio corrente. “Si deve solo riprendere.”
“Chi sei tu? Come ci hai trovati?”
domandò
Sam, che era stato ben felice di vedere che Gollum se n’era
andato,
probabilmente avendo intuito il pericolo.
“Mi chiamo Eliean, giovane hobbit. Vi seguo
da quando avete attraversato gli Emyn Muil. Non si vedono hobbit da
parecchio
tempo in queste terre” rispose lei.
In quel mentre Frodo si riprese: udì
quello che la giovane aveva detto e,
aprendo piano gli occhi e sbattendo le lunghe ciglia, la
fissò incuriosito.
“Non ho mai sentito parlare di te, e non so
se mi devo fidare o meno” disse Sam, parlando anche a nome di
Frodo.
“Nemmeno io so se mi devo fidare di voi. So
solo che siete hobbit e che in genere siete amanti della natura e
disprezzate
il pericolo. Che cosa ci fate qui? Perché siete giunti in
queste terre?”
domandò la donna con voce dura.
Frodo guardò Sam: erano in una terra
straniera e la signora, che possedeva delle armi - aveva notato il
giovane
hobbit – avrebbe potuto ucciderli subito dopo averlo salvato,
prendersi
l’anello e farci qualsiasi cosa. Non sembrava
pericolosa.
Almeno non per loro.
“Siamo qui per conto di Gandalf, Gandalf il
grigio” fu la risposta di Sam, interpretando
l’occhiata di Frodo. “Gandalf? Lo
stregone?” domandò la donna, e
Frodo annuì portando l’attenzione della dama su di
lui.
Ella lo guardò
preoccupata, mentre lo hobbit si metteva a sedere e si tastava il petto
alla
ricerca dell’anello, che per fortuna trovò. Lo
strinse con affetto nella mano e
tutto questo venne notato dalla donna, che però non disse
niente.
Frodo
stava per parlare quando la signora
gli impose il silenzio. Lo hobbit ubbidì
all’istante mentre, da sotto la
tunica, la donna cacciò fuori un coltello che
conficcò nel collo di un
orchetto. La creatura si accasciò a terra con un lamento; un
altro orchetto
sbucò fuori come dal nulla e la signora impugnò
la spada che aveva posato a
terra e lo uccise.
Non si vide più movimento. Tutto quello era durato solo un
secondo, ma
Frodo inizialmente ebbe paura che lei potesse volerli uccidere.
“Dobbiamo andare, giovani hobbit, abbiamo
attirato troppa attenzione. Dove vi stava portando l’essere
grigio?” chiese la
strana dama riponendo il coltello e la spada.
Solo in quel momento Frodo si accorse che
Gollum era scomparso.
“Al nero cancello” bisbigliò con voce
soffocata per le
emozioni che aveva vissuto. “Andiamo” disse la
gentildonna e Sam
sorrise, contento di non dover più sopportare la presenza di
Gollum.
Il
giardiniere si incamminò con decisione seguendo Frodo e la
loro, strana, nuova
guida.